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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: I`VE MET AN ANGEL
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: earwen galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/09/2004 12:50:34

forse gli angeli custodi non hanno né i riccioli biondi né gli occhi azzurri, ed essere i più forti tir
 
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- Capitolo 1° -

I've Met An Angel

Quella vita andava avanti da più di una settimana, e Rossana ne aveva già le scatole piene: ora che Nobunaga frequentava il Kainan, la reputazione di quella prestigiosissima scuola era decisamente in pericolo...
"Aspettami, decerebrato!" sbraitò la ragazza, correndo a perdifiato lungo il marciapiede.
Non c'era che dire, quel babbuino era davvero veloce...
"La matricola numero uno Nobunaga Kyota ha varcato il cancello della scuola in tempo record, staccando di mezz'ora..."
"Mezz'ora, eh? A me sembra che Sana1 sia arrivata subito dopo di te, Kyota", appuntò Shin'ichi Maki, il capitano della squadra di basket dove giocava il rookie.
"Infatti", gli fece eco Rossana, sfoderando un poderoso pugno sul cranio del suo amico. "Buongiorno, Shin."
"Ti dà molti problemi?" le domandò il veterano.
"Come ne darebbe una puzzola rognosa. Ed al club si comporta bene?"
"Ehi! Nessuno ti ha chiesto di farmi da baby sitter, vecchia racchia!"
"Me l'ha ordinato tua madre, scrofide!" ribatté lei, dopo averlo zittito con una gomitata allo stomaco. "Non mi ha raccomandato altro, da quando è iniziata la scuola. E COMUNQUE SONO NATA IL TUO STESSO GIORNO, BABBEO! LA TUA E' TUTTA INVIDIA PERCHE' SONO UN ANNO AVANTI A TE!"
Ma Nobunaga era già a sbavare dietro qualche gonnella.
"Tipo tosto, eh?" commentò Shin'ichi.
"Non mi stupirei che per colpa sua il Kainan diventasse una squadra di serie zeta..."
"Quanto la fai tragica! Prendi i lati positivi: visto che devi stare attenta a quello che combina hai l'occasione per assistere ai nostri allenamenti..."
"Ma che bella prospettiva..." sbuffò Sana.
"E il pattinaggio come va?" Gli occhi della ragazza si intristirono, e quel cambiamento d'umore non sfuggì a Shin'ichi. "Ho detto qualcosa che..."
"No. No, assolutamente", lo interruppe lei. "Va... benone."
"Ho sentito che quest'anno parteciperai come titolare, anche se sei solo al secondo anno."
"Sì, infatti. Non sto più nella pelle."
Il suono della campanella salvò Rossana da una conversazione che stava prendendo una piega troppo sconveniente.
"Allora ci vediamo più tardi", concluse il suo senpai. "Perché non entri in palestra, anziché aspettare fuori? Alla squadra manca tanto una figura femminile..."
"Perché, Cromosoma In Più non basta?" Shin'ichi la guardò sottecchi. "Ok, scherzavo... non mi convincerai a diventare la manager della squadra, però."
"Lo so, lo so. Ci basta una mascotte."
"Ah! Lo stipendio è retribuito, vero? E mi darete l'indennità di rischio?"

Nobunaga si esibiva con la pesante palla arancione in uno dei campi all'aperto della scuola, sul quale dava la classe di Rossana, che lo seguiva con gli occhi, annoiatissima.
Non era distratta, ma prendeva appunti per inerzia. Il suo sguardo vagava lentamente lungo le pareti dell'aula, cogliendone le linee sommarie. Ogni tanto si posava sulle spalle del professore che scriveva alla lavagna da tempo interminabile, ogni tanto passava per l'ennesima volta in rassegna le facce dei suoi compagni.
In fondo, quella era una classe graziosa.
Non aveva legato con nessuno in particolare, né aveva voglia di farlo, ma tutto sommato non le dispiaceva stare dove stava. Anzi, era addirittura meglio di quella dell'anno precedente...
Mentre continuavano nel loro viaggio senza meta, gli occhi di Rossana incrociarono quelli del ragazzo che conosceva meno: Soichiro Jin.
Per quel poco che aveva visto, lo invidiava molto: era praticamente geniale, era allegro e gioviale con tutti ed aveva dei modi estremamente cortesi ed aristocratici. Forse erano quelli i motivi per i quali era pieno di amici.
Neanche Rossana poteva lamentarsi poi tanto dei suoi risultati scolastici, e neanche del rapporto che aveva instaurato con i suoi compagni. Tuttavia, la differenza che c'era tra lei e Soichiro era abissale: a quel ragazzo un sorriso, una parola in più venivano spontanei, mentre a lei... richiedevano uno sforzo immane!
E, per restare in tema di sorrisi, quando si guardarono Soichiro gliene fece uno dolcissimo ed accennò un saluto con la testa, prima di tornare a nascondere i begli occhi castani tra le righe del quaderno.
Rossana ricambiò, e poi tornò al triste spettacolo che si svolgeva fuori dalla finestra: Nobunaga non aveva lasciato quella stramaledettissima palla per un istante, e continuava a farla rimbalzare aritmicamente.
Approfittando di qualche minuto di assenza dell'insegnante, prese una delle tante gomme dal suo portacolori e, dopo essersi assicurata che non ci fossero professori nel perimetro del suo vicino ed aver preso bene la mira, la scagliò sulla testa di quel primate dal pollice opponibile.

Rossana infilò i pattini nella borsa e si diresse in palestra.
Quando entrò, i ragazzi avevano appena finito, e si stavano rinfrescando con dell'acqua ghiacciata.
"Ben arrivata", la salutò Shin'ichi.
"Ma veramente la befana dovrebbe passare a gennaio..."
La ragazza, appellandosi a tutta la sua calma, fece roteare la sua pesantissima borsa e la fece atterrare sul cranio del malcapitato Nobunaga.
"E gli organismi inferiori dovrebbero essersi estinti!" ribatté lei, per tutta risposta.
"Non ti facevo così sanguinaria", intervenne Shin'ichi. "Dove lo mettiamo "il bacio è l'apostrofo rosa tra le parole 't'amo'"?"
"Ci tieni proprio a saperlo?"
"Rimangio tutto."
"Ecco, bravo."
"Ma tu sei Mari!" esclamò una voce che Rossana aveva già sentito: quella di Soichiro.
"Quante formalità... chiamami Sana. E tu che ci fai qui? Non pensavo che giocassi a basket."
"Invece sì, ed è uno dei migliori", spiegò il capitano. "Promosso titolare a pieni voti."
"Visto? Perché non ti iberni sotto la pista di pattinaggio, carota?" intervenne la matricola, lunga distesa sulla panchina, con una salvietta bagnata sulla fronte.
"E non chiamarmi carota!"
Rossana si imbestialiva quando Nobunaga faceva quel commento sui suoi capelli: non erano rossi, erano rame! Rame, come Sarah Michelle Gellar in 'Scooby-Doo'!!

Ancora una volta Nobunaga correva all'impazzata verso la scuola.
Rossana non riusciva a capire perché: erano sempre in perfetto orario, che motivo c'era di affrettarsi tanto?
"Se ti becco ti scuoio... E NON SCRIVERO' UN LIBRO SU DI..." La ragazza si fermò di scatto: un lancinante dolore al ginocchio la costrinse ad arrestare la sua corsa. "No... no... resisti per qualche mese ancora, e poi ti lascerò in pace!"
Il suo ginocchio... da quando aveva iniziato a praticare pattinaggio a livello agonistico non le aveva dato un attimo di tregua.
E tutto questo per colpa di un idiota, un idiota che le piaceva ancora tantissimo... anche se era lontano, e forse non si ricordava neanche che lei fosse esistita. Ed era per porre rimedio a questo piccolo inconveniente che Rossana, al momento del suo ingresso al Kainan, aveva deciso di iscriversi al club di pattinaggio: perfezionare quelle poche cose che sapeva fare, entrare come titolare nella squadra, vincere il campionato distrettuale, poi quello nazionale e sbarcare ai mondiali... solo in quel modo avrebbe attirato l'attenzione di un ragazzo scemo che badava solo alle apparenze. E neanche: del resto, si era lasciato abbindolare da un comune essere umano... cosa le assicurava che tutte le sue fatiche sarebbero state ripagate come voleva lei? Cosa le assicurava che sarebbe arrivata a classificarsi per il campionato distrettuale? Cosa, accidenti!
Perché stava facendo tutto quello? Il pattinaggio non le piaceva neanche tanto, poi...
Persa tra i suoi pensieri, Rossana non si era accorta di essere già arrivata a scuola, e di essere andata a sbattere contro Soichiro.
"Sonno?" le domandò il ragazzo.
"No. Ero solo sovrappensiero", rispose automaticamente lei. "Ah... perdonami. Buongiorno!" si riprese, allargando le labbra in un sorriso.
"Non immaginavo che conoscessi Maki e Kyota", disse Soichiro, mentre si incamminavano verso l'aula.
"Guanonaga è mio vicino di casa. Continuo a tollerarlo perché mi ha insegnato il giapponese in tempo zero, ed i suoi genitori sono delle brave persone. Ma anche i migliori sbagliano, purtroppo. Del resto che potevano saperne che qualche momento di piacere avrebbe potuto tradursi in una minaccia costante per le forme di vita intelligente della nostra galassia? Se non è venuto in mente a Fermi mentre giocherellava con la scissione dell'atomo, cosa volevi che ne sapessero loro?" Rossana sospirò. "E Shin'ichi l'ho conosciuto l'anno scorso. Non sapevo dove fosse la mia classe, così gli ho chiesto indicazioni... poi lo sai, qui ci si incontra più o meno ogni giorno. Si parla e ci si conosce."
"E' strano. Io non ti avevo mai vista prima di quest'anno."
"Non sono una che va molto in giro. Ma neanch'io ti avevo mai visto... cioè, ero in classe con Soichiro Jin, il più grande tiratore da tre punti del mondo e non me ne accorgo..."
"Ed io con Rossana Mari, la promessa del pattinaggio artistico... il Kainan è nelle mani dei sophomore!"
I due risero.
Era incredibile, veramente incredibile: Soichiro aveva fatto caso a lei, nonostante lei non avesse fatto nulla per richiamarlo. Non si era messa a spettegolare con voce stridula in mezzo alla classe, non aveva messo la magliettina nuova, non era stata dal parrucchiere... perché aveva dovuto trasferirsi in un paese anormale come il Giappone per accorgersi di quale fosse la vera normalità?

Da quei giorni, Rossana e Soichiro erano diventati grandi amici.
Passavano insieme tutte le pause, lui seduto sotto uno dei tanti alberi di ciliegio che costeggiavano i viali del Kainan e lei con la testa poggiata sulle sue gambe, che gli faceva assaggiare le squisite specialità che preparava sua madre.
Rossana non chiedeva altro: aveva un amico con cui parlare, con cui passare il tempo. Non le sembrava di desiderare molto, quando era ad Imola. Però aveva dovuto cambiare continente per ottenere quello che tutti i suoi coetanei ottenevano con uno schiocco di dita.
Non che si fosse dimenticata di lui: la ferita che aveva aperto era ancora vivida, e continuava a bruciare. Ed avrebbe bruciato per sempre, dato il carattere orgoglioso della ragazza, che mal tollerava i fallimenti. Il suo orgoglio era stato calpestato... ma gliel'avrebbe data lei, una dritta. Ah, sì. Ai mondiali. La sua stella avrebbe brillato più di tutti, e allora sì che avrebbe riso... ma che andava a pensare. Quel maledetto ginocchio... ogni tanto si faceva sentire. Il medico era stato chiaro: se il fastidio fosse continuato, addio campionato. E la visita di controllo era fissata a breve... no, doveva resistere, doveva stringere i denti: il pattinaggio non era la sua vita, ma quella era ormai diventata una questione di principio.

Rossana camminava a passo spedito verso il palazzetto dello sport: la sua pennichella pomeridiana era stata interrotta dalla dolce voce di sua sorella Chiara, che le aveva perentoriamente ordinato di raggiungere Nobunaga alla partita e di consegnargli un elenco di commissioni che doveva svolgere da parte dei suoi genitori, che quel giorno erano partiti per un matrimonio a Sapporo.
"Ma perché, se glielo consegno quando viene qua?" si era lamentata.
"Sarebbe troppo tardi. Accidenti, quanto sei pigra!" replicò la tredicenne sbadigliando, e richiuse la porta dietro di sé.
"Proprio oggi i suoi dovevano partire, accidentaccio? Proprio oggi?" rimuginava, poco prima di entrare nella palestra comunale.
Quel giorno anche Soichiro avrebbe dormito a casa sua: quel bastardo del professore aveva lasciato da analizzare un intero atto del 'Macbeth' di Shakespeare, e proprio il più difficile! Già la situazione era complicata di suo, poi doveva mettercisi pure Nobuscimmia a fare la ciliegina...
Rossana spinse le pesanti porte a vetro sbuffando spazientita e si guardò intorno per vedere dove andare.
Ad un tratto, però, vide una figura fin troppo conosciuta che correva come un disperato per il corridoio principale.
"Ma tu guarda che idiota", pensò tra sé e sé, e, approfittando della momentanea quiescenza del dolore, iniziò a rincorrerlo.
L'aveva quasi raggiunto, quando il ragazzo inciampò su un alto posacenere che aveva usato per la sua corsa ad ostacoli; Rossana lo imitò, facendo il suo stesso errore, peraltro, e in qualche secondo si trovarono spiaccicati per terra, l'una sull'altro.
"Tu che ci fai qui??" sbottò Nobunaga, togliendosela di dosso. "Non mi dai un attimo di pace!"
"Guarda che mi ha mandata tua madre, brutto birrione!" rispose Rossana alterata, sventolandogli davanti al naso gli appunti, che lui ignorò: aveva già rimesso la quinta, e si stava dirigendo a tutta velocità verso lo spogliatoio del Kainan.
Anche lei fece per alzarsi, ma il ginocchio tornò a fare i capricci, e più prepotentemente di prima.
Per non dare troppo nell'occhio, Rossana fece finta di aggiustarsi lo stivale.
Ma aveva tanta, tanta voglia di piangere, per il dolore, e per quello che sarebbe stata costretta a lasciare.
La visita dall'ortopedico sarebbe stata l'indomani. Il termine era scaduto, ed il problema non si era risolto: già immaginava il verdetto. E già immaginava come l'avrebbe presa.
Aspettò che la fitta passasse e percorse la stessa strada di Nobunaga, furente. Gliene avrebbe detto tante che... beh, sì, non doveva preoccuparsi. I ragazzi del Kainan la conoscevano tutti. Sapevano come quello scimpanzé la facesse uscire tragicamente al naturale.
"ALLORA, GRANDISSIMO PEZZO DI PIR..." Rossana aveva spalancato la porta dello spogliatoio... ma non era quello del Kainan! Sulle tute dei giocatori c'era scritto... "Ryonan?"
Uno dei ragazzi -Koshino, lesse Rossana- le si avvicinò.
"Questo coso è il tuo ragazzo, per caso?" domandò.
La ragazza fece un lungo respiro, poi mise le mani sul petto del playmaker e lo sbatté contro uno degli armadietti.
"Ti sembro così menomata da mettermi con quel macaco??" replicò, con calma.
"Allora puoi uscire con me!"
Rossana non ebbe il tempo di rispondere che un colosso di due metri aveva stampato sul cranio di Koshino un pugno che avrebbe fatto invidia a quelli che lei regalava quotidianamente a Nobunaga.
"Perdonalo. È un idiota", si scusò il capitano Uozumi.
"No, siete voi che dovete perdonarlo", ricambiò Rossana, dando uno scappellotto sulla nuca del suo vicino. " E' una razza in via di estinzione. Dovrei picchiarlo solo solo perché ha conquistato la posizione eretta..."
"Il saggio dice che un uomo che non ha cervello non merita di essere ucciso", osserva una terza persona, mettendosi in piedi.
E che persona, porcaccia miseria...
"Ucciderlo no, certo, però di torturarlo preventivamente può venire in mente..." replicò lei.

"Perché non sei come quel Sendoh!?!?!" si lamentava Rossana, dopo che il Ryonan ebbe lasciato lo spogliatoio.
"Perché non voglio correre il rischio che tu mi salti addosso come hai fatto poco fa. Il tuo non è per niente un dolce peso!"
"Razza di..."
"Kyota, dove eri finito? Non dovevi aggiornarci sulla partita?" lo rimproverò Shin'ichi. "Ehilà, Sana... che ci fai da queste parti?"
"Ho solo portato il collare antipulci per Taz."

"Ci sarà un po' di confusione", stava spiegando Rossana a Soichiro sulla via di casa. "Anche se la casa è grande tre pesti sono tre pesti..."
"Non preoccuparti", la rassicurò il ragazzo. "Anzi, a me piace la confusione. A casa mia non ce n'è molta, visto che sono figlio unico."
"Non è che puoi chiedere alla tua famiglia di adottarmi? Ti prego!!!!"
"Sarebbero felici di farlo. Ho parlato molto di te. Anzi, la prossima volta vieni tu."
"Grazie!" esultò lei, cingendogli il braccio tra le sue. "Così non ci saranno neanche le pantegane, a disturbare..."
"Pantegana a chi??" protestò Nobunaga.
"Secondo te?" lo stuzzicò Sana, mentre apriva la porta di casa. "SIAMO QU..."
"MA ECCO ARRIVA TOTTI... TOTTI... GOOOOOOOOOOOOOOL!!"
Alessandro, il fratellino più piccolo di Rossana, aveva fatto partire il grosso pallone di Pikachu proprio nel momento in cui lei aveva aperto la porta, e gliel'aveva stampato dritto sul muso.
"A... LE... ALESSANDRO! IO TI SPELLO E TI METTO SOTTO SALE, BRUTTO IDIOTA!" sbraitò la ragazza, imbarazzatissima, e posò la palla al centro dell'ingresso. "Beccati questa... GRANDE RIGORE DI DEL PIERO!"
Rossana prese la rincorsa ma, quando stava per tirare, il pallone scivolò lateralmente, e rischiava di farle perdere l'equilibrio se in quel momento non fosse passata Zoe, la terzogenita, e l'avesse fermata col corpo... il fatto che tra le mani avesse un bicchierone colmo d'acqua era del tutto secondario.

"Perdona il triste spettacolo", si scusò Rossana, posando un vassoio con tre tazze di caffè sulla scrivania.
"Scherzi? Verrei un'altra volta solo per vedervi di nuovo!" esclamò Soichiro.
"La prossima volta che verrai li troverai morti tutti e tre, mio caro", rispose la ragazza, porgendogli la tazzina. "E' parecchio ristretto. Ne avremo bisogno."
"Ora capisco perché sei così isterica", intervenne Nobunaga. "Questa roba è una bomba!"
"Ecco, appunto. Speriamo che ti scoppi in bocca tipo granata, così smetti di rompere!"
"Cosa hai detto?!"
"Mi hai sentita!"
"E' squisito", disse Soichiro, per evitare di assistere ad un combattimento che non avrebbero avuto il coraggio di proporre nemmeno a 'Celebrity Deathmatch'.
"Ora infilati nella cuccia e dormi, crotalo", concluse Sana, tirando fuori i libri. "Qui si deve studiare!"

Rossana e Soichiro studiavano da quasi quattro ore, ormai.
Lei non ce la faceva davvero più: moriva di sonno, aveva una voglia matta di andare a sdraiarsi e dormire per dieci giorni... ma c'era da studiare ancora.
"Dio mio... ecco perché sei un genio..." sbadigliò, stendendosi sulla scrivania. "Io avrei dato forfait tre ore e quarantacinque minuti fa..."
"Che esagerata!" scherzò lui, accarezzandole la nuca.
Era una sensazione piacevole passare la mano tra quei capelli lunghi e setosi.
Era una sensazione piacevole sentirsi accarezzare da qualcuno diverso dalla propria madre. Rossana avrebbe voluto che Soichiro continuasse per tutta la notte, all'infinito... eh no. Meglio tenere le distanze. Erano diventati ottimi amici, non era necessario cambiare le carte in tavola. Voleva che tutto restasse com'era.
"Non sono esagerata... è la verità!" La ragazza voltò lo sguardo a Nobunaga. "Ma guarda tu... noi ci massacriamo e quello se la dorme!" Poi gli occhi le caddero su un pennarello nero che spiccava da un portapenne. "Soichiro?"
"Dimmi."
"Facciamo uno scherzo a Nobuleso?"
"Uno scherzo?"
"Sì sì... sta' a guardare" Con passo felpato, Rossana si avvicinò al suo amico e stappò il pennarello. Gli afferrò delicatamente il polso e vi scrisse qualcosa. "Vieni un po' a vedere..."
"Tagliare qui?!?" I due si tapparono la bocca per soffocare la risata che era venuto spontaneo fare. "Stai sfasando sul serio, eh?" bisbigliò lui. "Vuoi un po' di pausa?"
"Siiiii..." strascicò Rossana. "TIPREGOTIPREGOTIPREGOTIPREGOTI PREEEEGO!"
"Ok, ok. Mezz'ora?" Rossana lo guardò supplichevole. "Un'ora..."
"Gggrazie!" esultò la ragazza, buttandogli le braccia al collo, e in meno di niente si addormentò, sdraiata accanto a Nobunaga.

"Sana! Sana! È tardissimo!" cercò di scrollarla Soichiro. Dovevano fare un break di un'ora... ma nessuno dei due aveva avuto la forza di interrompere il proprio sonno, e si erano già fatte le sette! "Svegliati!"
"Tinque minuti..." bofonchiò la ragazza, stringendosi ancora di più a Nobunaga.
"Sana!"
"Tinque minutini soltanto soltanto..."
"Dobbiamo ripetere un'altra volta, su..." insistette Soichiro.
La voce del suo compagno di squadra, più quelle degli altri componenti della famiglia, che già si aggiravano per i corridoi della casa, svegliarono Nobunaga, che socchiuse stancamente gli occhi. Quando si accorse che Rossana era avvinghiata al suo petto sobbalzò, facendo sollevare anche lei e facendole sbattere la fronte su quella di Soichiro, che si era chinato per chiamarla un'ultima volta.
"Ahia, che male!" piagnucolò Sana. "Ma cos'hai nel cervello? Le scimmie urlatrici?"
"Come hai osato dormire su di me?!"
"E tu come hai osato dormire sul mio letto?!" Avrebbero continuato a lungo se lei non si fosse accorta che Soichiro si massaggiava vistosamente. "Oddio... ti ho fatto molto male?" domandò, cambiando improvvisamente tono e buttandosi giù dal materasso per controllare la fronte del suo amico.
"Sto bene. Non preoccuparti", la rassicurò lui.
"Ma che dici? Guarda, hai un bernoccolo..."
"Davvero. Tutto ok."
"Sicuro?"
"Sicuro."
"Mi dispiace tanto", sospirò Rossana, e lo abbracciò.
"To' guarda! Sana e Soichiro si scambiano amorevoli effusioni e Nobunaga fa il coniglietto pasquale di contorno!" esclamò Chiara, spalancando la porta della camera.
"Chiudi il becco!" replicarono all'unisono Nobunaga e Rossana.
"Comunque vi conviene muovervi... mamma ha preparato cioccolata calda, brioches e ciambelle. Sono ancora fumanti."
"Credo che abbiamo studiato abbastanza", annunciò allora Soichiro, con l'acquolina in bocca. "Giusto, Sana?"
"Sono felice che tu ti stia dimostrando un essere umano come tutti noi", scherzò la ragazza, aiutandolo ad alzarsi.

Rossana uscì dallo studio ortopedico a testa china.
Ovviamente aveva avuto la proibizione categorica di partecipare al campionato, per quell'anno. Se lo aspettava. E allora perché stava soffrendo tanto? Quei dannati mondiali per lei non significavano nulla, nulla di nulla, e non sarebbero interessati neanche a lui, che in quel momento si stava gingillando con chissà chi.
Basta, aveva chiuso. Ormai era in Giappone, doveva lasciarsi alle spalle quello che aveva passato a San Marino. Non avrebbe più rivisto né lui né la sua cerchia di amici, quindi non doveva darsi tanta pena per apparire come non era.
Ora avrebbe saltato la cena e si sarebbe infilata a letto. I suoi avrebbero capito da soli com'era andata la visita.
Ed invece, davanti al portone dell'elegante palazzo del professor Hayamazaki, trovò ad aspettarla Soichiro.
"Sarà per l'anno prossimo", annunciò la ragazza, sforzandosi di sorridere.
"Sana..."
"Sei stato gentile a venirmi a trovare. Ci vediamo domani."
Lui la fermò.
"Posso immaginare come ti senti. Volevo dirti solo questo."
"No, tu non puoi immaginarlo", replicò Rossana. "Tu... quello che il basket rappresenta per te non è lo stesso che il pattinaggio rappresenta per me. Tu giochi per te stesso... non sai che vuol dire volere ottenere dei risultati per dimostrare a qualcuno che non ti ha mai presa in considerazione che sei migliore di qualcun'altra."
Soichiro aveva ascoltato in silenzio. Gli dispiaceva che Rossana stesse soffrendo tanto, ma nel contempo era felice che lei si fosse aperta in quel modo. La sentiva più vicina.
"Hai ragione", ammise. "Mi dispiace che sia finita così. Però..."
"Però?"
"Non credevo certo che una ragazza come te si lasciasse condizionare in questo modo dal giudizio degli altri. Sei così intelligen..."
"Ti ci metti anche tu, adesso?" ribatté lei. "Sono stanca di aver ripetuto quanto sono intelligente... sono una ragazza, come tante altre! Anch'io ho bisogno di spettegolare, di andare per negozi, anch'io ho bisogno di un..."
Rossana non riuscì a continuare il suo discorso, e dovette scappare via per evitare di piangere davanti al suo più caro amico.

"Dovresti essere a casa, Sana."
"Soichiro..." Il ragazzo l'aveva seguita da lontano, sperando che lei tornasse a casa, ma non era affatto probabile. Infatti si era seduta su un altalena di un parco giochi deserto, e non sembrava avere intenzione di schiodarsi da lì. "Che ci fai qui? No, lo so già il perché. Sei una persona molto buona."
Soichiro si inginocchiò di fronte a lei.
"Non credo che dondolarsi sia una soluzione."
"Perdonami. Non avrei dovuto rivolgermi a te in quel modo. Tu volevi solo tirarmi su di morale, ed invece..."
"...sto continuando a farlo. Eri molto arrabbiata, ed era naturale che mi rispondessi come hai fatto. Ora che ci penso, quella di consolarti non è stata una buona idea. A volte è meglio restare soli con se stessi."
"Il fatto è che io sto sempre sola con me stessa. Non te l'ho dimostrato, ma... mi ha fatto un immenso piacere che tu ti sia preoccupato per me. Parlarti mi ha sollevata tantissimo, invece."
Il cuore di Rossana batteva all'impazzata. Non era la prima volta che restava sola con Soichiro... e allora perché sentiva le gambe sciogliersi?
"Anche a me ha fatto piacere che tu ti sia aperta con me. Non ci speravo più."
"Ne parli come se ci avessi tenuto."
"Ci tenevo, infatti." Soichiro si alzò, ed appoggiò la mano sulla catena dell'altalena. Rossana era la ragazza più graziosa che avesse mai visto, e non solo da un punto di vista fisico. Era forte e caparbia, sempre, anche quando la situazione non era a suo favore. Riusciva ad uscirne sempre a testa alta, e se anche soffriva non lo dava a vedere. Il dono che gli aveva fatto, rivelandogli indirettamente quale fosse il suo tormento, lo aveva reso felice. "Comunque, per quello che può valere... quella persona non deve avere molto sale in zucca se ha bisogno di certe dimostrazioni."
"E' quello che penso anch'io." Sì. Era inutile continuare a triturarsi il cervello. Con lui non aveva speranza, ed ora che ci pensava... come accidenti aveva potuto innamorarsi di un essere simile? Non era bello, ed era proprio stupido... e, chissà, forse pure sull'altra sponda. "Grazie per avermi sopportata, Soichiro", concluse, alzandosi.
"Mi ha fatto piacere parlarti", rispose lui.
"Per finire in bellezza la serata eviterei volentieri la cena con relative domande della famiglia... l'unica cosa che voglio è il mio letto."
"Se vuoi posso evitarti la cena con i tuoi... ma non credo di poter far nulla per l'intervista", disse. "Ti va di mangiare fuori?"

"Sai cosa adoro di McDonald's?" stava dicendo Rossana, mentre con Soichiro camminava alla volta di casa sua.
"Cosa?"
"Primo. Puoi mettere i gomiti a tavola. Secondo. Puoi giocherellare con il cibo. Terzo. Puoi mangiare squisite schifezze senza che nessuno ti dica che sono troppo grasse."
"Concordo pienamente", sorrise lui. "Mi sono divertito molto."
"Anch'io, tantissimo!" rispose la ragazza. "Non pensavo che una persona come te frequentasse questi posti."
"In che senso?"
"Dai... Soichiro Jin, il ragazzo più raffinato del Kainan, che si abbassa ad andare da McDonald's come tutte le persone normali..."
"Guarda che è uno dei miei posti preferiti! Potrei offendermi per questo, sai?" scherzò.
"Manca che ti arrabbi ed avrai dato piena dimostrazione di essere un umano..."
"Vuoi che lo faccia sul serio?"
"Cos'è, una sfida?"
"E anche se fosse?"
I due erano così presi l'uno dall'altra che non si accorsero neanche di essere già arrivati.
"Spero che si ripeta."
"Lo spero anch'io." Rossana sospirò. "E' ora che rientri."
"Allora buonanotte, Sana", sorrise ancora Soichiro.
"A domani." La ragazza aveva già iniziato a camminare sul piccolo vialetto in cotto, ma fece marcia indietro, e sfiorò la guancia di Soichiro con le labbra. "'Notte."

L'indomani, come ogni giorno, Rossana trovò Nobunaga ad aspettarla nell'ingresso.
"Come mai non ti lamenti dei miei ritardi, Nobufesso?" domandò la ragazza, una volta usciti di casa. "E come mai non corri a rotta di collo?"
"Ho saputo della visita", disse lui, dandole le spalle. "Scusa. È stata tutta colpa mia."
Rossana lo raggiunse.
"Perché sarebbe colpa tua?"
"Perché mi hai rincorso ogni giorno. Potevo farne a meno... ma non ci ho pensato proprio. Non credevo che bastasse così poco per..."
"Non devi scusarti. Potevo anche non inseguirti. E poi, il medico mi ha detto che non è stato per gli sforzi che ho fatto. Questo era un decorso naturale, o andava così o andava così. L'unico modo per evitarlo era stare ferma immobile a letto... non era una prospettiva molto rosea."
"Mh", mugugnò Nobunaga, infilando una mano in tasca. "Tieni", disse poi, porgendole un piccolo pacchetto.
"Ma..."
"Era per farmi perdonare. Credo che ti piaccia, me l'ha consigliato tua sorella."
Rossana spacchettò il regalo in fretta: era una collana d'argento con un ciondolo si quarzo trasparente a forma di rosa.
"Ma Nobu... questa è... è..." Lo trattenne per la manica della giacca e lo strinse a sé. "E' bellissima. Non dovevi."
"Mi stai strangolando, patella!" Rossana si allontanò a lui sorridendo. Nobunaga non tollerava le effusioni, e in questo lo capiva, perché lei era esattamente uguale a lui... ma ogni tanto facevano bene. Il suo amico marciò a passo più veloce, solo per precederla di qualche metro. Lo imbarazzava molto essersi lasciato abbracciare. Lei l'aveva capito, e preferiva non insistere con le smancerie. Anzi, si chiedeva come avesse potuto abbracciarlo, ora che ci pensava. "Un'altra cosa", aggiunse Nobunaga. "Non farne parola con nessuno. Ne andrebbe del mio onore."
"Oook..."
"Non mi chiedi neanche come è andata?"
"Come è andata cosa?"
"Ieri abbiamo avuto la partita contro il Takezono!"
"Vabbè, dai!!" Le era completamente passato di mente... e nonostante Soichiro avesse avuto una partita di qualificazione era andato a trovarla lo stesso, e l'aveva invitata a cena... se solo se ne fosse ricordata gli avrebbe ordinato di andare di filato a letto, e invece... "E com'è andata?"
"Abbiamo vinto, ovviamente."
"Ah, già. Dimenticavo che quando perdi diventi una bestia."
"Ehi! Io non perdo mai! Quella squadra era talmente inferiore che Takato non ha fatto entrare né me né Maki!"
"Quindi Soichiro ha giocato?"
Nobunaga annuì.
"Ha segnato un canestro da tre punti dopo l'altro."

"Guarda che bella!" esclamò Rossana appena entrata in classe, dopo aver raggiunto il banco di Soichiro.
"Wow", le sorrise lui. "I tuoi?"
La ragazza scosse la testa, e gli accostò le labbra all'orecchio.
"E' un regalo di Nobunaga", sussurrò. "Ma è un segreto... altrimenti la sua reputazione da duro verrebbe messa in discussione!"
"Aaaah... capisco."
"Non sapevo che ieri avevate la partita contro il Takezono. Non ti avrei costretto a passare la serata con me."
"Non mi hai costretto. Te l'ho proposto io, no?"
"Sì, ma..."
"E' stato un bel modo di festeggiare."
"Non lo metto in dubbio, ma sarai stato stanco!"
"Se lo fossi stato non sarei nemmeno venuto a cercarti, non credi?" replicò Soichiro.
"Anche questo è vero... vedrai, per farmi perdonare verrò a vedere la partita contro lo Shohoku e tiferò fino a sgolarmi!"

"Porca patella!" protestò Rossana, mentre si avviava al distributore automatico.
La partita non era ancora cominciata e quei tre schifi avevano demandato a lei il compito di rifornirsi di bibite... lei voleva stare sugli spalti, a tifare per Soichiro!
Per quel ragazzo tanto dolce non sapeva proprio cosa provare.
Tra loro le cose andavano già a meraviglia, e non c'era motivo di far evolvere la loro amicizia in qualcos'altro. Ma le succedeva spesso di chiudere gli occhi e di sognarlo accanto a sé, magari con la testa poggiata sulla sua spalla, o mano nella mano.
Soichiro era un angelo... e gli angeli non si innamorano, purtroppo.
La ragazza stava per inserire gli spiccioli nella macchinetta, ma qualcuno le fregò il turno. Era un tipo alto, dai folti capelli neri. Non poté vedere altro, era di spalle.
Avrebbe potuto dirgli 'ehi! Guarda che toccava a me, bestiaccia!', ma si astenne. Non le sembrava il caso di polemizzare per un paio di secondi!
Sarebbe andato tutto bene se, alla fine della sua operazione, il tizio non si fosse girato, non l'avesse freddata con lo sguardo e avesse sibilato: "Che fessa... lasciarsi fregare così!"
"Come osi!?!" sbottò Rossana, ed istintivamente gli diede un pugno sullo zigomo.
Quell'individuo le aveva dato immediatamente fastidio, non le aveva lasciato per niente una buona impressione. Si era fatto odiare a pelle, e lei era sicura di non essere l'unica persona alla quale lo spilungo facesse quell'effetto.
"La prossima volta mettici più forza, principiante", concluse lui, prima di avviarsi verso gli spogliatoi.

Quando arrivò sugli spalti, l'attenzione nel pubblico era già rivolta al centro del campo.
"Non dirmi che hanno già cominciato..." piagnucolò, mentre prendeva posto.
"La partita non è ancora iniziata", la rassicurò Chiara. "Ma Nobunaga sta già dando spettacolo."
"Che vuoi dire?"
"Guarda tu stessa", sospirò la ragazzina, indicando il centrocampo con un cenno del capo.
Nobunaga si stava pizzicando con uno strano tipo con i capelli rossi ed un altro anonimo dello Shohoku.
"Santo Cielo! È proprio incorreggibile, accidenti!" sbottò Rossana. "Possibile che se non ci sono io a tenerlo sotto controllo..."
Quando ebbe terminato la frase, Sana, davanti agli occhi allibiti dei suoi tre fratelli, aveva già fatto leva sulla sbarra d'alluminio che delimitava gli spalti e l'aveva usata per raggiungere la panchina del Kainan, che si trovava proprio sotto di lei.
Soichiro fu a dir poco sorpreso di vederle fare quell'entrata ad effetto.
"Sana..."
"Ti avevo promesso che non sarei mancata, ricordi?"
"Potevi raggiungerci per altre vie..."
"Avrei allungato troppo... nessuno ha pensato di abbattere quel babbuino in calore?" protestò la ragazza, rivolgendosi a Shin'ichi.
"Con permesso", sbuffò il capitano, prima di andare a ripescare la sua pecora nera.
"E' proprio incorreggibile."
"Anche tu sei incorreggibile", la rimproverò Soichiro. "Ti sembrano sforzi da farsi, questi?"
"Andiamo... dovevo preservarmi per il campionato, ma visto che non posso partecipare posso fare quello che voglio! Bel salto, vero?"
"A volte servirebbe anche a te un bel guinzaglio."
"Si può sapere cos'hai in quel cervello?" sibilò Shin'ichi, dopo aver ricondotto Nobunaga al gregge.
"Devi sempre dare spettacolo, Nobuidiota??" rincarò la dose Rossana.
"E questa che ci fa qui??" domandò il rookie numero uno.
La ragazza stava per rispondere a tono, quando si accorse che l'anonimo dello Shohoku... era proprio... proprio proprio...
"Ma io... io... IO HO DATO UN PUGNO A QUEL MORETTO LI'!!"
In un istante tutta l'attenzione della squadra si rivolse a lei.
"Hai dato un pugno a Rukawa?" chiese Shin'ichi, intontito.
"Eh sì... ma se l'è meritato!"
"Ma perché?" aggiunse Soichiro.
"Qui il problema non è tanto il perché", intervenne Nobunaga. "Quanto il come... cioè, ti rendi conto che per dargli un pugno devi montare su una sedia??" Lei gli diede uno scapaccione sulla nuca. "Ma sei scema? Un tizio c'è rimasto sordo, per questo scherzo idiota!"
"E con questo muto", infierì Shin'ichi, riservandogli lo stesso trattamento.

Rossana era rimasta sulla panchina, per assistere alla partita, sotto gli sguardi invidiosi di Chiara e Zoe: ma lei non detestava il basket? L'anno precedente si era praticamente infischiata delle sorti del Kainan, nonostante Shin'ichi avesse fatto tanto per convincerla ad andarlo a vedere almeno una volta... ed allora perché, adesso, era lei a proporsi come sostegno per la squadra?
Il primo tempo non era neanche finito che il coach decise di sostituire Soichiro. La ragazza non capiva molto di tecniche e schemi, ma privare il Kainan di un tiratore da tre punti esperto come lui le sembrava un vero suicidio.
Aspettò che si sedesse per congratularsi.
"Sei stato eccezionale!" esultò, entusiasta. "Sei un genio!"
Soichiro le sorrise. Rossana gli sembrava strana. Aveva le guance in fiamme, gli occhi lucidi, il respiro affannoso... e non credeva che fosse stata il tifo a ridurla in quello stato.
"Sei sicura di sentirti bene, Sana?" domandò preoccupato.
"Certo!" rispose lei, poco convinta.
Era da quando si era svegliata che le girava la testa, le tonsille sembravano scoppiarle e gli occhi erano per i fattacci loro. Ma quella contro lo Shohoku era una partita troppo importante, e non se la sarebbe persa per nulla al mondo.
"Tu scotti", la contraddisse Soichiro, posandole una mano sulla fronte.
"Ah... n... non è niente, non preoccuparti", lo rassicurò. "Sarà solo un po' di temperatura..."
"Non è temperatura, è febbre", continuò il ragazzo. "Devi andare ad infilarti sotto le coperte. Immediatamente."
"No! Io resto qui finché non finisce la partita, è chiaro?"
Soichiro la guardò come un padre guarderebbe la figlia adorabilmente disobbediente, e decise di assecondarla. Si preannunciava un febbrone coi fiocchi, e probabilmente Rossana si sarebbe persa le due partite successive con il Ryonan ed il Takezato... ma sì, quella era meglio fargliela seguire. E poi... era così bello averla accanto...
"E va bene", sospirò, mentre sulle labbra gli tornava il suo bellissimo sorriso.
Rossana cercò di ricambiare, ed appoggiò la testa sul suo bicipite caldo e tonico.
Quando sentì che il mento di lui si appoggiava tra i suoi capelli sollevò lo sguardo. Soichiro sorrise ancora, e le prese una mano. Quanto le voleva bene... ed anche lei gli voleva un bene dell'anima, ma era troppo orgogliosa per confessarglielo. Era una frase che si ripeteva sempre, tra amici, ma lei non l'aveva mai detta a nessuno. E poi, con Soichiro avrebbe assunto un significato troppo particolare... compromettente. E lei non voleva più rischiare di far trapelare i suoi sentimenti verso qualcuno. La lezione l'aveva imparata bene, benissimo.
Ad un tratto, i giocatori in campo divennero omini irriconoscibili sempre più sfocati, e le urla dei tifosi solo voci leggere ed indistinte che, quando quella testolina dura e capricciosa che Soichiro adorava tanto chiuse gli occhi, a poco a poco si dissolsero nel buio e nel silenzio più assoluto.

Soichiro scrollò delicatamente Rossana alla fine del primo tempo.
La ragazza bofonchiò qualcosa, cercando a tentoni le palpebre per strofinarsele.
"E' ora di ritirarsi, Sana", le spiegò, mentre la sollevava.
"E' già finita?"
"Solo il primo tempo."
Rossana si alzò, ancora mezza addormentata.
"Quindi c'è pericolo che torni in campo?"
"Credo che... sì, potrebbe esserci."
Lei sbuffò, poi sorrise.
"Quindi dovrei fare forza solo sulla mia schiena..."
"Potresti chiedere in prestito quella del signor Takato."
Soichiro rispose al suo sorriso e si diresse verso gli spogliatoi.
"TA-TA-TA-TA-TA-TA-TA-TA-TA-TAAAAAAA... SCION-SCION!" Chiara si era sporta dalla transenna e cantava con aria trasognata. "Per il bouquet rose bianche, vero Sana?"
"Crepa!" sbottò la ragazza, voltandosi di scatto. "Un'altra battuta di queste e ti..."
Rossana barcollò, e dovette appoggiarsi al muro per non cadere.
"Devo ammettere che venire qui con la febbre è stata davvero una bella trovata, sorellina."
"Sto bene", replicò lei.
"Un po' di cochina?" domandò Chiara, preoccupata.
Sua sorella non le era sembrata al massimo della forma, quella mattina, e questo era il preludio di un bel febbrone. Ma sapeva quanto Rossana tenesse alla 'partita', ed aveva preferito non riferirlo alla madre, che l'avrebbe costretta immediatamente a letto.
"Da' qua", rispose Sana, afferrando la lattina con poca dolcezza, e tornò sulla panchina.
Sua sorella non capiva proprio nulla... o forse capiva troppo.
Solo qualche anno prima Rossana aveva commesso l'errore di pronunciare un nome in un momento poco opportuno, e da quel giorno le tre pesti non facevano che ripeterlo ininterrottamente... e a nulla serviva replicare che stavano dicendo tutto loro, che erano stati loro a costruire quel castello: non le credevano. Perché non ci credeva neanche lei. Quel nome aveva continuato a tormentarla crudelmente, quei tre avevano continuato a tormentarla crudelmente, anche dopo che si era accorta che non provava più nulla per quell'essere, ad eccezione di un odio feroce. Ma da quando aveva legato con Soichiro, aveva iniziato a studiare con lui, a sentirlo per telefono, a percorrere con lui la via di casa, con Nobunaga che faceva il 'coniglietto pasquale', come diceva Chiara, quel nome era scomparso. Se volevano prenderla in giro ricorrevano a battute meno crudeli... e, nei loro bisbigli maliziosi, iniziava a sentire qualche 's' di troppo.

Il Kainan, come era prevedibile, vinse.
Shin'ichi aveva giocato alla grande, ma per Rossana era stato Soichiro l'unico protagonista dell'incontro.
Ed era stato Soichiro a caricarsela sulle spalle come un peso morto ed adesso la stava accompagnando a casa, mentre lei dormiva.
Chiara aprì il cancelletto, aspettò che Zoe ed Alessandro raggiungessero la porta di casa e si girò verso il ragazzo.
"Grazie per averci sopportato", mormorò, sorridendo.
"E' stato un piacere", rispose Soichiro, controllando se Rossana stesse ancora dormendo. "Sarebbe ora di svegliarla..."
Sentiva il respiro di Sana sopra di lui, sentiva il suo cuore che batteva troppo in fretta per via della febbre, il calore del suo corpo.
"Soichiro... a te... piace Sana?" domandò la ragazzina.
Il ragazzo sospirò, e le strinse le ginocchia per evitare che cadesse.
"Mi piace stare con lei. È molto graziosa. E..."
"E?" Soichiro non rispose. "Quegli occhioni castani parlano da soli, fratello! Evvai!" esultò Chiara. "Così non dovrò più sorbirmi le sue crisi depressive!! Alè!! E... quando avresti intenzione di dirglielo?"
"Io non..."
"Ascolta. Rossana con noi ha il carattere insopportabile che ha perché è dannatamente insicura, perché non ha nessuno con cui aprirsi. Ha bisogno di qualcuno che le stia accanto, ed io sono sicura che voglia che sia tu quel qualcuno. Ci metterei le pall... eh, la mano sul fuoco, Soichiro."
"Ma a me piace così..."
Chiara stava per replicare ancora, ma Rossana si svegliò.
"Siamo... già..." balbettò, mentre la voce le si spegneva in gola.
Non riusciva a rendersi conto se stesse delirando per colpa della febbre o se... fosse realmente sulle spalle di Soichiro. E se ci fosse rimasta per tutta la durata del percorso verso casa.
"Sì, siamo arrivati", rispose lui. "Ora va' e fila sotto le coperte, Sanachan."

"Sanachan... è la prima volta che mi chiama così..." fu l'ultimo pensiero della ragazza, affondata sotto le lenzuola, prima di abbandonarsi al pesante sonno che le procuravano i medicinali.

Rossana era rimasta a letto per una settimana filata.
Il febbrone che si era beccata per vie sconosciute era continuato per cinque giorni, e solo il sabato successivo la paziente ottenne il permesso di abbandonare pigiami e camicie da notte ed indossare abiti civili.
Soichiro era andato a trovarla quotidianamente. Le portava compiti, appunti e tanti regali: un giorno era un libro, un altro era una confezione di cioccolatini, un altro ancora un fermacapelli... quelli erano stati per Rossana i giorni più felici della sua vita: non si era mai sentita così coccolata. Sperava che la febbre si protraesse solo per poter stare in compagnia di Soichiro il più possibile.
Che sfigaccia nera... il giorno prima il Kainan aveva vinto contro il Ryonan, e lei era dovuta restare a casa. Ed aveva assistito alla conquista del diciassettesimo titolo di campione della prefettura da parte della sua squadra via cellulare... Chiara l'aveva chiamata quando era iniziata la partita contro il Takezato, e Sana aveva capito solo per opera dello Spirito Santo che avevano vinto... sua sorella stava bene alle telecronache come Moreno agli arbitraggi (esemplare tentativo di denuncia sociale... BASTARDO! CANE! BRUTTA BALDRACCA @#°§**@!!!!!)!!!
Purtroppo la premiazione sarebbe stata solo dopo l'incontro Ryonan-Shohoku, e Soichiro non sarebbe andato a trovarla prima di allora... le aveva promesso che si sarebbe fiondato a casa sua quando tutto sarebbe finito... ma perché?!? NON POTEVANO ANNULLARE LA PARTITA E DARE LA VITTORIA AL RYONAN PER IL SEMPLICE FATTO CHE SENDOH ERA UN DIO IN TERRA?!?!

Quando Soichiro aprì la porta, Rossana andò a gettargli le braccia al collo.
"Sei grande!" esclamò entusiasta, senza scollarsi da lui.
Il ragazzo le afferrò delicatamente i polsi e la allontanò da sé.
"Sana..." mormorò, afflitto.
"C... che c'è?"
"Ti ringrazio, ma... noi non abbiamo vinto."
"Come no?! Siete di nuovo i primi della prefettura... è meraviglioso!"
"Davvero, Sana... noi non abbiamo affatto vinto."
"Soichiro... guarda che Chiara mi ha detto tutto per telefono, quindi togliti quella faccia da funerale!"
"Non ti si può nascondere niente, vero?" ammise Soichiro, tornando a sorridere come sempre.
"Sono così fiera di te!" esultò Rossana.
Per più di un'ora tempestò di domande il povero Soichiro. Chi aveva segnato, come e quando, se Nobunaga avesse disturbato la quiete pubblica come al solito, se Shin'ichi avesse fatto venire i complessi di inferiorità al capitano del Takezato... e ad ogni quesito lui rispondeva allegramente, più gasato di quanto fosse convenuto.
Era felice di aver vinto per la terza volta il campionato distrettuale, ma era ancora più felice di essere lì, con la sua dolce Sana. Soltanto allora capì quanto quella ragazza fosse importante per lui. Non avrebbe voluto perderla per niente al mondo. Non voleva lasciarla per tornare a casa. Avrebbe voluto restare con lei, nella sua camera, a parlare per sempre.
Approfittando di un istante di pausa, si chinò ed aprì il borsone.
"Sana..."
Esitava.
Se lei avesse rifiutato? Quello che voleva darle era solo un piccolo pegno, ma... se lei avesse intuito cosa ci fosse dietro e si fosse spaventata? Se la fiducia della ragazza nei suoi confronti si fosse incrinata?
"Dimmi."
"Io..." Sì, doveva dargliela per forza. Si sentiva di farlo. Voleva farlo... "Oggi... ho vinto per te", mormorò, alzando gli occhi e porgendole la sua medaglia d'oro.
"Ma Soichiro..." replicò Rossana, imbarazzata. "N... non posso accettarla, è troppo importante..."
"Anche tu sei importante, per me", confessò Soichiro, restando inginocchiato a terra. "E' per questo che ho deciso di regalartela. È l'unico modo per dimostrarti..." sospirò. "Quanto tenga a te. Questa medaglia è parte del mio sogno... perciò voglio che la tenga tu."
Anche lei scivolò sul pavimento.
Era emozionatissima. Cosa voleva dire Soichiro? Che era un'amica particolare... o che... lui era...
"Sei un ragazzo eccezionale", bisbigliò Sana, abbracciandolo dolcemente. "E non puoi neanche immaginare quanto tu sia importante... e..." Gli occhi dei due si incontrarono. Rossana sentiva sciogliersi a poco a poco in quelle braccia così calde, in quel sorriso così sincero. "E, per quello che può valere, Soichiro... credo che tu sia il miglior giocatore del mondo..."
"Tu non odiavi parlare di basket, Sanachan?" scherzò lui, prima di posarle un bacio sulla fronte.
"Ma non odio te, So..." sospirò la ragazza, prima di tornare a stringerlo. "Tutt'altro..."
La porta si spalancò di colpo.
"Qui sotto c'è Nobutanda che ti reclama, Soichiro", annunciò Chiara.
"Già", rispose lui, alzandosi. "Dimenticavo che dobbiamo andare a festeggiare. Mi piacerebbe che ci fossi anche tu, Sana."
"Devo stare chiusa fino a domani mattina, purtroppo."
"Allora torni a scuola?"
"Sì. Se penso che non posso più svegliarmi quando voglio mi viene da piangere."
"Ah, non preoccuparti. Le vacanze si avvicinano."
"Lo so. E anche il campionato nazionale. Vorrà dire che mi porterete a festeggiare in quell'occasione."
"Contaci", rispose Soichiro, sollevandola per le mani. "A domani, Sana."
"Sì. A domani." Il ragazzo le regalò un bacio della guancia prima di varcare la porta. "Grazie... per la medaglia, Soichiro."
"Sono io che devo ringraziare te", sorrise lui.

Nonostante Rossana pensasse che non sarebbe mai potuto accadere nulla di simile... accadde.
Erano appena finiti gli esami semestrali quando Soichiro le aveva chiesto di uscire. Certo, si trattava solo di accompagnarlo in libreria... ma era nervosa come se le avesse chiesto di sposarlo. Sposare Soichiro... era... un sogno...
Era allo specchio da più di mezz'ora, a controllare che tutto fosse perfetto. Maglietta viola, gonna giallo pastello. I colori del Kainan... chissà, forse gli avrebbe fatto piacere... ah, ma che andava a pensare... Soichiro non era tipo da... da...
"Non sudare non sudare non sudare!" si ripeteva la ragazza, mentre si faceva vento con le mani.
Se un appuntamento con qualcuno dava quegli effetti ne avrebbe fatto volentieri a meno, in futuro... no, come poteva fare a meno di Soichiro? Del suo dolcissimo Soichiro? Cielo... già diceva 'suo' Soichiro... si stava veramente perdendo di casa, accidenti!!
Il campanello suonò con dieci minuti d'anticipo. NO! Non aveva ancora finito, lei!!
"Rossana?" la chiamò sua madre. "C'è Nobunaga!"
Nobunaga? NOBUNAGA?! NOBUNAGA!??!?!?!?!?! Che ci faceva NOBUNAGA lì a quell'ora?!?!
Rossana scese rapidamente le scale, intenzionata più che mai a fare a botte con quell'essere retrocesso, se le avesse impedito di uscire con Soichiro.
"E tu che vuoi?" domandò.
"Sei simpatica come una verruca!" ribatté il rookie, per tutta risposta. "Perché ti sei vestita come un albero di Natale?"
"Perché tra meno di dieci minuti devo uscire con Soichiro!"
"Perfetto! Due secch... eh... due bravi al posto di uno!"
"Ch... che vuoi dire?" balbettò Rossana, iniziando a sudare freddo.
No, non poteva, non doveva essere successo...
"Ho preso cinque insufficienze..."
"MA ALLORA SEI TURGIDO DI STUPIDITA', RAZZA DI UROGALLO!!"
"SE LA STUPIDITA' GONFIASSE LE PERSONE TU SARESTI L'OMINO MICHELIN!!"
"Insomma, che vuoi?"
"Maki ha interceduto per me e i prof mi hanno dato un'altra possibilità perché senza di me la squadra perderà sicuramente... l'esame di recupero è domani, e io devo passarlo assolutamente se voglio partecipare al campionato nazionale!"
"Per me puoi restartene a casa, bestia! Questo pomeriggio devo uscire, e uscirò!"
"Ah sì?" Nobunaga si precipitò in giardino, afferrò il tavolo e lo trasportò fino al cancello. Poi ci si sedette sopra ed uscì dallo zaino i suoi libri. "Provaci!"
"LEVATI DI LI', BASTARDO!!"
"O MI AIUTI A PASSARE L'ESAME O IO DI QUI NON MI SCHIODO!"
"GUARDA CHE IL CANCELLO POSSO ANCHE SCAVALCARLO!!"
"NE SEI SICURA? SE HAI L'AGILITA' DI UN ELEFANTE!"
"HA PARLATO L'ATLETA!!"
"FAMMI VEDERE UN PO' COME CI RIESCI, AVANTI!"
"STANNE CERTO, MINCHIOCEFALO!"
Rossana era sul punto di compiere il suo insano gesto quando Soichiro arrivò davanti al cancello 'occupato'.
"Ma cosa..." chiese, stupito.
"Soichiro!" esclamò la ragazza. "Ti prego, salvami da questo mostro! Mi tiene prigioniera, non vuole farmi uscire!!"
"Kiyota... che accidenti hai combinato, stavolta?"

"Mi dispiace davvero tanto, Soichiro", si scusò Rossana, mentre posava sul tavolo, tornato al suo posto, qualche bibita fresca. "Studiare subito dopo gli esami non deve essere la tua massima aspirazione..."
"Non fa niente, Sana", la rassicurò lui. "Devo farlo per la squadra."
"HAI VISTO, STREGA?!" intervenne Nobunaga.
"GUARDA CHE TI DO IN PASTO AI MACACHI DELLA FORESTA NERA!!"
"LI CONOSCI PERSONALMENTE, PER CASO?!"
"TI VIVISEZIONO!"
"Ragazzi..." cercava di calmarli Soichiro.
"PERCHE' NON TE NE SEI ANDATO A STUDIARE DA MAKI, EH?!?"
"PERCHE' LUI MI PICCHIA OGNI VOLTA CHE SBAGLIO!"
"E FA BENE, FA!!"
"Se continuate a litigare non faremo mai in tempo", intervenne di nuovo Soichiro.
"Giusto", gli andò dietro Rossana. "Prima iniziamo prima me lo tolgo di torno."
"Guarda che neanche a me fa piacere vedere la tua brutta faccia!"
"Sì, ma sei stato tu a venire qui a sbomballarci i maroni!"
"TI MENO!"
"Iniziamo?" li calmò un'altra volta l'angelo della situazione.
"Sissignore", rispose Nobunaga, spostando la sua sedia sotto il sole.
"Ma che cavolo fai?" chiese Rossana, con i nervi a fior di pelle.
"Mi abbronzo, che domande!"
"Già la tua testa non funziona al fresco, figuriamoci con un'insolazione!"
"Senti un po'! Diventerò più nero di Maki, così tutte le ragazze mi verranno dietro!!"
"Io preferisco i ragazzi con la pelle chiara", obiettò Sana. "Come Sendoh, per esempio..." aggiunse con aria trasognata.
"Ti informo che il tuo adorato Sendoh sta con una bellissima squinzia straniera!"
"Anch'io sono straniera!"
"Sì, ma non sei affatto bella!"
"TI EVIRO!!!"

Erano passate un paio d'ore, ma Rossana dubitava fortemente che le ripetizioni che gli stavano dando lei e Soichiro potessero allargare il cervello di quel protozoo.
"Allora", gli domandò, mentre si versava un po' d'acqua. "Tra chi è stata la guerra del golfo?"
"..."
"Nobunaga?"
"..."
"L'abbiamo già ripetuto, ricordi?" intervenne pazientemente Soichiro.
"..."
"Se per ogni risposta non data ti tagliassimo un pezzo di Nobuchan come la prenderesti?" lo incalzò Rossana.
"Non me lo ricordo, uffa!!" sbottò il ragazzino, incrociando le braccia. "E poi, a noi che ce ne frega?"
"Beh, in questo devo ammettere che hai ragione", osservò lei.
"E' stata tra Usa e Iraq", rispose Soichiro.
"Perché... confinano?"
A quella domanda, Rossana tentò il suicidio. Soichiro si limitò a scuotere la testa.
"Riprendiamo da capo..."

Il pomeriggio di preparazione della matricola numero uno si tenne perennemente su quei livelli, dando conferma del processo di decomposizione di quelle stesse cellule cerebrali che solo qualche settimana prima (il giorno della vittoria del Kainan) erano parse così tirate a lucido: secondo il sedicente genio del basket Omero era un osso della gamba (manco del braccio... che caso perso...), la Nike di Samotracia era lo sponsor ufficiale dei Mondiali Korea-Japan 2002 (BASTARDI! CANI! INFAMI!), le Idi di Marzo erano una raccolta di poesie in latino, la Divina Commedia era una rappresentazione teatrale che faceva morire da ridere, l'Otello era un gioco di società, lo sbarco in Normandia l'aveva condotto Steven Spielberg...
Fu soprattutto grazie a Soichiro che quell'irrecuperabile caso umano venne -parzialmente, almeno- recuperato.
"Mi dispiace di non poter essere uscita con te, oggi", disse Rossana, mentre accompagnava Soichiro al cancello.
"Non fa niente. Mi sono divertito lo stesso."
"Non devi mentirmi solo per farmi piacere, Soichiro..."
"Ma non sto mentendo. A me basta stare con te per divertirmi. E poi... la libreria non chiude mica i battenti, no?"
"Hai ragione", ammise la ragazza, chinando lo sguardo.
"Speriamo che si impegni anche domani", disse Soichiro, mentre guardava Nobunaga allontanarsi.
"Già. Anche perché non ho intenzione di sentire altre bestialità, in questa vita."

Quando Rossana mise piede sulla pista, il ghiaccio le restituì la sua immagine avvolta dal bel costume bianco che non aveva potuto indossare per il torneo.
Era da quasi dieci mesi che non indossava i suoi pattini, che non scivolava su quella lastra. Non ricordava neanche come si facesse...
Dopo le esitazioni iniziali, però, Rossana si riappropriò del suo elemento naturale, e cominciò a disegnare sulla superficie gli splendidi arabeschi che solo lei sapeva fare.
La scuola era iniziata da pochi giorni, ed ancora il club di pattinaggio non aveva ripreso la sua attività. Se c'era un posto dove ci si poteva rilassare era proprio quello.
Ogni segno che la ragazza lasciava sul ghiaccio nascondeva le lacrime che lei avrebbe voluto versare, e che non avrebbe mai versato per il troppo orgoglio.
Possibile che fosse la sua famiglia la causa di tutti i suoi problemi? Sì, da lontano poteva anche sembrare la famiglia felice del Mulino Bianco, ma... perché si entrava sempre in attrito? Perché quando litigava con i suoi fratelli aveva sempre, irrimediabilmente torto? Perché non c'era mai nessuno che prendesse le sue difese? Perché non poteva ritagliarsi uno spazio personale all'interno della sua stessa casa? Perché nessuno voleva capire che le sue esigenze non erano più quelle di una bambina, ormai? Che l'affetto e l'armonia in famiglia potevano contare quanto si voleva, ma che lei aveva bisogno d'altro, che aveva bisogno di non sentirsi più sola?
Le lacrime si erano accumulate così copiose nei suoi occhi che per un istante non vide più dove stava andando, cosa stava facendo: mise male il piede, svoltò nella direzione sbagliata, cadde ed andò a scagliarsi contro uno dei cartelloni che delimitavano il bordo della pista.
Non sentiva dolore, non sentiva nulla al di fuori di un'infinita, immensa tristezza. Perché la sua vita trascorreva sempre così uguale? Perché...
Rossana si rannicchiò e restò così, sdraiata, aspettando di sentire abbastanza freddo per potersi alzare.
Soichiro era appena uscito dalla palestra, e si soffermò davanti alla sede del club di pattinaggio. Guardava la lastra, piatta e vuota, ed immaginava Rossana volteggiare lì, con il vestito bianco del quale gli aveva tanto parlato. Immaginava i suoi capelli di rame spiccare sul raso candido del corpetto, immaginava i suoi occhi neri come la notte illuminarsi di quella luce che conosce soltanto chi ama il proprio sport...
Stava per andar via, quando gli sembrò di vedere proprio Rossana accoccolata in un angolino.
No, non era un'allucinazione. Era lei. Si muoveva. Stava... piangendo?

"Ti sei fatta male, Sana?" le domandò, dopo averla raggiunta.
La ragazza sollevò lo sguardo. Soichiro non aveva mai visto i suoi occhi tanto lucidi.
"Soichiro..."
"Che è successo?" chiese ancora, mentre si chinava su di lei.
"N... niente. Non è successo niente!" rispose Sana, nascondendo la sua amarezza in un bel sorriso.
"E allora perché te ne stai qui rannicchiata a piangere?"
"Non sto piangendo..."
"Sanachan... a me puoi dirlo."
"Nessuno mi capisce!" scoppiò allora lei, avvinghiandosi al petto del suo amico.
In futuro non si sarebbe mai perdonata di essersi lasciata andare in quel modo, ma era l'unica cosa che in quel momento era in grado di fare. Piangere, sfogarsi con la persona che per lei valeva più di tutte le altre... chissà, forse avrebbe potuto aiutarla.
"Perché dici così?" la rimproverò dolcemente lui, accarezzandole i capelli profumati.
"Perché..." Rossana prese fiato. "Nessuno capisce che non sono più una bambina... che... che la mia famiglia non è l'unica cosa della quale ho bisogno! Io ho bisogno di qualcuno che mi stia sempre accanto... che mi corregga per migliorarmi, non per rimproverarmi... di qualcuno che mi stia sempre accanto, ma non come farebbe un fratello col quale devi vivere ventiquattr'ore su ventiquattro... voglio una persona che adori i miei difetti, che accontenti i miei capricci... ho bisogno di qualcuno che mi voglia bene, e non come mi vuole bene la mia famiglia, e che non mi dica che l'affetto della famiglia è il più importante, perché è ridicolo! Sono stanca di essere così disperatamente sola!"
Cosa aveva detto? Aveva fatto un discorso completamente senza senso... e quante volte aveva ripetuto le stesse, identiche cose? Chissà per chi l'aveva presa Soichiro... chissà se Soichiro aveva capito qualcosa, in quel fiume di parole inutili...
Ma Soichiro aveva capito tutto. Era rimasto ad ascoltare in silenzio, per dar modo a quella ragazza così deliziosa di aprirsi, di abbassare le difese una volta per tutte. Anche le persone forti come lei dovevano cedere, prima o dopo. Sì, e una volta riprese sarebbero tornate più forti di prima. E voleva aiutarla lui a diventare forte, da quel momento in poi.
"Perché, Sana", mormorò, "io non ti basto?"
Rossana lo guardò tra le lacrime.
"C... che vuoi dire?"
"Vorrei essere io quella persona."
Rossana lo abbracciò forte. Chi avrebbe mai detto che l'ennesima lite in famiglia avrebbe risolto i suoi problemi? Soichiro... le aveva detto che voleva stare sempre con lei... e lei... non chiedeva altro. Quel ragazzo meraviglioso che la abbracciava con il viso affondato tra i suoi capelli le aveva promesso che non l'avrebbe mai lasciata sola, che l'avrebbe consolata, che non avrebbe permesso che nessuno la facesse soffrire...
"Sento freddo", confessò, stringendosi a lui con più insistenza.
"Ci credo", rispose Soichiro. "Da quanto tempo te ne stavi sdraiata, eh?" aggiunse, mentre la aiutava ad alzarsi. Rossana era quasi in piedi quando Soichiro rischiava di cadere a sua volta, se lei non l'avesse preso al volo. "Grazie."
"Non ringraziarmi. Non posso permettere che il capitano si faccia male a poche settimane dall'inizio del torneo!"
"Ed io non posso permettere che la nostra manager si becchi un'altra brutta influenza", replicò lui.
Un sorriso sincero si dipinse sulle labbra di Sana prima che poggiasse la fronte sul petto del suo... ragazzo.
"Ti voglio bene, Soichiro", bisbigliò.
"Ti voglio bene anch'io, Sana", rispose Soichiro, e la portò via tenendola per mano.

1 Unico caso in cui gli scempi di traduzione della Mediaset siano serviti a qualcosa!!

 
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