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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Cavalieri dello Zodiaco, I (Saint Seiya)
Titolo Fanfic: STORIA DI UN GOD SAINT
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: rinoa-aga galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 13/07/2002 11:43:28

un gold saint racconta la sua triste storia, condita da molte sofferenze... ma da ciò può anche sbocciare un tenero amore...
 
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- Capitolo 1° -

oSTORIA D’UN GOLD SAINT
Questa fanfic è stata scritta dalla grande Rinoa, la super star!!!!!!!!
Ho voluto mettere la storia di questo personaggio in risalto, perché mi è sembrato degno di essere considerato dalla mia geniale mente (Modesta, vero?). Scherzi a parte, a me questo personaggio piace tanto perché, oltre ad essere bello, è molto forte (Infatti è stato lui a sconfiggere Hyoga, e poi l’ ha salvato) ed è abbastanza sviluppato dal punto di vista del carattere. Non uccidetemi, perché probabilmente sarà Yaoi. In alcuni punti sarà comica, in altri strappalacrime, a seconda del mio umore. Bye!
RINOA


Ero ancora un bambino di appena cinque anni quando mia madre mi comunicò la notizia; con aria felice mi raggiunse nella mia stanza mentre stavo giocando con i miei fratellini, e mi disse: “Miro, tieniti forte! Mi è arrivata la conferma! Diventerai un Saint! Ne ho parlato con il gran Sacerdote, gli ho detto di avere un figlio molto forte, con un gran senso della giustizia, e ha annunciato che desidera conoscerti di persona! E se gli piacerai potrai fare l’apprendistato per diventare Saint d’Atena. Non è splendido?”
Io rimasi ammutolito per lo stupore. Nemmeno nei miei sogni avevo immaginato di poter diventare cavaliere d’Atena, ma la cosa non m’interessava più di tanto. Dopo lunghe discussioni, forse troppo difficili per un bambino di cinque anni, si concluse che avrei dovuto accettare la proposta che mi era stata fatta. Non potei obiettare, mia madre era troppo felice per negarglielo, era da sempre che desiderava che qualcuno di noi diventasse un servitore della giustizia.
L’indomani andai al santuario di Atene, non molto distante dalla casetta dove vivevo con mia madre e con i miei due fratelli gemelli. Mia madre si chiamava Ines ed era spagnola, ma aveva conosciuto mio padre che era greco, e si erano sposati. Eravamo nati io e i miei gemelli. Purtroppo mio padre era venuto a mancare a causa di un incidente stradale nella periferia di Atene quando io avevo circa due anni, ecco perché non ho nessun ricordo di lui.
Arrivai al santuario, vidi una figura imponente davanti a me, e devo confessare che n’ebbi paura. Ma non lo diedi a vedere. Sion, cavaliere di Ariete, poiché era questo il suo nome, mi fece qualche domanda. Io gli risposi. Non capii mai, e non capisco tuttora cosa gli dimostrarono le mie risposte monosillabiche, poiché mi assicurò che ero destinato a servire Atena. Mia madre quasi piangeva di gioia, ma non potei unirmi a lei, non volevo separarmi dai miei fratelli… Ma il gran Sacerdote mi annunciò che avrei dovuto allenarmi nell’isola di Milo, e avrei lottato per conquistare l’armatura dello Scorpione, poiché era la mia costellazione protettrice. Ma prima di partire avrebbe dovuto riunire tutti i candidati ai Gold Cloth; ci saremmo dovuti ritrovare al Grande Tempio un mese dopo.
Il mese passò in fretta, io ero triste pensando che non avrei rivisto per molto tempo i miei fratellini, mia madre, quel paesaggio verde che dalla finestra della mia stanza si vedeva così bene…
Alla fine tornai al Grande Tempio, dove c’erano raggruppati alcuni bambini. Quello che mi colpì più di tutti fu un bambino dai capelli blu scuro, come il colore della notte, e i suoi occhi profondi. Senza sapere il perché iniziai a fissarlo, e lui a un certo momento, con un’impudenza che solo i bambini hanno, mi disse: “Ciao, bambino!” Io gli risposi: “Ciao”.
Si presentò: “Il mio nome è Camus, piacere! Come ti chiami?”
“Miro”
“Possiamo essere amici?”
In quel momento rimasi senza parole. Come poteva essere così sfrontato?! Ma mi attirava, perché era molto amichevole. E gli risposi con un sorriso: “Certo!”
Rimanemmo a chiacchierare per più di un’ora di cose stupide, senza senso. Ma in fondo eravamo dei bambini rispettivamente di cinque e sei anni, e quali sono gli argomenti di cui due bimbi possono parlare? (Basta che non parlano di cose zozze… ND Simo-chan, infiltrata nel discorso per sbaglio)
Iniziammo a parlare con tanta foga, che non ci accorgemmo dei tanti richiami di un più sempre infuriato Gran Sacerdote, che ad un certo punto iniziò anche a seccarsi per davvero. Noi non prestammo molta attenzione, ignorando che noi fossimo lì per ascoltare la sua parola.
Dopo un po’, ce n’accorgemmo, e tentammo di star zitti, anche se non ci riuscimmo poi così tanto…
Furono decise le destinazioni di noi apprendisti cavalieri; io sapevo già dove sarei andato. Camus dovette allenarsi nella Siberia orientale, un posto infido e troppo freddo per un mezzo spagnolo come me…
Dovetti partire tre mesi dopo. Dissi addio a tutti, la mamma piangeva, i miei fratellini
m’imploravano di restare. Faceva uno strano effetto abbandonare due persone uguali a te. Pensi che il futuro che tu non avrai, loro lo vivranno, avremo passato esperienze diverse, eppure avevamo lo stesso aspetto…
Mia madre mi disse: “Cerca di farti onore, bambino mio! Pensaci sempre, e non scordarci mai! Ci rivedremo presto!” Io risposi di si, ma sapevo che non era vero. Ero un esper sin da bambino, ecco perché riuscivo anche a percepire l’atmosfera lì intorno. Non so per quali motivi, ma mi convinsi che non li avrei mai più rivisti.
E infatti fu così. Dopo due anni d’addestramento tornai. Per prima cosa mi precipitai a casa mia, ma non trovai nessuno. Incontrai la mia vicina che mi disse che mia madre e i miei fratelli erano morti; avevano preso l’aereo per la Spagna, ma esso era precipitato in mare… Non riuscivo a piangere, ma nemmeno a non pensare a loro. E ora cosa avrei fatto? Ero solo! Poi mi venne in mente che mia madre mi aveva detto che quando sarei tornato dal viaggio d’addestramento avrei dovuto abitare al santuario.
Andai là, stremato e stanco. Appena arrivai alla prima casa svenni e non mi risvegliai per un bel po’. Quando rinvenni ero ancora là. Steso per terra. Mi rialzai, e riuscii ad arrivare al palazzo del Gran Sacerdote. Appena mi vide mi corse incontro e mi disse: “Finalmente qualcuno è arrivato vivo! Ne sono felice. D’ora in poi tu alloggerai all’ottava casa. Tra poco dovrebbero arrivare anche coloro che hanno passato l’allenamento. Anche se prevedo che ne torneranno pochissimi…”
Io non risposi. Tanto cosa poteva interessarmi se sarebbero tornati o no? L’importante era sapere che potevo stare lì.
Rimasi per qualche giorno rintanato in quella che era diventata la mia nuova casa, finché il Gran Sacerdote non mi venne a chiamare per dirmi una cosa importantissima: erano arrivati gli altri 10 cavalieri d’oro reduci dagli addestramenti.
Fu allora che pensai per la prima volta a Camus, il bimbo con cui mi ero incontrato due anni prima. Uscii da casa talmente di fretta che mi scordai di mettere l’armatura. Quando arrivai al palazzo di Sion, appena egli mi vide mi lanciò un occhiataccia per il mio mancato decoro. Ma non ci feci caso. Iniziammo a presentarci. Io per la prima volta conobbi i cavalieri d’oro:
Muu di Aries: mi dava l’impressione d’essere molto sicuro di sé. Forse era per questo che in futuro non sarei andato molto d’accordo con lui.
Aldebaran di Taurus: stentai a credere che avesse sette anni come me. Alto e massiccio, sembrava davvero un bisonte. Ma era molto simpatico.
Saga di Gemini: era il più grande di tutti, aveva quattordici anni. Tutti lo consideravano buono come un Dio, ma secondo me nascondeva in se un lato oscuro…
Death Mask di Cancer: è il cavaliere con cui ebbi meno rapporti. Ricordo che quel giorno Muu gli si avvicinò, incuriosito, e gli disse con un sorriso: “Ciao, io mi chiamo Muu. Vogliamo essere amici? (In fondo eravamo ancora dei bambini) ” e D.M. Rispose con una sguaiata risata (Ma che dici? È stupenda! ND Rinoa). Un ghigno davvero agghiacciante…
Aiolia di Leo: io e lui ci conoscevamo da tempo, era greco come me...
Dauko di Libra: era un vecchio di almeno duecento anni. Mi era sembrato davvero buffo in mezzo a bambini, la maggior parte dei quali avevano sette anni.
Shura di Capricorn: aveva tre anni in più di me. In futuro sarebbe diventato il mio migliore amico; m’incuriosì perché era spagnolo come mia madre.
Camus di Acquarius: dopo due anni finalmente lo vidi. Ed era diventato ancora più bello di prima. Non vedevo l’ora di parlargli per raccontargli del mio viaggio di addestramento!
Aphrodite di Fish: penso che sia il cavaliere più effeminato che abbia mai visto! Superiore anche a Misty della Lucertola e a Shun di Andromeda. Anzi, forse lui e Misty erano allo stesso livello. Era di un egocentrismo pazzesco, e girava perennemente con una rosa in bocca. Insopportabile! Quello scemo di Aiolia lo scambiò per una ragazza; Io percepii il suo pensiero, e gli risposi a voce: “Guarda che è un maschio! Anche se l’aspetto inganna un po’. Anzi, inganna molto!”. Ho come l’impressione che Aphrodite mi abbia sentito in quel momento, perché fece una faccia scontenta e offesa. Ma mi urtava dovere chiedere scusa a quella donnicciola, in fondo era la pura verità.
Dopo che furono fatte le presentazioni, Camus si avvicinò a me, e ci misimo a parlare, come l’altra volta, di cose senza senso. Sion ci aveva detto che ora potevamo anche andare. Iniziammo a camminare per i viali del santuario, finché non ci sedemmo su un grosso masso. Mi chiese: “Miro, cosa hai? Due anni fa avevi uno sguardo così allegro, ora invece sei così triste… Cosa è successo?”
Io risposi che non era successo nulla, ma alla fine tanto fece e tanto disse, che mi estorse il motivo di tanta tristezza: la morte dei miei cari. Fu un bene per me, dirglielo. In questo modo mi sfogai. Di miei occhi sgorgarono tante lacrime… e lui mi disse di farmi forza. Lo ascoltai. In fin dei conti non potevo piangermi addosso per tutta la vita!
Passò qualche mese, e io iniziai ad abituarmi alla vita del santuario. Poi accadde un fatto giudicato gravissimo: Aiolos tradì il santuario, e subito dopo morì. Contemporaneamente scomparve Saga di Gemini. Anche il Gran Sacerdote sembrava diverso, ma non me n’occupai.
Dopo questo fatto, il tempo continuava a scorrere sempre uguale. Io strinsi amicizia con Shura, con il quale rievocavamo la Spagna, luogo in cui ero stato circa sei volte.
Con Camus, man mano che passavano i giorni, parlavamo sempre di più, ci trovavamo d’accordo su molte cose, avevamo molte cose in comune…
Qualche anno dopo arrivarono i nuovi cavalieri d’argento. Quando li vidi per la prima volta mi sembrarono davvero comici. Misty, aspirante cavaliere della lucertola, mi sembrò a prima vista uguale ad Aphrodite, soprattutto di carattere: l’egocentrismo era al massimo! Aveva appena otto anni e già credeva di essere l’essere più bello esistente sulla Terra… fortuna che se n’andò subito tornandosene in Francia. Gli altri mi sembrarono tutti uguali. Tutti bambinetti senza esperienza, tali e quali a me e agli altri Gold Saints quando arrivammo al santuario.
Mi stupii molto quando vidi le sacerdotesse guerriero appartenenti ai Silver Saints. La prima ad arrivare fu Shaina. Santo cielo, se era una bambina turbolenta! Passava le intere giornate a correre, saltare, litigare… L’altra, Marin, invece mi sembrò molto matura per la sua età. In seguito compresi che era lei la ragazza di cui Aiolia era innamorato. La maggior parte dei cavalieri andò via, ma in compenso quelli che rimasero qui in Grecia erano quelli che facevano più confusione. In poco tempo Shaina riuscì a diventare l’idolo di tutti i ragazzini residenti al santuario. Avrebbe potuto essere la donna giusta per Death Mask…

Quando ebbi tredici anni, mi accorsi di essere cambiato tantissimo. Ero diventato alto un metro e ottantaquattro centimetri, i capelli mi si erano allungati in maniera impressionante… Sembravo un protagonista dei poster che erano attaccato nei bar di Atene, nei quali entravo naturalmente in borghese.
In quel periodo mi sembrò che il mio rapporto con Camus fosse diverso. Non credo che per lui fosse come per me. Lo vedevo in un ottica diversa… A volte rimanevo per molto tempo a guardarlo, il suo splendore mi incantava e non pensavo che a lui in tutti i momenti… Non riuscivo a pensare a lui come un amico, ma come qualcos’altro. Ma cosa?! mi domandavo sempre. Ad un certo punto mi resi conto di ciò che mi stava accadendo; compresi finalmente cosa significava il pensare a lui in tutti i momenti della giornata, lo star male al non vederlo, l’esser felice quando mi rivolgeva la parola, l’estasi che raggiungevo quando mi sfiorava anche per sbaglio… Amavo Camus. Lo amavo più di qualunque altra cosa. E sapevo quanto il mio amore fosse impossibile.
Dopo che me ne accorsi, iniziai ad evitarlo per evitare che succedesse qualcosa. Per esempio per evitare di saltargli addosso, o di aggredire qualcuno che si avvicinava troppo a Camus. M rintanai in casa con la scusa di star male. Ma il gioco non resse per molto, e lui era sempre appiccicato a me.
Poi accadde l’irreparabile: una notte come tante, tutti dormivano al santuario. E anche io dormivo, sognando il mio Camus. Non seppi il motivo, ma in ogni modo lui venne in casa mia verso le tre di notte. Mentre mi scuoteva per svegliarmi, io, aprendo un poco gli occhi lo vidi. Pensai che fosse un sogno; allora mi dissi che potevo dirgli quello che provavo, tanto era solo un sogno!
Lo afferrai per le braccia e gli dissi: “Camus, ti amo! Da tempo ormai al solo pensarti mi sento felice, e appena ti vedo il mondo non ha più importanza…” poi, come uno scemo mi riaddormentai sul colpo. Il giorno dopo non mi resi conto che fosse successo davvero, pensai che fosse solo stato tutto frutto della mia fantasia. Cercai Camus in giro, ma non lo trovai. Vidi Aiolia e gli chiesi dove era, e lui mi disse: “Come, non lo sai? È partito stamattina alle sei per la Siberia!”. Non ressi alla notizia. Svenni, cosa ritenuta immorale per un Saint di Atena, e fui portato nel mio letto. Quando mi ripresi mi ritrovai nella mia antica casa. Aiolia, che era rimasto in casa mia mi spiegò che era stato così deciso dal gran Sacerdote perché mi trovava sciupato, e un cavaliere ammalato non serve a nulla. Ringraziai Aiolia per essersi occupato di me, ma gli chiesi di poter rimanere da solo. Dopo un po’ se ne andò. E io potei riflettere. Camus se ne era andato via per molto tempo senza dirmi nulla. E ora cosa avrei fatto? Poi mi venne una fulminante ipotesi: Non poteva essere la partenza in Siberia il motivo per cui Camus mi aveva svegliato in piena notte? Allora non era stato solo un sogno! Che vergogna!” Pensai, allora doveva sapere tutto! E quando lo avrei rivisto come avrei avuto il coraggio di guardarlo in faccia? Ma in questo momento non era quello che contava. Mi misi le mani in tasca, camminando su e giù per quella stanza in cui da piccolo avevo giocato tante volte con i miei fratelli. Ad un certo punto mi accorsi della presenza di un foglietto all’interno della mia tasca. Lo aprii e lessi: “Caro Miro, non so se stanotte tu mi abbia fatto questa rivelazione intenzionalmente o se fosse un vaneggiamento dovuto a un attacco di sonnambulismo. Ma se fosse vero e tu mi chiedessi cosa ne penso, non saprei cosa risponderti. Non so se tu per me sia solo un amico, o qualcosa di più. È per questo che vado via. Quando sarò in grado di darti una risposta tornerò, stanne certo. Ma non credo di rendermene conto tanto presto. Però hai fatto sorgere in me il dubbio che la nostra potrebbe essere un’amicizia ambigua. Non avendo mai conosciuto l’amore, quello che provo per te potrebbe non essere semplice affetto per un amico, ma qualcosa di più. Finché non avrò capito veramente cosa sei tu per me, rimarrò qui in Siberia ad allenare un ragazzino di nome Crystal. Addio, anzi, a presto. Camus.”
Dio mio, se era una persona contorta! Non avevo capito quasi nulla di quella lettera. Ma intuii di dovere aspettare che lui fosse tornato per scoprire i suoi veri sentimenti.
Il tempo passava velocemente e tutti i giorni erano uguali. Dopo tantissimo tempo il gran Sacerdote mi diede un incarico: dovevo distruggere l’isola di Andromeda. In quel momento non domandai il motivo, non mi interessava. Rimasi un po’ stupito e seriamente preoccupato quando seppi che dovevo andare con Aphrodite. Non mi fidavo molto di lui. Era capace di saltare addosso a tutti coloro che avevano un bell’aspetto. Ma doveva azzardarsi ad avvicinarsi a me e lo avrei avvelenato con un colpo di Scarlet Needle. La cosa più noiosa di questa missione fu il viaggio. Il gran Sacerdote non ci aveva permesso di andare lì con i nostri poteri. Dovemmo arrivare in aereo fino al porto di un’isola nel Pacifico, per poi prendere una nave e arrivare finalmente all’isola di Andromeda. Dopo averla distrutta tornai in Grecia con il teletrasporto, lasciando ad Aphrodite il compito di uccidere Albione, Silver Saint di Cepheo. Quando tornai al santuario ebbi una notizia: Camus era tornato. Andai a casa sua, ma non lo trovai. Lo aspettai sui gradini della casa dell’acquario, ma lui non tornò per quella notte. Appena arrivò mi trovò accasciato sul duro marmo mentre ero in uno stato di dormiveglia, totalmente intirizzito. Quella notte che avevo trascorso fuori era stata molto fredda. Mi portò in casa sua e mi mise sul suo letto. Dopo un po’, al contatto con il tepore delle coperte mi svegliai del tutto e me lo trovai seduto accanto con un volto sorridente. Mi salutò dicendomi: “Buongiorno! Sei stato pazzo a trascorrere la notte fuori” io gli risposi con un grugnito che significava più o meno: “Stavo aspettando te”. Lo guardai per un po’. Mi accorsi che il freddo pungente della Siberia non aveva avuto modo di guastare quei dolcissimi occhi blu che in quel momento mi guardavano. Rimanemmo a guardarci per un po’ di tempo, e poi lui mi disse: “Scusami se quella volta non ti ho detto nulla della mia partenza. Perdonami. Sai ci ho riflettuto e sono riuscito a capire quali sono i miei veri sentimenti per te. Non so se ne sarai felice. Per quello che ne so potresti anche avere rinunciato a me, o magari avere trovato una nuova fiamma. Ma in ogni caso sia ormai non ho più motivo di nascondertelo. Mi sono accorto che effettivamente quello che provo per te non è semplice amicizia ma sento per te qualcosa di più. Molto di più. In questo momento vedendoti con quest’espressione di ansia e stupore sento l’impulso improvviso di non lo farò. So che non dobbiamo, quindi reprimiamo i nostri sentimenti a continuiamo a essere amici, ok?”
Io non ne potevo più di quei discorsi che sembravano essere usciti da un libro di filosofia. Facendo attenzione a non essere troppo irruente, lo abbracciai. Quando le nostre labbra si separarono, io gli dissi: “Stanotte non mi muovo da qui. Rimango con te”.
L’indomani mattina mi risvegliai io per primo. Ripensai a ciò che era successo quella notte, e mi sentii felice come non mai. Mi alzai e tornai di soppiatto alla casa dello Scorpione; non so cosa avrei fatto se qualcuno mi avesse visto uscire così di soppiatto dalla casa dell’acquario. Fortuna che non incontrai nessuno!
A pomeriggio inoltrato, dopo che per tutta la giornata non lo avevo visto, lo incontrai di nuovo. Ero tornato nella mia vecchia casa per pensare un po’, e lui, non trovandomi alla casa dello Scorpione, era venuto a cercarmi lì. Quando lo vidi arrivare correndo, lo salutai con un cenno della mano. E lui m rispose, ansimando per la corsa :” Ciao!!!”.
Lo feci entrare. Lui mi disse: “Cosa ne pensi?”
“Di che cosa?”
“Di quello che è successo questa notte”
A quella domanda diventai un po’ imbarazzato. Non era il caso di rievocarla…
Continuò: “Non so come spiegarmi… ma vedi… forse non abbiamo fatto la cosa giusta… “
Io gli risposi: “Non me ne frega niente del parere degli altri. Mi interessa solo di te. E credo che anche per te sia lo stesso. O no?”
“Si, ma non è questo il problema. È impossibile che sia accettata questa situazione!”
“E poi nessuno potrebbe mai venire a sapere della nostra storia, te lo assicuro. E poi cosa ti importa di più, il dovere o me?”
“Ma di te, naturalmente. Ma ricordati che siamo cavalieri. E come tali ci attendono dei doveri che dobbiamo assolutamente rispettare!”
“Camus… io non voglio avere le briciole del tuo affetto!” dissi io, quasi in lacrime.
“Miro… non intendevo dire questo… mi hai frainteso… per me tu sei importantissimo… è solo che mi sembra così strano…”
“Ti prego, non andare più via, non lasciarmi da solo come hai già fatto!”
“Non preoccuparti. Te lo prometto. Non ti lascerò mai.”
Io fui rassicurato da queste parole, mi ricomposi e dissi: “Bene. Ora smettiamola e occupiamoci del dovere. Il sacerdote mi aveva detto qualcosa a proposito di un’altra missione da assegnarmi. Devo andare in Brasile o giù di lì.”
“Allora mi lascerai da solo! Prima me ne vado io, e ora vai via tu!”
”Camus, non preoccuparti. Tornerò presto! Ora torniamo al santuario, ok?”

Così, chiarita la situazione andammo via, e io dopo un paio di giorni dovetti partire. Quando tornai, mi informarono di ciò che era successo: i bronze Saint si erano ribellati con a capo una tal Saori, spacciatasi per la reincarnazione di Atena. Ma non mi interessò più di tanto la situazione. Rividi Camus, molto preoccupato per l’improvvisa sparizione del suo allievo Crystal dopo una missione in Siberia. Per quanto ne capii io, doveva andare a punire un tal Hyoga suo allievo. Ma si erano perse le sue tracce. Si scoprì che era rimasto ucciso durante lo scontro con questo ragazzo. A me sembrò strano che fosse andato proprio lui a combattere e a distruggere i villaggi del posto, proprio lui che odiava la violenza e amava la sua terra, la Siberia… e poi voleva troppo bene a Hyoga, almeno era quello che sapevo. Camus era tristissimo, il suo allievo che adorava era stato ucciso proprio da colui che avrebbe dovuto anche considerare tale… Dopo un po’ iniziò a riprendersi, ma poi fummo costretti a combattere contro i Bronze Saint qui al grande tempio.
Io dovetti combattere contro Hyoga, il maledetto ragazzino che aveva ucciso Crystal e fatto soffrire il mio amante. Camus mi pregò di non ucciderlo. E lo lasciai vivo. Ma non gli permisi di dire che mi aveva battuto. Era stato sconfitto da me.
Il mio amico Shura morì per salvare Shiryu del Dragone.
La cosa peggiore fu che Camus perse la vita, combattendo contro Hyoga. In quel fatale momento, quando il suo cosmo si spense, il mio cuore si spezzò. Rimasi lì, alla mia casa senza muovermi. Capii subito cosa era successo, ma non mi mossi. Fui costretto ad andare nelle stanze del Gran Sacerdote e quando arrivai vidi Hyoga. Quanto desideravo ucciderlo, ma qualcosa mi fermò. Era una misteriosa forza, che proveniva dal corpo di Saori. Ma come era possibile? Lo stesso appena finita la battaglia mi rinchiusi nel mio tempio e non ne uscii più. Purtroppo però vi furono delle nuove battaglie, al quale dovetti partecipare obbligatoriamente. Come quella a cui sto partecipando in questo momento. Sono stato colpito e sto per morire. Gli occhi mi si stanno appannando e sento un dolore terribile. La mia vita mi sta scorrendo davanti gli occhi a velocità incredibile. Ma ora sto vedendo Camus, raggiante di bellezza che mi tende la mano, sorridendo: “Vieni. Separati nella vita terrena, rimarremo insieme nella vita ultraterrena. Non voglio più lasciarti.” Io gli prendo la mano e lascio il mio corpo ormai senza vita sul duro terreno…

THE END



Sniff! Ho finito la Fanfic in un modo un po’ triste, vero? Ma almeno li ho fatti riunire in un’altra vita! Io avrei voluto che fosse così, perché secondo me loro stavano veramente assieme. A prescindere dal fatto che in Saint Seiya sono tutti gay.
Spero che vi sia piaciuta, perché mi è costata un’ora di greco e due di latino per progettarla (E anche le ire della prof che mi ha richiamata miliardi di volte…)
RINOA
 
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