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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade)
Titolo Fanfic: MYSTERE
Genere: Sentimentale, Romantico, Drammatico
Rating: Per Tutte le età
Autore: axia1986 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 11/08/2004 21:43:39 (ultimo inserimento: 01/12/05)

eccomi di nuovo qua! stresso l`anima a tutti...nn preoccupatevi x fantome, la continuo!!!leggete anche questa!!!!
 
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LA FINE...O UN NUOVO INIZIO?
- Capitolo 1° -

MYSTERE

Salve a tutti di nuovo! Non sono riuscita a trattenermi dal cominciare una nuova fic, nonostante abbai ancora in corso "Fantome"… già, perché ho deciso che la continuerò, per la gioia di tutti quanti mi hanno scritto (di la verità, qualcuno ti ha minacciata, vero? NdKei… ehm… già… la mia amica Honey mi ha assicur che se non l'avessi finita mi avrebbe spellata viva, dissanguata, torturata fino a portarmi vicina alla morte… ndme come resistere ad un invito così gentile? NdKei) ma non so quando, non sono ispirata per far del male a tutti i BB… più avanti, quando inizierà la scuola, magari! Ok, vi lascio alla lettura, sperando che vi piaccia!

La fine… o un nuovo inizio?

Una freccia nera che sfiorava i 150… un'autostrada tutta territorio di questo nero bolide…
Una snella figura che torreggiava su di esso… una figura quasi androgina che dettava le sue regole, in sella alla nera moto… sembrava un ragazzo, ma qualcosa suggeriva che in realtà fosse una ragazza… forse i fianchi appena accennati, ma lo stesso femminili…forse la lunga treccia nera che sfuggiva da sotto il casco… la ragazza si alzò dalla sella, lasciò per un attimo il manubrio… sembrava che stesse gridando… subito dopo riprese la posizione iniziale, accelerando… era a 185 km/h, ora… non accennava a rallentare… fece dei sorpassi azzardati, attirandosi delle imprecazioni, a cui rispose con un gesto del dito medio… il cellulare nella tasca interna della giacca da corsa aveva iniziato a squillare…a dire il vero era da un pezzo che suonava… ma lei lo ignorava… fosse stato anche Dio in persona, non avrebbe risposto, non ora che stava cercando il brivido della morte in sella alla sua nera cavalcatura… aumentò ancora… 200…ancora… 215…ancora… voleva arrivare a 240kmh… voleva vedere la terra fondere con tutti i suoi colori… un attimo… fu un solo, semplice attimo…qualcosa andò storto… la moto perse aderenza di colpo… s'impennò… la ragazza non lasciò la presa sul manubrio fino a quando non fu costretta… fino a quando la moto non si rovesciò su sé stessa… un lampo di paura passò negli occhi nero-grigi… un urlo fermato a metà… un attimo… la ragazza fu sbalzata, urtò contro il guardrail… un dolore lancinante alla schiena… poi, la Madre Oscurità l'accolse tra le sue braccia…

Il ritmo incessante e ritmato di un macchinario d'ospedale… ecco cosa mi accoglie al sofferto quanto agognato risveglio. Il bip delle macchine che mi pompano l'ossigeno nei polmoni. Cerco di respirare autonomamente ma qualcosa me lo impedisce, faccio per alzare il braccio, ma non riesco a comandarlo. Il ritmo dei macchinari accelera e attira l'attenzione dell'infermiera ai piedi del mio letto. Mi si avvicina in gran fretta, mi sussurra dolcemente di stare calma…calma un corno! Toglimi questa cosa di bocca!" Ora ti toglierò il tubo che ti permetteva di respirare. Al mio tre tu espira tutta l'aria, ok?". Accenno di sì con la testa… tutto, tutto pur che mi levino questa cosa dalla gola. Quando alla fine riesce a togliermi questa roba, un conato di vomito mi assale talmente forte che mi giro dall'altra parte del letto. L'infermiera mi porge una bacinella e mi spiega con calma che è tutto dovuto alla lunga anestesia che ho dovuto subire. Scrive un paio di appunti sulla mia cartella clinica, mi accarezza i capelli e mi dice che chiamerà il dottore che mi ha operata. Non che me ne freghi molto. L'unica cosa che voglio è uscire da lì e tornarmene a… già, dove devo andare? Il medico entra rompendo i miei fragili pensieri. Si avvicina, mi alza la palpebra e con una luce mi scruta la pupilla, mi scappa un'imprecazione. Lui sorride, iniziando a parlare: " Mi vorrebbe dire il suo nome e da dove proviene?". Io… io…non lo so. Non lo so. "Non lo so, dottore. Non…lo ricordo." "Cosa ricorda?" "Solo che ero in autostrada, che correvo in moto, e che qualcosa mi ha fatta cadere. Devo aver preso una botta alla schiena e poi basta. Non ricordo…nulla." "Lo temevo. Ha battuto al testa e, nonostante il casco, le abbiamo riscontrato un trauma cranico di intensità da non sottovalutare. Posso dire, per esperienza, che è viva per miracolo. Quando hanno chiamato l'ambulanza era tra la vita e la morte. La botta che ha sentito alla schiena ha causato un accumulo di liquido spinale che preme sui nervi inferiori. Questo le impedirà di usare le gambe per un certo periodo, in cui farà riabilitazione. Il casco si è spaccato nell'impatto con l'asfalto e ha battuto la tempia sinistra, dove le abbiamo rasato i capelli per ricucirle le ferita.". I miei capelli! Tengo moltissimo a loro! Anche se non so perché… il medico continua ad elencare i danni che ho subito nella caduta: " Ha ferite e contusioni di vario genere su tutto il corpo, ma quelle non suscitano preoccupazioni. Invece ha battuto il ginocchio, che si è rotto ed è stato operato. Dovrà subire ancora parecchi interventi e molta fisioterapia, prima di poterlo sfruttare come prima. Ricordi solo di non spaventarsi se non riuscirà a camminare. Come le ho già detto l'accumulo di liquido impedisce la sensibilità dei nervi.". Un cesso… ecco cosa sono… un ammasso di carne e sangue in cui scorre ancora per caso la vita. Ma non basta, o no…come ultimo colpo finale mi dice: " Stia tranquilla, però. Il bambino che porta in grembo non ha subito danni, abbiamo fatto varie ecografie e anche un'amniocentesi." "Io… io sarei incinta?" domando, al limite dell'incredulità: " Certo…ma forse ha scordato anche questo nell'impatto. Devo dire però che è stata davvero incosciente a fare quelle acrobazie ad alta velocità, sapendo del suo stato." "E…a che mese sarei?" "Siete alla 14 settimana di gestazione.". Mi accarezzo il ventre… diventerò madre? Io che non ricordo chi sia il padre e nemmeno chi sia io? "qualcuno… qualcuno mi ha cercata, per caso?" "No, purtroppo, e nessuna denuncia di scomparsa con la sua foto è stata inoltrata nelle ultime settimane.". E' probabile che non abbia nessuno, allora. Aspetta… settimane?" Quanto...quanto sono rimasta addormentata?" " Per 16 giorni, in cui abbiamo continuato con le operazioni. Per quello soffre di nausea. E' appena stata nuovamente operata al ginocchio.". Che razza di madre sarò? Lacrime minacciano di uscire, ma per riflesso condizionato le ricaccio in gola… ho sempre fatto così… forse. Il medico se ne va, lasciandomi da sola con l'infermiera. La donna, apparentemente sulla sessantina, con i capelli leggermente ingrigiti alle tempie, si siede accanto al letto, sulla poltroncina di pelle scura: " piccola… come stai?" "Confusionata. Non ho nessuna certezza, né per me né per mio figlio. Cosa farò una volta dimessa? Dove andrò, se nessuno è venuto a cercarmi?". La donna mi osserva, con sguardo compassionevole… non sopporto quello sguardo. Non lo sopporto. Mi scosto bruscamente, e questo mi causa un dolore lancinante alle costole: " piano piccola, piano. Non ti preoccupare. C'è qualcuno che in questi giorni è sempre venuto a trovarti, ogni giorno. Sempre, con un regalo o con un mazzo di fiori freschi. Vediamo… è quasi ora. Dovrebbe venire a trovarti tra poco. Bene, io vado. Magari grazie a lui ricorderai qualcosa, no? Io sarei solo d'intralcio. Ciao!". Quella donnetta, così piccola, ora che la vedo in piedi, esce, lasciandomi in compagnia del silenzio e del ronzio delle macchine che si stanno piano spegnendo. Guardo il piccolo orologio da polso rosa shocking che è appoggiato al comodino… le 5 e un quarto. Sento il tempo scorrermi addosso… sento che questa volta non ne uscirò intera… ma...come posso saperlo? Cos'è questa sensazione? Che strano, mi sembra di… essere già stata in una stanza simile a questa. Una stanza pulita, con le pareti tinteggiate di fresco. Un solo letto, una persona che ci giace… una persona che amo… chi… è? Non riesco a distinguerne il volto… lo scatto della serratura mi riporta alla realtà. Mi volto verso la porta, e mi aspetto di vedere il camice rosa dell'infermiera. Invece incontro un paio di profondi occhi blu cobalto, sorridenti, felici. Una chioma dal colore simile agli occhi, un berretto rosso, che è subito tolto per cortesia. Un sorriso smagliante, un biancore di denti perfetti in contrasto con la pelle color dell'ambra: " Ti sei svegliata, finalmente! Sai, sono giorni che il mio amico qua viene a trovarti, ma non ti ha mai trovata sveglia! Allora, come va? Immagino non bene, sarai piena di dolori… ehi, chissà come ti farà male la testa… sei buffa, sai? Sembra che un pellerossa ti abbai fatto lo scalpo! Non è vero, Kei? Ehi, ma non sei ancora entrato?". Per mia fortuna il tizio esce subito, dando pace alle mie orecchie, ma per una sfiga che sembra perseguitarmi dal giorno dell'incidente (e forse anche prima), quello rientra, con al traino una persona alquanto reticente. Il secondo ragazzo è totalmente diverso dal primo: indossa una tuta da motociclista, ha in mano un casco blu elettrico con le fiamme rosse e la visiera nera, ha i capelli ancora più assurdi del suo compagno. La frangia è di un color argento mentre il resto dei capelli è moro. I suoi occhi sono grigi, color acciaio, il suo volto quasi inespressivo, se si ignora il leggero rossore che è comparso sulle guance. Con un gesto brusco sottrae il braccio dalla presa dell'altro, lanciandogli un'occhiata gelida. Una domanda mi sorge spontanea: " Chi siete voi due?". La sorpresa passa negli occhi del ragazzo chiamato Kei, che sussurra: " Non… non ricordi nulla?". Scuoto la testa: " Amnesia… colpa della caduta… come il resto, d'altronde. Chi siete?". Kei mi scruta per un poco, poi inizia a parlare: " Vorrà dire che noi ti staremo vicini, fino a quando non ricorderai tutto… credo che quello sarà il momento più difficile. Io sono Kei Hiwatari, e ti conosco da parecchi anni, abbiamo frequentato le scuole medie assieme, anche perché tu eri nella mia banda…" "Suonavo uno strumento?" "No…" sorride, divertito: " Eri una teppistella, come me, e mi hai aiutato a uscire dalla voragine in cui mi ero gettato. Lui è Takao, è il mio compagno ed è da lui che verrai a stare per un po’, almeno fino a quando non sarai guarita. Assieme a noi abitavano Max e… Rei…". Rei… questo nome non mi è nuovo… mi ricorda qualcosa, ma è come… come se il mio cuore avesse imposto al mio cervello di non ricordare." Questo nome ti ricorda qualcosa, vero? Non puoi esserti dimenticata di lui…", mi dice l'altro ragazzo: " Mi ricorda… ma non so cosa…". Ho talmente tanta confusione… troppa… troppa… mi scoppia la testa. Mia sfugge un gemito di dolore: " Stai male?" si preoccupa Takao… poi mi abbraccia teneramente. Questo calore… lo ricordo. Sì. E lo collego all'immagine di una casa, accogliente, calda e felice. Un…gatto? Perché mi ricordo un gatto? " Kei… noi… avevamo un gatto, per caso?" "Beh…in un certo senso…" "Come scusa? O si o no!" "Sì, ma vedi… Gatto era il soprannome di Rei…". Ancora quel nome mi procura un dolore al petto… come se… come se… fosse qualcosa che ora non posso più raggiungere.

I giorni passano veloci, tra le visite dei medici più svariati… ortopedici, per il ginocchio… chirurghi che mi hanno operata… ginecologi, per il bambino… Kei e Takao hanno pagato l'ospedale perché mi fosse data una stanza singola, ma così io mi annoio. Vorrei qualcuno con cui parlare. Da due settimane Takao, Kei e Max continuano a venirmi a trovare. Parlo con loro, e piano comincio a riscoprire il mio passato, le mie emozioni antiche… ed è una bella cosa… ma, rimane sempre quel buco nero, a cui associo il nome di Rei. Ecco, lui non è mai venuto a trovarmi. Non capisco perché. Che gli abbia fatto un torto? Che mi odi, ora? È un mese oggi che sono in questo ospedale, rinchiusa tra queste quattro mura bianche, candide. Ogni giorno, da quando mi sono svegliata, le infermiere mi fanno alzare, mi mettono in una sedia a rotelle (che mi hanno insegnato ad usare autonomamente) e mi portano a fare ecografie, visite varie e fisioterapia, che fortunatamente, grazie alla bella stagione, si fa all'aperto. Oggi forse riuscirò ad andarmene da qua. Kei mi ha promesso che avrebbe parlato con i medici, per farmi tornare a casa. Guardo l'orologio sul comodino: le cinque e mezza. Strano, di solito Kei e Takao sono puntuali… dopo mezz'ora, inizio a preoccuparmi. Sento delle persone discutere oltre la porta della camera, e sorrido, pensando che si tratti dei miei amici. Invece chi apre la porta è una ragazza cinese, che mi guarda con astio. Mi porge un saluto forzato, mentre altri due ragazzi entrano, seguiti da Max, Kei e Takao, che sono alquanto scocciati. "Chi siete?" domando, una richiesta consueta, da quando… beh, l'incidente, no? "Non fare la finta tonta, sai benissimo chi siamo e perché siamo qua!" mi urla contro la ragazza: " Mao! Ma allora sei cretina! Anche i medici ci hanno detto che soffre di amnesia!" la riprende un ragazzo, dall'aspetto di… sì, di un gatto selvatico. Ed è lui che mi si avvicina e mi porge la mano, che prendo con riluttanza: " Ciao, io sono Lai. Siamo qui per aiutarti a ricordare. Vogliamo aiutarti anche noi.". A quelle parole Takao perde la sua (poca) pazienza e sbotta: " Non è vero! Diteglielo chiaro e tondo che siete qua per suo figlio!". Ritraggo la mano, spaventata. Mi fido di Takao, mentre di quelle persone strane…no, di loro no: " Se è solo lui che volete, andatevene, perché lui è solo mio." "Figurati, se neanche ricordi tuo marito e suo padre! Sempre che lui sia realmente il padre di quel bambino!". La ragazza chiamata Mao mi aggredisce, puntandomi contro un dito accusatore. Io rispondo con tutta la calma che riesco a trovare: " Senti, micetta spelacchiata e denutrita, lasciami in pace, ok? Non hai nessun diritto di dirmi nulla, capito? In quanto a mio marito, è vero non ricordo, ma lo farò e allora potrò tornare da lui. In quanto al bambino lui è mio, e non ve lo darò mai, chiaro?". Kei è sorridente alle spalle di quel gruppetto, mentre Mao mi riempie di insulti in una lingua che non conosco, non ricordo di averla studiata… ma che stranamente capisco. E anche bene. Lai la blocca per i polsi, intimandole di smetterla: " Andatevene. Voglio che usciate dalla mia camera, prima che chiami le infermiere e che vi faccia sbattere fuori. VIA!". Tutti si avviano alla porta, e Lai mi saluta con cortesia, nonostante le mie parole: " Per favore, potete uscire anche voi?" chiedo ai miei amici:" Kei…". Lo chiamo, voglio rimanere un poco da sola con lui, prima che l'orario di visita finisca:" Quando posso venire a casa?" "Sei sempre la nostra bimba capricciosa…" mi accarezza i capelli:" Sarai fuori da questa gabbia domani mattina. Ti verremo a prendere noi. Quindi, chiedi alle infermiere di vestirti, che ai bagagli pensiamo noi, va bene?". Mi accarezza di nuovo i capelli, scompigliandoli. Una domanda mi sale alle labbra:" Kei…senti…perché tengo tanto ai miei capelli?" "Perché sono uguali a quelli di Rei… neri, lucenti, lisci e molto lunghi.". Mi bacia la fronte, poi esce e mi lancia una lunga occhiata piena di affetto. Mi rilasso, sui cuscini, pensando alla mattina successiva… a quando sarei tornata a quella che avevo già chiamato casa, una volta… le schermaglie verbali con quello strano gruppetto mi hanno stremata, e prima di cena mi addormento.

E con questo, ho finito il primo capitolo! Lo so, non è il massimo… allora, chi ha capito chi è il marito della protagonista? A proposito di lei… non le ho ancora dato un nome… vabbe, a quello ci penserò in futuro… voglio che qualcuno commenti e mi dica se fa schifo o se è passabile e magari la posso continuare! Commenti, commenti, commenti! Saluto tanto la mia Sara-chan 89, che è impossibilitata ad usare le tecnologie più avanzate, come pc e Internet, e questa fic la dedico a lei! Ciao a tutti, mi raccomando…
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