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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Saiyuki
Titolo Fanfic: GONO
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: daeva galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 30/07/2004 13:19:01

gono non è per niente contento dell`arrivo di harumi.lei gli sta distruggendo tutte le sue certezze.in primis quella di non aver interesse negli altri
 
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CAPITOLO TRE
- Capitolo 1° -



Harumi si era resa conto, suo malgrado, di avere attirato fin troppo l’attenzione dei suoi nuovi compagni: a partire dalla sua entrata in classe, passando per la strana reazione che tutti, madre superiora compresa, avevano avuto quando aveva portato a correggere il compito… era una bambina più che sveglia, e si aspettava, una volta finita la lezione, di essere avvicinata da qualcuno. Quello che non aveva immaginato era di ritrovarsi letteralmente assediata da tutta la classe in contemporanea!
C’era stato solo un attimo di pace: la campanella aveva suonato, e la madre superiora era uscita dalla classe. Appena la porta si era richiusa alle sue spalle, una folla indisciplinata si era gettata su di lei, attorniandola da ogni lato e tempestandola di domande e di richiami.
Harumi era tanto sorpresa che non sapeva nemmeno chi guardare o a chi rispondere.
“Insomma, fate silenzio! Stiamo facendo più baccano di galline in un pollaio!” sbottò a un certo punto una bambina, salendo su un banco per sovrastare gli altri.
“Piantala Mami! Ti vuoi solo mettere in mostra!” la rimbeccò Yu, tirandola per la gonna in modo da farla scendere. Lei rispose minacciando di calciarlo via, e continuò imperterrita la sua arringa: “Se continuiamo a parlare tutti assieme, nessuno ci capirà niente!” sentenziò, col fare da grande retore. Harumi sorrise divertita: quella ragazzina da capelli rossi aveva davvero un grande piglio!
Notando soddisfatta di aver ristabilito l’ordine, quella si rivolse ad Harumi: “A nome di tutti quanti ti do il benvenuto tra di noi! Io sono Mami!”
“Allora ringrazio tutti per il benvenuto! E sono molto felice di conoscerti, Mami!” rispose cortesemente l’altra, continuando a sorridere.
“Io sono Rui!” esclamò un’altra bambina, saltellando per farsi vedere. Harumi sorrise ancora di più, divertita: anche la piccoletta sembrava avere energie da vendere!
“E io sono Yu! Per qualunque cosa, chiedi pure a me!” si offrì galantemente il bambino, facendosi avanti.
“Oh! Ti ringrazio!” rispose un po’ imbarazzata Harumi.
“Smettila di fare il galletto!” lo rimbeccò Mami.
“Senti chi parla! Perché solo tu puoi fare la primadonna, eh?” ribatté lui.
“Oh, no! Non vorrete ricominciare di nuovo?” protestò Rui, incrociando le braccia e sbuffando.
“Ehm… non devi farci caso… loro… loro fanno sempre così…” balbettò timidamente Hiroyuki, trovando il coraggio di dire qualcosa. Harumi lo fissò con i suoi occhi neri e il bambino abbassò lo sguardo.
“Come ti chiami?” gli chiese lei allora. Si era resa conto che il suo compagno di banco era un tipo piuttosto timido, e che aveva bisogno di aiuto per potersi aprire agli altri. E lei, affamata com’era di affetto, non glielo avrebbe certo negato.
Il bambino la guardò per un istante, quasi incredulo che Harumi avesse posto proprio a lui quella domanda: “Hi- Hiroyuki…” rispose alla fine, con voce tremante.
Lei gli sorrise gentile: “Sono contenta di essere la tua compagna di banco!”
“D-davvero?” fece lui.
“Ehy, Hiro, da quando sei diventato balbuziente, eh?” lo prese in giro bonariamente Yu, notando l’emozione del ragazzino. Hiroyuki sorrise, ancora rosso in volto, e si grattò imbarazzato la testa.
Harumi si sentiva impazzire di gioia: mentre, uno dopo l’altro, ognuno dei suoi nuovi compagni si presentava, sentiva che la sua speranza di vivere una vita nuova serenamente poteva avverarsi.
La disgrazia che le era capitata l’aveva ferita sotto vari aspetti: l’aver perso le sue belle cose, l’essere diventata povera, l’aver dovuto lasciare la sua casa e le sue comodità. Era stata dura dover rinunciare così all’improvviso a ciò che l’aveva sempre attorniata, era stato penoso vedere le sue cose portate via per essere vendute a chissà chi… Aveva pianto molto pensando che qualche altra bambina avrebbe giocato con le bambole che erano state sue, che qualcun altro avrebbe sfogliato i suoi libri e si sarebbe seduto sulla poltrona sulla quale da piccola si addormentava sempre davanti al camino. Ma ciò che le aveva fatto male più di tutto era l’aver perso ogni appoggio sentimentale. L’essere rimasta assolutamente sola. Più sola di quanto mai, nella sua vita, si sarebbe immaginata. Quando suo padre era vivo, molta gente le era stata attorno: le mamme erano felici che lei giocasse con i loro figli, molte persone l’andavano a trovare e la riempivano di complimenti e di attenzioni. Ma da quando suo padre era diventato povero, nessuna di quelle persone era tornata da lei. Nessuna. E solo allora aveva capito, forse troppo presto per la sua età, una lezione importante della vita: che l’amore vero non chiede niente e non vuole niente, tranne che l’amore stesso. Lei ora non aveva da offrire agli altri nient’altro che affetto: e, con sua enorme gioia, sembrava che a quei bambini la sua offerta bastasse.
“Senti, Harumi, tu sei più intelligente di Gono?” le chiese a un certo punto Rui, guardandola attentamente con i suoi occhietti blu.
“Gono?” chiese spiazzata lei, guardandosi attorno: non si ricordava di aver sentito nessuno presentarsi con quel nome.
“Ah, è inutile che lo cerchi! Quello se ne sarà andato via subito, appena ha suonato la campanella…” le spiegò Yu, intuendo i suoi pensieri. “Piuttosto, tu! Che domande fai?!” continuò, guardando di storto Rui.
“Ma che cosa vuoi? Non hai visto oggi quanto è stata brava?” si difese la piccola, spalleggiata da Mami: “Già! E non sei stato tu a sbottare una cosa simile qualche tempo fa, eh?”
A quelle parole, Harumi intuì a chi si stessero riferendo: “Gono è forse quello che ha consegnato il compito assieme a me?”
“DOPO di te, Harumi!” la festeggiò Yu, “Ti assicuro che da quando lo conosco – e sono parecchi anni ormai – nessuno era riuscito a dargli un simile smacco! Ah ah ah! L’hai proprio stracciato!”
“Avresti dovuto vedere la faccia che ha fatto quando ti ha visto finire prima di lui!” continuò concitata Mami, “Questa volta non ha potuto darsi tante arie, vero?”
“Già! Harumi, tu hai vendicato tutti noi! Sei stata grande!” disse ancora Yu, con tono eccitatissimo.
Harumi gli sorrise gentilmente: “Grazie… ma non capisco…”. Si interruppe per un attimo, e in quell’attimo nei suoi occhi scuri passò un lampo di tristezza: “Perché ce l’avete tanto con lui? Che cosa ha fatto?”
“Ah, è insopportabile!” sbottò Mami, “Semplicemente insopportabile!”
“Gono non parla mai con nessuno di noi… sembra che ci odi, anche se non gli abbiamo fatto niente!” continuò la piccola Rui, sbattendo i suoi innocenti occhioni.
“E, oltre a tutto questo, si crede chissà chi solo perché è bravo negli studi…” completò Yu, “A volte ci tratta come se fossimo tutti un branco di cretini… quel suo atteggiamento di sufficienza mi dà i nervi!”
“Forse è timido…” ipotizzò Harumi, ma Mami la contraddisse immediatamente: “No, è proprio odioso! Vuoi la riprova? Guardati intorno! Lo vedi da qualche parte?”
Harumi, istintivamente, lo cercò con lo sguardo, ma Mami aveva ragione: non c’era da nessuna parte. Se n’era andato via veramente.
“Che cosa gli costava fermarsi qualche minuto per presentarsi? Infondo sei nuova!” continuò Yu infiammandosi, “Il fatto è che lui si sente troppo superiore per mischiarsi a noi poveracci… anche se oggi l’hai costretto ad abbassare la cresta, he he he…”
Tutti concordarono con le parole del bambino, e Hiroyuki, timidamente, aggiunse: “Gono… fa paura, a volte…”
“Fa paura?” chiese perplessa Harumi.
Hiroyuki, senza trovare il coraggio di guardarla negli occhi, annuì leggermente: “Una volta l’ho visto cadere dalle scale. Stavamo scendendo tutti e due. Un gradino era vecchio e ha ceduto un po’, così lui ha perso l’equilibrio… mentre cadeva, l’ho visto sbattere il braccio, e quando si è fermato non riusciva più a raddrizzarlo. Allora sono corso a vedere come stava, ma lui mi ha cacciato via. Poi si è alzato come se niente fosse ed è andato a cercare la madre superiora. Quando l’ho rivisto, quella sera, aveva tutto il braccio fasciato…”
“Sì, me lo ricordo!” s’intromise Rui, “Hanno anche chiamato il dottore quella volta! La madre superiora era preoccupatissima!”
Hiroyuki annuì e poi riprese: “Dev’essersi fatto veramente molto male… ma non l’ho visto versare nemmeno una lacrima. Nemmeno una…”; fece una pausa e poi riprese: “Non ha pianto, né ha mostrato di stare soffrendo… non sembrava nemmeno vivo…”
“Gono non cambia mai espressione: è sempre imbronciato, qualunque cosa accada accanto a lui. Voi l’avete mai visto ridere?” chiese Mami, e la folla rispose con un “no” generale.
Harumi abbassò lo sguardo pensierosa; Rui se ne accorse, e allora le disse: “Vuoi venire a giocare insieme a me?”
“Certo!” le rispose subito l’altra, sorridendole e lasciandosi prendere la mano da quella della bambina, che cominciò a trascinarla fuori dalla classe.
“Ehy! Voglio giocare anch’io!” protestò Mami, inseguendo le due.
“E perché, noi chi siamo? Forza, tutti fuori!” esortò Yu, facendo lo stesso imitato da tutti gli altri bambini. In pochi secondi, la classe rimase vuota.

Aprendo la porta della biblioteca, la madre superiora sapeva benissimo chi vi avrebbe trovato dentro. Gono se ne stava al suo solito posto, intento nella lettura dell’ennesimo libro di turno. La suora sospirò leggermente, guardando fuori dalla finestra: tutti gli altri orfanelli si stavano divertendo un mondo… e Harumi sembrava aver già conquistato la simpatia di tutti, come previsto. Tutti tranne uno…
“Gono, non ti sembra un po’ troppo difficile quel libro?” gli chiese, cercando un pretesto per parlargli.
Il bambino non mosse gli occhi dalla pagina: “Considerando che sono già arrivato a più di tre quarti, dovrebbe aver capito da sola che non è affatto troppo difficile per me… altrimenti non sarei arrivato a questo punto nella lettura.” disse con fredda tranquillità.
“Oggi è una bella giornata… perché non esci un po’ anche tu? Il libro lo puoi leggere quando ti pare, anche questa sera se preferisci…” tentò di convincerlo la donna.
“Tra lo stare fuori a fare niente e lo stare dentro a istruirmi, in quanto mia educatrice non dovrebbe consigliarmi la seconda possibilità?”
“La vita di un bambino non è solo studio, Gono! Tu stai esagerando! Il tuo corpo ha bisogno di movimento, di aria, di sole! Che differenza può fare se ritardi un po’ la tua lettura? Sei già il più intelligente della classe, nessuno ti…”
“Questo non è vero.” si limitò a contestarla il bambino. Aveva usato il suo solito tono gelido e calmo, ma la suora – che lo conosceva bene – aveva notato una strana inflessione nelle sue parole. L’episodio della mattina doveva averlo colpito molto più di quanto non avesse creduto.
“Harumi ha potuto godere di un’ottima istruzione, non c’è nulla di che stupirsi per quanto è successo.” spiegò la suora con sussiego, “E poi questo potrebbe farti piacere, no? Con lei potresti parlare di molte argomenti, anche di quelli che normalmente non potresti trattare con gli altri bambini: non ti sembra che sia una buona idea?”
“No.” rispose laconicamente Gono.
“Non sarai invidioso di lei?”
“No. È solo che mi dà fastidio.”
“È strano… mi è sembrata una bambina molto gentile… che cosa in lei ti dà fastidio?”
“Tutto. A partire da come ti guarda. È insopportabile il modo in cui ti guarda senza dire una parola. E poi il modo in cui parla e si muove: si atteggia come se fosse la principessa di un castello. Invece è solo una povera orfana come tutti noi. Evidentemente è troppo sciocca per rendersene conto.”
“Io non ci vedo niente di male in questo… solo perché è diventata orfana dovrebbe comportarsi male? Dovrebbe essere sgarbata e maleducata?”
Gono rimase un attimo in silenzio, come a riflettere; “E poi… i suoi sorrisi… sono… sono inutili.” concluse alla fine, esprimendo con la voce tutto il suo fastidio.
La madre superiora lo guardò con un sorrisetto ironico: per uno come Gono, i sorrisi di tutti erano inutili… non era forse per questo che lui non sorrideva mai? Ma c’era una cosa che l’aveva colpita nelle parole del bambino; qualcosa che le aveva riacceso nel cuore la speranza di poterlo, forse, vedere cambiare… Si rialzò dalla sedia su cui aveva preso posto e si diresse verso la porta: “Certo, Gono, che devi averla osservata proprio bene per aver colto tutti questi difetti in lei…” disse, prima di uscire, “Questo è strano, non l’avevi mai fatto con nessun altro prima…”
Gono strinse forte il libro che teneva in mano: “Come avrei potuto non notarla, con tutta la confusione che ha creato?” si giustificò.
“Io credo che dovresti darle una possibilità… sai, finora nessuno è riuscito a capirti, ma forse… forse Harumi potrà farcela. Forse lei potrebbe capire quello che cerchi negli altri e che non riesci a trovare…”
Gono si sistemò meglio gli occhiali: “Non credo. Io negli altri non cerco niente. E una come lei non potrebbe mai capirmi.”
Detto questo, il bambino si rituffò nella lettura, ostentando una concentrazione tale da scoraggiare qualsiasi altro tentativo di conversazione da parte della donna. La madre superiora richiuse la porta senza fare rumore. Forse Gono non aveva tutti i torti: lui e Harumi erano diversi quanto il giorno e la notte. Lei era tanto dolce e solare quanto lui era cupo e gelido: e se Harumi ricordava tanto il calore primaverile, Gono dava invece la sensazione di un inverno perenne. Eppure qualcosa nel suo cuore le diceva che c’era qualcosa che legava quei due in modo misterioso. E questo strano legame avrebbe potuto giovare ad entrambi.

Rimasto solo dentro la biblioteca, Gono si risolse a chiudere il libro che teneva: per quanto ci avesse provato, non riusciva a leggere con la solita attenzione. Rimase serioso a osservare il nulla nella penombra della biblioteca: per quanto gli desse fastidio ammetterlo, la madre superiora aveva ragione. Prima di allora non aveva mai fatto tanta attenzione ad un altro. E la cosa che più lo innervosiva era che, per qualche strano motivo, non riusciva a farne a meno. Perfino in quel momento, in cui era da solo, riusciva a trattenersi a stento dalla tentazione di affacciarsi alla finestra e osservarla.
“Harumi! Vieni! Vieni con noi!” sentì gridare qualcuno dal cortile.
Gono abbassò lo sguardo, e riaprì il libro cercando di recuperare il segno. Anche se sentiva questo strano interesse verso di lei, questo non implicava che la madre superiora avesse ragione; non implicava che Harumi sarebbe veramente stata in grado di capirlo. Anche lui aveva avvertito la sensazione di luce e calore che lei riusciva a comunicare… ma proprio per questo, come avrebbe potuto comprenderlo?
“Se trova così tanti motivi per sorridere a tutto e a tutti, allora vuol dire che non è intelligente come sembra.” concluse Gono, rituffandosi nella lettura.

 
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