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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: VOGLIA DI AMORE...
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: ayaco90 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/08/2004 20:38:58 (ultimo inserimento: 12/09/04)

commentate!!!!!!!!!!!! vi prego!!!! ^^
 
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RICORDI...
- Capitolo 1° -



Ricordi…


Era una mattina come tante, una mattina d’inverno, la neve scendeva lenta e mi accarezzava il viso, l’aria fredda mi colpiva la faccia entrava gelida nel naso e scendendo nei polmoni diventava calda, bollente, come una fiamma che veloce usciva dalla bocca per formare tante nuvolette bianche come il manto di neve che si era formato intorno a me.
Mentre correvo girai la testa per osservare le impronte dei miei passi che scandivano le falcate regolari della mia corsa. I miei piedi colpivano l’asfalto, passo dopo passo, scandivano un tempo regolare, musica per le mie orecchie!
Nella testa ripetevo il percorso del mio allenamento mattutino, sulla strada per il parco e poi dentro di esso. Il parco la mattina era deserto come coperto da un incantesimo…la luce del mattino lo faceva sembrare mille volte più bello, gli alberi coperti dalla neve e colpiti dalla luce mattutina sembravano quelli di una fiaba…^//^
All’orizzonte scorsi una donna seduta vicino alla sponda del lago, che si trovava in mezzo al parco, non la riconobbi subito, mi ci volle un po’, dovetti avvicinarmi per riconoscerla…si trattava della mia prof. di matematica. O.o
Al rumore dei mie passi le si voltò e sorpresa mi salutò con un movimento veloce della mano, io mi avvicinai e, anche io sorpresa, le dissi: “Cosa ci fa qui alle 6:30 del mattino? Suo marito al tradisce?!” - dissi scherzosa, ridacchiando un po’ -
“Ah, ah, ah!! Mi sono svegliata presto, non sapevo che fare, tutto qui. E tu invece? E io che ti pensavo una che dorme fino all’ultimo minuto!!” -mi rispose lei a tono-
“Cosa fa, sfotte?! In ogni caso io mi alleno tutte le mattine, conosco il parco meglio di casa mia!”
Solo ora mi accorsi che sorrideva in modo diverso da quando era in classe, aveva la faccia più rilassata…ci guardammo negli occhi per qualche istante e poi scoppiammo tutte e due in una fragorosa risata. Allora io mi sdraiai nella neve, fu in quel momento che mi accorsi che la prof. mi stava mettendo al collo la sua sciarpa, si alzo e disse: “Sei pazza! Uscire con questo freddo solo con la tuta…tieniti la sciarpa e ridammela a scuola. Io vado che ora che torno a casa… ^^’’ Questa volta sarò io in ritardo…!” – sorrise, un sorriso che mi era stato rivolto solo da mia mamma quando ero piccolina, così anche io mi ritrovai a sorridere in quel modo strano…in quel momento mi sentii coccolata da quel sorriso, arrossii, mi alzai veloce e mi rimisi a correre per non arrivare in ritardo a scuola –



Sdraiata in questo letto d’ospedale, in queste lenzuola fredde e rigide a guardare il soffitto bianco, tutti in stanza dormono io sono l’unica sveglia. Continuano a girarmi in testa le parole del medico… “ La tua caviglia ha subito un forte trauma, non è messa molto bene…appena sei arrivata ti abbiamo sommerso di esami e poi ti abbiamo operata d’urgenza…si, l’operazione è riuscita però tu dovrai abituarti al dolore, non potrai camminare per molto senza le stampelle…- fece un lungo sospiro, si alzò dalla sedia e si avvicino a me, si accovaccio davanti alla carrozzina e guardandomi fissa negli occhi mi disse- Non potrai più correre, saltare, insomma non potrai più giocare a basket.” - ………-
…continuano a girarmi in testa queste parole, sento un dolore lacerante, mi massaggio lentamente la caviglia, non passa.
Ora capisco perché mi era tornata in mente quella scena al parco, avevo una smania tremenda di correre, ma non era solo quello, avevo bisogno di quel sorriso che mi faceva sentire coccolata, che mi faceva sentire così bene. Sono sola in questa stanza non c’è nessuno che io conosca, mi papà, che lavora in quest'ospedale, ogni tanto passa e allora faccio finta di dormire, non voglio che si preoccupi ancora di più in fondo non è nulla di grave…, per la prima volta da quando è morta la mamma la volevo lì con me, a sorridermi con quel sorriso che mi aveva rivolto la prof. quel giorno, volevo che fosse lì anche lei. E di nuovo mi tornano in testa i mie passi, il suo sorriso, le parole del medico…come un turbine si spazzano via la mia felicità, il mio sorriso.
Fu in quel momento che capii che il dolore che mi lacera il cuore e il corpo non è quello alla caviglia, oltre a quello ce n’è un altro, uno più lacerante, è il dolore dei ricordi.

 
Continua nel capitolo:


 
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