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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: PRIMA DELL`ALBA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: jessy-chan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 05/08/2004 11:27:24 (ultimo inserimento: 28/08/04)

questa ff è tratta da harry potter ma lui non centra un cavolo! la vera protagonista è una ragazza....x mikury89! ^__- commentate please!
 
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CAPITOLO 1
- Capitolo 1° -

Salve! È la mia prima ff! ^__^ Abbiate pietà di me e fatemi il favore di leggerla!!! Commentate anche se in negativo. BUONA LETTURA !!!!!!
Lee_chan!!



Capitolo 1





Era un caldo mattino d’estate a Doron Street e Aurora Merlin era seduta sulla panchina del parco, l’unico posto in cui trovare zone all’ombra e soprattutto la quiete che nella cittadina di Lion Village non esisteva quasi.
Se ne stava lì, a leggere un libro che aveva trovato in biblioteca il giorno prima. Era intitolato “mille modi per sopravvivere alle torture di un’insopportabile zia ”.
Lei era strana, quasi diversa dalle altre ragazze della sua età. Dietro quegli occhi verdi erano nascosti molti segreti. l’unica parente in vita che aveva era una zia di decimo grado. Viveva con lei, la signorina Livebig. Grassa e acida, pettegola e cattiva, passava le sue giornate a rendere la vita impossibile alla sua sfortunata nipote. Diceva che era strana, troppo strana per essere una ragazza normale. La chiamava strega.
Aurora aveva degli amici ma sfortunatamente erano tutti partiti per le vacanze estive e lei era rimasta sola, indovinate perché? Quando lo chiese alla perfida donna lei disse:<<ti piacerebbe andarci, vero? Puoi scordartelo, devi rimanere qui, io do gli ordini, IO COMANDO!!!>>.
Dicevamo… a sì ! stava leggendo uno dei tanti libri trovati nel suo rifugio, la biblioteca! Perché passasse il suo tempo in questo luogo non è di certo un mistero. Basti pensare a cosa sarebbe accaduto se avesse lasciato distrattamente il libro sul tavolo della cucina per uno spuntino e la zia lo avesse trovato!
Erano passate circa due ore da quando si era seduta e aveva iniziato a leggere. I passanti la guardavano in malo modo. Gli abitanti di quella cittadina erano tutti più o meno come la perfida. Non tolleravano che si vedesse una ragazza sola in un luogo pubblico che sprecava il suo tempo in strambe letture anziché conversare, o meglio, pettegolare con gli altri. Il parco si stava facendo troppo affollato e se non se ne sarebbe andata entro pochi minuti ci sarebbe stato sicuramente qualcuno che avrebbe cercato di attaccar briga con lei. Così chiuse il libro e si alzò. Imboccò un piccolo vialetto , una scorciatoia, e in pochi minuti arrivò a casa. (Aurora preferiva chiamarla prigione!).
Aprì delicatamente la porta di vetro e chiudendola dietro se nel modo più silenzioso possibile cercò di arrivare in camera sua, la soffitta. Ma non riuscì nel suo intento. <<Dove credi di andare! Fra poco le mie amiche arriveranno. Chi prepara il tè e biscotti? Muoviti, svelta!>>. Fece quello che le era stato richiesto e scappò nella sua stanza. L’estate trascorse più o meno in questo modo.
Il tempo passò, lento ed inesorabile ma arrivò finalmente il mese di settembre. C’era qualcosa di strano, però. Avvistamenti di gufi e civette in pieno giorno, persone vestite in modo molto strano (cosa penseresti tu se vedessi per strada una signora con un cappello a punta e un mantello rosso porpora sulle spalle!). la tv non parlava d’altro. Si avvertiva nell’aria… qualcosa stava per accadere!
Indovinate dov’era Aurora? In biblioteca, per finire la ricerca per la scuola su “Il Rinascimento” quando dallo scaffale numero 21 cadde un libro che, guardandolo bene, doveva avere centinaia d’anni. “Storia delle scuole più celebri e famose di magia e stregoneria”. Aprì il libro. Era scritto con inchiostro verde, ma… ehi, un momento, è apparso un messaggio sulla prima pagina!<< per richiedere il modulo d’iscrizione ad una scuola di magia e stregoneria recarsi al ripostiglio del sottoscala della biblioteca e bussare 4 volte in modo da indicare i punti cardinali partendo dal nord in senso antiorario>>.
Non credeva ai suoi occhi. Sfogliò il grande libro foderato di quella che sembrava pelle grigia (notò poi che si trattava di pelle di girilacco, leggendo la piccolissima targa in basso a sinistra). Iniziò a leggere la storia di Merlino, dei gobelin, degli elfi domestici, di Hogwarts! Era un posto fantastico, pensava, e avrebbe fatto qualunque cosa pur di vederlo, solamente vederlo!. Lesse, lesse, e lesse fin quando trovò un paragrafo in cui si citava una bacchetta spezzata. Strano, perché lei conservava la metà di un ceppo, se così si poteva definire. Su di esso erano intagliate le seguenti parole <<è soltanto all’erede che…>>. Il resto della frase si doveva trovare forse sull’altra metà.
Pensò che si trattasse soltanto di una banale coincidenza e dimenticò l’accaduto anche se continuò a conservarla gelosamente nel piccolo scrigno che teneva in una cassetta di legno lucidato sotto il letto, coperto da uno straccio, per nasconderlo agli occhi della zia.
Non sapeva se portare il libro con se o se lasciarlo nella biblioteca, ben nascosto. Il bibliotecario sapeva di quel libro? Secondo Aurora no . Ma come ci era finito lì? <<Che sia vero ciò che è scritto nel libro, magia, passaggi segreti, goblin, elfi, calderoni, bacchette magiche…?>> si chiedeva fra se e se.
Ma sono le 19:45… <<è tardi e la zia mi starà aspettando!>>
Lanciò delicatamente il libro sullo scaffale. Impossibile! Esso si librò nell’aria, sempre più in alto. Si posò infine sull’ultimo ripiano dello scaffale. <<speriamo che al mio passaggio cada nuovamente! Se ciò succedesse potrei tentare…ma sì, potrei provare a vedere se il passaggio del sottoscala sia davvero sede della stanza in cui consegnano i moduli di iscrizione!>>
Percorse vari corridoi fin che arrivò all’uscita. Faceva molto caldo nonostante il sole fosse quasi tramontato. Si avviò, veloce. Corse. In lontananza intravide un essere enorme, dall’aspetto sembrava un orco che aveva notato nel capitolo 7. Il panico l’assalì. Ma era troppo tardi, doveva tentare, almeno. Si avviò, piano, gli occhi socchiusi. Intravedeva l’ombra del mostro avvicinarsi sempre più. Pochi metri la dividevano da esso. Un ultimo sforzo. È fatta!
Era stata un’allucinazione o era davvero quello che pensava?. Si voltò rapidamente. L’orco era scomparso. Aveva uno strano presentimento.
Nooooo! Sulla soglia di casa sua stava la signorina Livebig, Il volto rosso come un pomodoro maturo. Era su tutte le furie!
<<Aaaah, eccola! Sta tutto il giorno in quella maledetta biblioteca, senza pensare ai suoi doveri! Dovevi pulire la casa,oggi, e non solo! E sì, ti sei meritata proprio una settimana di punizione e vediamo se continuerai ad andare in quello squallido luogo frequentato da cervelloni!>>
Questa proprio non ci voleva. Sarebbe stata la settimana più lunga della sua vita, pensò.
Salì in camera sua. Ad attenderla c’era un maestoso gatto persiano, particolare, il pelo di uno strano blu e gli occhi del colore dell’ambra.
Si avvicinò a lei facendole le fusa. Essa lo prese tra le braccia e si distese sul letto, ripensando alla disgrazia di quella sera.
Sarebbe riuscita a tornare in biblioteca? Il pensiero la ossessionava. Se tutto quello che aveva letto il pomeriggio esisteva davvero sarebbe potuta andar via da quel luogo che odiava ogni secondo con maggior forza.
<<è possibile che solo tu, qui, mi voglia bene?>> il gatto, a cui aveva dato il nome di Leone, la carezzò con la testa. Era troppo grande rispetto alla razza a cui apparteneva, per questo, forse, i suoi padroni lo abbandonarono vicino al bidone dei rifiuti. Circa dieci giorni prima, Aurora, di ritorno dalla biblioteca, lo aveva trovato. Non ci pensò due volte, lo prese con se.
La zia, dapprima, non volle l’animale in casa. Poi la ragazza riuscì ad arrivare ad un compromesso: finchè il gatto non sarebbe uscito dalla sua stanza, lo avrebbe potuto tenere. La grassona accettò, pensando che “lo stupido animale” (come lo chiamava) sarebbe uscito dalla stanza di Aurora, era solo questione di giorni. Ma non fu così. Leone non cedette neanche al tonno offertogli dalla perfida per trarlo in inganno. Non uscì, quasi volesse dimostrare l’amore che provava per la ragazza, che lo aveva salvato da morte certa.
Quella notte, nel cielo, una miriade di stelle brillava e la luna piena sovrastava la piccola cittadina addormentata.
Solo Aurora non riusciva a prender sonno. Decise di sedersi fuori, sul tetto (la sua camera, infatti, era la soffitta) ad ascoltare i sussurri della notte, come diceva lei. Sentiva, dentro di se, che tutto, se ascoltato, poteva dirti qualcosa, perfino un gatto.
L’aria era ancora calda, doveva essere quasi mezzanotte.
Qualcosa nella testa gli balenò. In TV si parlava di gente vestita in modo stravagante, gufi ed eventi strani che, in quegli ultimi tempi, stavano accadendo. Poteva trattarsi della magia! Qualcosa nel mondo che aveva conosciuto il pomeriggio dalle sue letture, stava succedendo. Non aveva la più pallida idea di quale evento fosse ma sapeva di certo che avrebbe ascoltato nuovamente notizie su questo.
Il suo desiderio era fortissimo. Se sarebbe potuta entrare in quella scuola, si sarebbe impegnata al massimo, pensava.
Entrò dentro. Iniziò a scrivere sul suo diario tutto quello che era accaduto ma si addormentò prima di aver completato la terza pagina.

Era ormai mattino, ma del sole neanche l’ombra. La ragazza aveva dormito poggiata sulla scrivania. Aveva lasciato la finestra aperta. Così fu svegliata da una timida pioggia che le bagnò la mano, scivolata sul davanzale, forse per un sogno agitato.
Aurora aprì gli occhi, estasiata dal profumo della pioggia.
Sotto la sua mano c’era una lettera (fradicia!) scritta su pergamena e chiusa con un sigillo di cera rossa. La aprì velocemente, curiosa. Diceva:<<Ciao, so che resterai sorpresa. Non sai chi sono e non mi hai mai visto ( o forse sì? Dipende dal punto di vista!), ma io ti conosco. Non voglio metterti paura, non sono un maniaco! So che hai letto quel libro! Ti starai chiedendo se tutto ciò che hai letto esista sul serio. Beh, posso risponderti io: sì. Credi che ti stia prendendo in giro, lo so. Ma non è così. Se vuoi conferme scrivimi e lascia la tua lettera sul davanzale. Verrò da te quando meno te l’aspetti!
P.S. so che sei in punizione e non puoi tornare in biblioteca (cattiva bambina!). Chi sono io? Il tuo peggiore incubo. No… inviato da Hogwarts. Dicono che hai affrontato un orco solo con la forza del pensiero! Ho visto come sei e non ci credo, AaAaAa!>>
Era rimasta con un’espressione di interrogazione sul volto. Chi era il fantomatico ragazzo, il suo “peggiore incubo”? era una presa in giro questa? Quante domande le frullavano nella testa, la maggior parte delle quali senza risposta.
Erano le 7:oo e Leone dormiva ancora.
Aurora cacciò da un baule di legno vecchio i libri per le ricerche e iniziò a scrivere <<Nel Rinascimento…no, anzi il Rinascimento… uffa, non riesco a fare nulla senza pensare a quella lettera!>>
Un pensiero gli passò, furtivamente, per la testa: ma sì, avrebbe risposto alla lettera.
Iniziò:<< Al mio “peggiore incubo”. Devi esserti sbagliato perché io non ho sconfitto nessun orco, o meglio, penso di no! Ti sarei grata se mi lasciassi in pace. Grazie!!!>>
La signorina Livebig era andata via, a pettegolare con le sue patetiche amiche, così ne approfittò per uscire a prendere un po’ d’aria. Andò in bagno, dopo aver preso dall’armadio una canotta nera (abbastanza aderente) e un pantalone color terra di Siena (la zia non spendeva soldi per lei così doveva accontentarsi degli abiti smessi della nipote della perfida) lunghi, ma non perché seguisse la moda bensì per il fatto che non poteva fare altrimenti. Dato che erano troppo lunghi li metteva in degli stivali, neri.
Si vestì. Notò che il gatto era entrato con lei e la osservava. Si guardo allo specchio. Si mise la canotta ma non trovava i pantaloni, eppure era sicura di averli portati con se in bagno. Voltandosi istintivamente verso la finestra vide che la tenda color verde marcio si muoveva. Trovo il gatto sopra i pantaloni. Dallo specchio però, gli era parso di vedere una figura umana, forse un ragazzo. Ma no! La memoria gli aveva sicuramente giocato qualche brutto scherzo (o no?).
Uscì. Scese le scale e arrivò nel cortile. All’improvviso un flash! Il suo sesto seno le suggeriva di tornare subito in camera. Era molto agitata, non sapeva il motivo preciso, ma lo era.
Aveva uno strano presentimento. Corse. Entrò tempestivamente nella sua stanza. Pioveva di nuovo. Sul davanzale c’era una nuova lettera. <<come sei fredda! Mettiti in testa che ti osservo sempre. Ti do un indizio: guardando nel tè vedrai i miei occhi, del colore dell’ambra. Pensaci, la risposta è in quello specchio, il riflesso ormai si è perduto nella tua memoria!>>
No, era impossibile. Leonee!
Il gatto era scomparso. Sul lacero cuscino dove di solito l’animale riposava, c’era un biglietto <<non preoccuparti bambina, torno prestissimo!>>
Non stava capendo più niente. Fu catapultata nella realtà quando, la sera, la porta d’ingresso sbattè, inconfutabile segnale del ritorno della grassona. <<Se hai fame scendi immediatamente!>>
Tornò giù, malvolentieri. La tavola da pranzo era vuota. <<Cucinati qualcosa, io mangio dal direttore!>> ignobile creatura, leccapiedi del suo datore di lavoro, per giunta! La detestava con tutto il suo cuore. La signorina Livebig andò a cambiarsi d’abito. Tornò poco dopo. Aurora, che nel frattempo stava preparando della pasta al sugo, trattenne a stento una risata. Era ridicola. Indossava un vestito elegante nero, super aderente e tempestato di paièt verdi. Un sudicio boa copriva il suo triplo mento. Sembrava una grassa lucertola.
<<Esco. Guai a te se combini guai!>>. Bam!!! La vetrata della porta quasi crollò.
Finalmente sola!
Accese la TV. Niente notizie sugli strani eventi.
All’improvviso un tuono fece saltare la corrente elettrica. Buio. Nella credenza dovevano esserci dei fiammiferi. Infatti li trovò. SSSsss…! Ne accese uno. Andò in soffittà e si affacciò alla finestra. Come le piacevano le gocce di pioggia che scorrevano sul suo viso.
<<Sei strana, bambina! Di solito le ragazze odiano la pioggia, tu invece l’adori!>>
Aurora, scossa per un istante dalla paura, afferrò la mazza da baseball e si voltò rapidamente. Era buio. Intravedeva sul letto un ragazzo, seduto. Doveva essere Leone. Lui l’aveva chiamata “bambina” e questo la irritava molto. Cercò di sforzarsi nel tentativo di vederci di più. Il ragazzo indossava una maglia senza maniche (prima dovevano esserci state perché si intravedevano le cuciture). I pantaloni larghi, neri. Un lampo illuminò per un secondo la stanza e spiccarono alla luce gli occhi del ragazzo, che si alzò e lentamente si avvicinò a lei.
L’istinto di Aurora prevalse e tirò con forza la mazza. Ma lui sparì. Apparve dietro la ragazza e le sussurrò all’orecchio <<Avresti potuto farmi male, sai? Ogni ragazza a Hogwarts venderebbe l’anima al diavolo pur di stare sola con me in una stanza, e tu cerchi di colpirmi? Hai uno strano carattere. Come mai non crolli ai miei piedi come centinaia di civette ad Hogwarts? (Pensando=Le detesto tutte!)>>
Aurora tentò di afferrare la sedia e lanciargliela addosso, ma fallì. Infatti questo scomparve nuovamente e rapidamente la afferrò, quasi abbracciandola, un braccio attorno ai fianchi, l’altro alle spalle. Stava crescendo la rabbia in Aurora <<Perché mi tormenti? Dimmi subito perché sei qui altrimenti io…>>. Il giovane mago (ormai si era capito che avesse poteri) poggiò la testa sulla spalla di lei e cominciò<<Altrimenti tu cosa? Nessuno mi aveva mai trattato in questo modo! Sto per arrabbiarmi, attenta a quello che fai!>> <<Non ho paura di te! Dimmi per quale motivo sei qui!>>
Il ragazzo sobbalzò. Aveva appena sentito quelle parole quando Aurora si voltò, e lo fissò nei familiari occhi. Disse <<Quante volte sono sprofondata nei tuoi occhi in cerca di conforto. Ora tu hai rovinato del tutto la mia vita!>>. La ragazza stava per scoppiare in lacrime ma si trattenne e il dispiacere si tramutò in rabbia.
Le parve di aver scorto per un istante un’espressione triste negli occhi di lui che non smetteva di fissarla. <<Sono qui perché sei stata convocata da Silente, il preside della scuola e io devo portarti lì. Ci vorranno pochi giorni se partiamo ora… Scusami per prima…non intendevo farti soffrire…>>
Nella stanza cadde un pesantissimo silenzio.
<<Tornerò fra qualche minuto. Se deciderai di venire partiremo insieme, d'altronde… vuoi andartene da qui, vero?>> e scomparve.
Cosa doveva fare? Si cambiò velocemente. Si era spogliata quando il mago comparve. Imbarazzato si girò immediatamente. Lei indossò una maglia nera di un tessuto leggero e un nuovo pantalone simile all’altro ma color senape. Lo infilò negli stivali e uscì dalla finestra. Il ragazzo capì che aveva riaperto una ferita in lei che non accennava a rimarginarsi. Corse anch’esso dalla finestra. La vide mettersi un cappello nero in testa (tipo quelli da pescatore). I capelli mossi come l’oceano in tempesta erano bagnati e le coprivano quasi il volto. Si avvicinò a lei <<Perché non parli?>> Era come se avesse abbandonato la realtà e stesse cercando un’uscita dal dolore, invano. <<Comunque il mio vero nome è David>> No, aveva sbagliato. In qualche modo aveva riportato alla mente della ragazza il ricordo del suo compagno ormai perduto. Sul volto di Aurora scorreva la pioggia.
<<Fra poco arriveremo presso una grotta, lì potremo riposarci>> Stavano percorrendo il bosco che portava alle montagne. Un rovo graffiò la guancia di Aurora. David avanzò e con delicatezza prese tra le sue mani il volto di lei. Rimasero immobili e solo allora lui vide che lei stava piangendo, e non era solo la pioggia a bagnarle il viso. Sapeva quanto stava soffrendo perché anche dietro i suoi occhi ambrati si celavano il dolore e l’angoscia. Fu un attimo. Il ragazzo guardandola fece per stringerla in un forte abbraccio ma Aurora lo bloccò, dicendo <<Non voglio suscitare compassione in te, non voglio il tuo abbraccio perché provi pietà>> David con un fazzoletto le pulì il sangue sulla guancia e proseguì veloce senza voltarsi.
Arrivarono finalmente nella grotta.
<<Hai fame? Sul tavolo c’è qualcosa. Presumo sia ancora commestibile. Un solo problema: c’è soltanto un letto. Credo sia scontato che io debba dormire per terra!>>
Dopo quello che era successo tra lui e Aurora si era chiuso in se stesso.
Fecero per addormentarsi. La ragazza, però, lo osservava. Era molto buio e a stento si intravedeva il suo profilo. Riapparve nel cielo la luna illuminando di una debolissima luce la stanza. Solo allora si accorse che anche lui la osservava e rimase quasi pietrificata. David si sedette <<Ti manca Leone?>><<Sì. So che mi stai prendendo per sciocca. In fondo era solo un animale, penserai, che ho preso in casa per sentirmi meno sola. Non è così. Quando mi guardava con i suoi occhi dai riflessi dorati…>> Si bloccò. Stava descrivendo il ragazzo, il suo sguardo. <<Perché ti fermi?… Se devo essere sincero mi mancano le tue carezze sulla schiena, i tuoi baci…>> Strano, ma anche lui non riuscì più ad aprir bocca. Avevano detto troppo. Entrambi fecero finta di addormentarsi. La notte, intanto, si dileguava lasciando spazio al giorno.



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Vi è piaciuto? (NdTutti= NOO!!!!) grazie grazie siete fantastici! =__=
Ragà commentate!
Ah! Devo ringraziare Mikury89 che mi ha fatto pubblicare (con le maniere forti) questo racconto! Vi consiglio di leggere il suo racconto! IL LEGAME D’ORO!!!!! (NdMikury= Grazie x la pubblicità Lee-chan!)
Buone vacanze dalla vostra….Lee_chan!!!!!

 
Continua nel capitolo:


 
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