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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: CLASSE SECONDA -SEI
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: war galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 04/04/2004 22:41:35 (ultimo inserimento: 29/06/04)

cosa si trova dietro la porta di una classe scolastica?
 
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- Capitolo 1° -

CLASSE SECONDA - SEI

Prima Parte.

La prima cosa che mi torna alla mente, pensando a quell'anno è il trasferimento in una città sconosciuta.
L'abbandono di tutti i miei amici. Persone di cui mi fidavo, con cui mi trovavo bene… Persone con cui ero cresciuta… Da una vita.
Il paese dove abitavo prima non era tanto grande e anche a scuola eravamo una sola classe. Di trenta alunni. Ci conoscevamo tutti. Conoscevamo persino i genitori e i nonni dei nostri compagni. E di nuovo, pensando a loro mi viene spontaneo usare il noi.
C'era un oceano a dividermi da tutto quello.
Ivan, il mio migliore amico da sempre, mi aveva detto, con la sua solita aria da monello a cui perdoneresti ogni cosa, che quando mi sentivo sola potevo sempre scrivere o telefonare e poi mi aveva timidamente allungato un diario.
" E questo che cosa mi rappresenta?" avevo chiesto inarcando un sopracciglio.
" Ma quanto sei insensibile! E' un diario, no?"
" Questo lo vedo da me… Cos'è che mi vuoi dire ?"
" Dodici di noi, uno all'inizio di ogni mese dell'anno… Ti ha scritto qualcosa. Una specie di lettera… Insomma qualcosa che ti resti a parte i ricordi. Qualcosa che ti ricordi, per tutta la vita che per quanto tu ti possa sentire sola, non lo sei. Perché noi da qui, continuiamo a pensare a te e a tifare per te."
" Grazie. Sei uno scemo… Perché piangi?"
" Taci cretina! Lo stai facendo anche tu!"

Quella sera, io e Ivan andammo giù, al covo.
Il covo, come lo chiamavamo noi, era una costruzione in pietra mezza diroccata. Si trovava vicino alla ferrovia e noi lo avevamo eletto a nostro posto ideale.
Gli adulti non ci venivano mai o se lo facevano, noi non ce ne'eravamo mai accorti. In quel posto avevamo iniziato a portare un po' di cose, per renderlo più confortevole e un po' più nostro.
C'erano delle candele e una scatola di fiammiferi, posti vicino all'ingresso, così quando ci arrivavamo nelle sere invernali o nelle notti estive, non solo segnalavamo la nostra presenza , m avevamo anche un po' di luce.
Col passare degli anni, la cera colata si era saldata nelle varie rientranze delle pareti creando strani e astratte composizioni colorate, quasi fossero degli oggetti di arredamento.
Poi, avevamo iniziato a portare anche qualche lattina di birra, che nascondevamo sotto delle assi di legno… E anche delle sigarette…
Avevamo provato anche con una coperta ma non era durata.
La parete su cui ancora resisteva l'intonaco era piena di scritte.
Tutte fatte da noi.
Frasi di canzoni famose.
Pensieri nostri.
Alcune brevi poesie.
Mi guardavo attorno, cercando di imprimermi nella mente ogni dettaglio, per non dimenticarlo mai.
" Tanto non serve" aveva bruscamente rotto il silenzio Ivan
" Non serve che cosa?" avevo ribattuto io sfilandogli dalla mano la lattina di birra e facendo una faccia scontenta quando mi resi conto che era praticamente vuota.
" Non puoi ricordare ogni dettaglio. Ricorda solo i nostri sentimenti. Magari anche fra di essi ricorda solo quelli più positivi." Disse di nuovo sorridendo.
" Mi leggi sempre nel pensiero, eh?" dissi derisoria sapendo bene che aveva di nuovo fatto centro.
" Allora, adesso che te ne vai me lo puoi anche confessare… A chi hai dato il tuo primo bacio?"
" Ma sentilo questo qui! Che razza di curioso!" ribattei ridacchiando
" Allora hai baciato qualcuno! Chi è? Uno che hai conosciuto al mare?" chiese lui, mentre gli occhi verdi brillavno curiosi e pieni di affetto alla debole luce delle candele.
" No, davvero. Non ho ancora baciato nessuno."
"Nemmeno io."
E non avevo motivi per non credergli.
"Credi che… Se provassimo a… Baciarci, io e te… sarebbe un male?" chiese lui titubante.
"E questa da dove ti viene fuori? Dalla birra?" ribattei inarcando un sopracciglio.
" No. Ci ho pensato a lungo. E' da una settimana che ci rimurgino sopra. Tutti hanno già baciato qualcuno. Tutti si sono già presi la prima cotta. Solo io e te… siamo immuni a questa specie di epidemia che pare essere scoppiata nel gruppo."
" Quindi lo faresti tanto per essere al pari con gli altri? " chiesi sorridendo di più. anch'io lo avevo pensato a volte. Mi sarebbe piaciuto baciare qualcuno come le mie amiche mi avevano raccontato. Avrei voluto sentire anch'io le loro emozioni, perché mi pareva di essere tagliata fuori dal gruppo… Però nello stesso tempo, questi miei sentimenti non erano così forti da farmi dare un bacio a qualcuno che non fosse più che speciale.
" Non lo so. Io so solo che quando penso a chi vorrei baciare… La sola che mi viene in mente sei tu. Però so che non sarebbe un bacio pieno di passione e di amore. So che non sentirei il cuore battere a mille, le mani sudare e tutte quelle altre cose che raccontato. Però io so di volerti un bene dell' anima."
" Anch'io. Ti voglio tantissimo bene. Come ad un fratello. E se ti baciassi, sarebbe esattamente come baciare mio fratello. Non potrei mai intenderlo e farlo in altro modo." Ammisi
"Dio, che situazione imbarazzante ho creato!" sospirò lui passandosi una mano nei capelli. Le ciocche spettinate si piegarono sotto il suo tocco, per poi riprendere la piega originaria, frutto di ore e ore di phono e spazzola e gel.
" Io non sono imbarazzata." Gli dissi accucciandomi davanti a lui.
Per un momento ci guardammo in faccia, seri.
Ivan aveva la pelle del volto ancora perfettamente liscia, una spruzzata di lentiggini sul naso dritto e impertinente, gli occhi verdi come le foglie novelle delle betulle. Il volto era regolare, gentile e dolce. Le sopracciglia erano appuntite e gli davano un vago sentore di folletto o di elfo… Il piercing nel mento pareva stonato nell'insieme. Eppure dopo il primo attimo di perplessità invece gli dava qualcosa di seducente… Una sorta di ammiccamento…
Sentii le dita di Ivan scorrere sulla mia pelle e abbassai lo sguardo.
Quelle mani gentili, dalle dita lunghe e dalle unghie cortissime stavano ripercorrendo il disegno che l'inchiostro aveva inciso nella mia pelle.
" Sai… Credo che alla fine, questo tatuaggio sia quello che meglio ti si addica." mi disse.
" Io preferivo la spada col serpente, ma era davvero troppo grosso e caro. Ho fatto una faticaccia a raccogliere i soldi per questo, figuriamoci se dovevo risparmiare una cifra doppia!"
" Però, pensaci bene… Le rose paiono così delicate… sono così belle… Ma se vai oltre l'apparenza, non sono fiori fragili. Hanno le spine, che graffiano e feriscono per difenderle."
Gli gettai le braccia al collo.
"Non voglio andare…" mormorai contro il suo collo.
Lui rispose all'abbraccio con una forza che non credevo potesse avere.

Il primo mese, dopo il trasferimento della mia famiglia nella nuova città fu il più difficile. Adattarmi ad una lingua straniera quasi del tutto sconosciuta, cambiare quasi radicalmente le mie abitudini alimentari e i miei ritmi di vita era una cosa piuttosto difficile. Mia madre diceva che era un periodo di transizione. Ed io capivo che nemmeno per lei era facile. L'unico che pareva non risentire troppo della nuova situazione era mio padre. Effettivamente per lui non era cambiato molto. Continuava a fare il suo lavoro, conosceva i nuovi colleghi perché essendo il legale rappresentate della ditta aveva sempre girato presso le varie succursali estere e conosceva quasi tutti.
Chiusi di colpo il quaderno e stropicciai gli occhi stanchi.
Come tutti i pomeriggi, non essendomi iscritta ad alcuna attività extrascolastica, mi ero rifugiata in biblioteca per fare i compiti. Mi piaceva quel posto. Era silenzioso, tranquillo e pieno di studenti che si facevano i fattacci propri. E poi era anche comodo. Potevo trovare molti libri da cui prendere le informazioni e la bibliotecaria, una ragazza di circa ventidue, ventitre anni mi aveva in simpatia e spesso veniva a sedersi al mio fianco, aiutandomi.
"Ma tu sei sempre sola? Non hai qualche amica che ti possa aiutare?" mi aveva chiesto un giorno, quando mi aveva vista particolarmente impanicata su un questionario.
" Veramente no." Avevo sussurrato in risposta.
" Vediamo se posso aiutarti io. Dopotutto non è passato poi così tanto tempo da quando mi sono dilomata. In che classe sei?"
" Seconda sei." Avevo risposto laconica.
"Umh… non sei stata molto fortunata. E' una delle peggiori dell'istituto… Compagni difficili, eh?"
" Non saprei. Non li conosco."
" Ma dai! Dopo un mese mi vuoi dire che ancora non conosci i loro nomi? E pensare che trattandosi di una classe difficili sono anche pochi gli elementi!"
" Diciotto compresa la sottoscritta. Ma se mi dici che faccia abbiano i miei compagni… avrei davvero delle difficoltà."
" Però Shiba lo hai notato di sicuro! E' così carino! Anche se è un vero teppista!"
" Shiba?"
" Ma si, dai! Quello che l'altro giorno aveva i capelli azzuri!"
Corrugai la fronte e feci un mezzo ghigno. " Ho capito. Credo di stargli sulle palle mica male."
" Perché dici questo?"
" Sensazioni."
"Se così fosse credo che ti renderà la vita scolastica un vero inferno… E' tanto bello quanto bastardo."
" Vedremo. Adesso mi puoi dire cosa significano questi disegnini? " chiesi indicando una riga.
Lei ridacchiò coprendosi la bocca con la mano.
" Ma allora il tuo problema non è che non sai le cose! E' che non capisci le domande!" sbottò come se avesse scoperto l' America.
Da allora la biblioteca era il mio angolo di paradiso.
Però quel pomeriggio Ayame, la mia amica non c'era e così mi ero arrangiata da sola e adesso che avevo finito mi resi conto che mi dispiaceva andarmene a casa, per chiudermi in camera mia e pensare alle tremila cose che prima avevo e adesso non più.
Sospirai e iniziai a mettere via i quaderni quando nella biblioteca scese un innaturale silenzio.
Voltai il capo verso la porta, per curiosità forse, o forse per una specie di sesto senso che mi mise in allarme.
Shiba era fermo sulla porta d'ingresso, con in volto in sorriso che mi parve crudele. Dietro di lui venivano i suoi fidi leccapiedi. Dato che con me non avevano nulla a che fare, mi disinteressai a loro e continuai a sistemare le mie cose.
La sola cosa che sapevo di quel tipo era che si chiamava Yuu, che suo padre era un personaggio di spicco nella politica e che faceva ingenti donazioni alla scuola, per cui suo figlio faceva un po' il bello e il cattivo tempo. Basta che mi lasciasse in pace e per me poteva fare tutto quello che voleva.
Lui avanzò nel locale. I suoi stivali avevano degli sproni di metallo che facevano un fastidioso rumore contro il marmo del pavimento. Sentii i suoi passi avvicinarsi.
" Storm! E' opera tua, vero?!?!" urlò facendo sobbalzare gli altri occupanti della biblioteca. Alcuni se la diedero prudentemente a gambe.
Sollevai la testa e lo fissai impassibile. "Cosa?" chiesi
"Questo!" sbottò di nuovo lui sventolandomi sotto il naso un foglio di carta.
" Se lo tenessi fermo potrei capire di che si tratta" dissi fissandolo dritto negli occhi.
Grave errore.
Quel gesto venne interpretato come un atto di sfida o di ribellione alla sua indiscussa autorità.
" Ma la pagherai cara! Giuro che ti farò piangere ogni giorno che metterai piede in aula!" urlò la sua minaccia.
Mi alzai con calma e raccolsi la cartella da terra. A colpo d'occhio capii che eravamo alti più o meno uguali, anche se io portavo i tacchi e così facendo il giro del tavolo gli arrivai davanti.
Lo fissai di nuovo dritto negli occhi. "Sei ridicolo." Gli dissi abbastanza forte perché tutti potessero sentire e poi gli voltai le spalle, mollandolo lì.

Le conseguenze di quella specie di discussione si fecero sentire immediatamente dal giorno seguente.
Per il resto della scuola ero diventata una specie di teppista o di pazza. Lungo il corridoio sentii parecchi sguardi puntati su di me, e nessuno amichevole. Anche i mormorii alle mie spalle cessavano al mio passaggio per poi riprendere con più insistenza. La cosa non mi interessava.
Due anni. Due anni era il tempo che mi ero imposta di resistere, poi sarei tornata a casa. Che ai miei genitori stesse bene oppure no.
La sola cosa che dovevo fare era tirare a campare. Non farmi bocciare, tenere una buona media scolastica, evitare tutto il resto. Soprattutto di farmi notare. Mi pareva una cosa semplice. Adesso invece, per colpa di un deficiente a cui la tinta aveva lesionato l'unico neurone che possedeva tutti gli sguardi erano puntati sulla sottoscritta.
Raggiunsi il mio armadietto e corrugai la fronte per nulla contenta di quello che vedevo. L'antina di metallo era stata diventa, probabilmente con un piede di porco a giudicare dai segni che si vedevano. Il contenuto del mio armadietto era sparso a terra e una bambolina con addosso un kimono bianco su cu era stato scritto il mio nome stava simpaticamente impiccata al gancio dove i ragazzi appendevano le cravatte.
Senza dire una parola mi chinai per raccogliere i fogli sparpagliati a terra e un moto di irritazione mi colse quando notai che non solo le pagine dei quaderni erano state strappate ma pure pasticciate.
I miei capelli castani scivolarono in avanti, coprendo il mio volto.
"Adesso frigna" disse qualcuno eccitato.
Gli altri studenti facevano semicerchio alle mie spalle, ma nessuno si fece avanti per aiutarmi. Un professore ci richiamò all'ordine.
"Che sta succedendo?!" chiese dirigendosi a passi rapidi verso di noi. Osservò la scena poi scosse le spalle. "Le solite ragazzate." Sentenziò. Mi alzai in piedi e l'uomo fece un passo indietro, dato che ero più alta di lui e non voleva sollevare il capo per guardarmi, come se farlo gli avesse dato un certo svantaggio. " Posso avere un nuovo armadietto o sperare che questo venga riparato, per cortesia?" chiesi assolutamente senza tono. Lui sbattè le palpebre poi evidentemente a secco di parole disse " C-certamente. Mi segua."
E così arrivai in classe in ritardo.
Shiba fece un ghigno che parlava da solo quando aprii la porta per entrare in aula e il professor Kobayashi mi trapassò con lo sguardo. Quel pignolo era uno che non tollerava i ritardatari e sebbene io non gli avessi mai dato motivo di irritarsi con me, fino a quel giorno, era più che evidente che voleva impartirmi una lezione esemplare. D'altra parte, un po' mi pareva di capire la sua frustrazione, nell'avere a che fare con elementi come quello tinto d'azzurro.
"Scusi il ritardo. Il mio armadietto ha avuto un incontro con un piede di porco da cui è uscito perdente. Ho perso tempo per farmene assegnare temporaneamente un altro. Se non mi crede può chiedere in presidenza e il vicepreside glielo confermerà. Posso chiederle di farmi assistere lo stesso alla lezione?" chiesi facendo un inchino.
" Che la cosa non si ripeta mai più." disse aspro mentre ringraziando mi diressi al mio posto e qui ebbi la seconda sorpresina. Il mio banco era sparito.
"Cosa aspetta a sedersi?" chiese sprezzante.
"Dove?" chiesi non riuscendo a trattenere l'ironia. Capii troppo tardi di aver commesso un grave errore. Adesso i miei nemici erano aumentati di una unità.
"Al suo posto, ovviamente!" ringhiò l'uomo ed io fissai lo spazio vuoto davanti a me.
"Scusi, ho preso un abbaglio" sospirai posando la cartella a terra e fingendo di sedermi ad un posto inesistente mi misi in ginocchio.
Ricordo di aver ringraziato il cielo che il pavimento fosse liscio e regolare.
Ad un tratto mi sentii osservata e sollevai lo sguardo.
Il ragazzo dai capelli azzurri era voltato verso di me e i suoi occhi scuri mandavano lampi di collera. Per un momento pensai di avere le allucinazioni e sbattei le palpebre confusa.
Il suo volto, visto di scorcio, con quella particolare luce che entrava dalla finestra mi era parso un po' simile a quello di Ivan.
*Lo sapevo che prima o poi avrei iniziato a dare segni di squilibrio mentale. Scommetto che quel bastardo non somiglia al mio amico nemmeno nel pisciare!* pensai riportando l'attenzione a quello che veniva scritto alla lavagna e cercando di ignorare quegli occhi puntati su di me. La guerra era solo all'inizio ed io dovevo essere forte e vincere la maggior parte delle battaglie. Non era importante se qualche volta avrei pianto o fossi stata sbattuta a terra, ma era importante che cercassi sempre la forza per rialzarmi. * Ah. Se solo Ivan fosse qui! O uno qualsiasi degli altri ragazzi… Dio, quanto mi mancano!* pensai mordicchiandomi il labbro inferiore.



Ciao a tutti !!!!
Dal momento che questa è la prima volta che scrivo qualcosa che non sia una fic ispirata ad un manga esistente non so se questa storia possa piacere o meno, quindi aspetto i vostri commenti per continuarla o meno!
E visto che tutti i personaggi sono di mia invenzione ditemi anche chi vi piace di più.
A presto!
Maybe….





 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
-heaven- - Voto: 05/05/11 00:01
E' una storia splendida, letta anni fa e mai dimenticata.
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
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