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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: YuYu Hakusho (Yu degli Spettri)
Titolo Fanfic: L`OMBRA E LA SPERANZA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: misha-silvy galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 29/06/2004 17:23:26 (ultimo inserimento: 18/12/04)

in un`epoca in cui umani e demoni vivono sulla stessa terra, due ragazze si ritrovano con un grave peso sulle spalle: la salvezza del loro mondo...
 
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LE PAROLE CHE IL MIO CUORE SA ASCOLTARE
- Capitolo 1° -

The Misha & Silvy Company presents...

L’OMBRA E LA SPERANZA

Capitolo 1 - Le parole che il mio cuore sa ascoltare

“Ormai sono tre giorni che Tashino non si fa vedere, non è vero?”
Ultima ora di lezione. Pensieri di una mente distratta che ha ben altro che pensare allo studio. Silvia si preoccupava solo di nascondere il giornalino che stava leggendo dietro al testo di grammatica.
“Già, chissà se ha l’influenza?” rispose la sua compagna di banco.
Silvia scosse la testolina ricciuta e alzò le spalle, come a dire “E io che ne so?” ed in effetti sapevano poco di Tashino. Come chiunque altro, del resto. Misha Tashino era un vero e proprio mistero: compariva per quelle poche ore di lezione e poi scompariva. No, non era asociale, o antipatica, o qualunque altra cosa stiate pensando: era un ragazzina delle medie abbastanza bassa, con una zazzera castana, che dimostrava molto di meno della sua reale età, ma simpatica quel tanto che bastava a non farle avere problemi con nessuno. Un po’infantile, forse.
Ma una cosa era certa. Non faceva mai assenze, nel modo più assoluto. Per questo era inusuale vederla mancare per tre giorni di fila.
“Mah, in fondo, a me cosa importa?” Silvia si impose di smettere di pensare a quella strana bambina troppo cresciuta e tornò a concentrarsi sul fumetto.
“Kaito, dato che conosce la lezione così bene da permettersi di non seguirla, vorrei che mi ripetesse quello che ho appena detto.”
Silvia sospirò.
“Ecco, professore…”


“Due ore! Due ore di punizione mi ha dato, quel bastardo!” così pensò rabbiosamente mentre si incamminava verso casa. “Beh, a questo punto, tanto vale che mi faccia un giro. Non gli permetterò di rovinarmi la giornata.”
Così cominciò a camminare senza meta, gironzolando laddove la spingeva l’intuito, o la curiosità, o come la volete chiamare. Fu così che ad un certo punto si accorse di essersi allontanata troppo dalla via che percorreva per tornare a casa.
“Chissà, magari se vado avanti ancora un po’ finirò per tornare sulla strada che stavo facendo.” Cercò di farsi coraggio. In fondo il cielo era ancora chiaro, e poi le era già successo tante volte di smarrire l’orientamento per poi ritrovarlo all’improvviso. Non c’era di che preoccuparsi.
Girovagò ancora per qualche minuto, poi si rese conto che quel posto le era quasi familiare. Non so, come se fosse già stata lì. O come se sapesse che era lì che doveva andare. Quella strana sensazione di familiarità la confortò un poco.
D’istinto si fermò davanti ad una villetta color rosa salmone, con un grazioso giardinetto che la circondava come la cornice di un quadro. E fu come se sapesse di doversi fermare in quel punto.
“Che mi sta succedendo oggi? Non… non è normale.” Pensò mentre avvicinava il dito indice alla scritta dorata che recava il campanello. Tashino, scritto in caratteri eleganti.
“Al diavolo.”
DRIIIIIN!!!

Era un’abitazione molto carina e confortevole, in cui venne introdotta con tutta la gentilezza possibile. La signora Tashino era una normale signora di mezz’età, con i capelli corti e ricci, un po’ come i suoi, solo che i suoi erano castani, non nero corvino. Disse di essere venuta per sapere come stava la sua compagna.
Ma quando provò ad accennare all’argomento, il sorriso ospitale si spense e la signora si mise a singhiozzare.
“Cos’abbiamo fatto per meritarcelo! Tre giorni, capisci, tre giorni!! Ed è iniziato tutto da quando ha trovato quella stupida bestia! Io gliel’ho detto, lascia stare, ma lei non ha dato ascolto alla sua vecchia mamma! Testarda, ecco cos’è! E da quel giorno non parla, non si muove, non tocca cibo! Che devo fare, che devo fare?” Silvia ascoltò i lamenti della signora Tashino, che, poverina, piangeva come una fontana e si tamponava gli occhi con un buffo fazzoletto di pizzo. La lasciò sfogare per un po’, poi le chiese di essere più chiara. Fu così che venne a sapere dell’accaduto.
Era avvenuto quattro pomeriggi prima. Misha aveva trovato una cucciolata di gattini per caso, in un cassonetto. Tre erano stati adottati subito. Ma per il quarto, a detta di tutti, non c’era più niente da fare. Troppo giovane. Debole. Non voleva mangiare. Misha l’aveva imboccato a forza, ma non c’erano stati miglioramenti. E così si era chiusa in camera e se lo era messo in braccio. E lì sarebbe rimasta finchè il micino non fosse morto. Molto testarda, senza dubbio.
“Prova a convincerla a mangiare qualcosa, ti prego!” la supplicò la madre “Forse a te darà retta. A noi non parla.”
Così si ritrovò a bussare alla porta della sua camera.
“E’ permesso?”
Nessuna risposta.
“Sto entrando.”
Aprendo la porta, uno strano spettacolo si offrì ai suoi occhi: quello di una Misha più piccola e magra di come se la ricordava, dagli occhi spenti, seduta sul letto. Ma la cosa che faceva più paura era la sua immobilità. Silvia per un momento pensò che fosse morta. Poi, osservando bene, si accorse che, lentamente, il petto si alzava e si abbassava. Meno male.
Poi vide il micino nero che teneva sulle ginocchia. Anche lui sembrava una statua. Nell’insieme, i due costituivano un quadro piuttosto inquietante.
“Ehi, come va?” una domanda idiota, ma meglio di niente. Si sedette accanto a lei, che non alzò nemmeno lo sguardo dal suo amato gattino. Come si aspettava, nessuna risposta.
“Sono Silvia Kaito, ti ricordi di me? Sono una tua compagna di classe. Terzo banco a destra.” Che discorso scemo, si disse; ma che fosse interessante o meno, tanto l’altra non sembrava nemmeno accorgersi della sua presenza.
“E’ dimagrita. Non avrà davvero toccato né cibo né acqua in tutto questo tempo?” rifletté osservando quelle statuine apparentemente senza vita. “Beh, però potrebbe anche muoversi un po’, cacchio! Fa paura vederla così immobile.”
Come se le avesse letto nel pensiero, il gattino si svegliò dal suo letargo. All’inizio mosse impercettibilmente la coda. Dopo aprì gli occhi di scatto e con un balzo si mise a quattro zampe, più arzillo che mai. Fece un lungo sbadiglio da felino e poi balzò a terra, correndo alla ricerca di cibo.
Poi anche Misha si destò. Prima sbatté un po’ gli occhi, come per rendersi conto di dov’era, poi sbadigliò anche lei e si stiracchiò pigramente le braccia, come dopo un lungo sonno.
“Oh! Ciao! Non ti avevo sentito entrare.” Sorrise in direzione di Silvia, che nel frattempo era a bocca aperta dallo stupore. Ma lei non ci fece caso ed allegramente continuò:
“Cavolo! Non so perché, ma ho una fame da lupi. Che cosa c’è per cena?”


“Non riesco ancora a credere che ho passato tre giorni praticamente in coma!” rise Misha mentre accompagnava la sua amica a casa. Ormai era il tramonto.
“C’è poco da ridere! Facevi paura! Sembravate morti, tutti e due!” replicò arrabbiata Silvia, che non ci trovava proprio niente di divertente. “Piuttosto, ora spiegami come hai fatto!”
“A fare cosa?” domandò distrattamente l’altra.
“A resuscitare, se mi concedi il termine, quell’animaletto! Era spacciato! E adesso è dentro casa tua, vivo e vegeto!”
“Mi aveva fatto arrabbiare.” Rispose semplicemente la ragazzina.
“Eeeeh?”
“Mi aveva fatto arrabbiare perché si era arreso. Non voleva più mangiare. E non voler mangiare vuol dire rassegnarsi a morire. Mi faceva diventare furiosa ” spiegò “ il fatto che non volesse lottare per vivere. Così ho fatto un patto con lui.”
“Finché non avesse mangiato, non avrei mangiato né dormito neanch’io. Non credeva che facessi sul serio. Ma gliel’ho fatta vedere!!! Ho vinto. Si è rassegnato ed ha deciso di vivere. Ma soprattutto…”
“… Ma soprattutto ho sperato. Ho sperato per tutto il tempo.”
Dopo di che, si rifiutò di aggiungere una sola parola riguardo quella specie di miracolo.


“Le ho trovate.”
Kuri, la dama della terra e del vento, sorrise.
“Finalmente.”
“I tuoi sogni ti hanno mostrato qualcosa di nuovo, sorella?” Noko, la dama del fuoco, entrò nella sala.
“Può darsi.” Rispose solamente l’altra.
Noko non insistette. Tutta via, mentre usciva in silenzio, Kuri disse, come riflettendo ad alta voce:
“La nostra esistenza è in pericolo. Il nostro stesso tempo si accorcia. Tuttavia mi chiedo… mi chiedo se il sacrificio sia veramente necessario.”
“Il nostro tempo è l’eternità. E per non interrompere la catena degli eventi il sacrificio è indispensabile.”
Kuri, sospirando, si passò una mano sugli occhi, che da tempo non potevano più aprirsi.
“Ma avremo veramente il diritto di fare tutto questo?”
A questo Noko non rispose.


“Ehilà, Tashino!” gridò Silvia in direzione della compagna, la mattina dopo, davanti a scuola. Era sollevata nel vedere che stava bene. L’altra le rispose con un cenno della mano e poi corse verso di lei.
“Ciao! Come stai?”
“Come stai TU, piuttosto!”
“Oh, benissimo! Ieri ho mangiato come un maiale ed ora sono tornata come nuova!” rispose, gonfiando i bicipiti come per dimostrare che era in ottima forma.
Silvia scoppiò a ridere e disse: “Grande! Allora non ti dispiacerà accompagnarmi a fare una passeggiata!”
“Passeggiata? Ma come facciamo? Oggi abbiamo scuola!” rispose dubbiosa Misha.
“Oh, per un giorno non sentiranno certo la nostra mancanza!”
“Ehi, aspetta! Dove mi stai trascinando? Mollami!!!”
Silvia rise e continuò a correre.

“Allora? Come ti sembra?” chiese soddisfatta.
“E’… è bellissimo.” Allibì Misha. “Non credevo che ci fossero ancora posti simili in questa città.”
Silvia le aveva fatto attraversare mezza città correndo, ma ne era valsa la pena. Si trovavano in una specie di radura sulla riva di un fiume. In quella bella giornata di sole, l’acqua sembrava ancora più limpida e cristallina e l’erba era piena di rugiada.
“Già. E’ bellissimo. Ed è il mio piccolo angolo di paradiso.” Rispose Silvia, sedendosi a terra per godere del fresco primaverile. Una dolce brezza passava tra le fronde degli alberi, facendoli ondeggiare piano e producendo un leggero fruscio.
Misha si distese vicino a lei, senza dire una parola. Dopo qualche minuto, la prima a dire qualcosa fu Silvia.
“Non è buffo? Sembra che il vento parli.” Ora mi darà della pazza, si disse, ed invece l’altra annuì e rispose: “Capisco cosa intendi. Anch’io ho questa impressione.”
“Davvero? Credevo di essere l’unica a credere a queste stupidaggini.”
“Non sono stupidaggini. Non lo sono assolutamente.” Ribatté con sicurezza Misha.
Silvia sorrise. “Grazie.”
“Quasi tutte le persone che conosco” continuò l’altra “Quasi tutte le persone che conosco non sanno ascoltare. Non hanno tempo, dicono. Secondo loro sono sciocchezze. E così non ascoltano quello che sa dire un gesto, una parola, o una musica. Ma in questo modo non riescono mai ad essere felici. Non è triste?”
“Sì, lo è.”
Poi entrambe chiusero gli occhi e si misero a riposare sull’erba fresca.

Fu svegliata da un grido.
Aprì gli occhi di scatto, e quello che vide la terrorizzò: Tashino era in mezzo al fiume, nel punto più profondo, e stava lottando contro una specie di essere squamoso, orribile, che evidentemente voleva affogarla.
“Resisti!” urlò alzandosi in piedi. Anche se non riusciva a credere a quello che vedeva, una cosa era chiara: Tashino era in pericolo!
“Cosa diavolo sta succedendo?” si chiese mentre si tuffava, vestita, in acqua. Inorridì quando si accorse che la corrente non la lasciava avanzare ed anzi, la respingeva violentemente a riva! “Devo fare qualcosa” si disse “Devo fare qualcosa!!” pensò in preda al panico, mentre vedeva la sua amica che lentamente soccombeva alla forza di quella… quella specie di mostro…
Senza rendersene conto, cominciò a piangere, in preda allo sconforto più nero ed alla paura.
“Stupida! Invece di piagnucolare, dammi una mano!” le disse una voce. Tra le lacrime, vide una specie di ombra su un ramo, che fulminea scese a terra, rivelandosi un ragazzo vestito di nero, con i capelli neri, un ciuffo bianco a forma di stella, ed un paio di strani… magnetici occhi rossi.
L’apparizione non attese la risposta e iniziò a combattere con il mostro, usando una spada, che sapeva maneggiare molto abilmente.
“Tu intanto salva quell’altra!” le gridò mentre faceva guizzare la sua arma da tute le parti. Ma Silvia non aveva la più pallida idea di come fare.
“Aiutami!” le urlò disperatamente Misha, che cominciava a sentire troppo forte la corrente per riuscire ancora a lungo a tenersi a galla.
“Non avere paura! Ora ti tiro fuori da lì!” gridò per rassicurarla. Riprovò a nuotare, ma l’esito fu lo stesso di prima. Con orrore si accorse che Misha era scomparsa sotto la superficie dell’acqua.
“No… no!!!” pensò disperata. “Se continua così… affogherà…”
“Non voglio… non voglio!!!” urlò mentalmente. Chiuse gli occhi, un lampo, e poi accadde tutto in attimo.

La corrente mi trascinava sempre più a fondo… riuscivo a malapena a tenere gli occhi aperti. Ormai non avevo più aria e tutto si faceva più sfocato… ma non dovevo perdere i sensi… guardai sopra di me, dove la superficie splendente mi incoraggiava a salvarmi… nuota, mi dissi… cominciai a muovere le gambe… mulinavo le braccia, davo colpi di reni… raggiungere le bolle… superarle… e poi uscire all’aria libera… ma non ce la feci… era come se qualcosa mi trascinasse con tutta la sua forza verso il basso… “Morirai… e ricadrai là in fondo… là in fondo, dove è tutto così nero… così nero e freddo.” Mi lasciai trasportare dolcemente… all'improvviso vidi una mano… tesa verso di me… la afferrai… e poi mi sentii trascinare da una forza invisibile verso l’alto… la luce era sempre più vicina… nuotai… e poi sfondai l’involucro di luce ed uscii, sfinita e con i polmoni in fiamme, uscii all’aria aperta… mi accasciai sull’erba, come una farfalla bagnata… troppo stanca e inzuppata per muovere la più piccola ala… una piccola farfalla scampata alla cattura…

“Misha!!! Parlami, ti prego!! Come stai?” la supplicò Silvia con le lacrime agli occhi. Era corsa verso di lei non appena l’aveva vista uscire dall’acqua, con uno sforzo disperato… era stato tutto così veloce… ed assurdo… aveva visto la sua stessa ombra riflettersi nell’acqua… ed aveva desiderato con tutta se stessa che la sua amica si salvasse… e poi… no, era impossibile… ma non poteva scacciare dalla mente l’impressione che una se stessa d’acqua avesse salvato Misha…
Pianse ancora un po’, per il sollievo e la tensione. “Come stai? Dì qualcosa!!!”
“E’ solo svenuta, non ti preoccupare.” Disse una voce gentile e calma alla sue spalle. Si girò e vide un altro ragazzo, alto, con i capelli rossi e gli occhi verdi, che si diresse tranquillamente verso la sua compagna per controllare le sue condizioni.
“Non so chi siete… ma… potete aiutarla?” supplicò con le lacrime agli occhi.
L’altro le sorrise gentilmente e la rassicurò: “Ha solo bevuto un bel po’, ed è molto stanca… sarà meglio portarla via da qui… ha corso un bel rischio.”
Nel frattempo l’altro giovane, quello tutto in nero, aveva ucciso il mostro che le aveva sorprese nel sonno. Lo vide avvicinarsi e poi… più nulla.
“Fantastico. Così ne dobbiamo portare in spalla due.” Disse questo sarcasticamente.


Quando Silvia si svegliò, all’inizio pensò che fosse stato tutto un incubo. Ma poi capì subito di non essere nel suo letto. Si mise a sedere, confusa. Quando sentì bussare alla porta, disse solo “Avanti!”
La porta si aprì e comparve Misha, che le saltò letteralmente al collo.
“Coff… ehi, così mi soffochi!” la sgridò, scherzosamente. Quando si staccarono si accorse che l’altra aveva gli occhi lucidi. “Dove siamo?” le chiese.
“Non… non lo so. So solo che quando mi sono svegliata ero nella stanza qui accanto, e dopo è entrato uno strano ragazzo con i capelli rossi che mi ha detto che stavi bene e che se volevo potevo vederti. Ma tu non ti svegliavi…” la ragazzina si mise a piangere piano.
“Coraggio, era solo uno svenimento. Anche adesso, in effetti, mi sento molto stanca.”
“Tu hai capito che cos’è successo? Io continuo a pensare che sia stato tutto un sogno.”
Silvia scosse la testa: “Non lo so. Ma ora, per prima cosa, dobbiamo trovare il modo di uscire di qui.”
“A parte la porta che mette in comunicazione le nostre due stanze, le altre sono tutte chiuse a chiave. Ho già controllato” riprese a piangere “Ho paura…”
“Coraggio, vedrai che andrà tutto bene.” Cercò di consolarla. Ma in realtà, anche se si mostrava sicura, neanche lei sapeva cosa fare ed era impaurita.
“E’ permesso?” chiese qualcuno al di là della porta, rivelandosi poi per il bel ragazzo rosso. “Bene, vedo che vi siete svegliate. Dormito bene?” sorrise.
“E’ inutile che ti fingi gentile. Cosa volete da noi? Perché non possiamo tornare a casa?” rispose dura Silvia.
“Avete frainteso.” Spiegò il tizio “Prima di tutto, io mi chiamo Kurama. In questo momento siete a casa mia. E poi ci tengo a precisare che non vogliamo assolutamente farvi del male.”
“Ah sì? E allora perché ci rinchiudete?”
“Per proteggervi. Anche se non lo sapete, siete in pericolo. Ci sono delle persone che desiderano farvi del male, e per un po’ di tempo spetterà a noi difendervi. Per questo non potevamo permetterci che scappaste.”
“Ma chi mai potrebbe odiarci?”
“Ancora non lo sappiamo bene. Ma avete dei nemici, e credo che ieri ve ne siate rese conto.”
Lei tacque.
“Fino… fino a quando non potremo tornare a casa?” chiese poi.
“Non lo so.”
“Spero il prima possibile.” Anche il ragazzo dagli occhi rossi entrò nella camera.
“Io” li interruppe Misha “Io mi fido di voi.”
“Grazie” rispose Kurama sorridendo.
“Come fai a fidarti di loro? Potrebbero anche essere dei malintenzionati!”
Per tutta risposta, Misha si avvicinò al ragazzo vestito di nero, lo fissò negli occhi e disse: “Sì, sei proprio tu.”
“Cosa?”
“Stanotte” spiegò la ragazzina “Stanotte ho sognato che vagavo nell’oscurità. Avevo paura. Era buio e freddo. E poi… e poi ti ho trovato. Anche tu ti era perso nell’ombra. Ma poi ci siamo trovati.” Sorrise “Mi fido di te.”
“Quante sciocchezze.” Arrossì lui. Poi se ne andò sbattendo la porta dietro di sé.
“Vi prego di perdonare Hiei.” Disse Kurama. “E’ scontroso di natura. Comunque, sarà meglio che vi riposiate ancora un po’. E’ inutile preoccuparsi prima del tempo.” Concluse andandosene.


“L’hai sentita, vero? E’ quella che ti ha reso nervoso.” Chiese Kurama a Hiei quando furono entrambi fuori da quella stanza.
“Di cosa stai parlando?”
“Lo sai benissimo. Avevano tutte e due un’aura molto potente. E una delle due” continuò “Ha già scoperto il Dono.”
“Sa già controllare uno degli elementi, anche se ieri lo ha fatto senza rendersene conto.”
“Sì, ma ha consumato molta energia ed infatti è svenuta. Ma non oso pensare di che cosa sarà capace quando si sarà abituata al suo potere. Purtroppo, l’unica cosa che possiamo fare ora” concluse “è aspettare che il gruppo si raduni e sperare per il meglio.”

FINE PRIMO CAPITOLO
Continua...

Misha: Questo primo capitolo è opera mia! Lo dedico a tutte le persone speciali che ho incontrato nella mia vita ed alla mia migliore amica! ^__^
Commentate! ^^
Misha-chan & Silvy90

 
Continua nel capitolo:


 
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