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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Neon Genesis Evangelion (Shin Seiki Evangelion)
Titolo Fanfic: .+*LIEBE*+.
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: rei-chan86 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 27/06/2002 17:35:23

liebe: ``amore`` in tedesco. una sentimento ke asuka soryuu langley finge di poterne fare a meno. soprattutto se esso proviene dalla sua nuova mamma..
 
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ICH BIN KEIN KIND!
- Capitolo 1° -

X le traduzioni andate in fondo!^_^

***
-Liebe-
1°Kapitel :Ich bin kein kind!

Monaco- 24 Febbraio 2006

Piove su Monaco oggi. Una pioggia fitta ed insistente. Decisamente oggi si tratta di una di quelle tipiche giornate fredde in cui tutto cio’ che hai voglia di fare e’ startene chiusa in casa al calduccio, rilassandoti sul divano con in mano un buon libro di qualche autore classico…
Ed invece…mi ritrovo qui…di fronte il “RegenBogen Kindergarten”; una delle migliori scuole materne private della citta’, in attesa che venisse fuori lei, che come al solito, non penso che apprezzerà molto la mia presenza qui..

Tuona rumorosamente, e dei lampi abbagliano il cielo grigio e cupo come delle stelle cadenti in pieno giorno…
Chissà se come tutti i bambini normali di questo mondo, anche lei avrà paura dei temporali…oppure si sentirà troppo grande anche per lasciarsi trasportare da una simile “stupidaggine infantile”…
Aveva risposto in questo modo quando le avevo chiesto se voleva che le lasciassi l’abat-jour del comodino accesa ieri sera.…

<<‘ “Sono troppo grande per temere ancora una simile stupidaggine infantile!” ‘>>

Gia’…è proprio una frase complessa…e risuona ancora più difficile pensare che sia stata pronunciata da una bambina di appena cinque anni…

Spengo il motore della mia auto quando mi accorgo che le lancette del mio orologio da polso segnano le 18.25…
E’ tardi…
Di solito l’uscita dell’asilo e’ alle 18 in punto…credo proprio che il brutto presentimento, che nutrivo nel momento in cui non la vidi tornare a casa con lo scuola bus come al suo solito, si stia rivelando fondato…

Sospiro, mentre di mala voglia mi distolgo dalla posizione rilassata che avevo assunto sul sedile di guida, preparandomi ad uscire. Prendo l’ombrello che avevo riposto sul sedile accanto, e lo apro nel momento in cui le mie scarpe poggiano sull’asfalto bagnato della strada. Mi riparo in tempo prima che la pioggia riesca a rovinare la messa in piega dei miei capelli, e con passo svelto mi dirigo verso l’entrata del Kindergarten.

Riesco ad entrare all’interno dell’edificio facilmente… la porte era aperta...
La richiudo lentamente alle mie spalle guardandomi intorno. A prima vista mi sembra non ci sia nessuno…ma so gia’ per certo che qualcuno all’interno dovrebbe pur esserci…

“Entschuldigen? Ist niemand da bei?” (*)

La mia domanda trova subito una risposta. E me ne accorgo nel momento in cui sento scattare la serratura della porta di un’aula poco distante. Cerco di assumere un’aria meno tesa e spaesata quando vedo uscire una donna di mezza età dalla stanza…
E’ la direttrice del Kindergarten; La signorina Gleich. Dal modo in cui si avvicina verso di me inizio a sospettare che mi stesse gia’ aspettando da un bel pezzo…

“Buon giorno Signora Lieslie…” Mi dice. Dal modo in cui ha preso la parola riesco ad intravedere un barlume di speranza…forse non ha anche lei delle lamentele da farmi. Qualcosa di cui rimproverarmi per colpa sua…

“Buon giorno…” Rispondo calorosamente. La sua espressione pero’, al contrario della mia non muta assolutamente. Rimane seria ed impassibile fino a quando non decide di continuare il suo discorso…

“Vorrei scambiare quattro parole con lei, se non le dispiace…” Mi sbagliavo. Come inizialmente immaginavo... Mi stava proprio aspettando per parlarmi di lei…

Immagino gia’ che cos’ha da dirmi…Dio, sono così stanca di sentirmi ripetere sempre le stesse cose da chiunque ha a che fare con lei…
I vicini di casa, la baby-sitter, i parenti…e adesso persino la direzione dell’asilo…
Tutti quanti non hanno fatto altro che porgermi delle lamentele sul suo conto, accusando me come se fossi io la responsabile delle sue azioni arbitrarie. Accidenti! Non e’ neanche mia figlia del resto! Non le ho impartito io l’educazione con cui adesso si ritrova, né e’ stata colpa mia ritrovarmi innamorata di un uomo gia’ sposato e per di più con una figlia!

..pero’… di certo non posso accusare lei del suo comportamento…dopotutto e’ solo una bambina di cinque anni, e cio’ che ha visto e’ stato troppo grande per lei. Troppo.

La direttrice mi fissa per un po’ con sguardo apprensivo; sembra quasi che i suoi occhi si siano come abbindolati su di me. Dopo alcuni secondi pero’, sembra come ‘svegliarsi’ , e mi fa segno di seguirla nell’aula da dove poco prima era uscita…

“Da questa parte, prego. Vorrei mostrarle alcune cose…” Mi spiega, facendosi strada all’interno dell’aula. Mi da la precedenza, quindi vi entro per prima. Che atmosfera calorosa…quella di un’aula d’asilo..
Fiori, farfalle, stelline colorate attaccate al muro e al soffitto…un vero e proprio paradiso per bambini. Mi viene da sorridere nel vedere un simile angolino talmente allegro e spensierato…e dire che a lei non sono mai piaciuti…neanche quando per ammazzare il tempo, l’avevo portata a giocare nella sala giochi del reparto pediatria, in attesa che io finissi il mio turno di lavoro in ospedale…

<<‘ “Io odio tutte queste cianfrusaglie inutili! Non so cosa farmene!! ICH BIN KEIN KIND!! HAST DU VERSTANDEN?? ” >> (**)

E’ successo circa una settimana fa, ma la sua voce risuona ancora nelle mie orecchie come se l’avessi udita giusto da pochi secondi…
La sua voce era sottile ed infantile, ma in quel momento, era come se volesse ritrarre un aspetto che tendeva a negare l’evidenza…

Se non e’ una bambina…allora che cosa crede di essere?… Non oso neanche farle una domanda del genere…il nostro rapporto è gia’ frastornato abbastanza; sono quasi passati due mesi da quando ho sposato suo padre, ma sin da allora non abbiamo fatto altro che litigare in continuazione…come psichiatra, mi vergogno a dirlo; ma in questo caso è ciò che rispecchia meglio la verità: non riusciamo ad intenderci…

Sembra proprio che non mi vuole accettare come ‘nuova mamma’…è pur sempre comprensibile…
Ed e’ proprio questo il motivo per cui non ho voluto affrettare i tempi…
Inizialmente ero molto ottimista. Mi aggrappavo all’idea che essendo solo una bambina così piccola avrebbe dimenticato in fretta anche un grosso trauma come questo, ma evidentemente mi sbagliavo…
Ho cercato in tutti i modi di venirle incontro, ricordandomi che la mia figura di fronte ai suoi occhi sarebbe dovuta apparire non come quella di una psichiatra, ma come quella di una madre…
Ma non c’è stato proprio niente da fare…
Due mesi senza alcun progresso…


Continuo a mostrare indifferenza guardandomi intorno, assumendo un’espressione quasi del tutta diversa da quella che il mio stato d’animo mi suggerisce…
Anche se sono consapevole di cio’ che ha da dirmi, non voglio apparire come una persona gia’ prevenuta…

“Wow! Com’è allegra questa stanza! E’ la stessa aula di…”

“Esattamente. Questa è l’aula frequentata anche dalla sua figliastra, Signora Lieslie Haselnuß Inger …” La direttrice Gleich interrompe in questo modo il mio discorso, ancora prima che riuscissi almeno a pronunciare il nome dell’interessata... “Anzi…forse adesso dovrei dire Lieslie Haselnuß Langley..” Continua.
Forse adesso capisco come mai la signorina Gleich sia rimasta zitella…

Beh, a quanto pare ha proprio voglia di giungere al sodo… sono proprio curiosa di sentire cos’ha da dirmi…

“Cos’altro ha combinato sta volta?…” Domando io, assumendo improvvisamente un tono autoritario quanto dispiaciuto, che rifletteva maggiormente il mio stato emotivo interiore…

La direttrice mi guarda con fare ancora una volta enigmatico. E’ praticamente impossibile percepire che tipo di pensieri stiano attraversando la sua mente in quel momento. Semplicemente si volta, come se volesse aprirmi la strada verso un angolo della classe che probabilmente avrebbe dato da se una risposta alla mia domanda.
Ed avevo ragione…

“Provi a dare un’occhiata lei stessa…” Avevo ragione, voleva mostrarmi proprio qualcosa…

A quei suoi ultimi gesti noto quasi immediatamente quella bambina rannicchiata in se stessa, seduta per terra accanto ad uno scaffale posto in un angolino della classe, quasi come se volesse trarne da esso un rifugio…
La guardo ancora una volta prima di averne la certezza che sia proprio lei: quei lunghi capelli lisci color carota, ormai quasi del tutto spettinati sono inconfondibili, nonostante qui in Germania vi siano milioni di bambini dalle stesse caratteristiche fisiche…

“ASUKA!” Non riesco a trattenermi più di fronte alla vista di quella bambina sofferente. Stringe a se le sue ginocchia, nascondendo in esse persino il suo viso. Sicuramente deve aver pianto…
Fa sempre così quando piange. Le sue lacrime non devono mai esser viste da nessuno…

La signorina Gleich rimane nella sua classica posizione anche quando abbandono il mio portamento composto, corro incontro la bambina guidata unicamente dall’istinto…
Mi inginocchio frettolosamente accanto a lei, non riuscendo neanche questa volta a mascherare la mia preoccupazione.

“Asuka! Cosa c’è!?” Poggio una mano sulle sue piccole spalle, ma come al solito, il mio gesto non riesce a distoglierla dalla posizione che aveva assunto. Anzi, dai suoi movimenti posso capire che il mio gesto servì solo a farla irrigidire ulteriormente. Era sempre la solita…

Non risponde. Né vocalmente, né gestualmente.

Lentamente e con la massima delicatezza, cerco di farle rilasciare la stretta con cui cinge le sue ginocchia. So bene a cosa andrei incontro se solo facessi una mossa sbagliata. In momenti come questi quella bambina è una vera bomba ad orologeria…
Strano. Nonostante le sue braccia siano tanto irrigidite, questa volta sembra proprio che voglia appagare la mia gentilezza…

“Komm her, Asuka…” Bisbiglio piano . Mi viene quasi spontaneo allungare le mani per prenderla tra le mie braccia, ma evidentemente dovevo valutare bene i rischi contro i quali andavo incontro, cercando di fare un simile gesto proprio con lei…

“VATTENE VIA!!!” Con uno scatto improvviso che mi fa sussultare, Asuka si alza lampante in piedi, cercando prima di tutto di allontanare le mie braccia da lei, come se stesse cercando di auto difendersi. Un classico…

Un classico che pero’ non finisce mai di stupirmi…mi fa paura, ma nello stesso tempo mi mette tristezza vedere tutto questo carico di rabbia e di terrore sgorgare fuori da una bambina di cinque anni…
La direttrice stava quasi per raggiungermi offrendomi il suo aiuto per calmare la piccola ribelle, ma si blocca quando si accorge che fuggire non rientrava nelle sue intenzioni…

Non mi riprendo facilmente dalla sorpresa, mentre continuo a guardare ancora la mia figliastra rimasta adesso con le spalle contro il muro. I suoi occhioni azzurri si sforzano di assumere un’espressione più minacciosa possibile, ma probabilmente si e’ già accorta che veniva difficile assumere un’espressione del genere quando si sta piangendo…
I nostri occhi si incontrano, e con essi, anche due sguardi completamente contrastanti: Rabbia e minaccia da parte sua, comprensione e tristezza dalla mia…

Resto a fissarla così per qualche secondo, e probabilmente sarei rimasta a guardarla ancora per un altro po’, se solo un piccolo rumore improvviso non interrompe il silenzio circostante, riuscendo a catturare immediatamente la mia attenzione…

Uno scricchiolio…come se del vetro si fosse improvvisamente frantumato…
"Ma ciò che mi lascia più perplessa è il fatto che questo scricchiolio sia provenuto dalle sue manine.. .... da dove all'improvviso inizio a intravedere dei rigagnoli di sangue farsi strada su di esse….

“Ma cosa…” Non mi importa della ‘distanza di sicurezza’ che Asuka pretendeva che io rispettassi verso di lei; tutto cio’ che faccio è concentrare il mio sguardo, ed avvicinarmi verso di lei con fare preoccupato , per non dire allarmato…

“Cos’hai fatto qui, Asuka!?!” L’afferro per un braccio, e, quasi dimenticandomi della sua reazione precedente, pretendo che mi mostri la causa di quella sua fuoriuscita di sangue. Riesco ad aprirle facilmente la mano sanguinante, forse per via delle ferite, ma la sua determinazione non e’ da meno di quella mia…e questo lo riesco a capire dal suo viso quando rivolgo nuovamente lo sguardo verso di lei in attesa di una risposta…

Ciò che mi ha lasciato perplesso più di ogni altra cosa, non è la ferita in sè e per sè; ma ciò che l'ha provocata. ovvero, ciò che Asuka ha stretto nel pugno: Vetro. Un vero e proprio pezzo di vetro taglientissimo.
Me ne accorgo subito quando ne raccolgo una parte dalla sua manina tremante, con il risultato di ritrovarmi con un dito graffiato persino io...

Senza cancellare quell’espressione intimidatoria dal suo viso inizia a fissarmi. Le rivolgo lo sguardo anch’io. Ella indispettita, volta il suo viso dall’altra parte. Ma cio’ è l’ultima cosa che può darmi fastidio in un momento come questo.

Il mio sguardo torna ad essere deciso, ma questa volta la mia decisione non e’ diretta a lei; bensì alla fredda direttrice, che fino ad ora era rimasta a guardare la scena impassibile, come se si stesse trovando da spettatrice ad una commedia teatrale…
La mia mano destra rimane sempre impegnata a stringere il braccio di Asuka, ma con quella sinistra continuo ad alzare la piccola lastra di vetro che ho poco prima rimosso dalla mano della bambina, e la innalzo come un trofeo di fronte alla direttrice.

“Siete a corto di giocattoli ,per caso!? Da quanto in qua’ i bambini in un Kindergarten giocano con del vetro come questo!??”

Più che preoccupata per la ferita di Asuka sono infuriata. Infuriata nera con la direttrice di questo stupido Kindergarten dove ai bambini viene persino permesso di giocare con oggetti pericolosi come il vetro!

La direttrice Gleich , pero’, non sembra essere rimasta così intimidita dalle mie parole…
Non riesco proprio a capire come faccia a mantenere quell’aspetto calmo e pacifico dopo tutto cio’ che sta succedendo!

Si schiarisce la voce, mentre intrecciando le dita si incammina con passo lento e deciso verso di me. La mia espressione muta ancora una volta. Per me e’ impossibile guardare il suo viso inespressivo, solcato dai segni del tempo, senza provare una pura e profonda sensazione di angoscia e timore…

“Non mi fraintenda, Signora Lieslie. Era proprio questo che volevo farle vedere…”


“Si spieghi meglio, per favore….” Non capisco il significato della sua frase. Ma non intendo neanche perdermi in stupide riflessioni. Penso che tra l’altro , il mio silenzio stia inducendo l’anziana direttrice a darmi un’altra spiegazione, che spero arditamente sia molto più esauriente della prima…


*

Volevo una risposta esauriente? Beh, posso dire di averla decisamente ottenuta. E a ricordarmelo è proprio il mio orologio da polso ,che proprio nel momento in cui arriviamo a varcare la soglia dell’uscita del kindergarten segnano le 20.00…
Wow…certo che ne aveva di cose da dire…anzi. Dalle sue parole posso quasi dedurre che tutte le risposte ortodosse che mi aveva inizialmente dato, non erano altro che dei suoi piccoli sotterfugi per giungere infine alla “grande discussione”…
Probabilmente però la mia reazione non è stata quella che lei aveva previsto…
Sorrido nel ripensare a quella scena. Vedere una acida zitella come la direttrice Gleich adirarsi ancora di più e voltare il viso stizzita di fronte al mio placido comportamento dà proprio una strana sensazione…che in fondo sia soddisfazione interiore?

Prendo per mano Asuka nel momento in cui ci troviamo assieme ad attraversare il bivio stradale che ci separa dal posto dove avevo parcheggiato la mia auto.
Asuka non vuole mai essere presa per mano da nessuno…
Come l’essere presa in braccio, anche questo appartiene ad uno dei tanti comportamenti che lei sembra detestare.
Ma non posso fare a meno di tenerla per mano mentre assieme attraversiamo la strada trafficata sulle strisce pedonali. Malgrado lo scarso entusiasmo, in momenti come questi appare comprensiva…

Nel momento in cui la mia mano racchiude in se quella di Asuka, mi accorgo immediatamente delle sottili bende che l’infermiera del kindergarten le aveva applicato mentre il discutevo con la direttrice…
Ed e’ proprio questo ultimo particolare ad offrirmi un’ottima scusa per rompere quel silenzio gelido che era venuto a regnare tra di noi sin dal momento in cui abbiamo lasciato l’asilo…

“Hai visto? Tolto il sangue non è rimasto nient’altro che un graffietto!” Cerco di mostrarmi allegra e gioiosa nel momento in cui pronuncio queste parole proprio per dimostrarle che, nonostante il resoconto non molto felice della direttrice, non provo astio nei suoi confronti…

I suoi occhioni azzurri rivolgono l’attenzione su di me. Nonostante fossi intenda a guardare la strada di fronte, li avverto facilmente. Ed avverto anche l’espressione di minaccia che essi proiettano.

“Ja…” Risponde annuendo. Forse riesce a camuffare bene il suo sguardo, ma non la sua voce; che alle mie orecchie giunge insicura e timorosa…
Il resto del tragitto che ci separa dalla mia auto lo percorriamo in silenzio… quasi come se in realtà non avessimo nulla da dirci io e lei…
In realtà ne avrei così tante cose da dirle…ma come al solito, deciso di rimandare ogni conversazione ad un momento più opportuno…
Rimandare, rimandare, sempre e solo rimandare… Ormai credo proprio che nessun momento mi sembrerà mai opportuno per farle quel discorso che non sono mai riuscita a farle da quando anche lei, assieme a suo padre, e’ entrata nella mia vita…

“Dummkopf! “ Come un fulmine a ciel sereno, la tagliente vocina di Asuka mi fa tornare con i piedi per terra , lasciando disperdere irrimediabilmente i miei pensieri nel nulla…
Mi fermo un istante, e mi volto interrogativa a guardarla attraverso le lenti dei miei occhiali da vista.

“Eh? ” Domando confusamente. Chissà che cosa sarà passato per la sua mente per avermi rivolto in quel modo brusco la parola. Asuka sembra quasi cercare sempre l’occasione giusta per rimproverarmi di un qualcosa, anche banale. E questo me lo dice il suo sguardo adesso tornato ancora una volta imbronciato.

“Sei diventata cieca?!? La tua macchina è lì, l’abbiamo già passata!” Esclama, dopo essersi liberata con uno scatto improvviso, dalla stretta con cui stringevo la sua mano sinistra bendata per poi puntare il suo indice verso la mia BMW-ZX poco distante. Incredibile. Inizio a sorprendermi di me stessa. Poco prima ero talmente assorta nei miei pensieri che non mi sono veramente accorta della mia auto, e così ho continuato a proseguire oltre…
Che sciocca. Sta volta Asuka aveva veramente ragione…

Sorrido a questa cognizione, mentre con una mano riesco addirittura a fare una carezza sui rossi capelli della bambina infuriata “Hai ragione, cara. Oggi sono proprio sbadata!” Esclamo, girando i tacchi e percorrendo quella breve distanza che mi separa dalla mia auto.

La bambina non mi segue, bensì continua a guardarmi per alcuni secondi ancora con quell’espressione infuriata sul viso. Apro lo sportello di guida , ed inizio a fissare quella bambina che da sotto il suo ombrellino giallo mi osserva in silenzio con sguardo intimidatorio…

Istintivamente appoggio il mio braccio sul margine dello sportello, e subito dopo vi accosto anche il mio mento, assumendo un’aria rilassata, quasi sarcastica…

“Beh? Che cos’hai? Hai deciso di rimanere lì impalata per sempre?” Il mio tono ironico continua a non influenzare minimamente, o almeno era questo quello che voleva farmi credere.
Sbuffa, e chiude gli occhi per un attimo. Poi, con passo lento e quasi forzato avanza verso di me. Si avvicina allo sportello che tengo aperto, e dopo avermi porto il suo ombrellino bagnato, si intrufola come un furetto all’interno dell’auto, passando a carponi dal sedile di guida a quello del passeggero.
Sorrido spontaneamente a questo gesto. Può continuare a ‘giocare all’adulta’ quanto vuole, ma non potrà mai trasformare forzatamente la bambina che c’è nel suo animo…

Attendo che finisca di sistemarsi per bene sul sedile del passeggero, prima di imitare anche io i suoi movimenti e sedermi sul sedile di guida. Senza voltarmi, intravedo che non ha ancora smesso di fissarmi…come se cercasse nella mia immagine una sorta di risposta alle sue domande interiori…

In un primo momento decido di fingere indifferenza di fronte il suo sguardo, ma dopo aver fatto manovra per uscire dal posteggio trovo impossibile continuare ad ignorare quegli occhi blu talmente intensi e penetranti….
Mi volto istintivamente per un solo istante a guardarla, per poi tornare immediatamente a prestare attenzione alla strada.

“Come mai continui a fissarmi, Asuka? C’è qualcosa di strano sul mio viso?” Domando con tono allegro e squillante. Di fronte a questa mia ultima domanda, la bambina aggrotta le sopracciglia e sprezzante, si volta verso il finestrino dell’auto dandomi le spalle.

Non c’è proprio niente da fare…
Quella bambina per un motivo o per un altro mi odia proprio da più profondo del cuore…
Eppure, c’è un argomento che non posso proprio fare a meno di parlarne con lei…

“Asuka…” Approfittando dell’ingorgo stradale in cui siamo finite, riesco finalmente a trovare il ‘coraggio’ di riprendere la parola. Mi fermo. Prima di proseguire almeno gradirei ricevere da parte sua un minimo cenno che mi confermerebbe la sua attenzione. E ci fu. La bambina lentamente voltò il suo viso verso di me, e mi guardò. Probabilmente immaginava già di cosa avrei voluto parlarle…

Tiro un sospiro profondo prima di continuare. “La direttrice Gleich…mi ha raccontato ogni cosa…di quello che hai combinato oggi al Kindergarten…” Continuo. Il mio tono non e’ di rimprovero, e lei penso che se ne sia accorta. Più che altro esprime tristezza e delusione.

Asuka continua a guardarmi, ma non risponde. Forse non se ne è neanche resa conta, ma la sua espressione e’ cambiata…
Non era più riuscita a mantenere quella maschera di finta aggressività che fino ad ora aveva portato; adesso sembra quasi essere intimorita dalle mie parole…
Spengo il motore ed appoggio il gomito sullo sterzo della mia auto.

“Diamine, Asuka, ne avevamo già parlato l’altro giorno di quella storia!” Ancora. Il mio tono non appare riprensivo. Mi ero ripromessa che le avrei in qualche modo fatto notare questo suo gesto arbitrario, affinché non si ripetesse più una cosa simile, ma proprio non riesco ad essere dura con lei…forse perché so che lei sa essere molto più dura di me…
Sono proprio un’incapace…


Ancora una volta, come risposta continuo a ricevere il silenzio…
Credo proprio che non abbia assolutamente voglia di parlare con me, tanto per cambiare…


Sospira, mentre inizia a fissare un qualcosa di fronte a se; forse la punta delle sue scarpette rosa…

“Ich…”

Mi volto. Incredibile…
Ha deciso di rivolgermi la parola di sua spontanea volontà…
Non posso crederci!
Per una volta ha deciso di dare una risposta alla mia domanda!

“…ich hasse ihn…” La fronte di Asuka si corruga. Stendo a credere che abbia pronunciato quelle parole con una tale incisività…

“Asuka, capisco che tu lo odi! Ma non avresti dovuto arrivare a tanto!” Esclamo fermamente. Nonostante la cintura di sicurezza, istintivamente mi sporgo verso il sedile di Asuka, in modo tale che le mie parole venissero udite bene…

Di nuovo, i suoi occhi carichi di rabbia si posano su di me…
“Ti rendi conto di quello che sarebbe successo se, invece della guancia, lo avresti colpito in un occhio!? Avremmo passato dei guai seri sia lui che tutti noi!” Termino il mio discorso sconvolta. Per la prima volta in vita mia riesco a farle notare una sua azione arbitraria, anche se da come posso intuire dalla sua espressione immutata, essa non era servita a granché….

Sposta il volto ancora una volta per evitare che i nostri occhi continuassero ad incrociarsi…

“Jörg meritava una lezione, ed io gliel’ho data!…”

“Una…lezione?…”

Annuisce fermamente, continuando ad ignorare la mia espressione incredula. “Si…quel moccioso mi ha preso in giro! Mi ha dato della pisciasotto per ciò che è successo alla gita del Kindergarten la settimana scorsa… ” Arrossisce di vergogna.

Per un breve istante rimango in silenzio ad analizzare ad una ad una le parole che la bambina mi aveva appena rivolto…
Non credo siano delle bugie, non mi sembra né il caso, né il momento per dirle. E è raro che Asuka menta su un qualcosa che le ha dato fastidio…
Nonostante la conosca ancora da poco, me ne accorgerei subito…
Ma perché la sua versione dei fatti stava risultando diversa da quella che la direttrice Gleich mi aveva fornito?…

“La direttrice Gleich ti ha detto che sono stata io ad attaccare briga, vero? Quella stupida da sempre la colpa a me! E poi come pretende di poter sapere ciò che è successo se lei non era in classe quando tutto è successo!?”

Avevo ragione. Era proprio rabbia ciò che racchiudeva dentro di se. Rabbia che ormai aveva impiantato nel suo animo radici troppo profonde da poter essere sradicate con un semplice sfogo…
Cerco di ricorrere ad un’altra tattica, anche se non riesco davvero a prevedere che risultato avrà…

“Beh…la Direttrice Gleich ha visto te con il vetro in mano, non Jörg...”

“E allora?! Guarda! Anche io mi sono fatta male con il vetro! Ma non ho ricevuto da parte sua tutte quelle premure che ha riservato a Jörg! Né tanto meno quello scemo è stato messo in punizione per tre ore come lo sono stata io!!”

Pronuncia queste parole stendendo la sua mano ferita verso di me, come se volesse indicarmi la ferita che si era auto inflitta per mettere la sua situazione in parità con quella del compagnetto…
Termina appena di pronunciare queste parole, quando d’improvviso scorgo un insolito luccichio abbagliare i suoi occhi di cristallo, che lentamente si fa strada attraversando le sue gote rosee…
Sta piangendo.

Appena realizza ciò che stava succedendo, Asuka abbassa immediatamente il capo, sperando che la sua lunga frangetta possa coprire la sua reazione ai miei occhi…

Sorrido tristemente. Sarò pure una psichiatra, ma sono proprio momenti come questi che mi spiegano il perché non potrei mai odiare una bambina come lei…
Non è cattiva, è semplicemente provata dalla vita…e ritrovarsi in questo stato ad appena cinque anni non era certo una bella esperienza…
Ciò che si celava nel suo passato non era da niente, e lo so bene anche io, l’avevo capito quando la ritrovai in quella stanza…e a realizzare che purtroppo, la mia entrata lì dentro riuscì solo ad assegnarsi il secondo posto sul ‘podio’…
Il primo lo aveva conquistato lei, anche se immagino che la sua non fu proprio la vincita che sperava…
Quella fu la prima volta che la vidi:
Io, uno degli psicanalisti che aveva in cura sua madre…
Lei, una che aveva appena visto la morte di sua madre…
Di certo non fu la situazione più adatta per conoscere colei che presto sarebbe diventata la sua ‘nuova mamma ’…e riflettendoci, il suo comportamento nei miei confronti non è poi così esagerato…
Ho cercato di conquistare la sua simpatia con il classico trucco dei regali, come consigliatomi da suo padre. Ma immaginavo già dall’inizio che non sarebbe proprio stata il tipo di persona che si sarebbe lasciata abbindolare dal classico peluche o dalla gita al LunaPark…
Con lei serviva tutta un’altra tattica…ma quale? Che cosa?

Sfioro con una sua mano le sue spalle. “Asuka…” Bisbiglio.

“NON MI TOCCARE!!” Urla, mentre scosta con uno scatto improvviso la sua spalla da me, come se al posto della mia mano, l’avessi sfiorata con un ferro da stiro rovente.
Sta proprio piangendo. Ora più che mai riesco a vedere i suoi occhioni blu colmi di lacrime. Forse è proprio questo che giustificava la sua reazione.

Nessuno avrebbe dovuto vedere le sue lacrime…
E adesso invece, l’aveva fatto…

Mi guarda.
Singhiozza, cercando di trattenere quel pianto ormai inconfutabile. La sua espressione fa fatica a rimanere tale.
Tristezza-Decisione, Tristezza-Decisione, Tristezza-Decisione…
Quali delle due espressioni era veramente quella che riflette di più l’animo della bambina?
Io penso di averla già capito…
Anche se non avrei mai messo la mano sul fuoco..
Con Asuka è impossibile giungere ad una certezza chiara…
Solo dubbi e possibilità. Nient’altro…

Ed è proprio questo che fa rabbia ad Asuka, che inizia a ghignare i denti e a stringere i pugni in preda al nervosismo.

“Tu…Tutti! I…Io vi odio tutti!!! Non capite niente!!”

Con rabbia, porta le mani sul suo viso per coprire i suoi occhi .Smania. Il suo visino candido diventa improvvisamente paonazzo. Più che ad attaccare gli altri, ho quasi l’impressione che stesse usando queste parole per proteggere se stessa…
E forse questo mio sguardo comprensivo e triste non fa altro che aumentare la sua rabbia. Mi guarda per un attimo. Fissa i miei occhi confusamente, come se sperasse di intravedere in essi almeno un filo di rancore nei suoi confronti…
Nulla.
La sua espressione diventa ancora più incattivita.

“O..Odio Jörg! Odio la Signorina Gleich, e soprattutto odio te!!! TI ODIO!! TI ODIO!!! VI ODIO TUTTI!!!” Inciampa sulle sue parole più di una volta, forse perché il suo comportamento l’aveva già programmato. Il punto è che io non avrei mai immaginato che Asuka arrivasse persino a slacciarsi la cintura di sicurezza, aprire lo sportello dell’auto e saltare fuori da essa approfittando del fatto che ci trovassimo ancora ferme nel traffico.

“Meine Gott!! ASUKA!!” Istintivo quanto mi viene allungare il braccio vanamente verso di lei, così pesto il pedale del freno dell’auto per arrestare l’inesistente velocità con cui andavo. Mi sorge tutto troppo automaticamente per pensare ad una cosa simile. Realizzo subito però che non è assolutamente il momento più opportuno questo per perdersi a pensare a certe cose.
Non mi importa se ciò comporterà le proteste degli altri automobilisti, ma dopo aver spento l’auto in mezzo alla strada, schizzo fuori anche io dalla mia vettura affinché riesca a recuperare la mia ‘ piccola fuggiasca ’…
E’ solo una bambina. Non può andare in giro da sola…

Non mi importa se fuori piove, come non sembra importare a lei.
Non mi importa se sto calzando delle scarpe poco adatte a correre, come non sembra importare a lei.
Come avevo previsto, le proteste degli altri automobilisti non mancarono,
Al diavolo tutto e tutti! Devo pensare ad Asuka! Devo recuperarla! Cristo Santo, è mia figlia adesso!
Perché tutti quanti fanno finta di non capirlo!?!

Fine primo capitolo



Traduzioni:
Il Kindergarten, da come credo avete gia’ capito, e’ l’equivalente tedesco della nostra scuola materna (Letteralmente significa “Giardino dei bambini”)

“RegenBogen” in tedesco vuol dire “Arcobaleno”… era il primo nome che mi era saltato in mente per un asilo! ^__^; (nonché uno dei pochi nomi che suonavano ‘simpatici’ anche tradotti in tedesco, quindi…)

(*) “Scusi? C’è nessuno qui?”
(**) “IO NON SONO UNA BAMBINA!! HAI CAPITO BENE???”
(***) “Vieni qui, Asuka”
(****) “Ja” (immagino lo sappiamo tutti…) vuol dire “Si” in Tedesco.
(*****) “Stupida!”
(******) “Io lo odio…”
(*******) “Mio Dio, Asuka!!”


 
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