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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: IT`S NEVER TOO LATE
Genere: Sentimentale, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: bloodymary79 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/08/2004 02:03:17

alle volte per inseguire i sogni si perdono troppe cose per la strada..ma la vita può dare un`ultima opportunità per rimediare...
 
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- Capitolo 1° -

Karl si sedette sulla spiaggia, guardando verso il blu infinito del mare. Era stanco il vecchio Karl e sebbene sembrasse portar bene i suoi 55 anni il medico gli aveva detto che gli restava poco da vivere. Forse era stata la sua vita sregolata fra luci e palchi, forse il suo massiccio uso di tabacco e alcool, o forse solo il destino a procurargli un brutto tumore. E dai tumori maligni non si scappa, e questo Karl lo sapeva bene. Forse fu proprio per questo che era voluto andare a vedere quest’isola sperduta del Mediterraneo, questo piccolo Paradiso nel Peloponneso, nel mare degli Dei.
Pensava alla sua vita da ragazzo in America, luogo in cui era nato, in cui i suoi genitori erano emigrati quando erano scappati dalla Germania poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Sua madre si era spesso vantata di aver conosciuto Thomas Mann durante il viaggio, ma Karl aveva sempre saputo che erano solo balle, un modo come un altro per stare al centro dell’attenzione, tipico di sua madre.
Anche a Karl piaceva stare al centro dell’attenzione, ma non aveva bisogno di inventarsi storie senza senso dato che con la sua musica sapeva catalizzare su di se tutta l’attenzione che voleva: la sua voce gli usciva senza il minimo sforzo, calda e piena, e si accordava perfettamente alle note che uscivano dalla sua chitarra suonata dalle sue mani. Era stato così che aveva conquistato la bellissima Licia, la ragazza d’origine greca che sedeva due banchi più in là al corso di letteratura inglese. Forse era stata la comune origine europea ad avvicinarli così tanto, o forse una misteriosa forza che ad entrambi piaceva chiamare amore. Licia era stata il primo e ultimo amore di Karl, la ragazza cui sarebbero state paragonate tutte le altre per il resto della sua vita e che avrebbe sempre vinto il confronto. Ma Karl aveva un sogno: voleva far sognare le persone con la sua musica, voleva che a casa la gente avesse i suoi dischi e li usasse per potersi staccare, almeno per qualche minuto, da quel mondo che a Karl faceva un po’ schifo.
Aveva seguito il suo sogno e aveva lasciato Licia, sposando al suo posto la carriera e il successo, le luci dei palcoscenici e i suoi fan. Aveva raggiunto quello che credeva il suo sogno e molte persone sognavano ascoltando i suoi dischi. Ma man mano che i loro sogni crescevano quelli di Karl sembravano prosciugarsi, lasciando spazio alla peggiore delle malinconie. Aveva avuto soldi e donne, una villa a Malibù e macchine favolose, ma quella sensazione di vuoto allo stomaco, unica presenza fedele nella sua vita, non lo aveva mai abbandonato.
Forse era per questo che aveva deciso di lasciare le scene e quando il dottore gli aveva diagnosticato il tumore aveva voluto visitare l’isola di Karpathos, da cui veniva Licia, forse nella vana speranza di avere sue notizie. Non sapeva cosa le avrebbe potuto dire, trovarsela davanti dopo tutti questi anni, invecchiata com’era invecchiato lui. Era del tutto inutile scusarsi per il male che le aveva fatto, ed era stupido piangersi addosso. Era una persona adulta e avrebbe saputo gestire i suoi stati d’animo. Ma a Karl, mentre si alzava per raccogliere le sue cose e tornare in albergo, due lacrime punsero i profondi occhi blu. Erano lì da più di 30anni quelle lacrime ed avevano avuto bisogno del mare e di una malattia incurabile per tornar fuori.
Tornò verso l’albergo, gestito da una bellissima donna sulla trentina, strana per essere originaria di Karpathos in quanto aveva occhi chiarissimi e capelli biondi. Ma Karl sapeva che quell’isola era piena di americani e non se ne preoccupò più di tanto. Non le aveva mai parlato se non per brevi saluti la mattina a colazione e la sera a cena, ma avvertiva una sorta di attrazione per lei. Non era un’attrazione sessuale, ma gli piaceva guardarla mentre serviva ai tavoli, o mentre conversava allegramente con gli ospiti dell’albergo. A volte si sedeva in disparte e la guardava a lungo con la coda dell’occhio, nascondendo la faccia dietro al giornale. Sarebbe rimasto fermo per ore, senza pensare a niente se non a quel movimento veloce e deciso e a quei capelli dorati e lisci come seta che volavano da una parte all’altra, seguendo la scia di quella testolina ben disegnata.
Se fosse stato un ragazzino avrebbe potuto pensare di essere innamorato di quell’angelica creatura, ma Karl era un uomo e sapeva ormai distinguere l’amore da altri sentimenti affini, ma la strana sensazione che provava in quel momento non se la sapeva spiegare. Aveva constatato con un misto di gioia e paura che tale simpatia e studio non erano passati del tutto inosservati e non rimanevano del tutto senza risposta. Per quale ragione altrimenti avrebbe esitato leggermente davanti a lui e avrebbe deviato il suo cammino per passargli accanto, quasi sfiorando il suo tavolo, facendo svolazzare i vestiti di lino bianco che di solito indossava? E quando lo superava qualcosa nel suo contegno lasciava intuire che era solo per educazione che non si girava indietro. Ogni mattina Karl si sedeva sulla poltroncina che dava sul bancone del bar per osservare meglio i suoi movimenti, e quando i loro sguardi si incrociavano gli occhi chiarissimi di lei assumevano un’espressione seria, quasi solenne, anche se con le labbra accennava un leggero sorriso. C’era qualcosa in quel particolare sguardo che accendeva una profonda malinconia nel cuore di Karl, che si faceva come trasportare verso ricordi lontani.
In quei giorni aveva scritto una canzone e voleva usarla come scusa per parlarle, ma gli risultava troppo difficile interrompere questa intesa silenziosa che avevano instaurato. “tutte balle Karl” si ripeteva ogni volta “tu hai una paura fottuta di parlare a questa donna e non ne sai nemmeno la ragione, sei proprio un buffone, proprio tu, l’uomo vissuto”. Ma qualcosa nel suo cuore gli diceva che non sarebbe stato facile parlarle, i suoi occhi evocavano qualcosa di troppo profondo e lontano
Ma arrivò il giorno in cui fu proprio lei a interrompere questo silenzio. Si avvicinò con quel suo passo deciso, quasi militare, e gli si rivolse in tedesco.. Il vecchio Karl aveva quasi dimenticato che per mascherare un minimo la sua identità aveva dato un falso nome e si era passato per un turista tedesco.. Non che su quell’isolotto lo conoscessero, ma era sempre meglio prendere qualche precauzione in più.
“salve signor Sellinger, mi scusi se la disturbo ma vorrei farle una domanda”
“certo cara, ovvio che non disturba”
Karl fu stupito di sentire un tedesco così perfetto in bocca a questa ragazza greca, che peraltro parlava benissimo anche l’inglese.
“l’altra sera era lei che suonava quella meravigliosa canzone? Mi è sembrato di sentire la sua voce cantare e così… volevo dirle che mi era piaciuta molto, forse son stata indiscreta ad origliare ma lei aveva la finestra aperta e.. le sue parole mi hanno colpito direttamente al cuore”
Il vecchio Karl non sapeva cosa rispondere.. La donna di fronte a lui aveva recepito in pieno la sua canzone e glielo aveva detto con una schiettezza e sincerità commoventi e questo gli aveva riempito il cuore di gioia come non succedeva ormai da tempo. Gli sembrava che tutti gli sforzi di una vita fossero valsi solo per sentirsi dire quelle parole.
“E’ stupito del mio tedesco? Bhe in realtà io sono nata in America e mia mamma ha insistito molto perché studiassi anche questa lingua. Non so perché ma ci teneva tanto”
“E sua madre dov’è ora?”
“E’ morta qualche anno fa, tumore ai polmoni. No non si preoccupi ormai non fa più male parlarne! E’ stata una donna meravigliosa anche se estremamente testarda, le avevo detto di tornare in America per farsi curare, ma lei ha voluto morire qui, a casa sua. Oh mi scusi non so neanche perché le racconto tutte queste cose”.
La guardò stupito, era la prima volta che si parlavano e lei lo trattava come se lo conoscesse da una vita.
“Mi fa piacere parlare con lei signorina, se vuole possiamo uscire a bere qualcosa e parlare con più calma, vorrei che mi parlasse ancora..”
“Uscire dall’albergo è difficile per me, ma se le va in qualche momento di tranquillità possiamo sederci ancora qua a parlare, porti anche la chitarra, mi farebbe piacere sentirla suonare più da vicino!”
A Karl il cuore scoppiava dalla gioia, per qualche secondo si era quasi dimenticato del tumore, del suo passato e dei suoi rimpianti. Si era sentito come se avesse ancora la possibilità di non sprecare del tutto la sua vita. Nei giorni seguenti però Grace non aveva avuto tempo per parlargli, il lavoro non le aveva lasciato un momento libero, ma ogni volta che Karl si sedeva sulle poltroncine di fronte al bancone del bar aveva sempre un sorriso da rivolgergli, un sorriso che era solo per lui.
I giorni però passavano e presto Karl sarebbe dovuto ripartire senza aver più parlato con la bella Grace.
Aveva ormai perso le speranze quando, l’ultima sera, la vide avvicinarsi con quella sua camminata decisa. Si sedette di fianco a lui abbandonandosi a un momento di riposo dopo una giornata di duro lavoro.
“Signor Sellinger, mi spiace che in questi giorni non abbia trovato tempo per lei, ma se fosse così gentile da andare a prendere la chitarra potremmo sederci fuori sulla veranda a goderci la brezza marina e cantare qualcosa, le va?”
Karl sentì il cuore fare un balzo nel suo stanco e malato petto, e andò in camera a prendere la sua inseparabile chitarra. Si sedettero appena fuori dal portone dell’albergo e respirarono a pieni polmoni l’aria fresca e profumata di salsedine.
“E’ un vero paradiso quest’isola”
“Già, è bellissima.. Ma è stato difficile per me ambientarmi quando mi son trasferita dall’America”
Detto questo chiese a Karl se poteva prestarle la chitarra e suonò una canzone che Karl conosceva bene, era la stessa canzone che aveva scritto per Licia quando l’aveva lasciata e che era diventata il suo primo disco di platino.
“Come mai conosci questa canzone? Sai di chi sia?”
“A dire la verità non so.. Ho trovato un vecchio 45giri di mia madre, di quando ancora abitavamo a San Francisco. Ricordo che lo custodiva gelosamente e che non me lo faceva nemmeno toccare, diceva che era un ricordo, ma non mi ha mai spiegato nulla.. e la copertina è ormai vecchia e ingiallita, quindi son riuscita a malapena a leggere il titolo della canzone”
Karl sentì all’improvviso una fitta al cuore e le chiese di continuare a cantare. Aveva una bella voce Grace, chiara ma piena, soffice e ruvida al tempo stesso, come un velluto bordato di metallo.
“Chi ti ha insegnato a suonare e cantare così bene?”
“Nessuno, ricordo di aver trovato una chitarra in casa quando ero molto piccola e di aver provato a suonarla finché le note non sono uscite da sole. La mamma sorrideva e diceva che era una dote di famiglia.. Non che avessi preso da lei che era stonata come una campana, anche se aveva un forte senso del ritmo.. era una brava ballerina sa?”
“Doveva essere una gran donna tua madre”
“Era fantastica. Mi ha cresciuto da sola visto che mio padre è morto prima che nascessi. Quando avevo solo 10 anni siamo venute qua visto che mia mamma in America non ci voleva più stare e mi ha mandato ad Atene a studiare. Ma 3 anni fa si è ammalata mi ha lasciato qua da sola a gestire l’albergo di famiglia. Ma aspetti le porto qualche foto! Se vuole naturalmente…”
Karl sentì un misto di curiosità e paura mentre annuiva. Vide Grace allontanarsi quasi di corsa, come una ragazzina che vuole far vedere il vestito nuovo all’amica del cuore. Non capiva quale fosse il motivo per cui gli stava raccontando tutte quelle cose così personali, come se fosse un vecchio amico che non vedeva da tempo, ma allo stesso tempo gli sembrava la cosa più naturale del mondo.
Quando Grace arrivò con le foto in mano il vecchio Karl sentì che gli mancava il respiro.. Vide la foto di una bellissima donna mora con gli occhi scurissimi, non molto alta ma bella e perfetta come una bambola, con in braccio una bambina bionda che sorrideva felice all’obbiettivo della macchina fotografica. Quella donna era la sua amata Licia.
“E tuo padre?”
“Mio padre non l’ho mai conosciuto, mamma diceva che era morto in un incidente, ma è sempre stata vaga sull’argomento. Non l’ho mai visto neppure in foto, diceva di non averne ma non le ho mai creduto fino in fondo. Diceva però che gli assomigliavo tantissimo”
“Scusa la domanda, non vorrei essere indiscreto.. ma quanti anni hai?”
“29”
Karl sentì che qualcosa dentro di lui si stava spezzando. Aveva davanti agli occhi sua figlia, di cui ignorava l’esistenza. E ora, poco prima di morire la conosceva in modo del tutto casuale su un’isoletta sperduta nel mediterraneo. Aveva cercato notizie di Licia varie volte ma sembrava essere scomparsa nel nulla in tutti quegli anni. Era tornata in Grecia e non aveva più fatto avere notizie di lei , portandosi dietro la piccola Grace.
“Signor Sellinger tutto bene? Mi sembra pallido”
“non preoccuparti, mi son perso in vecchi pensieri da anziano nostalgico. Ora se ti va vorrei dedicarti una canzone che ho scritto in questi giorni, ispiratami da questo meraviglioso paradiso terrestre e della migliore albergatrice che in tutti questi anni io abbia conosciuto!”

“E’ stupenda, non ho mai sentito una cosa simile!”
“Ora l’anziano va a letto, domani mattina devo partire”
“Tornerà vero a trovarmi?”
“Avrai presto mie notizie piccola Grace”
Karl si alzò dalla seggiolina bianca e s’incamminò verso la sua stanza. Era confuso, arrabbiato con se stesso e con la sua malattia: come faceva a dire a Grace che era suo padre, non le avrebbe creduto e avrebbe incrinato la fiducia che la ragazza aveva nella madre. E poi non poteva darle il dolore di sapere di avere un padre per vederlo morire in poco tempo. Ma il vecchio Karl era anche contento, il destino alla fine della sua vita gli aveva voluto dare la possibilità di rimediare, almeno in parte, al dolore che aveva causato in passato.

Passarono 2 anni senza alcuna notizia di quello strano uomo che aveva alloggiato al suo albergo. Non sapeva il motivo ma Grace sentiva una fitta al petto ogni volta che ci pensava. Aveva detto che si sarebbe fatto vivo ma a quanto pareva aveva detto solo balle.
Non capiva perché ma ne era rimasta ferita. Si era creato un feeling che Grace avrebbe potuto definire quasi magico e lui evidentemente non se n’era neanche accorto, o forse non gliene importava. Che stupida era stata, gli aveva raccontato tutte quelle cose personali senza nemmeno conoscerlo e ora era perfino delusa che non si fosse più fatto vivo.
Fu proprio mentre pensava a queste cose che la sua attenzione fu catalizzata da una notizia al telegiornale “..muore di tumore il famoso cantante…” Ma Grace non ascoltava più, aveva visto il viso del suo amico tedesco in televisione.. Ed era scoppiata a piangere come una bambina.

Qualche giorno dopo un notaio americano si era recato al suo albergo con una 24ore piena di documenti da firmare. Grace aveva ereditato il patrimonio di quel famoso cantante. Non aveva capito come o perché, ma nel giro di un giorno si era trovata ricchissima e con una villa a Malibù. Decise di andare a visitarla, per cercare almeno un indizio sul motivo di quella follia, perché una persona che aveva visto solo una settimana doveva nominarla sua erede universale?
Quando arrivò vide una chitarra appoggiata vicino all’ingresso, con la partitura e il testo della canzone che le aveva dedicato due anni prima, ma con una frase aggiunta in fondo

Thanks for being my Grace.. Daddy loves you and for ever will, from every place, but always near you. Karl

 
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