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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: One Piece
Titolo Fanfic: I MIEI AMORI
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: kei86 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 07/04/2004 20:16:09 (ultimo inserimento: 08/04/04)

la storia di una giovane ragazza che ama ed è amata.
 
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I MIEI AMORI
- Capitolo 1° -

Salve a tutti!!!
Finalmente riesco a pubblicare qualcosa di veramente serio e complesso, non che le altre mie fic siano stupide e divertenti ma credetemi non ho mai scritto nessuna fic come questa. Il racconto è scritto seguendo lo stile della fic intitolata "Scusa" che vi consiglio di leggere.
Vi auguro buona lettura!!!


....a sotto...





I MIEI AMORI




La mezzanotte è ormai passata.
I botti di capodanno sono già stati esplosi e i loro colori e le detonazioni mi hanno riempito, solo per qualche minuto, il mio cuore triste e vuoto. Beati coloro che hanno da festeggiare perché io di festeggiare non ho nessuna voglia. La gioia per l’arrivo del nuovo anno nei volti dei giovani e delle coppiette risultano a me inutili. Perché essere felici per l’arrivo di un nuovo anno? Perché felici di invecchiare? Dopo tutto il susseguirsi degli anni stanno a indicare che stiamo invecchiando, che mano a mano ci avviamo verso il sonno eterno.
Fosse stato qualche anno fa anche io avrei festeggiato come loro: felice, sorridente, abbracciato al mio amore, ma ultimamente la mia allegria si è tramutata in tristezza, la mia speranza in disperazione. Tutto l’amore che avevo nel cuore è sparito, scappato via per sempre lasciandosi dietro una ferita che ancora sanguina e grida dolore. Sono affacciata alla finestra della mia camera e osservo chi cerca in tutti i modi di eliminare i botti in eccesso che non ha ancora utilizzato. Non credo ce la facciano! Ha cominciato a piovere a mezzanotte e mezza e continua incessante il suo scroscio ipnotico. Ci si è messo anche il vento a rompere le scatole. Sbuffo. Com’è dura la vita quando si è soli! E io sono davvero sola! Perché proprio a me? Perché? Il dolore si sta affievolendo ma ogni volta che il mio pensiero sfiora l’argomento “Amore” questo si fa risentire sempre più forte. Mi manca poter pronunciare quella parola: Amore.
In lui in passato avevo riposto ogni mia speranza, ogni mio pensiero e respiro. Avevo scritto poesie in suo nome, cantato canzoni che lo innalzavano. Mi ero fatta nemici i miei più cari amici che mi dicevano di lasciar perdere, che mi sarei rovinata a seguire tropo quella parola, quel simbolo di pace che da sempre ho cercato e lui in un solo giorno mi ha abbandonato. E’ sparito per sempre. L’amore mi ha lasciato sola a marcire nella mia solitudine. Sapevo benissimo che si poteva morire per amore ma non sapevo che senza di esso si potesse morire! Perché quello che sta succedendo a me è proprio questo. Mi sto inaridendo sempre più senza i suoi caldi raggi, senza le pazzie che fa commettere, senza una persona con cui poter passare il resto della vita. Ero finalmente riuscita a trovare l’uomo della mia vita e lui, l’amore, mi ha portato via tutto. Mi ha schiacciata con tutta la sua forza senza permettermi di tornare in piedi. Non è giusto! Avevo trovato la felicità di poter anch’io amare qualcuno, la sensazione di essere accettata da qualcuno per quello che sono, trovato con chi passare il mio tempo senza essere allontanata. Mi ero illusa di poter farcela! Avevo rincominciato a credere nella vita e nelle sue leggi! Illusa! Sono solo un’illusa!
Mi alzo, non riesco a sopportare la vista dell’allegria che regna oggi. Devo cercare di distrarmi di non pensare a niente, almeno a quello che riguarda quell’argomento. Mi prendo un libro e incomincio a leggere ma le parole improvvisamente diventano pesanti e difficili da comprendere, le frasi sembrano insensate e tutto ciò che mi circonda si trasforma in un oggetto di dolore e sofferenza. Ho preso il libro sbagliato! Ecco perché! Nella mia confusione e desolazione non mi sono accorta di aver preso il libro che il mio amore mi ha regalato per il nostro anniversario. L’ultimo anniversario! Chiudo velocemente il libro prima che le lacrime mi assalgano ma è inutile, sto già piangendo. Mi alzo di corsa per andare in bagno e mentre passo in corridoio mi specchio. Non mi riconosco! I miei capelli hanno perso il loro vigore, il rosso che prima mi rendeva allegra e felice adesso è diventato un insopportabile colore che mi ricorda il passato. I miei occhi non brillano più di quella luce alimentata dai sogni e dalla speranza e le mie labbra! Le labbra che tanto hanno aspettato il conforto di un bacio ora si stanno seccando. E’ da tanto che non metto più il rossetto! Mi copro la faccia con le mani per non vedermi e corro in bagno. Giro il pomello dell’acqua calda e mi sciacquo la faccia.
Ho il fiatone! Non so il perché! Probabilmente è il pianto! Mi asciugo la faccia con un asciugamano e torno nel salotto. Evito di guardarmi allo specchio. Non ne ho più il coraggio! Girovago per la stanza alla ricerca di qualcosa che mi possa distrarre. La televisione sembra l’unica soluzione. Accendo e incomincio a fare un po’ di zapping. Salto tutte le trasmissioni che festeggiano il capodanno ma il numero di queste è troppo alto quindi se non voglio guardarmi il regno degli animali devo spegnere. Lo faccio e mi butto sul divano supina. Appoggio la testa al guanciale e cerco di rilassarmi, di far uscire le immagini negative che da giorni mi tormentano.
Non ci riesco! E’ come una maledizione! Non appena mi rassereno ritornano alla mente ricreando lo sgomento iniziale. Il mio sguardo sembra fissare il vuoto, ma in realtà sta fissando una fotografia sul mobile. E’ vicino ai libri. Anche se è piccola la vedo e la riconosco. Ho passato intere estati a osservarla! E’ una foto fatta in spiaggia con il mio amore. In quell’occasione ci stavamo baciando. No! Non posso continuare mi fa troppo male! Distolgo lo sguardo e mi rialzo scossa dallo squillo del telefono. Chi potrà ami essere? Il pensiero che possa essere lui che mi augura buon anno e forte ma subito viene sotterrato dalla piccola possibilità che sia lui. Tremo. L’apparecchio continua a squillare imperterrito. Il suono forte dello squillo mi entra nel cervello e mi fa venire mal di testa. Rispondo per farlo smettere. Una voce maschile mi augura buon anno. E’ una voce calda e sensuale che ben conosco. Mi mordo il labbro e ricomincio a piangere. Lui se ne accorge e mi dice che sono sciocca a comportarmi così. Ha ragione! Io singhiozzando gli rimando gli auguri e mentre lo faccio l’istinto mi suggerisce che non mi ha chiamato solo per questo. Si sbagliava! Lui riattacca con un stammi bene e io rimango li, in piedi, con in mano la cornetta. Immobile. Il respiro è lento e il cuore a malapena si sente pulsare.
Attacco con una lentezza degna di un bradipo. Mi porto le mani al cuore e mi butto sulle ginocchia fradicia di lacrime. Perché? Perché? Mi chiedo. Lui pensava di essere gentile facendomi gli auguri ma non poteva sapere che mi avrebbe fatto solo del male. Continuo a piangere! Una parte di me è felice per aver sentito di nuovo la sua voce ma la disperazione di non averlo più con me la sovrasta. Cerco in vano di rialzarmi. Non ci riesco! Le forze mi hanno abbandonato del tutto! Ormai neanche il mio corpo ha voglia di lottare.

Oggi è il due! Mi sono svegliata da poco. Ero a terra , probabilmente nella disperazione di ieri sera mi devo essere appisolata li com’ero. Ho la pelle secca per via delle lacrime e una strana sensazione nel cuore. Non è amore, non è felicità, non e tristezza, ma vergogna. In questo momento non provo nient’altro che vergogna per me stessa!
Mi lavo la faccia con acqua calda e quando mi guardo allo specchio vedo solo una stupida ragazzina che ha smesso di lottare. Mi asciugo e vado in cucina a farmi una tazza di the. Apro la credenza e tiro fuori una tazza. La riempio d’acqua e la metto nel microonde. Prendo la scatola con le bustine del the e quando la apro un brivido mi percorre da testa a piedi. Tutte le mattine preparavo la colazione al mio amore. La scatola mia sfugge dalle mani e cade a terra. La raccolgo e tiro fuori una bustina. Tiro fuori dal microonde la tazza e mi faccio il the. Mentre aspetto che si scurisce vado un attimo in camera e m’infilo su una maglietta pulita e un paio di jeans. Non ho voglia di fare la doccia! Non adesso! Torno in cucina e incomincio a bere il mio the. E’ molto caldo quindi lo sorseggio lentamente.
Mi manca! Mi manca il suo sorriso! Quel sorriso che tutti i giorni mi regala appena alzato contento di passare un altro giorno insieme a me. Mi manca il suo umore sempre vivo e acceso. Mai una volta si è presentato alla porta con il broncio, non ha mai fatto in modo che io lo vedessi triste o depresso. Con me era sempre allegro! Questa è una cosa che ci accomuna anche se io non sono brava come lui ha mascherare i miei sentimenti. Mi mancano le sue battute sulla mia pettinatura e sul mio corpo. Le velenosità che anche di prima mattina non mi risparmiava. “La sua mocciosa” mi chiamava. Ecco! Anche questo mi manca. Finisco di bere il the e mi siedo in poltrona. Non so cosa fare! La sua assenza mi ha fatto perdere ogni interesse, ha riempito ogni mia più piccola parte di noia e stanchezza. Si! Sono stanca! Non ho neanche la forza, e la voglia, di stirare! Avrò un centinaio di capi che aspettano solo di essere stirati e rimessi al loro posto, ma io, non ci riesco. Non riesco perché anche in questa attività, prettamente femminile, rivedo lui. Ricordo la sua prima camicia stirata. Un orrore! Era un miracolo che non l’avesse bruciata. Come avevo già notato tutta la casa mi ricorda lui e questo non fa altro che aumentare il senso di solitudine che abita nel mio cuore.
Devo distrarmi! Non posso più rimanere qui! Altrimenti… altrimenti… sento che non potrei continuare. Esco! Non so dove andare ma una passeggiata mi schiarirà le idee e mi impedirà di pensare a lui. Fa molto freddo sta mattina! Rimpiango di aver lasciato i guanti in casa. Mi sfrego un po’ le mani per farle riscaldare. Incomincio a camminare senza una meta fermandomi qua e la le poche vetrine dei negozi senza saracinesche abbassate. Sono poche le persone che a quest’ora vanno in giro infatti le strade sono vuote, prive della loro vitalità quotidiana. Mi dirigo verso il centro della città dove spero di trovare più gente. La piazza è strapiena di persone che velocemente mi passano vicino come ombre silenziose con una meta che solo loro conoscono. Mi fermo. La folla in un certo senso mi travolge. Ho mal di testa! Sento i discorsi confusi delle persone che mi circondano entrarmi nel cervello e mi confondono. La mia mente recepisce solo le parole che vuole sentire. Una voce di ce “Sola”, un’altra “è disperata!” un’altra ancora “Amore!” Mi tappo le orecchie per non sentire quei veleni e scappo via quasi piangendo e senza accorgermi mi trovo nel parco. Il grande parco della città dove le coppiette amano solitamente passeggiare. Entro ma ogni singola parte del mio corpo vorrebbe uscire, scappare da quel luogo che troppo mi ricordava lui, ma come sempre la mia testa ragiona per conto suo.
Il parco sembra miracolosamente vuoto, osservo gli alberi senza foglie, e mi accorgo che sono come me. Nudi, aspettano che qualcuno li riscaldi con il suo affetto e nel caso degli alberi è la primavera quella persona. Dopotutto la primavera è la stagione degli amori, così dicono. Mi avvicino a una panchina vuota e mi siedo. Osservo quasi ipnotizzata la panchina di fronte a me. Passo una buona mezzora a fissarla e in quel lasso di tempo riesco a liberare la mente. Non so come ma ci riesco. Nessun pensiero pessimistico, nessun senso di desolazione, nessuna paura di rimanere sola. Forse perché mi sentivo stanca e anche la mia mente si è lasciata andare. Da quando mi ha lasciata non mi era mai successo!
Mi sento risollevata. Mi alzo e mi sistemo il cappotto che si è stropicciato. Controllo che le pieghe siano sparite e m’incammino verso il centro del parco. La strada asfaltata è umida per colpa dell’incessante pioggia di ieri. Rimpiango di aver messo i tacchi. All’improvviso le mie gambe si bloccano. I miei sensi percepiscono un suono familiare. Più che un suono una voce familiare. Ma si è lui! Come confondere quella tonalità da uomo maturo e fiero di sé? Ne sono sicura! E’ lui. Il mio cuore incomincia a impazzire palpitando nell’attesa di vederlo, le mani mi sudano e le gambe mi tremano. Non resisto! Devo vederlo! Aspetto impaziente che la sua sagoma si presenti ai miei occhi. Eccola finalmente! Riconosco il vestito e il cappello! E’ per forza lui! E’ fermo però! Sembra stia parlando con qualcuno. Faccio un passo. La mia curiosità mi uccide. La posizione in cui sono non mi permette di vedere con chi sta parlando. Ne faccio un altro. Lo stomaco mi fa male per l’attesa. Faccio ancora un passo. Lo vedo sedersi su una panchina poggiando il braccio sullo schienale in legno. Mi fermo! No! Non può essere! No! Mi fermo! Il mio cuore ha smesso di battere, le gambe mi si sono paralizzate. Fa improvvisamente freddo!
Vedo una bella ragazza, mora alta, sembra una modella, gli si siede affianco e si accoccola a lui. Ho le lacrime agli occhi. Che stupida! Che stupida che sono! Come ho fatto a non capirlo subito? Fisso con gli occhi sgranati i due e mi sento morire. Scappo! Non ce la faccio a sopportarlo! Lui se ne accorge e mi chiama! Urla il mio nome! Credo che m’insegua pure. Ma io non ho più voglia di sentire le sue scuse. Non più! Esco dal parco e di corsa mi dirigo in casa. Durante la corsa mi scontro con il mio migliore amico, ma sono troppo sconvolta per riconoscerlo e fermarmi a parlare con lui. Arrivo a casa. Chiudo la porta e mi vado a gettare sul letto. Le lacrime cadono copiosamente sul mio volto privo di trucco.

Resto lì! Immobile! A piangermi addosso ripensando a tutto quello che avevo appena visto. Non è vero! Mi dico. Non è vero! Eppure sono sicura di aver visto bene! Non ci credo! Continuo. Mi fa male il petto. La ferita si è riaperta è ho paura che non si richiuda sta volta. Piango! In questo momento non riesco a fare altro. E più forte di me. All’improvviso sento il campanello suonare. Non mi lazo! Il campanello suona di nuovo ma le mie gambe e le mie braccia sono diventate pesanti, impossibili da muovere. Rivolgo il mio sguardo verso la porta e mi accorgo che l’ho lasciata aperta.
Chiedo chi è ma la mia voce è così rauca ed erosa dalle lacrime che la persona fuori non sente. Devo gridare con tutta la voce che mi rimane per dirgli che è aperto e può entrare. Non so chi è! E non lo voglio sapere! Anche se fosse lui non m’interesserebbe. Una voce maschile, che conosco molto bene, chiede permesso. Non rispondo! Sono troppo stanca e disperata per parlare. Sento i suoi passi sicuri venire verso la camera. Lo vedo! E’ in ombra. Non riesco a identificarlo bene ma poi mi accordo dei tre inconfondibili orecchini che porta sull’orecchio sinistro. Non parla! Si limita a sedersi vicino e me e mi stringe. Forte! Ma il suo abbraccio non sembra quello di un amico! È più di un semplice abbraccio. Io senza fiatare mi accoccolo nella sua calorosa stretta. Non so perché lo sto facendo ma il mio corpo si muove da solo! Vorrei staccarmi e chiedergli che diavolo sta facendo ma non ci riesco. Ho troppo bisogno di quel simbolo di affetto. Mi bacia sulla fronte e mi dice di sfogarmi.
Lo guardo. La sua espressione seria e allo stesso tempo triste mi fanno impazzire. Sento caldo! Com’è possibile? Non lo avevo mai visto sotto questo punto di vista! Lo avevo sempre considerato un amico. Anzi il mio migliore amico. Le lacrime si seccano sul volto. No! Non posso! Non posso! Niente! Il mio corpo non risponde! Fisso il suo sguardo intenso senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso. No! Non devo! Non devo! Non posso usarlo solo perché sono triste e sola! Gli farei troppo male e credo che ne farei altrettanto a me. Devo dirglielo! Devo dirgli che non possiamo ma lui mi sta già baciando. Oddio! È inammissibile! Come può? NO! No! Perché non mi stacco da lui? Perché? Sento come una forza percorrermi tutto il corpo, una forza e un sentimento che non avevo mai provato prima. Possibile che sia sempre stata innamorata di lui e che non me ne sia mai accorta? No! Devo smetterla! Devo staccarmi! Dirgli che tra noi non può funzionare! Dirgli che sta sbagliando! Soprattutto perché sa che in questo momento sono fragile e vulnerabile! Si vulnerabile! Forse è anche questo motivo per cui non riesco a staccarmi però se non lo faccio ho paura che succeda dell’altro. No! Lo ripeto.
Lui mi guarda stupito però non obietta e smette. Sapevo che avrebbe capito. Smette! Però non mi lascia andare. Neanche io voglio che mi lasci, la sua stretta è così confortante che senza adesso morirei. Avevo troppo bisogno di una persona che mi consolasse i questi giorni. Rimaniamo abbracciati per un paio di ore senza parlarci. Sento, però, in lui qualcosa che non và. Forse è turbato dal mio no o forse è triste per me. Non lo so! Ormai non so più cosa pensare! Squilla il telefono! Che sia lui? No! Non credo! Cerco di alzarmi ma Zoro mi ferma e va lui. Risponde. Ho il cuore in gola. Lo sento gridare : “No! Non vuole parlare con te! Con lei hai chiuso e non provare a farti rivedere! L’hai fatta soffrire troppo! Non meriti di stare con lei!” attacca bruscamente. Piango! Non riesco a farne a meno. Lui torna e quando mi vede di nuovo disperata torna ad abbracciarmi. Perché gli hai detto quelle cose? dico. Non risponde. Perché? Ripeto e lui fissando i suoi occhi nei miei mi dice: “Perché é la verità!”

Sono passate due settimane da quel giorno.
Ricordo solo di essermi svegliata nel mio letto vuoto e disfatto. Non mi ricordavo cosa era successo durante la notte ma la calligrafia di Zoro su un foglietto trovato vicino al mio cuscino mi assicurava che non era successo niente. Conservo ancora quel biglietto. Non so perché!
Mi ero alzata un po’ barcollante come se fossi stata ubriaca e cercai di chiamarlo, ma non rispose nessuno all’altro capo del telefono. Neanche ai ripetuti tentativi in giornata rispose. Non lo trovai neanche nei giorni successivi. Credo che il mio rifiuto sia la causa di tale comportamento nei miei confronti. So di averlo deluso, perfino annientato, con quella risposta ma in fin dei conti lui è e rimarrà sempre il mio migliore amico. E poi non ho alcuna intenzione, per il momento, di rincominciare una storia. Ho già sofferto abbastanza. Prima devo smaltire questo dolore che mi affligge, anche se penso che non lo cancellerò mai. Oggi mi sono alzata presto per arrivare un po’ prima al lavoro. In verità l’ho fatto per poter beccare Zoro su qualche mezzo pubblico.
Mi sono lavata, vestita e ho fatto colazione in un tempo da record. Sono uscita alle sette e dieci, cosa rara visto che solitamente esco alle otto e ho preso il pullman. Niente! Non l’ho trovato. Sono scesa alla sesta fermata, quella davanti al suo dojo ma non l’ho trovato. Chissà come sta? Mi chiedo. Scuoto la testa per levarmelo di mente e aspetto l’autobus dopo. Strapieno di gente. Per uscire alla fermata giusta ho dovuto quasi picchiare un ragazzo e ammazzare una povera vecchietta. Arrivo finalmente al mio ufficio. Entro, chiudo la porta e mi levo tutto ciò che ho di pesante e ingombrante addosso, vedi cappotto e sciarpa, e li poso sull’appendi abiti. Non sapendo come mi viene in mente la scena del parco. Lui che mi insegue gridando il mio nome. Perché mi è venuto dietro? Cosa avrà mai voluto dirmi?? Bhe non lo saprò mai! Penso.
Cerco di togliermi la curiosità di dosso e mi avvicino al telefono sulla scrivania per provare di nuovo a chiamare Zoro, ma mentre sto per alzare la cornetta mi accorgo che sulla poltroncina della scrivania c’è seduto qualcuno. Mi fermo. Ho il cuore che mi batte all’impazzata. Potrebbe essere chiunque da un mio collega a un maniaco. Ho paura. Sento lentamente il sudore freddo scendermi la fronte e raggiungere gli occhi. Chi diavolo sarà?? Zoro è improbabile! Gli ho detto dove lavoro ma non gli avevo mai detto quale fosse il mio ufficio. I pensieri e le paure si sovrastano riempiendomi la testa di confusione. Ho il cuore in gola. La poltroncina si gira. Quel veloce movimento ai miei occhi sembra infinitamente lento.
Ecco lo vedo! Non ci credo! Cosa ci fa qui? Rimango un momento sbigottita a fissare i suoi capelli rosso fuoco e la sua tripla cicatrice sull’occhio. Mi dice qualcosa ma i miei sensi sembrano addormentati, storditi da quell’improvvisa visione. Shanks sedeva davanti a me sorridendo e io l’unica cosa che riuscivo a fare era rimanere paralizzata. E come può essere il contrario? Dopo avermi lasciata non sono più stata un minuto nella stessa stanza con lui. Non perché lo odiassi ma per non fargli capire che sono ancora innamorata di lui, anche se penso che lo abbia capito visto il mio comportamento al telefono e al parco. Cerco di riprendermi da questo colpo allo stomaco e tremando mi avvicino alla scrivania.
“Devo parlarti” mi dice. Io non rispondo e cerco di mantenermi lucida e stabile. Ho le ginocchia che mi tremano e il cervello in panne. Lo stomaco è un aggrovigliato su se stesso e il cuore pompa ad una velocità altissima. Mi gira la testa. Lui mi dice qualcos’altro e sta volta riesco a percepire qualche parola. Mi massaggio le tempie come se stessi in un bar del centro pieno di ragazzini che urlano. “Non stai bene?” mi chiede preoccupato. Io lo fermo con la mano e rimango in silenzio. Anche lui si ammutolisce e aspetta che io sia pronta ad ascoltarlo. Prima di iniziare riordino le idee che mi sfrecciano nella testa come un uragano. Sento l’ansia e la paura crescere. Chissà cosa vorrà dirmi??? Non posso aspettare devo saperlo! E se poi mi facesse soffrire? Potrei sempre mandarlo a quel paese e sbatterlo fuori dal mio ufficio e se poi mi dice che vuole tornare insieme a me? Insomma deciditi! Devo saperlo! Devo saperlo! “Perché sei qui?” gli chiedo. Lui si schiarisce la voce e incomincia un discorso.
“Sono venuto qui per parlare!” mi dice. Io prendo il mio cappotto e faccio per andarmene quando lui mi ferma con un “Aspetta! Non puoi fuggire sempre davanti a un problema!” Dice così perché mi conosce bene sa come odio affrontare le difficoltà. Lo guardo. Devo avere uno sguardo omicida perché lo vedo improvvisamente cambiare espressione, ma ritrova la calma che lo caratterizza. E’ deciso a parlarmi e so che nessuno lo fermerà, ottiene sempre ciò che vuole. Mi fermo, torno in dietro e appoggio il cappotto sulla sedia che si trova davanti alla mia scrivania. Non mi siedo. Preferisco guardarlo dall’alto in basso in tutta la sua bellezza. “Posso cominciare?” mi chiede. Faccio cenno positivo con la testa e lui parte. La prima frase mi giunge nota. Forse è una delle sue celebri frase di aggancio come il classico “scusami” oppure “Sai oggi” oppure l’infallibile “So che ti ho ferito” Lo fermo, non voglio che incominci con la solita trafila di paroloni per girare in torno al noccio e allungare il discorso. Glielo dico e lui si ferma.
“Dimmi ciò che devi dirmi e vai!” dico severa,ma nel bel mezzo della frase ci piazzò un lungo silenzio. Simile a dire “ non so che dire” anzi io saprei cosa dire: un semplice rimani. MI scruta. Credo che abbia capito il mio silenzio. Devo andare avanti a fingere però. Non posso permettermi di saltargli al collo colma di lacrime. Non voglio fargli vedere in che stato pietoso sono, anche se, nel parco ha già avuto una dimostrazione. Ascolto i discorso con fatica. Mi fa male la testa e le parole di Shanks si fanno pesanti. Si ferma per chiedermi se sto bene ed io gli dico che può continuare benissimo. A un certo punto arriva a spiegare il motivo della nostra separazione. Li i miei sensi si attivano come non lo avevano mai fatto prima. Le orecchie captano tutti i rumori della stanza ma in particolare le sue parole.
“MI spiace ammetterlo ma è stato proprio questo tuo comportamento a farmi allontanare!” mi dice. Rimango sbigottita, pietrificata. Credo di avere gli occhi sbarrati dallo stupore. Cosa vuole dire? “Cosa?” domando sottovoce mentre cerco di trattenere a stento le lacrime. Non risponde! Forse non ha sentito la domanda o forse ha deciso di chiudere qui la conversazione. Che comportamento? Non capisco di cosa stia parlando? Non mi ha mai detto di un mio comportamento che gli desse così fastidio! Se ci fosse stato me lo avrebbe detto ne sono certa! No! Quest’uomo che mi sta davanti non è più lo Shanks che io conoscevo! Non lo è più! Dov’è il mio Shanks dov’è??? Quanto vorrei fargli questa domanda, gridargli tutto quello che penso, ma le parole mi si soffocano in gola. Rimango ferma singhiozzando e non capendo il significato di quella frase. Cosa intende? Si alza. Prende il cappotto e si avvia verso la porta. “No!” Gli ordino di non andarsene. Lui si gira e guardandomi fisso negli occhi mi dice: “E’ proprio questo che intendevo!”
In quel momento irrompe nella stanza Zoro ansimante. “Cosa ci fai tu qui? Non ti avevo detto di non farti mai più vedere?” E’ alterato. “Non sono affari tuoi!” gli risponde Shanks scostandolo per passare. Lui invece picchia con la mano sullo stipite della porta e gli impedisce il passaggio. “Nami!” incomincia Zoro. “Perché ti ostini ad amare quest’uomo?” E dopo averlo detto tira un pugno sulla guancia al mio ex che cade a terra. No! Non può averlo fatto! Chiudo gli occhi per non guardare. Sono troppo confusa. Troppo stanca di sentirmi così. Perché? Perché capitano tutte a me? “Che cosa vi ho fatto di male?” grido improvvisamente. “Ditemelo!” Zoro mi guarda sconvolto. Ha le nocche sanguinanti ma il suo pensiero cade subito sulla frase appena pronunciata dalle mie labbra. “Che intendi?2 mi chiede dolcemente avvicinandosi a me come per abbracciarmi. “Cosa vi ho fatto di male? Voi siete gli unici uomini che io ami veramente! Perché mi state facendo del male?” chiedo scoppiando a piangere intensamente. Mi sfrego gli occhi per fermare le lacrime ma queste continuano il loro percorso scorrendo sulle guance.
“Non capite che mi fate male?” continuo. I due rimangono in silenzio. Zoro mi abbraccia e appoggia la sua guancia sulla mia fronte. Shjanks si rialza e se ne va dando un ultima occhiata dentro l’ufficio. E’ furioso ma non vuole peggiorare la situazione. Rimango nella morsa di Zoro poi mi scosto asciugandomi le lacrime. “Non dovevi!” gli dico. Lui ci rimane male. Si è arrabbiato! Lo posso capire dal suo sguardo. Mi fissa intensamente poi se ne va lasciandomi sola, seduta sulla sedia a disperarmi. L’ ho ferito un’altra volta. Non posso credere che se ne siano andati. Sento come se mille spade mi avessero trafitto il cuore. La malinconia e l’angoscia di essere rimasta sola in questa stanza senza aver mosso neanche un dito per cercare di fermarli, di farli rimanere con me. Entrambi furiosi hanno varcato quella maledetta porta e mi hanno abbandonato. Si! Ti maledico porta! Tu che li hai fatti uscire! Tu che non hai impedito loro di andarsene ti maledico! Ma a che serve tutto questo! A nulla! Mi sento come una piccola e inutile essenza che aleggia nel vuoto assoluto. Rimango a terra letteralmente distrutta con solo la compagnia del mio pianto esasperante.
Cerco qualcosa su cui fare appoggio ma al di fuori di una sedia non trovo nulla. La scrivania, che dista solo pochi centimetri sembra allontanarsi sempre più come se la stanza si allungasse. Il pensiero di rimanere per sempre sola mi affligge. Mi alzo a fatica per via delle gambe prive di forza e prendo il mio cappotto. Non posso lasciarli andare così! Non posso! Mi lancio in un inseguimento al rallentatore e una volta arrivata alla porta grido con tutte le mie forze : “Torna!” Per via del pianto l’urlo mi esce strozzato quindi ritento, ma di lui nessuna traccia.
“Torna da me!” dico sottovoce. Tutto inutile! Ormai l’ho perso per sempre.

Sono passati parecchi giorni, forse settimane da quella maledetta mattina e di loro nessuna traccia. A questo punto sono arrivata all’idea che davvero di me non gli importa più niente, che non voglio vedermi mai più. Ma perché? Perché devo essere sempre io quella che ci rimette? Perché c’è sempre qualcuno che rovina i momenti più felice della mia vita! Perché? Casa mia è diventata un luogo buoi e silenzioso. Anche oggi piove! Sembra proprio che io e il cielo abbiamo qualcosa in comune. Chissà! Magari anche lui sta provando quello che provo io in questo momento. Non credo! Sono semplici casualità che io come una cretina trasformo in armoniose tavolette. Basta fantasticare Nami! E’ inutile! Nessuno verrà qui a consolarti sta volta! Nessuno! L’inverno che alberga nel tuo cuore sta volta rimarrà lì dove si trova perché la primavera, che quegli splendidi uomini hanno saputo portarci, è sparita per sempre. Per sempre. Mi viene in mente una poesia:

LA NEVE SI SCIOGLIE
I FIORI APPASSISCONO
E IO MUOIO
COME TUTTE LE COSE
MA IL TEMPO E L’AMORE CONTINUANO

Falso! L’amore non continua! Altrimenti non starei qui a lamentarmi e disperare. Adesso però non poso perdere tempo con cose del genere! Il motivo è semplice: oggi è uno dei tanti giorni da dimenticare. Uno dei tanti che mi fanno pensare all’inesistenza della fortuna. Il mio amore, l’unico uomo che in tutta la mia vita mi abbia veramente fatto sentire una donna, è tragicamente scomparso. Mi vesto con il classico vestito nero già indossato nel mio passato ed esco di casa. Prendo la macchina ed esco dal garage. Nel tratto che mi separa dal cancello del giardino rivivo come in un film la mia vita passata con lui. Le immense giornate passate a ridere, le lunghe passeggiate sulla spiaggia al chiaro di luna, le notti sveglie per vegliare il suo sonno. Una lacrima scappa al mio controllo e incomincia a cadere lenta sulla mia guancia sinistra. Scuoto la testa e mi asciugo gli occhi appannati mentre il cancello elettronico si apre lentamente, troppo lentamente. M’immetto come una furia nella via deserta. Spingo sull’acceleratore in cerca di reprimere questo dolore che ho dentro. Scorro ad alta velocità in mezzo alla strada attirando l’attenzione dei passanti. Il semaforo in fondo alla strada è ancora verde forse posso ancora farcela. Accelerò di più ma la luce diventa gialla e subito rossa. Inchiodo fortemente tatuando sull’asfalto i segni delle mie gomme. Ma che mi succede? Non mi era mai successo prima! Un camion ad alta velocità sfreccia sulla via perpendicolare alla mia. Se non avessi frenato sarei stata travolta di sicuro.
Dopo una mezz’oretta raggiungo il cimitero. Dal posto in cui ho parcheggiato riesco a vedere il gruppetto di gente che si sta sedendo per assistere alla cerimonia funebre. Con passo svelto mi avvicino e mi siedo al mio posto: in prima fila. Osservo il feretro: è completamente circondato da fiori colorati e bianchi, come quelli che ho in mano. Prima che il prete inizi la funzione mi guardo in giro in cerca della persona che più di me oggi soffrirà la perdita di Shanks. Lo vedo! E’ seduto sulla mia stessa fila ma all’altro capo. Ha il volto cupo e triste. Tra le mani stringe il suo cappello di paglia, sacro ricordo della loro forte amicizia. Per Rufy era come un padre. Vorrei raggiungerlo per parlargli ma il prete ha incominciato a parlare. Cerco di ricompormi sulla sedia ma la visione della donna mora che accompagnava Shanks nel parco è un pugno dritto allo stomaco. All’ora è vero che c’era qualcosa tra loro! Era vero! Il volto della ragazza è triste ma privo di lacrime, invece io già sulla macchina mi sono messa a grondare come un rubinetto aperto. Fa bene! Shanks non avrebbe voluto essere ricordato con le lacrime.
La funzione è già finita. Mi alzo per portare i fiori sulla bara e per dare l’ultimo saluto al mio amore. il dolore è troppo forte. L’unica cosa che riesco a fare è dire sottovoce “Scusa” e allontanarmi in lacrime. Sento gli sguardi di tutte le persone presenti ma solo una mi pesa più delle altre: quella di Rufy. E’ lui che deve odiarmi più di tutti visto che è anche per colpa mia se lui è scomparso. Arrivo alla macchina e li trovo una dolorosa e piacevole sorpresa: Zoro appoggiato alla portiera della mia vettura mi stava aspettando. Aveva le braccia incrociate e in mano reggeva un ombrello chiuso. Gli accenno un sorriso ma lui rimane freddo e distaccato.
“Condoglianze!” mi dice. Mi butto in un abbraccio non ricambiato. Scostandomi lo osservo negli occhi e capisco che non è venuto per me, infatti sento la voce di Rufy chiamarlo. “Zoro andiamo per favore!” Mi giro e lo guardo. Ha lo sguardo vago e in mano impugna una lettera. “E’ per te!” me la da e si allontana in compagnia di Zoro, quella che in questo momento vorrei avere io. Guardo la busta e riconosco perfettamente la scrittura di Shanks. C’è scritto: “Per Nami”

Vado via lasciandomi alle spalle il cimitero. La strada è poco trafficata e quelle poche macchine che scorrono vanno a una velocità così bassa che riesco a superarle con facilità. Arrivo a casa mia in un batter d’occhio. Parcheggio l’auto nel garage e varco la porta che collega questo a casa mia. Tolgo cappotto e vestiti che butto sul letto e mi metto in abiti casalinghi. Mi Siedo sul divano e prima di aprire la busta della lettera di Shanks guardo da lontano la foto vicino ai libri della piccola libreria di fronte a me. Un senso di ansia e di angoscia mi perfora il cuore e le membra. Respiro profondamente e apro la busta. La lettera è divisa in due fogli piegati in quattro. Sono scritti tutti a mano. Sono numerati e con paura incomincio a leggere il primo.
“ 29 gennaio 2004

Cara Nami!
Sono seduto sulla veranda a guardare il mare con la brezza leggera che mi soffia contro portandomi quel magico odore che solo al mare si può sentire. Rammento l’ultima volta che venimmo qui, soli, dimenticandoci per la prima volta i nostri problemi e le nostre paure. Eravamo solo noi. Il sole sta tramontando e il cielo ha assunto lo stesso colore di quella volta. Ho nostalgia di quei tempi sai? Ne ho molta!
Se leggi questa lettera vuol dire che purtroppo sono morto. Quando ho deciso di scriverti questa lettera ho chiesto a Rufy di conservarla fino al giorno della mia scomparsa. Spero che abbia eseguito il mio volere. So che per te questo è un periodo difficile e credimi non avrei mai voluto esserti così d’impiccio perché la mia morte sarà causa di un grande dolore che dovrai portarti appresso. Non avrei ami voluto lasciarti così! La mia vita è iniziata quando ho incominciato ad amarti e, adesso che è finita, voglio che tu mi faccia un grosso regalo continuando ad andare avanti comunque. In qualsiasi situazione in cui ti troverai devi promettermi che andrai avanti e lotterai con tutte le tue forze per uscirne vincitrice.”

Una lacrima cade sul foglio cancellando una parte di una parola. Sono a pezzi. Leggere quelle poche righe ha aperto di più la ferita del mio cuore che grida pietà, ma la sua voce è soffocata dalle mie lacrime che impetuose si riversano sulle guance arrossate. Strofino gli occhi per fermare il fiume ma non ci riesco. Devo finire assolutamente di leggere la lettera o altrimenti non potrò più guardarmi allo specchio. Cosa che già faccio solitamente. Giro il foglio e continuo la lettura.

“Non voglio utilizzare questa lettera per darti consigli su come vivere dopo la mia scomparsa ma spiegarti il perché del mio comportamento da me assunto da circa un mese. Devi sapere che sono molto malato. Ho una malattia rarissima che attacca il sistema nervoso. Mi hanno dato pochi mesi di vita.Come passa il tempo!
Avrei voluto dirtelo ma avevo paura di provocarti più dolore di quanto non te ne abbia creato la mia morte. Mi avresti visto al peggio delle mie condizioni e questo per me sarebbe stato troppo. Ti avrei dato preoccupazioni ulteriori e dolori eccessivi che non volevo crearti. So di essermi comportato da grande stronzo ma non ho potuto fare altro. Pensavo di farti un favore a lasciarti all’oscuro la mia malattia ma vedendo la tua reazione al parco ho capito il mio errore. Ti ho ferito non è vero? Credimi ho cercato di spiegarti come stavano le cose ma quando i mie occhi hanno incontrato i tuoi, in quell’ufficio maledetto, ho capito che ti avevo già recato danno e che era meglio fermarmi in tempo prima di distruggerti del tutto. Non pensare che il mio amore per te sia svanito perché è una menzogna. Io ti amo e per te farei di tutto se solo mi rimanesse qualche giorno di vita in più.
Ricordi quella sera al mare? Io non l’ho dimenticata affatto! Eravamo seduti per terra davanti al caminetto acceso. Faceva un caldo tremendo ma pur di non andarti contro avevo accettato quelle condizioni. Passammo tutta la sera a crogiolarci in quel tepore come non avevamo mai fatto. Ci eravamo detti ti amo almeno mille volte e poi prima di addormentarci ti dissi che se avessi avuto solo trenta secondi di vita li avrei voluti passare così! Ricordi? Non poter passare con te i miei ultimi atti mi crea un dolore indescrivibile. Ti amo! E continuerò ad amarti fino alla fine dei tempi.

Il tuo Shanks”

Il silenzio regna sovrano nella stanza. Osservo i piccoli granelli di polvere svolazzare al rallentatore attorno a un raggio di luce che trapassa prepotentemente le fitte nuvole grigie del cielo. Rimango immobile. Il respiro è affannato e quel suo ripetuto suono si fa insistente all’interno del sacro silenzio. Immagini del mio passato scorrono veloci nella mente senza fermarsi. Chiudo gli occhi per cercare un po’ di pace ma continuano il loro scorrere continuo. Raccolgo le gambe al petto e mi asciugo gli occhi colmi di lacrime. Singhiozzo. Appoggio la testa sulle ginocchi e rimangi lì, immobile, a osservare quei bellissimi momenti passati insieme a lui, momenti che non dimenticherò mai e che mai vorrò dimenticare.
Improvvisamente qualcuno bussa alla porta. Non rispondo. Non ho ne la forza per farlo. Rimango immobile a guardare il vuoto che mi circonda. Tutto qui sembra risentire ancora della presenza di Shansk e questa lettera, che tengo tra le mani come il tesoro più prezioso, è la prova che la sua anima e il suo amore sono ancora imprigionati in questa casa. Non posso aprire altrimenti scapperanno. “Nami sono Zoro aprimi!” Perché? Perché aprirti? Tu che mi hai fatto soffrire lasciandomi sola nel momento del bisogno? No non posso aprirti! Rimani li a patire come ora patisco io. “Ti prego aprimi!” implora. Mi alzo con la forza della disperazione e apro la porta svogliatamente. Lo saluto con voce sostenuta come infuriata e lo osservo. Sembra diverso. Forse è pentito. “Nami fammi entrare ti prego!” mi supplica. Mi sposto e con ancora le lacrime che scendono gli indico di entrare. Poggia la giacca su una poltrona e si siede sul divano.
“Perdonami!” attacca il discorso. “Mi dispiace! Rufy mi ha raccontato tutto!”
Sono esausta non ne posso più di questa situazione. Finalmente riesco ad aprire bocca e gli dico ciò che penso: “Ti dispiace per cosa? Per avermi fatto sapere che mi consideri più di un’amica e per avermi lasciata sola a marcire nel mio dolore?” Le mie parole lo feriscono. Abbassa la testa e dalle sue lacrime capisco che è veramente pentito. Quelle lacrime mi lasciano stordita. Non mi sarei mai aspettata una reazione del genere da lui, così freddo e distaccato in qualsiasi situazione. “Non volevo che tu mi lasciassi! Io ti ho sempre amato e non te l’ho mai detto. Se mi sono comportato così è solo per farti capire che per me sei più che importante. Sei indispensabile! La mia vita senza di te sarebbe inutile e monotona senza la tua presenza! Per favore perdonami! Giuro non volevo in alcun modo ferirti o confonderti! Volevo solo dirti che ti amo!”
Rimango di sasso. Avevo sempre sospettato una certa attrazione da parte sua ma non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Lascio cadere la lettera che ho in mano e mi lancio al collo di Zoro. Non posso non perdonarlo, dopotutto anche io mi sentirei persa se anche lui se ne andasse ora che non ho più il mio Shanks. “Ti perdono stupido testone! Ti perdono!” dico tra le lacrime. Mi stringo nel suo abbraccio e osservo i fogli a terra. “Questo però non significa che..”
“Shh non dire nulla!L’importante è averti di nuovo con me!”





THE END







Riecomi qui! Spero che vi sia piaiuta! So che è un po' tragica, forse troppo, ho leggermente calcato la mano con la tragicità!!! :P mea culpa!

Vorrei fare un mega ringraziamente a YUKINO86 , colei che ha già letto l'intera storia facendomi i complimenti. (spero fondati)
Dedico a te questa fic in onore della tua santa pazienza.

 
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