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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: FINE DI TUTTO
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: tindomerel galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 23/08/2004 22:39:20

sirius ha visto troppo nella vita, ma quella notte non la dimenticherà mai...leggetela!!!
 
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CAPITOLO UNICO
- Capitolo 1° -

Capitolo 1°
-Fine di tutto-

La sera calava lentamente, coprendo con la sua cappa di serenità e pace il cielo. Le stelle spuntavano, ultimo sostegno per un cuore affranto.
In una camera da letto semibuia, un giovane uomo stava sdraiato osservando le stelle spuntare una dopo l'altra e riflettendo.
Non c'era modo di negarlo: i bei tempi erano finiti. Non c'era momento in cui non si chiedesse se non esistesse davvero una magia capace di cancellare con un sol gesto tutta quella oscurità.
No, non l'oscurità celeste.
C'era un'oscurità più fitta della notte che soffocava ogni scintilla di felicità.
L'atmosfera era pesante, ma non era solo la nebbia che cominciava a salire, quel lunedì sera di fine ottobre.
Sirius si alzò. Sul comodino era stata posata una bella foto in bianco e nero. Quattro ragazzi spensierati, riuniti sotto un immenso olmo, nel parco di Hogwarts.

Lui, Felpato, con quell'aria sbarazzina, i capelli lunghi che nascondevano due affascinanti occhi chiari. Era certo che ragazzo più impertinente e combinaguai non sarebbe più passato per Hogwarts.
Salutava allegramente con un ghigno beffardo stampato in faccia.

James, Ramoso, con quei buffi occhialetti rotondi e quei capelli neri sempre arruffati. Non c'era modo di domarli. Era così buffo: un piccolo sbruffoncello. Ma aveva un grande cuore.
Si scompigliava quei dannati capelli...brutta cosa, l'abutidine!

Remus, Lunastorta, così paziente. Quanti guai avevano combinato? ma lui era sempre pronto a mettere una buona parola o a farli sentire degli idioti, all'occorrenza.
Ma non lo mollava mai, quel libro?

Peter, Codaliscia, affettuoso con tutti, sempre pronto a dire una parola gentile...non era un gran mago, ma sebbene non fosse molto sveglio era sempre stato un ottimo amico.
Rideva come un matto...anche se il suo senso dell'umorismo aveva sempre fatto acqua.

Cosa restava di tutto questo? James non era più al suo fianco. Nascosto, braccato...per colpa di Voldemort. E Peter, costretto a nascondersi a sua volta per salvargli la pelle. Dio, quanto odiava quella situazione! Si sentiva un perfetto imbecille a stare a ciondolare mentre i suoi amici rischiavano tutto. Cosa poteva fare? non era mai stato un ragazzo tranquillo. Si sentiva come una tigre in gabbia, frustrato.
Strinse convulsamente i pugni e le unghie gli si conficcarono nella carne. Digrignò i denti, quasi ringhiando.
"Deve esserci qualcosa che posso fare, no?"
Ricordò le ultime parole di James "Stai nascosto e tranquillo. Non dare nell'occhio perchè Voldemort di certo sta cercando anche te. C'è una spia, fra noi"
Una spia...
"Ti affido Harry nel caso qualcosa dovesse andare storta. Abbi cura di te, amico mio!"
Harry. Il figlio di James e Lily. In cuor suo sperava di non doversene mai occupare, per non dover mai perdere i suoi amici più cari.
Stare buono, non fare nulla di avventato...bla bla bla.
Stava facendo ciò che era giusto, no? Fare il bravo e sentire il proprio corpo consumarsi nell'ansia.

Si annoiava a morte.
Non aveva fame nè voglia di mangiare.
"Andrò a fare un giro. E' notte, potrei Disilludermi per non dare nell'occhio..."
Detto questo, uscì dalla stanza e arrivato nell'ingresso, afferrò spavaldo le chiavi della motocicletta che aveva in garage. Prima di uscire, si battè un leggero colpo sulla testa con la bacchetta. Gocce fredde parvero scendere dalla testa su tutto il corpo. Quando fu certo che l'incantesimo di Disillusione era completo, salì in groppa alla sua fedele motocicletta e si sollevò in aria. Con un rombo, sfrecciò nel cielo trapunto di stelle scintillanti. Sentì l'aria fresca della notte investirlo e sciogliere il nodo di ansia che aveva in gola. Quella notte d'autunno, tutto sembrava tranquillo, visto da lassù. Sfrecciò velocemente su cittadine illuminate da centinaia di lucine aranciate, su boschi oscuri e tenebrosi, su autostrade intasate dal traffico babbano. Assaporava la bella sensazione del vento che giocava con i suoi capelli, che si insinuava nei suoi abiti...
Si sentiva libero come non mai. Il vento gli fischiava nelle orecchie e nessun pensiero triste pareva essere in grado di essere udito.
Dopo quello che parve un attimo, Sirius cominciò a sentirsi indolenzito dalle parti del fondoschiena.
Non sapeva cosa fare, ma ormai era in giro...poteva andare a trovare qualcuno, tanto per fare quattro chiacchiere.
Con una spericolata inversione di marcia a quasi duecento metri d'altezza, voltò la motocicletta e si diresse verso Goldrick's Hallow.
James e Lily erano nascosti lì, ma non poteva andare da loro. La loro casa era celata grazie all'Incanto Fidelius; non avrebbe potuto raggiungerli, perchè non era il loro Custode Segreto. Peter lo era, per questo doveva nascondersi a sua volta.
Sarebbe andato a trovare Codaliscia, tanto per farlo svagare un po'.
Sorvolò la cittadina in pochi minuti e raggiunse la periferia, dove, in un quartiere grigio si ergeva una piccola casa dall'aria malconcia con le finestre chiuse da spesse travi di legno.
Sirius atterrò lesto e scese dalla moto. Davanti alla vecchia porta, estrasse la bacchetta e mormorò "Alhomora". La portà si spalancò, rivelando una stanza polverosa, piena di mobili malconci e tappeti muffiti. Quando fu dentro, sciolse l'incantesimo di Disillusione colpendosi di nuovo la testa con la bacchetta. Gocce calde pervero scendergli per tutto il corpo, sciogliendo l'incantesimo.
Mosse alcuni passi incerti e raggiunse la porta che conduceva alla cantina. In cima alle scale, gridò "Pete? Ci sei? esci fuori che facciamo due chiacchiere!" Nessuna risposta "Peter?...ho capito: scendo giù!"
Scese lentamente i gradini. La casa era buia e silenziosa, nessun rumore si sentiva oltre allo scricchiolare del gradini tarmati sotto il suo peso. Raggiunse la cantina polverosa e inspirò uno sgradevole odore di chiuso. Agitò la bachetta e alcune candele si accesero nei candelabri posati un po' dappertutto nella stanza. Qualcosa non andava, a parte l'assenza di Codaliscia. Il letto era sfatto e i numerosi cassetti erano stati svuotati in malo modo, quasi che Peter avesse fretta di fale le valigie. Su un tavolo polveroso erano posati alcuni piatti sporchi e un bacchiere adagiato di fianco, in bilico sul bordo del tavolo. Stracci sporchi erano sparsi alla rinfusa sul pavimento. Sirius si chinò e ne raccolse uno: era un impermeabile babbano macchiato. Ricordava quell'impermeabile e anche l'occasione in cui Codaliscia lo aveva macchiato, sbrodolandosi un'intera bottiglia di Burrobirra in preda a sonore risate incontenibili.
Quell'indumento...Peter lo usava per travestirsi ogni volta che doveva uscire. Lo portava con una parrucca...eccola lì, vicino ad una sedia rovesciata.
Perchè Codaliscia era uscito in tutta fretta, dimenticando il suo travestimento e senza avvertire nessuno? sapeva che non doveva fare mosse avventate, dato che da lui dipendevano le vite di James, Lily e Harry. Nessuno doveva sapere che era il Custode Segreto. Doveva essere cauto, dato che c'era una spia, tra loro...

Una spia...

Che aveva accesso a tutti i loro segreti...
Che era insospettabile...

Peter era il Custode segreto, lo conosceva da una vita...

Se si fosse sentita scoperta, la spia sarebbe fuggita. Ecco perchè dovevano agire con cautela...

Peter era fuggito in tutta fretta...

Il seme del dubbio mise radici nel suo cuore ansioso. Con un tuffo spaventoso, il cuore gli perforò le costole.

Ma...perchè?

"Per rivelare a Voldemort la posizione di James..." mormorò, cominciando a realizzare ciò che stava accadendo. "Peter...la spia..."
Trattenne il respiro e il suo cuore parve fermarsi.
"JAMES!" urlò e uscì in tutta fretta. Salì in groppa alla sua moto, per fare più in fretta e decollò.
La paura, pian piano, prese in posto dello sconcerto. Il cuore aveva ripreso a battere rapidamente, sentì il sangue andargli alla testa. Doveva sbrigarsi.
A pochi metri dalla casa del suo migliore amico, atterrò bruscamente e scese tremante dalla moto. C'erano dei Babbani per la strada, tutti in pigiama e assolutamente sconvolti. Temendo il peggio si fece largo a spintoni, sentendo ogni rimasuglio di vita scivolargli via. Sbiancò. Dove una volta c'era stata una casa felice, ora vide solo macerie fumanti. Le pareti della casa avevano ceduto e un polverone si era alzato come per coprire quello scempio. Mosse alcuni incerti passi verso quella distruzione. Si sentiva debole e sfinito. Svuotato. Nemmeno la collera poteva mai dargli conforto. Il mondo gli cadde addosso con violenza inaudita. Procedette lentamente, quasi in trance. Tra le ombre, una figura china singhiozzava sommessamente. Era una figura immensa, in effetti. Quando si alzò in piedi, rivelò di appartenere ad un uomo alto il doppio di lui, con arruffati capelli neri e braccia grandi e possenti. Gli dava le spalle.
"Hagrid?" chiese. La sua voce risuonava strozzata, stridula. Gli sembrava tutto un orrendo incubo e non poteva escludere che le immagini che aveva davanti fossero frutto della sua immaginazione.
Il gigante si voltò. Grosse lacrime gli rigavano il volto quasi interamente coperto dalla barba cespugliosa. Si guardarono a lungo, cercando quasi di trovare delle risposte ognuno dello sguardo atterrito dell'altro.
"S-Sirius...è succeso tutto così alla svelta...come...come è pututo succedere?" e ricominciò a singhiozzare. Sirius si avvicinò al gigante. Tra le braccia stringeva un involto di coperte. Per un attimo credette che fosse un pacco, ma poi in fagottino si mosse. Hagrid guardò Sirius intensamente "E' Harry, Sirius...si è salvato per miracolo..." Sirius guardò intensamente il fagottino. Se lui era vivo...allora...
"JAMES...LILY" urlò con quanto fiato aveva in corpo, correndo verso le macerie con il cuore in gola.
"E' tutto inutile...sono..." singhiozzò Hagrid
"JAMES...LILY...JAMES..." si fermò di botto. Davanti a lui erano adagiati due corpi senza vita. Sopraffatto dall'orrore, guardò i volti delle persone a cui aveva voluto più bene al mondo. Si chinò e accarezzò i loro volti, quasi sperasse che si svegliassero e gli sorridessero, come sempre.
"Ragazzi... " sussurrò dolcemente, ma non c'era calore sulla loro pelle, nessun respiro di vita. Sembravano dormire, eccetto per tutta la polvere che avevano addosso e per gli occhiali di James, che erano scheggiati. Erano così belli...sereni. Ma Sirius non poteva vedere quella dolcezza nei loro volti, la calma di chi non ha più pensieri a questo mondo, di chi l'ha lasciato per sempre. Nel suo cuore c'era spazio solo per lo sconcerto.
Sentì i passi pesanti del gigante avvicinarsi alle sue spalle.
"Li ho tirati fuori appena sono arrivato" lo sentì dise con voce tremante.
Sirius si alzò. Le gambe tremavano a tal punto che per un attimo temette che non lo avrebbero sorretto. Guardò quei volti e un'improvvisa consapevolezza lo colpì in pieno petto, mozzandogli il respiro. Sentì gli occhi, ormai vacui e freddi, bruciare e lacrime di dolore lottare per uscire.
Ecco...era tutto finito...ogni felicità gli era stata strappata via. Non sentiva più il suo cuore battere.
Si voltò esitante, fissò il suo sguardo su quello addolorato di Hagrid e scoppiò in singhiozzi. Non gli importava di farsi sentire da lui, voleva solo piangere amaramente, liberarsi da quel dolore folle che lo aveva colto.
No, non doveva andare così. Non doveva finire così. Non se lo meritavano.
Hagrid gli posò delicatamente una mano sulla spalla. Non c'era bisogno di parole in quel momento. Chiusi in un silenzio carico di dolore, sembravano comunicare. Cercavano la forza, ma la chiedevano invano. Tutto aveva avuto fine.
"Tu-Sai-Chi non c'è più. Ha ucciso Lily e James, ma non lui" Sirius alzò lo sguardo incredulo e guardò il bambino stretto tra le braccia di Hagrid "Silente voleva che lo portassi via."
"James l'ha affidato a me. Nel caso gli fosse accaduto qualcosa dovevo occuparmi di lui...sono il suo padrino..." disse ricordando le ultime parole dell'amico prima che si separassero...non sapevano che sarebbe stato per sempre.
"Silente ha detto che deve andare via di qui. E' per il suo bene...fidati di lui!" disse incoraggiante.
"D'accordo...ma almeno prendi la mia moto...a me non serve più" la sua voce era ormai spenta. Allungò una mano e accarezzò la testolina arruffata di Harry, su cui poi posò un bacio.
Hagrid gli diede un'ultima pacca sulla spalla e si allontanò a grandi passi, tirando su col naso. Poco dopo, sentì il rombo della sua moto e il brusio delle voci spaventate dei Babbani che discutevano sull'accaduto.
Si voltò di nuovo e guardò per l'ultima volta quei volti. Calde lacrime scivolavano sulle sua guance pallide. La sua testa non concepiva più alcun pensiero. Era vuota. Neanche i felici ricordi della sua adolescenza gli davano conforto, anzi, lo pugnalavano al cuore con maggiore intensità.
Presto sarebbero arrivati quelli del Ministero. Avrebbero portato via quei corpi senza vita. Avrebbero messo la parola fine alla sua esistenza. Perchè non c'era più vita. Si sentiva solo e abbandonato.
Si allontanò disperato, gli occhi vacui e arrossati dal pianto. La mani tremavano febbrilmente. Superò deciso i Babbani che lo fissavano.
Camminava senza meta per le stradine fiocamente illuminate.
I suoi passi rimbombavano crudeli nelle sue orecchie. La nebbia nascondeva il cielo, che doveva essere meraviglioso.
Si fermò dopo alcuni, interminabili istanti e si sedette su una panchina. Era così stanco.

Non poteva essere vero. Non doveva esserlo.

La rabbia rimontò in lui. Sentiva un'ira spaventosa esplodere nel suo petto. I suoi occhi parvero infiammarsi all'istante. Non tremava più. L'odio bruciava ogni singolo frammento del suo essere. Voleva urlare, distruggere.
"Peter" mormorò con un sibilo velenoso. "Perchè? me la pagherai, maledetto. TI UCCIDERO' CON LE MIE MANI!" urlò. Si alzò di scatto ed estrasse la bacchetta. La impugnava con tanta foga che scintille rosse e oro uscirono dalla punta. Cominciò a correre, urlando il nome di quel traditore. La rabbia non lo faceva ragionare. Voleva solo trovarlo e ucciderlo. La vendetta era l'unica cosa che gli desse coraggio e forza. Sentiva che sarebbe vissuto almeno per quella.

Vagò per ore interminabili, protetto dalla notte, cercando, chiamando, avvampando di collera.
Si fermò davanti alla casa di Codaliscia. Spalancò la porta con un calcio e la setacciò da cima a fondo, distruggendo mobili e scaraventando sedie, per sfogare la rabbia.
Peter non c'era, ma in fondo se l'era aspettato. Si sedette stanco e tremante su un divano tarmato e attese che si facesse giorno. I suoi occhi bruciavano, ma non poteva dormire. Si agitava furioso, come un lupo che desidera ardentemente la preda.
I primi raggi del sole mattutino inondarono la stanza con la loro luce, smorzata da uno spesso baldacchino di nuvole grigie. La polvere si librava nell'aria con grazia infinita. Quella luce così calda, illuminò un volto pallido, che rimase impassibile.
Risoluto, si alzò lentamente e si avviò alla porta. Sapeva o forse sperava che Peter sarebbe tornato. Non doveva fare altro che aspettarlo.
Scese i gradini che lo separavano dall'ingresso e raggiunse la porta. Numerosi Babbani uscivano dalle loro case per andare al lavoro, un ragazzo in bicicletta distribuiva il giornale del mattino. Il lattaio stava già allontanandosi con il suo furgoncino.
Sirius si trasformò in un grosso cane nero e attese paziente.
Una figura furtiva si stava avvicinando, coperta dalla testa ai piedi di una bizzarra accozzaglia di indumenti babbani. Lo vide caminare spedito e guardarsi intorno di tanto in tanto.
Sirius balzò fuori ringhiando e la figura si fermò.
Sotto gli occhi allibiti dello sconosciuto, Sirius riprese il suo vero aspetto.
"Ti aspettavo, Peter" disse con calma sovrumana.
"D-davvero, Sirius?" chiese Codaliscia con voce tremante "E perchè mi stavi a-aspettando? avevamo un appuntamento che ho scordato?" e rise nervosamente.
Sirius estrasse la bacchetta e la puntò al cuore di Peter, che si allontanò di qualche passo.
"Dimmi solo perchè l'hai fatto." ordinò con un sibilo micidiale.
"T-tu non c-capisci...mi avrebbe u-ucciso e...n-non ho a-avuto scelta..." balbettò tremante.
"E allora avresti dovuto morire, bastardo!" sbraitò Sirius di rimando "Meglio morto che traditore. Ti ucciderò io stesso. Non hai più Voldemort a parati le chiappe, vero?!"
Alzò la bacchetta, mentre i passanti ammutolivano e li fissavano.
"Addio, Peter..." sorrise crudele "Avada..."
Prima che potesse finire l'incantesimo, Peter afferrò la bacchetta e gli rivole un sorriso malizioso. Portò la bacchetta dietro la schiena. Gridò "Lily e James, Sirius...COME HAI POTUTO?" e mormorò alcune parole.
Sirius non finì l'incantesimo e non uccise mai Peter. In un istante, una forte esplosione squarciò la strada sotto i suoi piedi. La terra tremò e molti Babbani caddero a terra, morti fulminati. La polvere si alzò e lo colpì agli occhi, mentre una risatina di scherno gli giungeva alle orecchie. Strofinò gli occhi e guardò nel punto in cui prima stava in piedi il traditore. Era sparito. Al suo posto qualche frammento di abito e un dito mozzato e insanguinato. Con la coda dell'occhio vide una coda lucida e liscia sparire dentro un tombino poco distante. Peter si era trasformato ed era fuggito.
Sirius si guardò intorno. Aveva la mano che impugnava la bacchetta ancora sollevata a mezz'aria. Guardò i Babbani correre in tutte le direzioni, urlando spaventati e disperati. Almeno una dozzina di corpi era sparsa intorno a lui.
Aveva fallito...Peter lo aveva incastrato.
Non potè farne a meno. Scoppiò a ridere come un matto con gli occhi fuori dalle orbite. Il dolore era troppo, lo aveva sconvolto. Non era riuscito a salvare i suoi amici più cari. Non li aveva neppure vendicati. Che razza di idiota!
E Peter...davvero molto furbo, davvero...lo aveva fregato di nuovo.
Restò lì a ridere per chissà quanto tempo. Sembrava un folle: i capelli scompigliati e uno sguardo vuoto, raccapricciante.
Sentì due paia di mani afferrarlo sulle braccia. Capì che era davvero finita. Si lasciò portare via senza opporre resistenza, piegato in due dalle risate. Sarebbe finito ad Azkaban. Tutti credevano che fosse lui il traditore. Doveva essere lui il Custode Segreto, ma aveva lasciato che fosse Peter...smise di ridere, mentre lo portavano via.
In fondo, non aveva nemmeno il diritto di soffrire....era come se avesse gettato lui James e Lily tra le braccia della morte.


Capitolo 2°
-Ostinazione-

Era buia la notte, in quella cella. Da una stretta finestrella poteva a malapena vedere la luna e le stelle. Non passava secondo in cui non credesse di perdersi nella follia. Solitudine e silenzio erano la vera condanna. Silenzio, interrotto solo dalle urla insensate degli altri condannati.
I Dissennatori non sembravano in grado di fargli del male. In lui non c'era più nemmeno un'ombra di felicità. Ogni frammento di gioia gli era stato portato via. Non c'era più nemmeno il ricordo di un sorriso su quel volto scavato. Cosa potevano sottrargli? Il suo cuore era gonfio solo di muta rassegnazione, di amara consapevolezza, di tremendo rimorso.
Era stato uno sciocco. Non aveva potuto fare nulla. Nella sua vita aveva avuto solo l'amicizia per cui valesse la pena morire. Non era nemmeno riuscito a morire combattendo e a riunirsi alle vittime innocenti del tradimento.
Tsk...e lui che aveva addirittura sospettato di Remus! Come aveva potuto? Remus, sempre pronto a farsi in quattro per ognuno di loro, sempre così gentile.

E invece era Peter, la spia. Quel bastardo.
Come aveva potuto essere così sciocco? gli aveva dato in pasto i suoi migliori amici. Quale migliore occasione di quella che lui stesso gli aveva fornito?
Cecità...dolce ignoranza. Si sentiva protetto nel suo comodo piano.
Ma aveva fallito.
Ed ora era lì, solo, in quella cella. Nemmeno un po' di conforto gli era concesso. Era innocente, eppure si sentiva più colpevole di Peter. Era un debole.

Tutte le notti, ascoltava quelle fredde gocce d'acqua cadere giù dal soffitto umido.
Le stagioni si susseguivano senza posa, indifferenti a quel gelo che cancellava ogni pensiero.
Ma nè sole nè vita penetravano in quella fortezza di dolore. Il sole non poteva riscaldare quelle mura.
L'estate era uguale all'inverno. Ogni giorno era uguale al precedente.
E Sirius si tormentava, si crogiolava nell'angoscia, nel terrore.
Aveva perso tutto, tutto.
Era la fine di tutto.

Stanco, abrutito, magro...più morto che vivo.
La sua mente manteneva la sua naturale lucidità solo per fargli dispetto, per torturarlo. Ripercorreva quella notte ogni momento. Quelle strade...quelle luci...quei volti bianchi come gesso.

Una bella mattina fresca d'estate, la cella di Sirius si aprì. Un uomo basso, con in testa un'assurda bombetta, lo osservava sprezzante. Si era aspettato di trovare un pazzo violento, l'immagine di assassino che si era dipinto in testa dopo i crimini commessi da quel ragazzo.
Invece trovò un giovane uomo, prosciugato della sua bellezza e della sua giovinezza, gli occhi vacui e la voce spenta. Sembrava addirittura annoiato.
Sirius alzò lo sguardo e lo posò sullo straniero.
"Salve..." mormorò con voce gracchiante. Era da tempo che non parlava con nessuno. Intorno a lui aveva visto per lo più i Dissennatori che notte e giorno sorvegliavano la sua cella.
"Salve...lei è Sirius Black, vero?" Sirius annuì "Io sono Cornelius Caramell, il Ministro della Magia...e, ehm...sono qui per un'ispezione."
"Oh" esclamò Sirius, non molto interessato "L'ultima ispezione a cui ho avuto il piacere di assistere è avvenuta...diciamo...due nni fa? allora nessuno si è preso la briga di parlarmi."
Dopo un breve attimo di riflessione, Sirius chiese "Per caso ha con sé il giornale? sa, sono secoli che non ho niente da leggere e mi mancano i cruciverba..." abozzò una risatina.
Il Ministro parve imbarazzato. Poi, estrasse dal mantello gessato una copia del La Gazzetta del Profeta e gliela tese.
"Grazie" gracchiò Sirius e cominciò a leggere, ignorando totalmente il visitatore.
Il Ministro lo guardò dubbioso e poi uscì.

Sirius sfogliò il giornale distrattamente. Nessuna notizia era vagamente interessante.
Era pronto a gettarlo via, quando notò una cosa che gli fece gelare il sangue nelle vene.

No...non poteva essere...

Una foto in bianco e nero mostrava la famiglia Weasley che, stando a quanto diceva l'articolo, aveva vinto alla lotteria del Ministero.
Ma non fu questo a colpire Sirius.
Al centro della foto, un ragazzo alto e smilzo sui tridici anni teneva sulla spalla un topo...
...no, non un topo qualunque.
Quante volte l'aveva visto trasformarsi per raggiungere la Stamberga Strillante nelle notti di plenilunio? E poi, era impossibile dimenticarlo.
A quel topo mancava un dito...come a...
Peter.
Possibile che si stesse sbagliando di grosso?
In effetti, erano almeno...ecco...dodici anni che marciva in quella prigione. Probabilmente era uscito fuori di testa, come tutti si erano aspettati che succedesse da tempo...
Eppure...se quel topo fosse stato veramente Codaliscia...
"...La famiglia Weasey trascorrerà un mese i Egitto, ma tornerà in tempo per l'inizio del nuovo anno scolastico a Hogwarts, dove attualmente sono iscritti cinque dei sette ragazzi Weasley..."
Se quel topo apparteneva a quel ragazzo...
"...A Hogwarts..."
Codaliscia sarebbe andato a Hogwarts...

Come da una distanza infinita, gli giunsero alle orecchie delle parole, sussurrate appena in una fredda sera di ottobre.
"Prenditi cura...
...cura di...
...amico mio"
Non aveva scordato la voce di James, allora! nei profondi cunicoli della sua mente rimaneva ancora un po' di luce...
Solo per torturarlo? Per scavare la fossa a ciò che restava della sua vita? per prosciugare tutto il suo essere?

No

Per dare un senso all'esistenza.

"Prenditi cura di Harry...amico mio"

Harry. Tutto ciò che aveva. Poteva ancora essere utile. Poteva ancora fare qualcosa per le persone che aveva amato.

Peter sarebbe tornato a Hogwarts...dove c'era Harry!

Adesso era tutto diverso: non c'era rassegnazione nel suo sguardo. C'era determinazione.
Era innocente.
Doveva provarlo.
Doveva uscire.
Doveva stare con Harry...con ciò che gli restava nella vita.
Era suo dovere farlo...almeno quello.
Doveva salvare almeno lui...proteggere almeno lui.

Un'ossesione avvampò dentro di lui. Era un fuoco che niente, nemmeno il gelo più ostinato, sarebbe mai stato in grado di spegnere.

Nelle notti che seguirono, quel pensiero divenne un chiodo fisso.
Il suo sonno non era più pesante e buio.
Aveva ricominciato a sognare e nella sua mente, vedeva distintamente ogni secondo trascorso con quel bambino. Ma un'ombra oscura volava su di lui...un desiderio di vendetta così forte, da fargli riprendere forza e vigore. Sentiva la magia fluire di nuovo nel suo sangue.
E' a Hogwarts...è a Hogwarts...
Finalmente aveva la possibilità di vendicarsi.
Non avrebbe fallito.

Una calda notte di plenilunio, si sentì potente come non mai.
Aveva mantenuto la ragione, dopotutto...non c'era motivo per cui non dovesse credere di aver mantenuto anche i suoi poteri.
Si concentrò.
Lo sforzo parve costargli tutte le sue energie.
Dopo alcuni, ansiosi secondi, si trasformò in un cane nero spelacchiato, tanto magro da sembrare solo un tappeto su un mucchietto d'ossa.
Era tornato ad essere Felpato, come un tempo.
Ma era debole...quella notte non poteva fare nulla. Tornò normale e si addormentò, pieno di speranza.
Il giono dopo, mangiò avidamente la zuppa acquosa del pranzo e il pollo in umido della cena.
Attese pazientemente che calassero le tenebre. Non che avesse bisogno di nascondersi: i Dissennatori erano ciechi. Ma si sentiva più al sicuro.

Le tenebre strisciarono sul cielo sopra la sua testa. Quando la luna sorse dal mare, si trasformò.
Notò con piacere che era abbastanza magro da passare attraverso le sbarre.
A malapena respirava, tanta era l'ansia.
Ma le guardie non si accorsero di nulla...
Passò inosservato per oscuri corridoi, nelle orecchie il silenzio della morte, interrotto solo da qualche lamento in lontananza e dalle sue zampate sul pavimento umido.
Dopo quella che parve un'eternità, raggiunse una piccola terrazzina. Era abbastanza bassa, appena pochi metri sopra il livello del mare. Assaporò per un lungo istante la libertà che solo il vento poteva dargli. Da quanto tempo non sentiva il vento sulla faccia (pelosa)? da troppo tempo...
Ma non doveva perderne ancora, di tempo.
Uno...due...tre...
Saltò in acqua e avvertì il contatto con quelle basse temperature. Superato lo shock iniziale, cominciò a nuotare dapprima molto lentamente, poi più rapidamente, man mano che i muscoli si scaldavano. Raggiunse la riva in poco tempo.
Mosse alcuni incerti passi sulla sabbia e si voltò a fissare l'oscurità di morte di Azkaban.
Le diceva addio.

Si sentì rinascere a nuova vita.
Si voltò e cominciò a correre.
 
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