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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: DIAMOND DOGS
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: earwen galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/09/2004 12:48:35

basta un episodio non aspettato, una parola di troppo per distruggere tutto. ma l`ora di tirare le somme arriva, prima o dopo.
 
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- Capitolo 1° -

Diamond Dogs

Le giornate di Nicole trascorrevano irrimediabilmente uguali da quando Hisashi era uscito dalla sua vita.
Quanto tempo era passato? Due anni? Sì, quasi due anni.
E tutto era accaduto per colpa del carattere impulsivo di quel - allora - ragazzino, per colpa della sua mania di giocare a basket.

I futuri genitori di Nicole avevano lasciato l'Australia quando lei era stata appena concepita.
Perché?
Perché i signori Ross erano innamorati del Giappone.
Erano innamorati della sua storia, dei suoi costumi, delle sue usanze, e non desideravano altro che il loro più prezioso tesoro vivesse in quel mondo che sapeva tanto di leggenda.
Ed alla piccola Niki - avevano anche 'nipponizzato' il suo nome quanto più possibile - quel mondo andava più che bene, e sarebbe andato bene anche in futuro se non avesse avuto un adeguato metro di paragone: ma le era bastata una vacanza a Sydney, una breve immersione in un paese che traspirava occidentalità, per farla ricredere.
Il Giappone le sembrava arretrato. Il Giappone le sembrava un carceriere. Il Giappone le sembrava qualcosa di totalmente diverso da quanto lei aveva assunto come normalità, una grottesca caricatura malriuscita degli istinti più atavici dell'animo umano.
Il Giappone era alienante.
Raramente ne faceva parola con i genitori.
Si lamentava in modo innocuo.
Non che avesse alternative: mai e poi mai i suoi avrebbero acconsentito a tornare in Australia, nella sua Australia.
Lei non sapeva perché la passione dei genitori per anormalità ed aberrazione fosse giunta a spingerli via dal loro paese natale. Sapeva solo che il processo si era portato ad uno stadio troppo avanzato, ed in modo troppo repentino, perché potesse essere invertito.
Eppure, qualcuno era riuscito, se non a farle amare il posto nel quale era costretta a vivere, a renderglielo meno intollerabile.
Quando Angel e Diane Ross erano arrivati in quella che sarebbe stata la loro futura dimora avevano fatto subito la conoscenza di Jin e Kasumi Mitsui e del loro figlio Hisashi, nato da appena due settimane.

Nicole ed Hisashi erano cresciuti praticamente insieme: vivevano a contatto quasi ventiquattr'ore su ventiquattro, ed erano sempre andati d'amore e d'accordo.
Nessuno poteva prevedere quanto sarebbe successo.

Quella era l'ultima partita che Hisashi avrebbe giocato con la squadra di pallacanestro delle medie Takeishi, ed era riuscito a portarla in vantaggio a pochissimi istanti dalla fine.
Niki aveva lasciato il suo posto in gradinata in fretta e furia, e si era precipitata da lui per essere la prima a congratularsi.
"Sei grande, Hisashi!" aveva esclamato, gettandogli le braccia al collo. "Sei il numero uno! Sapevo che ce l'avresti fatta!"

"Posso dirti una cosa senza che tu mi detesti a vita, Niki?" aveva domandato Hisashi, mentre si sedeva nell'altalena accanto a quella occupata da lei.
"No."
"Non posso mantenere la promessa", aveva continuato, ignorando completamente quel 'no', falso come tutte le ragazzine che gli ronzavano attorno da quando era diventato una celebrità.
"Quale delle 87326483 che non puoi mantenere?"
Niki era quasi divertita: ogni volta che Hisashi non poteva mantenere una promessa proferiva la stessa, identica frase iniziale.
"Questa volta è grossa, Niki."
La ragazza aveva piantato i piedi per terra per evitare che il sediolino dondolasse ancora.
"Sputa il rospo, dai. Mettimi al corrente della cruda verità", l'aveva incitato, più incuriosita che arrabbiata per l'ennesimo 'bidone'.
"Io..."
Hisashi esitava.
"Tu?" aveva ripetuto lei, mettendosi a cavalcioni dell'asse di legno.
"Ti ricordi quando eravamo in prima elementare e ci eravamo promessi di frequentare le stesse scuole, sempre e comunque?" Niki aveva annuito, sforzandosi di nascondere un sorriso. "Bene, dimenticatelo."
"E perché?"
"Perché ho deciso di andare allo Shohoku."
"Shohoku? Mai sentito."
La ragazza era sinceramente stupita. 'Shohoku' era un nome per lei del tutto sconosciuto. Aveva sentito parlare del Kainan (dove avevano progettato di andare, in effetti), del Ryonan, dello Shoyo, del Takezato... ma lo Shohoku? Ma sì, Hisashi stava sicuramente scherzando.
"Andrò allo Shohoku", aveva ribadito lui. "Tu non puoi seguirmi."
"Perché non potrei seguirti?"
"Perché è l'ultima delle scuole della prefettura di Kanagawa. Davvero, non fa per te, Niki."
Hisashi si spingeva avanti e indietro, tenendo lo sguardo basso.
Nicole non sapeva che fare. Desiderava tanto andare al Kainan. Ma desiderava anche stare accanto ad Hisashi.
Lui la stava lasciando libera, ma...
"E qual è il problema?" aveva chiesto ancora.
"Come sarebbe a dire?"
"Io vengo con te."
"Non se ne parla."
"E perché no?"
"Io vado lì per un motivo preciso. Non per il prestigio della scuola... io... devo molto ad una persona."
Niki si era alzata e si era messa in piedi davanti a lui. Non gli aveva domandato nulla, ma il suo sguardo aveva domandato per lei.
Hisashi allora l'aveva attirata a sé e le aveva poggiato il viso sul petto. Ma si era subito ritratto: l'aveva fatto un'infinità di volte, quando erano piccoli, ed ancora non si era abituato al fatto che Niki... era cresciuta, in ogni senso.
Era una donna, e lui doveva imparare a trattare il suo corpo come richiedeva. Niente più solletico, niente più pugnetti, niente più nottate insonni passate a ridere, a scherzare, a lottare sul letto dell'uno o dell'altra, niente più... poggiarle la testa sul petto, divenuto ormai troppo morbido perché lui non pensasse automaticamente ad altro.
"Che hai, Hicchan?"
Hisashi aveva portato il suo sguardo ancora più in basso.
E le aveva raccontato.
Le aveva raccontato perché avesse cambiato idea, perché fosse venuto meno al loro patto.
La sua squadra non avrebbe mai vinto il campionato, non avrebbe mai ribaltato il risultato a così poco dalla fine dell'incontro se lui, se Hisashi Mitsui, non fosse stato incoraggiato, negli ultimi istanti, da un vecchio seduto in tribuna d'onore, un vecchio che aveva infuso in lui un'inebriante sensazione di speranza, un'inaspettata voglia di rimettersi in discussione.
Un vecchio che allenava la squadra di basket dello Shohoku, l'ultima delle scuole della prefettura di Kanagawa.
"Capisci perché non è giusto che tu mi segua, Niki? È una storia che riguarda me, e me soltan..."
Quella volta era stata Nicole ad affondarsi il viso di Hisashi nel petto. Non le importava se era sconveniente, se doveva iniziare a comportarsi da ragazza adulta. Lei ed Hisashi erano ancora dei bambini piccoli, in fondo.
"Non mi importa, in quale scuola andrò", l'aveva interrotto. "Maria Antonietta è stata decapitata, sia che io la studi al Kainan sia che la studi allo Shohoku. Due più due farà sempre quattro, in qualsiasi scuola della prefettura, del Giappone..." Il ragazzo la strinse ancora più forte. Era infinitamente triste. Perché? Avevano vinto il campionato, era stato nominato miglior giocatore del torneo, la sua più cara amica lo stava seguendo in quell'inferno di scuola... e forse era proprio lei la causa. Forse non era la sua più cara amica. Forse non lo era da tempo, forse non lo era mai stata. Hisashi non voleva che cambiasse nulla, però non gli bastava più quello che Niki era disposta a dargli. Aveva bisogno di altro. Sì, non aveva bisogno di una cara amica con la quale studiare e giocare il pomeriggio. Aveva bisogno di una persona che rivestisse una figura indispensabile per la sua felicità, una persona che lo facesse fremere per un bacio quando c'era troppa gente attorno a loro, una persona che scaldasse il suo letto, e sicuramente non simulando una battaglia sottomarina affondando sotto le coperte. E pretendeva che quella persona fosse Nicole. "E poi", continuava lei, "dovrei rimboccarmi le maniche per farmi nuove amicizie... non ho intenzione di faticare tanto!! Con te ho tutto bello e pronto... sai che adoro la comodità, no?"
"Niki..."
"Hai detto Shohoku? Shohoku sia, allora."

Come era prevedibile, la prima cosa che Hisashi aveva fatto quando era entrato nella sua nuova scuola era stata iscriversi al club di basket del professor Anzai.
Niki l'aveva accompagnato a prendere i moduli in segreteria, l'aveva assistito nella compilazione, l'aveva riaccompagnato per consegnarli. Senza togliersi dalla faccia una sincera espressione di profondo disgusto.
Il ragazzo faceva faville, in squadra: lo adoravano tutti, ero considerato un vero e proprio idolo. E questo non poteva fare che piacere a Nicole, che osservava da lontano la sua stella accrescersi sempre più in magnificenza.
Purtroppo ignorava che quella era solo un'effimera meteora.
Durante una partita d'allenamento come tante, Hisashi era crollato in mezzo al campo di gioco. Problemi al ginocchio sinistro, ricordava: il tempo era stato così inclemente con Nicole da non darle neanche la possibilità di comprendere cosa fosse successo esattamente.
Sapeva solo che era andata a trovarlo ogni giorno in ospedale, che gli portava le sue riviste preferite, libri, fumetti, cibo sicuramente migliore di quello che un'infermiera troppo appiccicosa gli propinava a pranzo ed a cena, i compiti... e passavano tutto il tempo a ridere, a scherzare, a prendersi in giro... perché, perché non poteva restare tutto in quel modo, cristallizzarsi in quella forma perfetta?
Troppo impaziente di tornare a fare faville, Hisashi puntualmente eludeva la sorveglianza degli inservienti e si metteva a giocare in un campo poco distante il policlinico Nagochi. Non sentiva più dolore, quel dolore che l'aveva tormentato per notti intere, e che soltanto la presenza della sua Niki era riuscita a lenire, e quindi sentiva di avere tutti i diritti di sforzarsi, di sfruttare al massimo il suo innato talento.
Era rientrato in squadra dopo pochissimo tempo, nonostante i medici gliel'avessero proibito. Ma lui non aveva sentito ragioni: doveva giocare ad ogni costo, combattere quella tremenda sensazione d'impotenza che infondeva in lui il restar fermo a guardare la vita che scivolava via senza di lui.

Il ginocchio di Hisashi non era guarito affatto.
Dopo qualche settimana di allenamenti intensivi, si era ripresentato lo stesso, identico problema.
Scemo. Si trattava solo di aspettare qualche altro giorno. Se se ne fosse stato buono buono come gli era stato prescritto, avrebbe saltato soltanto qualche allenamento. E non la prima partita del nuovo Shohoku, che avrebbe dovuto rappresentare il primo passo verso il campionato nazionale.
Nicole aveva fatto di tutto per convincerlo ad andare a fare un po' di tifo, ma Hisashi non aveva sentito ragioni.
"Perché mai dovrei andarci?" protestava il ragazzo.
"Perché è la tua squadra, hai fatto tanto per entrarci, per insegnare il vero basket ai tuoi compagni!" replicava lei. "Per loro sei una figura importantissima, Hicchan! La tua sola presenza li pomperebbe abbastanza per portarli alla vittoria!"
"Come no", la canzonò Hisashi, accostando distrattamente le stampelle al muro e buttandosi sul suo letto. "Dovevo essere io, a portarli alla vittoria."
'Kids aren't alright' degli Offspring, che girava a ripetizione da più di un'ora, aveva innervosito troppo Nicole, ed era stato estratto dalla piastra in un impeto di stizza.
"Beh, questa è colpa tua, Hisashi. Nessuno di loro ha disobbedito agli ordini perentori dei medici."
"Grazie, davvero grazie", aveva risposto lui, tornando a sedersi. "Era proprio di questo che avevo bisogno, sai?"
"Tu hai solo bisogno di qualcuno che ti lobotomizzi!" l'aveva rimproverato seriamente Nicole. Quello zuccone non capiva nulla! Non si accorgeva che anche lei stava soffrendo? Che non desiderava altro che vederlo tornare a giocare? Che, se solo avesse saputo cosa combinava anziché riposarsi a letto, l'avrebbe tenuto personalmente sotto osservazione? "Sai che ti dico?" aveva continuato. "Non mi interessa! Non mi importa di quello che fai o che non fai... io detesto la pallacanestro e non capisco neanche perché sia qui ad implorarti di andare a vedere la squadra che tu hai messo in piedi!" Nicole teneva i pugni serrati, ma il suo tono di voce era calmo e pacato. "Ho deciso di seguirti in una scuola che forse non mi consente nemmeno l'accesso ad un'università decente perché tu eri in debito con qualcuno, ricordi? Perché tu dovevi giocare a basket, e solo e soltanto per il professor Anzai! Non dirmi che la scufia per quell'uomo ti è già passata, ragazzino!"
Hisashi stava per risponderle, ma lei se n'era già andata, marciava a passo spedito verso casa sua. Basta. Basta. Non poteva farci più niente. Hisashi si era incaponito, ed adesso stava pagando il prezzo della sua cocciutaggine. Anche se lei non aveva nessun diritto di ritirare i contanti in quel modo...

Niki si consumava di rabbia con la faccia affondata nel suo cuscino quando Hisashi era andato a trovarla per farsi perdonare il suo comportamento da perfetto idiota.
Aveva deciso, non aveva più bisogno di mentirle. Nicole doveva sapere quello che provava per lei. Per rendere le cose un po' più semplici, il ragazzo le aveva comprato un anello; una cosuccia da niente, un gingillo di poco valore commerciale, forse, ma per lui valeva tanto, rappresentava tutto. Sì, nel caso in cui non fosse riuscito ad esprimere a parole i suoi sentimenti, quell'anello avrebbe parlato per lui. Nicole non avrebbe rifiutato, non poteva rifiutare. Se avesse rifiutato lui, avrebbe rifiutato tutti... ma sì, sarebbe andato tutto alla grande!
"Ti avevo detto di lasciarmi in pace, mamma", aveva esclamato poco cortesemente Nicole, quando Hisashi era entrato nella sua camera.
"Scusami, non volevo disturbarti."
"Che ci fai qui, Hicchan?" aveva chiesto lei, ricomponendosi.
Non riusciva più ad essere arrabbiata. In fondo non ne aveva motivo. Hisashi aveva sbagliato, certo, ma la pena la stava abbondantemente scontando. Meglio far finta di niente, meglio dimenticare tutto quello che gli aveva rinfacciato.
"Ho fatto un salto allo stadio comunale."
"Hm." Nicole aveva sospirato sconfortata: se il basket non fosse esistito, loro non avrebbero mai battibeccato in passato, e non avrebbero sfiorato una lite vera e propria qualche ora addietro... "Come è andata?"
"Non lo so. Sono uscito immediatamente."
"Capisco."
"Niki... anzi, Nicole, io..." Ecco, lo sapeva: panico, panico, panico. Nicole poteva anche accettare, come poi era normale che accadesse... e se per qualche recondito motivo lei l'avesse rifiutato? Se si fosse alzata dal letto e gli avesse mollato un ceffone da guinness? "Io..."
La ragazza aveva battuto due volte la mano sul piumone rosa confetto, invitando Hisashi a sedersi accanto a lei.
"Un'altra promessa che non puoi mantenere?" aveva domandato, sicura della risposta.
"Non proprio", aveva risposto Hisashi, avvicinandosi a lei ma restando in piedi. "Io... vorrei strapparne una a te, Nicole."
"Sì, ma io che ci guadagno?"
"Questo." Il ragazzo aveva tirato fuori dalla tasca del giubbotto jeans il suo regalo per Nicole. "Per te."
Di tutto si sarebbe aspettata, tranne quel piccolo anello d'argento con tre perline di vetro bianco. Da sempre Hisashi cercava di farsi perdonare nei modi più stravaganti, ma quello le sembrava...
Nicole non ricordava come Hisashi le avesse chiesto di diventare la sua ragazza, impegnata com'era a decifrare il significato di quel regalo inaspettato. Sapeva solo che lui l'aveva fatto, che aveva delicatamente tentato di sfiorarle le labbra, mancandole di pochi millimetri, e che lei l'aveva respinto. Era tutto troppo confuso. Forse, in quegli istanti, Nicole aveva realmente perso la ragione.
"Perché non mi vuoi, Nicole?" aveva insistito Hisashi.
"Non è che non ti voglio..." aveva cercato di temporeggiare lei.
"Ed allora cos'è?"
"Non lo so neanch'io. Non ho mai pensato a noi due come..."
"In breve, non vuoi che stiamo insieme. Non ti piaccio. Non ti piaccio come ragazzo!"
"Calmo, Hicchan..."
"Non chiamarmi Hicchan, porca miseria!" Hisashi era fuori di sé. Poteva tollerare di perdere il basket, ma non Nicole. Non in quel modo. "Credi che sia ancora un bambino? Che sia un fesso? Che non abbia anch'io le mie esigenze? Credi che sia facile restarti accanto senza provare la sana voglia di..."
Il ragazzo si zittì. Aveva esagerato. Stava iniziando a dire cose che non pensava.
"...di? Continua, avanti. Sono proprio curiosa di sapere cosa avresti voglia di farmi!"
Nicole era combattuta tra mille sentimenti e sensazioni diverse.
Doveva provare gioia per le cose che Hisashi le stava confessando o doveva soffrire perché stava perdendo un amico? Doveva correre ad abbracciarlo e stampare un bacio sulle sue labbra perfette o dargli uno schiaffo che non avrebbe dimenticato, mai nella vita?
Non aveva dovuto porsi questi interrogativi più a lungo: Hisashi aveva fugato tutti i suoi dubbi.
"Se non riesci ad immaginare quello che vorrei fare con te non sei il mio tipo, ragazzina", l'aveva freddata, prima di sparire.
E, da quel momento in poi, i lunghi pomeriggi passati con il suo migliore amico erano diventati per Nicole solo un ricordo dolceamaro: da quando si era dichiarato, Hisashi non era più la stessa persona.
Aveva iniziato a disertare le lezioni, e quelle rare volte che era presente in classe vagava con il pensiero da tutt'altra parte. Studiava poco e male, e nei confronti degli insegnanti era sfacciato ed arrogante. Ovviamente, a Nicole non rivolgeva più né uno sguardo né un saluto.
Lei non ci aveva fatto troppo caso, all'inizio. Hisashi era un tipino orgoglioso, che mal tollerava i fallimenti. Era più che sicura che gli sarebbe passata.
Ma il tempo trascorreva, ed Hisashi non cambiava atteggiamento. Tutt'altro: diventava sempre più maleducato, a scuola lo si vedeva troppo raramente e, quelle poche volte che parlava, faceva uso di metafore eccessivamente colorite.
Si stava distruggendo a poco a poco, e Nicole non poteva farci niente. Se Hisashi si accorgeva che lei gli si avvicinava per dirgli qualcosa scappava via, si andava a nascondere in angoli della scuola che pochissimi iniziati conoscevano.
Quella vita era durata per più di un anno: per più di un anno Nicole non aveva saputo cosa stesse succedendo a colui che non poteva fare a meno di considerare ancora il suo migliore amico.
E, con il senno di poi, sarebbe stato meglio che non fosse mai venuta a saperlo.

Era una giornata come tante... no, non come tante. Hisashi era presente, e quello era un evento da segnare sul calendario.
Il professor Wada lo stava interrogando in biologia, e tutto quello che il ragazzo aveva proferito aveva portato il suo voto a livelli molto sotto lo zero. Ma non sembrava pentito o preoccupato... le cavolate che aveva sparato - e che era più che consapevole di aver sparato - le aveva enunciate con tutta la naturalezza della quale era capace, ed il professore non si sentiva di punirlo o umiliarlo: sapeva che quel ragazzo aveva dei problemi, e che doveva dargli assolutamente una mano. Ma, per Dio, lui poteva metterci del suo!
"Mitsui, ne sei proprio sicuro?" aveva domandato l'insegnante, dopo l'ennesima castroneria uscita dalle labbra di Hisashi.
"Certo."
"Non credi che... le cose vadano un po' diversamente?"
"Mah, sì, forse potrebbero. Ma non è che me ne freghi granché, prof."
Wada aveva posato gli occhiali tondi sul registro e si era messo a strofinarsi le tempie.
"Non credo che a qualcuno qui ne freghi qualcosa, Mitsui", l'aveva assecondato, facendo appello a tutta la sua pazienza. "Ma queste sono cose che si devono sapere."
"Non ne vedo il motivo."
"Non è necessario che tu lo veda, ragazzo. Mi basta che tu risponda alle mie domande."
"Ma io ho risposto, prof", aveva replicato lui con aria strafottente.
"In modo decisamente non convenzionale."
"Non convenzionale", aveva ripetuto Hisashi con un sorriso beffardo, mentre si passava una mano tra i bei capelli neri, che quasi gli toccavano le spalle.
"Esatto. Ho capito che il tuo scopo oggi è prendere una bella insufficienza nella mia materia, Mitsui, ma non ho intenzione di cedere. Ti farò una domanda alla quale non potrai non rispondere."
Hisashi aveva accavallato le gambe ed incrociato le braccia.
"Dica, prof."
Wada aveva domandato, ed Hisashi aveva risposto. A modo suo ma aveva risposto.
L'insegnante, allora, aveva inforcato gli occhiali, si era messo una mano nella tasca posteriore dei pantaloni ed aveva estratto il suo portafogli.
"Tieni", aveva detto, con voce calma, porgendogli una banconota di grosso taglio. "Ho capito che per oggi l'unica cosa che tu possa fare è andarti a divertire." Nonostante quella crudissima affermazione, il professore non aveva nessuna intenzione di offenderlo. Era quello che pensava sul serio. Aveva dato un consiglio a quello che, per il primo mese del primo anno, era stato il suo pupillo. "Vai, e ripresentati quando i bollenti spiriti si saranno sedati. Siamo d'accordo, Mitsui?"
"D'accordissimo", aveva risposto Hisashi, alzandosi, e gli aveva riconsegnato i soldi. "Ma sua moglie lavora gratis."
Dopo quell'affermazione, e la successiva uscita trionfale di Hisashi, sull'aula era calato un gelido silenzio di tomba.
Nicole non riusciva a credere alle sue orecchie: ma che gli era successo, per essersi ridotto così? Si sentiva andare in fumo il cervello, si sentiva battere il cuore all'impazzata... che gli era preso? Che accidenti gli era preso? Lei non aveva nessuna colpa, eppure si sentiva responsabile, terribilmente responsabile... basta, non lo tollerava più. Doveva assolutamente parlargli e fargli sbattere la testa contro la stupida farsa che stava portando avanti da troppo tempo.
Hisashi si era congedato pochi istanti prima della fine delle lezioni. Forse aveva calcolato tutto, forse aveva improvvisato, ma poco le importava: sapeva che il ragazzo era ancora nei paraggi.
L'aveva visto davanti al cancello principale della scuola, appoggiato ad una moto di grossa cilindrata a conversare e ridere sguaiatamente con una banda di persone che non essere altro che teppisti.
Nicole non era spaventata, però: Hisashi poteva anche detestarla, ma non avrebbe permesso a nessuno dei suoi amichetti di sfiorarla, nemmeno con lo sguardo. A meno che non gli avessero fatto un lavaggio del cervello coi fiocchi.
La ragazza continuava a marciare a passo spedito verso di lui. Doveva dirgliene un bel po'.
"Serve qualcosa, bella?" aveva domandato uno della gang, facendosi avanti, mentre Hisashi era rimasto a parlare con un tipo troppo grande per frequentare ancora la scuola.
Non l'aveva degnata di uno sguardo finché il suo amico non aveva osato rivolgerle la parola.
"Lascia perdere, Ryu", aveva ordinato, con aria di sufficienza. "Non ne vale la pena." Ryu aveva guardato stupito Hisashi, ma non aveva esitato ad obbedirgli. Nicole era sempre più sconvolta: non solo Hisashi era entrato in una banda di delinquenti, ma ne era addirittura diventato il capo! "Sarà meglio andare via, Tetsuo", aveva continuando, dando una pacca sulla spalla del ragazzo più grande. "Questa non è giornata da passare in convento." Tetsuo aveva sghignazzato ed aveva rivolto a Nicole uno sguardo pieno di scherno. E di qualcos'altro, che non era sfuggito ad Hisashi. "E' una perdita di tempo", aveva ribadito Hisashi, mentre Tetsuo si era acceso una sigaretta ed era montato in sella. "A quanto pare le australiane non sanno nemmeno come si faccia."
Mentre veniva investita da una nube di fumo di sigaretta e tubo di scappamento, Nicole si sentiva scossa da un brivido di nervosismo. Non si era mai sentita tanto umiliata in vita sua. Cosa gli aveva fatto per meritarsi quel sorriso crudele, quella risata quasi satanica? Davvero... aveva perso il suo adorato Hisashi?

"Ma come non vieni! È la terza volta che ci bidoni!" protestò Kira.
"Mi dispiace, non me la sento proprio. Non è un bel periodo."
"Mh", bofonchiò la ragazza. "E quando pensi di uscirne? Cielo, Niki, non posso vederti così!"
"E' così evidente?"
"Sì che è evidente! Non ho capito perché mi vai in crisi depressiva proprio adesso, poi! È da due anni che è successo quello che è successo, e ne hai sofferto abbastanza. Pensavo che fossimo riusciti a fartelo dimenticare... e allora perché stai facendo marcia indietro?"
Nicole sospirò. Kira era una cara amica, ma non aveva il coraggio di raccontarle quanto era successo qualche settimana prima.
"Per favore. Concedimi solo questa sera, e poi tornerò ad uscire con voi. Te lo prometto."
"Ma io non voglio obbligarti ad uscire con noi. Se tu fossi diversa, Niki, stare a casa ti farebbe bene sul serio. Ma tu sei come sei, e chiudendoti in camera tua non faresti che distruggerti..."
"Sei carina a preoccuparti così", replicò Nicole. "Ma non voglio che ti rovini la serata. Cerca di divertirti anche per me, d'accordo?"
"Mi raccomando, però. Non rimuginare troppo."
Nicole posò il cordless accanto a lei ed affondò il viso nel cuscino.
Hisashi l'aveva fatto apposta. Si era accorto di come lei era riuscita a combattere la solitudine che lui aveva causato, e si era attrezzato per squarciarle di nuovo il cuore.
Erano passate quasi tre settimane...

Quel giorno faceva particolarmente caldo.
Era troppo presto per accendere il condizionatore, e Nicole aveva lasciato la finestra aperta, in modo che si formasse un po' di corrente.
Teneva lo sguardo chino sui suoi libri, ma la voce di Hisashi l'aveva distratta dai suoi doveri.
Con nochalance, Nicole aveva scostato la tenda per vedere con chi stesse parlando il suo amico. No. Era Tetsuo, quella specie di...
"Sei sicuro di volerlo fare?" aveva chiesto l'energumeno.
"Certo. Quel bastardo me la pagherà."
"Causando una rissa in palestra verrà punita tutta la squadra, non solo Miyagi."
"Lo so, e non mi interessa." Hisashi aveva sbattuto il pugno sul muretto in cotto di casa sua. "E allora? O sei con me o sei fuori, Tetsuo."
"Io sono sempre con te", aveva risposto il teppista, accendendosi l'ennesima sigaretta.
"Bene. Allora ci vediamo domani mattina allo Shohoku."
"Chiaro", aveva risposto Testo prima di balzare in sella alla sua moto e sgasare a tutta manetta.
Nicole non riusciva a crederci: che aveva intenzione di fare? Andare allo Shohoku e massacrare di botte la squadra di basket? Perché? Cosa c'entravano quei ragazzi? Li conosceva più o meno tutti, e sembravano a posto... perché accidenti Hisashi voleva cacciarsi in quel guaio assurdo?
La ragazza aveva lasciato i libri e si era messa a pensare a come poteva fermare Hisashi.
Non si parlavano da tantissimo tempo, ormai. Perché mai avrebbe dovuto rivolgerle la parola? Sì, sicuramente l'avrebbe mandata a quel paese, come aveva sempre fatto. E se invece così non fosse stato? Nicole era in parte responsabile del cambiamento deleterio del suo amico. Se si era ridotto in quello stato era anche perché lei l'aveva rifiutato. Se fosse andata a trovarlo a casa, se gli avesse rivelato quello che continuava a provare per lui, nonostante lui l'avesse trattata malissimo... forse sarebbe riuscita a fargli cambiare idea. Se era il suo amore che Hisashi voleva, lei gli avrebbe dato il suo amore. Se era il suo corpo, gli avrebbe dato il suo corpo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per evitare che lui finisse nei guai più di quanto già non fosse.
Aveva lasciato un frettoloso messaggio sul frigorifero e si era precipitata fuori di casa, intenzionata più che mai a mettere in moto i due neuroni di Hisashi.
Anche lui era solo in casa.
Era andato ad aprire la porta imprecando, e quando si era trovato davanti Nicole... gliel'aveva chiusa in faccia. Ma la ragazza non si era persa d'animo, ed aveva bussato ancora una volta.
"Non ci parliamo da due anni e mi sbatti la porta in faccia?" aveva chiesto, seria.
"Che vuoi?"
"Posso entrare?" Hisashi non le aveva risposto, e le aveva fatto mettere piede in casa sua dopo tantissimo tempo che non accadeva più. "Non avete fatto grosse rivoluzioni, qua dentro."
"Sentiamo un po', perché saresti qui?" l'aveva incalzata lui, che era tornato a sdraiarsi sul divano, mentre faceva zapping in tv.
"His... Hicchan..."
"Non sono più un bambino. Non chiamarmi in quel modo."
"Ma io..."
"Se sei venuta qui per tartagliare puoi anche sparire."
"Che accidenti speri di ottenere trattandomi così male? Ti senti meglio usandomi a mo' di pezza?"
"Aiuta."
"Sei uno stupido. Io... ero venuta per te."
Sì. Era vero. Nicole era lì per lui. Ne era innamorata sul serio, e non le importava se lui non ricambiava. Non poteva tollerare che il suo adorato Hicchan cadesse tanto in basso.
"Bella, questa."
"E' la verità."
"Peccato che tu ci stia arrivando con due anni di ritardo, eh Niki?"
"Adesso basta, pezzo di idiota!" aveva sbottato la ragazza, tirando giù la cerniera della sua leggerissima felpa di jersey. "Devi essere proprio lobotomizzato per non esserti accorto che sono innamorata di te!"
Hisashi si era sollevato all'istante. Non tollerava quel suo atteggiamento. La conosceva, e quello non lo stava facendo per lui, ma per lei. Per dimostrare a se stessa e a tutto il mondo di quanto fosse moralmente superiore a lui. Per dimostrargli quanto tenesse ad avviarla sulla sua stessa via di perfezione.
"Risparmiami la scena patetica da romanzo rosa, ok, Nicole?" l'aveva rimproverata, avvicinandosi a lei e richiudendole la felpa. Ma continuava a vedere i bordi del delicato reggiseno bianco della ragazza, che ne esaltava elegantemente le forme sinuose. "Torna a casa. Non voglio la tua compassione."
"Io voglio che tu torni da me. Non chiedo altro... mi manchi da morire! Sono stati due anni infernali, questi!"
"Mi sembra che tu abbia riempito il tuo tempo abbastanza bene, invece."
"Che discorsi sono?!" Nicole stava scoppiando. "Stare quattro ore il sabato sera a ridere e bere un cocktail ti avrebbe sostituito, secondo te? Credi che non passi ogni singolo istante a pensare a te? A quanto vorrei che tornassi nella mia vita? Sono sola, sono totalmente sola, ed a te non importa niente!"
"Neanche a te è importato molto."
"Eravamo piccoli!"
"Sì. Bella scusa. Se eri innamorata di me perché mi hai detto di no?"
"Avresti dovuto darmi il tempo di spiegare! Ed invece sei scappato via, come al tuo solito! La verità è che sei talmente immaturo da non poter affrontare la realtà!"
"Basta!" Hisashi non ci vedeva più dalla rabbia. Aveva ragione, Nicole era andata da lui per fargli la paternale. "Tu che ne sai della mia realtà? La mia realtà non è tutta rose e fiori come la tua, principessina!"
Lei si era messa a piangere. Non ce la faceva più. Cosa poteva fare per riavere il suo Hisashi? Si era addirittura spogliata, e lui l'aveva coperta...
"Io non riesco a capire perché stia qui a ripeterti che ti amo mentre tu non fai che distruggermi!" aveva singhiozzato. "Non voglio avere più niente a che fare con te! Sei un bastardo!"
Nicole aveva afferrato la maniglia della porta per uscire per sempre da quella casa, ma Hisashi l'aveva trattenuta. Solo in quell'istante si era accorto che portava ancora l'anellino che le aveva regalato. Forse Nicole era venuta a trovarlo per riappacificarsi sul serio. Forse era davvero innamorata di lui. E lui, dal canto suo, non aveva mai smesso di amarla dal profondo del cuore, neanche quando con Tetsuo e la sua gang andavano per pub a rimorchiare e sedurre lolite falsamente ingenue.
"Niki..." aveva sospirato. "Anch'io sono stato male, senza di te. E non capisco perché non sia stato io, a confessartelo per primo."
"Tu me l'hai confessato per primo", continuava a singhiozzare lei. "E' che io sono stata troppo stupida per..."
"Adesso basta pensare a quello che è successo. È andata. Non piangere più", le aveva sussurrato, prima di sollevarle il viso per baciarla timidamente.
Nicole si era sentita impazzire di gioia... e di un'infinita tristezza. Finalmente Hisashi era tornato da lei. Ma questo non voleva dire che avesse smesso di fare il teppista. E non poteva prendere l'argomento in quel frangente, o lui avrebbe capito qual era stato il motivo che l'aveva spinta a dichiararsi tanto all'improvviso.
Piano, Hisashi l'aveva condotta sul divano, e si era sdraiato su di lei.
Non l'avrebbe costretta a fare nulla, e si sarebbe fermato quando gliel'avrebbe chiesto lei. Anche se desiderava tanto che lei non glielo chiedesse...
Solo allora si rendeva conto di quant'era stato stupido a piantarla per Tetsuo e gli altri. Sì, avrebbe cambiato vita, perché da allora in poi ci sarebbe stata la sua piccola Niki, al suo fianco. Era tornata, finalmente era tornata da lui. E lui ne era innamorato.
Nicole lasciava che Hisashi le facesse quello che voleva. Non era in quel modo squallido che si era immaginata di riappacificarsi con lui. Ma non aveva importanza, andava bene anche così. Andava bene che le labbra del ragazzo la cercassero con desiderio sempre crescente. Andava bene che le sue mani si insinuassero sotto la felpa, e le accarezzassero il reggiseno. Non era psicologicamente preparata a quell'eventualità, ma era disposta a concedersi a lui. In fondo era Hicchan, il suo adorato Hicchan, e non avrebbe potuto farle nulla di male. Non ne era mai morto nessuno.
Prima però voleva estorcergli quella promessa. Non voleva scoprire troppo tardi che aveva finto per tutto il tempo, che aveva solo fatto finta di essere tornato da lei, e che l'indomani sarebbe andato a vantarsene con i suoi amichetti.
"Hisashi..." aveva sospirato, mentre lui le percorreva lo sterno con le labbra.
"Niki..."
"Promettimi che non vedrai più né Tetsuo né quegli altri... ti supplico, ti imploro, lasciali perdere. Non voglio che ti facciano cacciare nei guai, e che facciano cacciare nei guai gli altri..."
"Gli altri chi?" aveva domandato lui, alterato. Nicole non aveva risposto. Aveva parlato troppo, ed aveva rovinato tutto. "Per caso hai sentito il mio discorso con Tetsuo, poco fa?" Ancora nessuna risposta. "Ah. Ecco perché sei venuta. Volevi evitare che facessi quel piccolo casino allo Shohoku, vero? Ebbene, l'avrei fatto anche se me l'avessi data."
Con una forza che teneva nascosta chissà dove, Nicole aveva scaraventato Hisashi giù dal divano.
"Sei solo un porco!" aveva gridato, incurante se qualcuno potesse sentirla. "Hai ragione! Ho sbagliato a venire qui! Spero che domani ti facciano sputare sangue! Devi marcire in galera, brutto delinquente! E poi ci penserà quel deficiente di Tetsuo a consolarti!"
"Sta' zitta, cagna!" aveva replicato Hisashi, sbattendola alla porta. "Non ti permetto di parlare in questo modo di Tetsuo! Davvero credi di essere tanto migliore di me? Stavi per farti sbattere da me, che ti faccio schifo! E questa sarebbe moralità, secondo te?"
"Vedrai che domani qualcuno te la farà pagare, anche per me. Sei un mostro, un bastardo! Non voglio più avere niente a che fare con una persona sudicia come te!" aveva concluso Nicole, scappando via.

L'indomani, Nicole aveva fatto di tutto per parlare della faccenda a Takenori e Kiminobu, rispettivamente capitano e vicecapitano della squadra di basket, ma era stato impossibile. C'era stato compito in classe, e quindi passarsi bigliettini era impossibile, e durante le pause quei due si dissolvevano nel nulla... sì, potevano anche essere rappresentanti di classe, ma se non l'avessero ascoltata avrebbero avuto gatte più difficili da pelare, anziché preoccuparsi del comitato scolastico...
Finalmente era suonata la campanella dell'ultima ora, e Nicole era riuscita a fermare Kiminobu.
"Dov'è Takenori?" aveva domandato, in preda al panico.
"Akagi è a lezione di fisica. Finirà verso le sei."
"E' troppo tardi!" Nicole rischiava davvero una crisi di nervi. Kiminobu era un bravo ragazzo, ma non aveva lo stesso carisma di Takenori.
"Che è successo?" aveva domandato il ragazzo.
"Parliamone da un'altra parte." Nicole aveva condotto Kiminobu nella palestra deserta, ed aveva chiuso le porte. "Hisashi ha intenzione di venire qui con la sua gang per farla pagare ad un componente della vostra squadra."
Lui impallidì.
"Mitsui? Non sai a chi?"
"No. Non ho sentito molto... ma la cosa più grave è che ha intenzione di coinvolgere tutta la squadra... vuole distruggervi tutti, ed io non capisco per..." Una lacrima le scivolò involontariamente lungo la guancia. "Ho fatto di tutto per fargli cambiare idea. Di tutto, ma non è servito a nulla!" aveva continuato, affondando la faccia tra le mani.
Kiminobu l'aveva stretta a sé. Era strano. Nicole non aveva avuto paura, come ne aveva avuta con Hisashi. Sì, il suo compagno si era limitato ad abbracciarla, ma... era così confortante sentirlo vicino...
"Può darsi che tu sia riuscita a dissuaderlo. Non c'è motivo di fasciarsi la testa prima di essersela rotta."
"Hisashi è così orgoglioso... non cambia idea facilmente. Per non aver partecipato ad una partita si è ridotto dove si è ridotto."
"Non verrà, non preoccuparti. Te lo prometto, farò in modo che non succeda nulla, Nicole."
"Ki..."
"COME AVETE OSATO CHIUDERE LE PORTE AD HANAMICHI SAKURAGI, IL GENIO DEL BASKET?!?!" aveva gridato una figura alta, dai capelli rossi, che Nicole non aveva mai visto prima. "Ehi, Quattr'occhi! Vedo che ti dai da fare! Non lo sai che è vietato usare la palestra a scopi personali?"
"E poi, abbiamo lui. Male che vada, ci difenderà Sakuragi", l'aveva rassicurata Kiminobu.
"Difendervi da cosa?"
"Niente", aveva glissato il vicecapitano, ed aveva accompagnato Nicole al cancello.
La ragazza si era sollevata sulle punte, e gli aveva dato un bacio sulla guancia.
"Grazie."
"E di che?"
"Di tutto."

Ma Hisashi non aveva cambiato idea. Era andato in palestra ed aveva pestato e fatto pestare a sangue tutti i componenti della squadra. Che comunque erano riusciti a difendersi più che bene. Quel rossino lì, Hanamichi Sakuragi, era addirittura arrivato a mettere k.o. Tetsuo. Era proibito fare scoppiare risse in palestra, pena l'esclusione dal campionato... ed era questa l'intenzione di Hisashi. Impedire ai suoi ex compagni di partecipare al campionato, di realizzare quel sogno che a lui era stato negato. Però, grazie all'intervento di Takenori e del signor Anzai, che Hisashi continuava ad adorare, la cosa era stata tenuta nascosta, e la fedina dello Shohoku sarebbe rimasta pulita.
Nicole aveva saputo da Kiminobu che Hisashi aveva pregato l'anziano allenatore di farlo rientrare in squadra. Si era tagliato i capelli, e si era ricostruito gli incisivi che gli avevano fatto cadere a testate.
Il primo giorno di questa sua nuova vita, e per tutti i giorni a venire, Hisashi aveva cercato di avvicinare Nicole in ogni modo, ma lei non l'aveva preso neanche in considerazione. Se lui cercava di parlarle, lei lo ignorava, se la sfiorava, lei scappava bruscamente se la guardava, lei ricambiava con uno sguardo gelido, che avrebbe ucciso chiunque. Il ragazzo le lasciava lettere sul banco, che lei cestinava puntualmente, e sotto i suoi occhi. Riempiva il suo armadietto, la sua cassetta della posta di messaggi e piccoli regali, ma lei li lasciava dov'erano.
Non le importava se era cambiato. Le aveva fatto una cosa orribile, le aveva detto cose orribili, e lei non l'avrebbe mai perdonato, mai e poi mai. Però perché se a lei non interessava più nulla... continuava a soffrire così tanto?
Quella vita andava avanti da quasi tre settimane... Kira aveva ragione. Non poteva continuare a distruggersi. Anzi, quella sera sarebbe uscita con lei e con gli altri.
Anche lei aveva la sua vita.

Hisashi aspettava Nicole fuori dalla porta.
"Ciao, Niki." La ragazza passò avanti. "Non vuoi neanche ascoltarmi?" Nicole continuava a camminare. "Ti prego. Ti prego, aspetta. Non ti lascerò andare via un'altra volta." Lei lo fissò freddamente, sardonicamente curiosa di sapere cosa aveva da dirle. No, forse poteva immaginarlo. Le avrebbe detto che era cambiato, che ora sarebbe stato tutto diverso, che non aveva e non avrebbe mai smesso di amarla, bla bla bla. Patetico. Patetico e prevedibile. Quello che lei provava per Kiminobu era un'amicizia particolare, non certo l'amore distruttivo che aveva avuto verso Hisashi. Ma col tempo se ne sarebbe innamorata. Era un ragazzo buono e dolce. E normale. Non desiderava altro. Ed era uscita con la speranza di potergli stare accanto, di scoprire che lui provava lo stesso per lei. Non erano mai stati troppo vicini, e dubitava che potessero diventarlo in così breve tempo. Ma ormai Nicole era completamente allo sbaraglio... non sapeva più cosa fare, per chi farlo. E vedersi Hisashi davanti non l'aiutava di certo. "Mi dispiace. Mi dispiace tantissimo per quello che ti ho fatto. Ti ho trattata come nessun essere umano meriterebbe di essere trattato. Ti ho rifiutata, quando tu eri l'unica cosa che desideravo veramente. Tu hai sempre fatto tanto, per me, ed io mai una volta che sia stato riconoscente... ho fatto cose terribili, cose che ne anche puoi riuscire ad immaginare, ma non mi sono mai scordato di te. Sei sempre stata il mio pensiero fisso, da quando sono diventato abbastanza grande da scoprire che vuol dire amare. Non ti ho mai disprezzata. E ti invidio molto, perché sei perfetta. Non hai mai portato i tuoi genitori sull'orlo della disperazione. Non hai mai rischiato di finire in gattabuia. Non hai mai picchiato persone più deboli di te, non hai mai osato prepotenze di nessun tipo. Non posso chiederti se vuoi stare con me, dopo il modo in cui ti ho trattata. Ti chiedo solo il permesso di tornare ad essere tuo amico. Stare al tuo fianco mi migliora. È come se riuscissi ad infondermi un briciolo della tua perfezione con la tua sola presenza. Ho bisogno di te, Niki."
"Hai finito? Sono in ritardo", fu solo in grado di proferire lei, assolutamente algida.
Tutte quelle parole l'avrebbero resa felice, qualche tempo prima. Ma adesso era tardi, era troppo tardi.
"Non mandarmi via un'altra volta. Te ne prego, Niki."
"Io mi chiamo Nicole, nel caso in cui te lo fossi scordato."
Nicole riprese a camminare, ma Hisashi la fermò un'altra volta.
"Sei bellissima", insistette, cercando di prendere una mano che lei ritrasse.
"Molto interessante", lo canzonò acidamente lei. "Sei bellissima, sei perfetta... credi di potermi circuire in un modo tanto abusato?"
"Io non voglio circuirti!"
"Ah no? Me l'hai fatto capire tu... ti sei ridotto come ti sei ridotto perché non te l'ho data... giusto?"
"Non avrei mai voluto dirtelo."
"Peccato che tu l'abbia fatto, invece. Speri che mi lasci conquistare dal finto angioletto che mi sta davanti? Ma non farmi ridere. Tu sei marcio dentro, e ancora non riesco a capacitarmi di come non me ne sia accorta prima. Ti sei rimesso in carreggiata solo perché sapevi che Anzai non ti avrebbe mai permesso di entrare in squadra, se non ti fossi dato una calmata."
"Con te voglio ricominciare da zero. Voglio cancellare tutto, lasciarmelo alle spalle. Non posso vivere sapendo che mi detesti. Cielo, non posso neanche pensare di avere ridotto una ragazza dolcissima in un essere in grado di provare un odio tanto feroce... e sapere che sono io la causa di tutto..."
"Sei bellissima, sei dolcissima, sei perfetta... elencare tutte le mie qualità non ti porterà da nessuna parte, caro mio. L'unica cosa che puoi ottenere con tutto questo fiume di elogi è che io ti saluti quando ti incontro a scuola. E comunque, anche questo dovrai sudartelo. Ed ora, se permetti, avrei un impegno."
Hisashi osservò la bella figura di Nicole allontanarsi sotto i fari della strada.
Gli sembrava una stella, una cometa fulgida che stava sparendo per sempre. Non aveva risolto nulla... no, si sbagliava. Nicole gli aveva parlato. Non le aveva detto cose piacevoli, ma non poteva sperare altro. Era normale, era giusto che lo facesse. La sua voce, anche se inacidita, gli aveva scaldato il cuore. Doveva rassegnarsi, l'aveva persa. Beh, doveva pensarci prima. Doveva pensarci mentre erano sul divano. Poteva fare perfettamente a meno di dirle tutte quelle cattiverie. Sì, se l'era meritato. Ma se non vederlo più avrebbe risollevato Nicole... lui era disposto a sparire per sempre dalla sua vita. Non l'avrebbe più disturbata, non avrebbe più tentato di parlarle. L'avrebbe lasciata vivere in pace.
E lei sarebbe stata felice, una volta per tutte.

Lo Shohoku doveva assolutamente vincere quella partita, se voleva arrivare al campionato nazionale.
Kira aveva fatto il diavolo a quattro per convincere Nicole ad andare ad assistervi.
"Dai! Neanch'io vado matta per il basket, ma se lo Shohoku vincesse parteciperebbe per la prima volta alle nazionali! Dobbiamo andare a tifare, dobbiamo tenere alto il nome della nostra squadra! Ci divertiremo un sacco, credimi, siamo tutti lì a fare casino! C'è anche l'armata Sakuragi, così ci divertiamo a sfottere Hanamichi! Dai dai dai dai!!" aveva insistito la ragazza.
E Nicole aveva acconsentito. Non le andava di vedere Hisashi, ma non voleva neanche deludere le aspettative della persona che le era stata più vicina in quei momenti di inferno.
Faceva di tutto per non seguire la partita, ma i virtuosismi che Hisashi era ancora in grado di fare non potevano passare inosservati. Aveva ancora la classe di quando era stato nominato MVP, ma per uno che aveva abbandonato qualsiasi tipo di sport ad eccezione del pestaggio tenere un alto ritmo di gioco con una squadra micidiale come il Ryonan era impossibile. Era vistosamente affaticato. Era pallido, e sudava più degli altri. Poteva crollare da un momento all'altro.
Nicole cercò di passare oltre, e posò lo sguardo sulla panchina del Ryonan, approfittando di un time out.
Akira Sendoh, l'asso dei loro avversari, stava accarezzando il viso di una bellissima ragazza straniera. La sua ragazza. Certo, lui non aveva rischiato di distruggere una squadra, non era andato in giro a distribuire cazzotti, non aveva distrutto la vita di nessuno. Ecco perché quella ragazza gli stringeva le mani e lo accarezzava, nonostante fosse bagnato fradicio. Ecco perché quella ragazza era così felice. Perché era innamorata di un ragazzo normale, che non le aveva mai dato della cagna.
Se Hisashi non avesse avuto un carattere tanto irruento, probabilmente in quel momento anche lei poteva essere seduta sulla panchina dello Shohoku, e fare lo stesso con lui. Basta, era inutile pensare a quello che poteva essere e che non sarebbe mai stato. Tra lei e Hisashi non c'era storia, e non capiva perché quell'idea le fosse venuta in quel momento. Gli aveva detto addio molto tempo addietro.
Il capitolo era stato chiuso ed archiviato... finché, nella ripresa, Hisashi cadde svenuto al centro del campo.
Nicole si alzò istintivamente, per capire cosa stava succedendo, perché stesse succedendo. E quando vide Hisashi riaprire gli occhi ed andare verso gli spogliatoi non poté fare a meno di seguirlo, sotto gli occhi attoniti di Kira.
"Archiviato, eh?" sospirò, avendo avuta conferma che tutte le cose che le aveva detto Nicole a proposito dell'odio feroce che provava per quel ragazzo erano inconsapevoli bugie dettate dall'infinita disperazione che lui le aveva causato.
Nicole era ancora innamorata di lui, lo era sempre stata.
E qualcosa le diceva che, finalmente, le cose si sarebbero risolte.

Hisashi era seduto sui gradini interni della palestra comunale.
Ecco dove l'aveva condotto la sua schifosissima vita. A svenire durante una finale.
Aveva la vista annebbiata, il respiro affannoso.
Qualcuno che non era riuscito a scorgere per il sudore che gli era caduto sugli occhi gli aveva lasciato due lattine di integratore, ma lui non aveva neanche avuto la forza di aprirle. Una giaceva accanto a lui, e l'altra la teneva sulla fronte, per rinfrescarsi.
Aveva sete, doveva assolutamente riuscire ad aprire quella maledetta lattina, altrimenti sarebbe morto disidratato. Provò una volta ancora, ma senza risultato.
"Cacchio", ansimò, deglutendo una saliva troppo concentrata.
"Tu te la prendi sempre per le sciocchezze, non è vero Mitsui?"
Era Nicole.
Non riusciva più a tenergli il broncio. Quando l'aveva visto svenire, si era resa conto di quanto significasse realmente vivere senza di lui. E si era sentita morire. Va bene, anche lei avrebbe ricominciato da zero, si sarebbe tenuta il passato alle spalle.
Hisashi era una persona nuova. Lo sarebbe stata anche lei.
"Niki..."
La ragazza gli tolse delicatamente la bibita dalle mani e l'aprì.
"Bevi, ti sentirai meglio."
Hisashi obbedì, e finì il contenuto della lattina in poche sorsate.
"Tu non odiavi il basket?"
"Mi ha convinta Kira."
"Dovevo immaginarlo." La guardò stancamente. "Come mai non sei a seguire la partita?"
"Perché ero preoccupata per te, scemo."
Hisashi cercò di sorriderle.
"Credevo che mi odiassi."
"Infatti ti odio", disse lei, mentre si inginocchiava sul gradino sotto il suo. "Ti odio perché ogni volta che ci incontriamo combini un guaio, e mi fai spaventare a morte. Ti odio perché avremmo potuto passare tanti momenti bellissimi, insieme, e tu non l'hai permesso. E ti odio perché lunghi ti stavano divinamente", scherzò, mentre gli passava la mano tra i capelli, esattamente come aveva fatto la ragazza di Sendoh. "Che hai fatto al labbro?" domandò poi, accortasi che Hisashi aveva un piccolo cerotto quadrato sul labbro inferiore.
"Non sono caduto bene", spiegò lui, e le accarezzò le labbra con le dita. "Non mi sembra vero che tu sia qui, Niki. Dopo tutto quello che ti ho fatto..."
"Lascia stare. Io ti ho fatto di peggio. Tu mi hai odiata e respinta quando io fingevo per evitare che ti cacciassi nei guai. Io ti ho detestato e ti ho distrutto quando eri sincero, invece. Se qui c'è qualcuno imperdonabile... sono io."
"Siamo pari, allora", sussurrò Hisashi. "Se tornassi da me mi renderesti l'uomo più felice della terra, Nicole. Ti amerò per sempre, te lo giuro", continuò, prima di accostare timidamente il viso a quello della ragazza.
"Se sei disposto a sopportare la mia perfezione senza farti venire i complessi di inferiorità... eh, Hicchan?" scherzò Nicole, e permise al suo tesoro più prezioso di insinuarsi tra le sue labbra socchiuse e di trovare ristoro nel dolce sapore di lei.

"NO! NO! QUANTE VOLTE DEVO DIRTELO, PEZZO DI IGNORANTE! LA FORZA E' INVERSAMENTE PROPORZIONALE AL QUADRATO DELLA DISTANZA!!!!!" sbottò Nicole, ed affondò la faccia nel libro di fisica.
Hisashi ed altri tre componenti della squadra -tra i quali Hanamichi- avevano toppato gli esami semestrali, e dovevano passarli assolutamente se volevano partecipare al campionato nazionale.
Takenori aveva fatto tanto per convincere i professori a concedere a quelle quattro crape un'altra possibilità... ed aveva organizzato anche un campo studio a casa sua per recuperare l'irrecuperabile. Ed aveva reclutato lei, Kiminobu e Ayako, la simpaticissima manager dello Shohoku, per farsi dare man forte. Addirittura, in un secondo momento aveva chiamato in causa la sorella Haruko... eh sì, era proprio il caso di iniziare a credere nei miracoli!!
"Come puoi pretendere che ragioni, alle tre di notte?" protestò Hisashi, incrociando le braccia.
"Bastava che studiassi di giorno, e possibilmente prima degli esami!"
"Ma io ho studiato!"
"Ah sì?"
"Sì sì!"
"Ok. Allora dimmi il teorema del triangolo di Nepero..." sospirò la ragazza.
"Eh... prendi una donna..."
"Vado a vomitare..." concluse sconsolata Niki, prima di alzarsi per darsi una sciacquata al viso. Hisashi era un caso perso...
"Serve una mano?" le domandò il suo ragazzo, appoggiato allo stipite della porta, mentre lei si asciugava.
"Abbiamo già dato."
"Non dovresti prendertela tanto... non fa bene alla salute."
"Beh, allora faresti meglio a metterci un po' più d'impegno. Anch'io sono stanca, cosa credi?"
"Prendiamoci una pausa."
"Non te lo puoi permettere."
"Ok, ok... accidenti, quando fai così sei davvero irritante!" Hisashi le sorrise, e le cinse la vita. "Però ti amo lo stesso."
"Ed io ti amo anche se sei uno zuccone ignorante che non sa neanche qual è la capitale della Corea..."
"Certo che la so! CAN-TON!"

 
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