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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Gundam
Titolo Fanfic: STILL
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: earwen galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/09/2004 12:54:07

la lotta per le colonie è finita, i gundam non sono che un lontano ricordo... ma per qualcuno milliardo peacecraft è ancora zechs merquise.
 
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- Capitolo 1° -

Still

Milliardo camminava pensieroso per le vie di KW-2.
Nella tasca del lungo cappotto grigio continuava a stringere il biglietto che Noin gli aveva lasciato sotto la porta.
"Non ce la faccio a continuare", c'era scritto. "E' insostenibile fare di tutto per ottenere il tuo amore quando non vuoi darmi altro che la tua inutile amicizia. Vado via. Lontano da te."
Quelle parole l'avevano lasciato di sasso.
Non che non se lo aspettasse, un giorno o l'altro: i sentimenti che Noin nutriva nei suoi confronti erano sempre stati piuttosto evidenti, non lo si poteva negare. Come non si poteva negare nemmeno che per lei non avrebbe mai potuto provare altro che amicizia.
Noin l'aveva sempre seguito. Aveva combattuto a suo fianco in ogni guerra dell'After Colony, aveva scelto di abbandonare la Terra per restare con lui durante la sua missione di pace.
E in tutto quel tempo non aveva mai accettato quella palese realtà.
"Zechs!"
Zechs... da quanto tempo aveva seppellito quel nome? Tre anni, erano passati tre anni da quando tutto era finito e lui era tornato ad essere Milliardo Peacecraft.
"Zechs Merquise!"
Ma chi poteva cercarlo in quella colonia? Chi non lo vedeva da così tanto da non sapere che lui non era più il tenente Zechs Merquise?
Si voltò in direzione di quella voce, e davanti a sé vide una giovane donna dai lunghi capelli corvini e dagli occhi blu come abissi inesplorati.
Quello sguardo non poteva appartenere che a una persona, una persona che lui non vedeva da troppo tempo: Roxanne Loire.
"Roxanne?" esitò.
Si trattava davvero di lei? Della ragazza così fragile che non era stata in grado di sopportare più di un anno di addestramento alla Base Vittoria? La ragazza alla quale aveva dato il suo primo ed ultimo bacio?
"Mi hai riconosciuta", sorrise lei, ed avanzò di un passo. "Non sei cambiato di una virgola, Zechs."
"Non mi chiamo più così. Io..."
"Lo so", lo interruppe Roxanne, posandogli un dito sulle labbra. "Sei diventato l'ambasciatore Milliardo Peacecraft. E tua sorella Relena governa l'intero globo terrestre."
Lui annuì, ed abbassò lo sguardo.
Cielo, com'era diventata bella. Abbandonare la Base era stata la scelta migliore: una come lei non avrebbe potuto resistere un giorno di più.
"Sei cresciuta, Roxanne."
"Dici? Io di cresciuto vedo solo i capelli. Dio, non sai che strazio doverli tenere corti."
Roxanne lo guardò nei suoi splendidi occhi di ghiaccio. Ne era ancora innamorata. Non aveva mai smesso di esserlo, da quando li aveva incontrati per la prima volta.
"Ti donano."
Milliardo ne accarezzò una ciocca.
"Che cosa hai fatto in tutto questo tempo?" gli domandò lei.
"Oltre a combattere?" La guardò ancora, intensamente. "Non molto, direi."
"Hai ragione. Sono stata stupida a chiedertelo."
"Non è vero."
"Tu sei sempre stato dalla mia parte, Zechs. Mi hai sempre difesa, contro tutti." La ragazza scrollò il capo, ed i suoi riflessi di zaffiro rilucettero sotto i raggi del sole. "Perdono. Milliardo."
"Chiamami Zechs. È difficile abituarsi ad un nuovo nome."
"Già."
"E tu, Roxanne? Che cosa hai fatto in tutto questo tempo?"
"Mi sono sposata." Lui sgranò gli occhi. Stava per darsi dello stupido e dell'illuso, ma Roxanne lo prevenne. "Stavo scherzando!" rise. "Chi potrebbe mai innamorarsi di una come me?"
"Perché, tu cosa avresti di meno di qualsiasi altra ragazza?"
"Nulla, credo. È solo che..." sospirò. Non c'era nulla di male in quello che si stavano dicendo. Erano discorsi normali tra due amici che si erano incontrati per strada dopo anni. Amici... "Non pretendo che qualcuno lo faccia. Io non mi sono mai innamorata di nessuno: non puoi amare qualcuno che non ti ricambia, giusto?"
No. Noin lo amava, o almeno così gli aveva detto. Si poteva amare senza essere riamati, e partecipare ad un gioco sadico e crudele.
"Dovrebbe essere così", mormorò Milliardo.
"Ma non lo è."
"No. Non lo è."
"Perché mi hai baciata, prima che andassi via?"
Il cuore gli balzò nel petto.
Roxanne, più bella di quanto avesse mai osato sognarla, era lì, vicino a lui, e non aveva dimenticato quel bacio dolce e timido. Perché aveva preso quell'argomento così, in pieno giorno, davanti alle decine di persone che popolavano strade e marciapiedi? Che il loro bacio avesse significato così poco per lei da ricordarlo come una sciocchezza? Che sentisse così forte il bisogno di tornare da lui da mettere da parte ogni altra cosa che non fossero loro due?
"Perché se mai ti avessi incontrata di nuovo non avrei avuto motivo di imbarazzarmi nel farlo una seconda volta."
Roxanne sorrise timidamente e si strinse a lui.
Quello che aveva sognato non era stata una vana speranza. Era riuscita a ritrovare Zechs, ed aveva avuto la conferma che era ancora innamorato di lei.
Chiuse gli occhi e sollevò il viso, nell'attesa che Milliardo posasse nuovamente le labbra perfette sulle sue e la esplorasse con una dolce passione, come aveva desiderato per tutti quegli anni.
"Non mi sarei mai aspettata di incontrarti di nuovo, tenente Merquise", sussurrò, appoggiandosi al suo petto. "O che potessi baciarmi ancora."
"Non me lo sarei aspettato neanch'io", confessò lui, guardandola negli occhi. "Ma sapevo che se ti avessi rivista e non ti avessi baciata non me lo sarei perdonato per il resto della mia vita."
"Lieto di vedere che a KW-2 non la lega solo la ragion di stato, ambasciatore."
Milliardo abbandonò a malincuore il viso di Roxanne, e si voltò verso il suo nuovo interlocutore. Il ministro Guillaume non poteva scegliere un momento peggiore per incontrarlo.
"Signor ministro", lo salutò, chinando il capo. "Lei è..."
"So benissimo chi è la sua graziosa compagna", lo interruppe l'altro. "La figlia del compianto generale Loire. Mia cara, eri solo una bambina che giocava nel giardino del Congresso l'ultima volta che ti ho vista."
Milliardo la guardò stupito: ma certo, perché non l'aveva collegato prima? Roxanne era la figlia di Irvine Loire, generale dell'Esercito delle Colonie Unite. Era morto in una delle battaglie alle quali aveva partecipato anche lui.
"E l'ultima volta che l'ho vista lei era un semplice segretario", rispose la ragazza, senza sforzarsi di mascherare il disprezzo per quell'uomo.
Era a causa sua che suo padre era morto. Aveva ordito un complotto ai suoi danni, non aveva dubbi.
"La strada per il successo è molto lunga, signorina Loire."
"Ma esistono diversi modi per ridurla, vero signor ministro?"
Guillaume storse il naso, ma superò il disappunto con un sorriso di circostanza.
Sgualdrinella sfacciata... perché era spuntata proprio adesso?
Nonostante quello che sosteneva lei, aveva dovuto faticare molto per avere quel posto. Fare uccidere Irvine Loire non era stato che uno dei primi passi. E comunque, lui non aveva nulla da temere: quella ragazzina insignificante era sola contro il Consiglio. Se anche fosse riuscita a convincere l'ambasciatore Peacecraft con i suoi mezzucci da donna, lui avrebbe avuto facilmente ragione di entrambi.
Il ministro non ebbe il tempo di replicare, né lo ebbe Roxanne per continuare ad infierire: un fragore improvviso, una forte esplosione, e presto tutto attorno a loro divenne rosso di fuoco e grigio di macerie che si distruggevano in un vento innaturale.
Milliardo si guardò intorno, ma l'aria era troppo densa di detriti per permettergli di vedere qualcosa. Di vedere Roxanne.
"Roxanne!" la chiamò, ma non sentì nulla oltre al suono amplificato della sua voce. "Roxanne!"
Poi si sentì afferrare le spalle, e fu costretto a girarsi dal lato opposto.
Roxanne era lì, con il bel vestito bianco sporco di fuliggine ed un profondo taglio sul petto. Era riuscita a trovarlo, ed adesso lo stava abbracciando come una bambina spaventata avrebbe abbracciato il proprio padre.
"Zechs..."
"Non devi avere paura", le mormorò all'orecchio. "Dovresti averci fatto l'abitudine."
La ragazza sollevò gli occhi, terrorizzata.
"Non ci riuscirò mai."
"Lo so." Le prese il viso tra le mani e le baciò le labbra. "Non devi fare altro che fidarti di me. Vedrai, finirà anche questa."
"Al Congresso!" li richiamò Guillaume, mentre veniva avanti da una fitta coltre di fumo nero. Come avevano potuto iniziare ad attaccare quando lui non era ancora fuori dall'obbiettivo? "Presto, al Palazzo di Vetro!"

* * * * *

Davanti al Congresso si era già radunata buona parte degli abitanti di KW-2.
Molti erano feriti, più o meno gravemente. Pochi erano stati così fortunati da rimanere soltanto atterriti.
"In Sala Riunioni", ordinò il ministro, facendosi largo tra la folla. "Saranno tutti lì."
Milliardo prese per mano Roxanne, ma lei si ritrasse, titubante.
"Quel mondo non mi appartiene, Zechs", gli sorrise dolcemente, ma i suoi occhi erano tristi. "Sei un ambasciatore, ed è tuo dovere discutere di questa situazione con i tuoi pari. Quanto a me..." Sospirò, e spostò lo sguardo verso tutti quei feriti, seduti o addirittura sdraiati per terra, bisognosi soltanto di qualcuno che avesse cura di loro. "Sono un medico. Il mio posto è tra questa gente."
Lui la guardò stupito.
"Un medico?"
"Sì. Un medico." Roxanne sorrise. "Non lo pensavo neanche quando ci siamo conosciuti. Ma... beh. Non so che dire."
"E se dovesse succederti qualcosa?" la incalzò Milliardo. "Se dovessero fare irruzione, e..."
"Non accadrà."
"Come puoi dirlo?"
"Me l'hai detto tu di fidarmi di te. Troverete una soluzione prima che possa arrivare qualsiasi esercito."
Lui le strinse le mani tra le sue.
Non voleva lasciarla, ma Roxanne aveva ragione: entrambi avevano un compito al quale adempiere. Entrambi dovevano impedire che qualche altro gruppo di fanatici distruggesse quella pace che tanto faticosamente Relena era riuscita a costruire.
"Fa' molta attenzione."
Non poté dirle altro.
Un'altra esplosione fece tremare i muri dell'edificio, ed un coro sgraziato di urla terrorizzate si levò nella hall.
"Vai, Zechs", bisbigliò Roxanne. "Fa' in modo che finisca."

* * * * *

"Cosa sappiamo di questi nemici? Chi ci sta attaccando?" domandò Milliardo, dopo avere spalancato le porte della sala.
Il Consiglio era al gran completo, e Guillaume troneggiava al centro del tavolo.
"Ambasciatore Peacecraft", lo salutò, come se non l'avesse già incontrato. "Discutevamo giusto di questo."
Milliardo si sedette al primo posto libero che vide, ed incrociò le mani sul tavolo.
"Non sappiamo chi sia il nostro nuovo nemico", riprese il ministro. "Né sappiamo perché ci stiano attaccando. L'unica cosa certa è che possiedono Mobile Suit molto potenti, paragonabili per velocità, forza e resistenza ai Gundam che tempo addietro è stato dato ordine di distruggere."
"Pensa che qualcuno abbia disobbedito a quell'ordine?"
"No. Sua sorella ha usato efficaci mezzi di persuasione, nella campagna contro i Gundam. E poi, questi possiedono una tecnologia molto più avanzata. No, ambasciatore Peacecraft, io credo che qualcuno si sia procurato illegalmente tutti gli incartamenti sui Gundam e li abbia usati per costruirne di nuovi. E noi dobbiamo ripagare con la stessa moneta: i Mobile Suit in dotazione all'esercito di pace non sono altrettanto efficienti."
"Contravvenendo al patto federale?"
"Non sacrificherò la vita dei miei cittadini per un patto che non è riuscito a preservare la pace!"
A quelle parole, Milliardo non osò replicare. Guillaume aveva ragione: i provvedimenti che aveva preso sua sorella non erano serviti a niente. Era iniziata una nuova guerra. E lui doveva proteggere Roxanne.
"Che cosa dobbiamo fare?" domandò allora.
"I miei ingegneri sono i più bravi in circolazione", rispose il ministro, ed i suoi occhi si illuminarono di una luce avida. Finalmente, finalmente il suo momento era arrivato. Solo lui era in grado di costruire i Gundam, adesso. Solo lui poteva venderli. Sarebbe diventato ricco, avrebbe governato l'universo. "Quando è stata emanata la legge sui Gundam sono stati costretti a distruggere creature praticamente perfette." Si alzò, e passò in rassegna il volto di ciascuno dei politici seduti a quel tavolo. "Io chiedo al Consiglio di autorizzare la creazione di nuovi Gundam per la salvezza delle nostre istituzioni."
Nella grande sala calò il silenzio.
Tornare ai Gundam significava fare mille passi indietro, distruggere l'ideale di pace che le colonie avevano scelto di professare. Ma qualcuno l'aveva già fatto: come aveva detto Guillaume, non si poteva che rispondere con la stessa moneta.
"E sia", annunciò il cancelliere Gray. "Il Consiglio approva la proposta del ministro Guillaume."
Milliardo chiuse gli occhi e portò la testa all'indietro. Stava ricominciando tutto daccapo.
Le voci confuse degli ospiti della hall si contrapponeva al silenzio composto del Consiglio. E, tra quelle voci confuse, lui cercava il silenzio di Roxanne.

* * * * *

Roxanne poggiò le spalle al muro, e si guardò la ferita.
Adesso iniziava a bruciare. Aveva fatto male a non curarsela immediatamente, a non pensare prima a sé e poi agli altri.
Aveva sbagliato a scegliere medicina.
Cosa poteva importargliene degli altri? Perché aveva studiato tanto per non ricevere alcuna soddisfazione? Perché si era impegnata tanto per alleviare le sofferenze di persone che non conosceva e delle quali non le importava nulla, di persone che non avrebbero mai alleviato le sue?
Attorno a lei non vedeva che lacrime e sangue. Fin da piccola non aveva visto altro che lacrime e sangue. Era sempre stata al capezzale di sua madre quando suo padre, il grande generale Loire, combatteva guerre che non gli appartenevano. Irvine Loire stava uccidendo un nemico quando sua moglie era stata uccisa da un male che lui non era riuscito a sconfiggere. E lei era rimasta sola, ed era stata mandata in una base militare perché diventasse forte... ma suo padre non aveva tenuto in conto che lei era già diventata forte. Non poteva essere altrimenti, quando eri costretto a lottare ogni giorno contro la morte.
Milliardo la raggiunse prima che scoppiasse in lacrime.
"Tornerai a combattere, non è vero?" gli domandò, sconsolata.
Adesso che aveva finalmente trovato un motivo per vivere anziché trascinarsi come un fantasma, adesso che non era più sola, scoppiava una nuova guerra.
E sicuramente era stato Guillaume ad organizzarla. Voleva la rivincita? Avrebbe perso anche questa volta. Suo padre non era morto invano: le aveva lasciato qualcosa, un'arma da utilizzare qualora se ne fosse presentata l'occasione, qualora Guillaume fosse tornato a minacciare l'incolumità delle colonie.
"Roxanne..."
"Dopo. Ora devo farti vedere una cosa, ambasciatore Peacecraft."

* * * * *

Roxanne condusse Milliardo fuori dal Palazzo di Vetro, e lo portò in una delle stradine che lo circondavano a raggiera.
Quella struttura era stata costruita in modo che dall'alto sembrasse un grande sole dagli innumerevoli raggi: altro esempio dell'inutile ottimismo degli uomini. Ogni strada terminava con un cancello dorato, ed ogni cancello immetteva in una delle vie principali della città.
La ragazza attraversò correndo il viale che aveva davanti e, facendo ben attenzione che nessuno li vedesse, imboccò un vicolo cieco.
"Se avessero saputo di questo posto mio padre sarebbe filato dritto alla prigione militare", mormorò, mentre passava le mani sul muro. "Ma visto che mio padre e morto e che Guillaume ha ottenuto quello che voleva..."
"Che vuoi dire?"
"Tu non sai come è morto mio padre, vero Zechs?"
"E' stato ucciso in battaglia."
"E' stato ucciso durante una battaglia. Da un sicario del ministro Guillaume."
Milliardo scosse il capo.
"Andiamo, Roxanne, è ridicolo. Ho visto che quell'uomo non ti è simpatico, e so che avversava fortemente tuo padre. Ma da qui a pensare che possa averlo ucciso..."
"E' stato lui!" ribadì lei. "Ed ora vedrai perché."
Roxanne premette in un punto, e nel muro davanti a loro si scavò un lungo tunnel sotterraneo. Non proferì verbo finché il corridoio non si aprì in uno spazio più alto e più ampio, illuminato da deboli lampade alogene.
Al centro della sala, ventilata da sofisticatissimi impianti di aerazione, si trovava un Mobile Suit di una lega che Milliardo non conosceva, ma che sembrava estremamente resistente.
Si avvicinò titubante a quel gioiello, mentre Roxanne lo osservava fare a braccia conserte.
"E' adamantio", lo prevenne, venendo avanti. "Una lega che ha inventato mio padre. Oro per la resistenza al calore, piombo per gli urti e polvere di diamante per la durezza."
"E' un Gundam?" domandò lui, e ne sfiorò la superficie lucentissima.
"Nightcrawler", rispose Roxanne. "E' a causa sua che mio padre è stato ucciso." Milliardo restò in silenzio. "Guillaume ha chiesto l'autorizzazione per tornare a costruire Gundam, non è vero?" Lui annuì. "Dovevo immaginarmelo. Lui sapeva di Nightcrawler, anche se non è mai riuscito a dimostrarlo. Mio padre era una minaccia per lui, perché anche lui sapeva come fabbricare un Gundam. Sai cosa sarebbe significato? Spartire il territorio di vendita. Il che per mio padre non voleva dire nulla, ma per Guillaume voleva dire bancarotta, e conseguente caduta di prestigio. Se avesse saputo che anch'io ero a conoscenza dell'esistenza di Nightcrawler mi avrebbe uccisa." Premette un bottone, e la porta della cabina di pilotaggio scivolò all'esterno del robot. Salì un paio di gradini di metallo, ed invitò Milliardo a fare lo stesso. "Per colpa di questo mostro di ferraglia ho perso mio padre. E per colpa di mio padre ho perso mia madre. E da allora ho terrore di addormentarmi!" singhiozzò Roxanne, battendo un potente pugno sulla parete fredda, che le rispose con un indifferente clangore metallico.
Lui la afferrò alle spalle, e la strinse forte a sé.
Non poteva immaginare che avesse sofferto tanto. Alla Base sembrava solo tanto debole e schizzinosa... nessuno sapeva la verità sul suo conto. Se solo una persona l'avesse saputo, sarebbe stata trattata diversamente. E chissà, forse non se ne sarebbe mai andata, e sarebbero stati insieme nei momenti difficili che avevano dovuto affrontare da soli.
"Devi pilotarlo tu, Zechs", mormorò la ragazza, portando le mani sulle sue. "Solo tu sei in grado di farlo. Io mi fido solo di te."
"E tu? Cosa farai?"
"Il secondo pilota, mi sembra ovvio", provò a sorridere Roxanne, voltandosi verso di lui. Erano vicini, adesso, vicini e soli come non erano mai stati, e nessuno avrebbe potuto raggiungerli. Nessuno avrebbe potuto sottrarre loro quei brevi istanti di felicità. "Sta succedendo tutto così in fretta..." sospirò, e gli accarezzò i lunghi capelli biondi. "Siamo tornati insieme nello stesso momento in cui ci siamo rincontrati. La guerra è scoppiata subito, senza concederci nemmeno il tempo di una cena, di una..." Abbassò lo sguardo. "Di una notte." Milliardo le sollevò il mento, e vide che aveva gli occhi lucidi. "A volte vorrei comandare il tempo. Ordinargli di rallentare, o di andare più veloce..." Lo guardò di nuovo. "O di fermarsi."
"Possiamo farlo", rispose lui, e le accarezzò le spalle. "Ora che siamo insieme possiamo fermare il tempo. Se lo vuoi."
"Io ti voglio, Zec..."
Milliardo non le lasciò aggiungere altro.
La strinse più forte, ed iniziò a baciarla con una foga disperata.
Aveva ritrovato Roxanne, e se ne era innamorato una seconda volta. Era scoppiata un'altra guerra, e lui avrebbe dovuto prendervi parte, con lei accanto, e lei lo avrebbe aiutato a sopportare quella nuova ondata di sofferenze.
Lui la amava, e voleva fare l'amore con lei.
Aveva il diritto di concedersi quegli ultimi attimi di gioia, ed aveva il dovere di concederli a Roxanne, che, avvinghiata a lui, sospirava gemendo per assaporare ancora le sue labbra, per accarezzare la sua pelle, per sentire il suo corpo riempirla di lui, e sentirsi toccare l'anima raffreddata dalla solitudine.
Giacquero l'una tra le braccia dell'altro, a lungo, con una dolcezza macchiata di violenza, un'innocenza deflorata da un desiderio incontenibile, finché non furono sazi, finché non furono sicuri di essere in grado di affrontare il mondo con una forza maggiore, e con l'unica consapevolezza che contasse davvero: non sarebbero più rimasti soli.
E adesso era come se il cielo fosse caduto, e loro fossero rimasti soli, unici sopravvissuti, distesi abbracciati in mezzo alle rovine. Adesso erano i padroni del mondo che si erano creati, e loro stessi erano la loro legge.
Come due divinità senza alcuna coscienza.

 
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