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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: One Piece
Titolo Fanfic: L`ORECCHINO
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: saja galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 30/03/2004 19:08:33

è una fanfic zonam dedicata a un`amica.
 
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CAPITOLO UNICO
- Capitolo 1° -

Lo so che è un pò tardi per metterla on-line, che questa fanfic dovevo pubblicarla il mese scorso perchè è il regalo di compleanno di Dark-ronin, ma il mio computer è andato in tilt a metà febbraio ed è stato in vacanza fino alla fine di marzo quindi...
Che dire di +?
Come sempre è una ZoNam.
Un grosso saluto a tutti e soprattutto a Dark-ronin (una grande!).
_______________________________________________

“Sei mai stata innamorata?” le parole di Bibi la colpirono al cuore…
Stette in silenzio per qualche secondo, infine si decise a guardare l’amica.
“Si” ammise, più a se stessa che all’altra “una volta, ma accadde tanto tempo fa e poi ero poco più che una bambina…”.
“E com’era?” chiese sempre più curiosa l’altra sedendosi sul letto.
“Chi?” domanda stupida della rossa.
“Il tuo amore” un sorriso sulle labbra dell’altra.
“Te l’ho detto ero poco più che una bambina, forse non me lo ricordo nemmeno”.
“E tu prova”.
La cartografa sospirò, tra l’irritato e il divertito. Non amava parlare molto di questa cosa, le metteva nostalgia e tristezza.
“Te l’ho detto non ricordo molto di lui” sbuffò dopo essersi messa la maglia del largo pigiama che indossava per poi sedersi sul letto accanto alla principessa.
“Dai!” la incitò l’altra.
“Ok… Era un ragazzino strano, aveva più o meno la mia età, la sua immagine è un po’ sfuocata e l’unica cosa che ricordo è che portava un orecchino blu sul lobo sinistro”.
Ma questo a Bibi non bastava.
“è successo un giorno, volevo andarmene da Arlong, volevo scappare, avevo troppe volte sofferto per una causa sbagliata e non volevo più far del male a nessuno”.
“Ma tu non hai mai…”.
“Si invece” sospirò portandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio con una mano “io lavoravo per quell’aguzzino, in qualche modo centravo anch’io”.
“e così pensavo di aver messo a punto un buon piano, una notte riuscì in qualche modo a scappare e a rubare una barca ancorata al porto. Non sapevo dove volessi andare, l’unica cosa che sapevo per certo era che volevo scappare via lontano da quel posto, da quella stanza. L’alba mi sorprese quando stavo attraccando al porto di una strana isola, non ricordo di averla mai disegnata, forse non ne sapevo nemmeno l’esistenza, ma ero troppo stanca per navigare ancora, così decisi di fermarmi cercando di nascondermi il più possibile da occhi indiscreti.
Mi avventurai per una stradina che mi avrebbe portato poi al villaggio più vicino. Ero stanca e affamata ma quelle erano cose di secondaria importanza, tutti i miei pensieri erano concentrati sul fuggire. Volevo e dovevo fuggire da loro, da quegli orribili uomini-pesce!
Dopo un’oretta o due di cammino vidi in lontananza le prime case del villaggio, le persone iniziarono a passarmi accanto senza darmi troppa importanza e io non ne davo a loro.
I bambini giocavano tra di loro, le massaie erano intente nel loro lavoro e gli uomini andavano a lavorare nei campi o a pesca.
Feci ancora qualche passo prima di cadere svenuta dalla fame e dal sonno davanti alla porta di una casa”.

Nami si fermò, chiuse gli occhi e portò le ginocchia al petto dopo essersi seduta meglio sopra il letto con la schiena contro il muro.
“E…”.
La rossa guardò l’amica.
“E… poi cos’accadde?” chiese l’altra nel tentativo di farla continuare visto che era nel pieno del racconto.
“Quando mi risvegliai ero in un letto, piccolo a dir la verità, ma molto comodo. Una donna mi stava sistemando una pezza bagnata sulla fronte, aveva il profumo di mia madre, Bellmer… di rose e mandarini… di buono e di gentile.
Mi sorrise, appena vide che il mio sguardo si era posato su di lei e mi chiese il mio nome esortando poco dopo un bambino a portargli il piatto con la minestra calda che aveva lasciato apposta per me.
‘Hai fame immagino… Nami…’ mi disse, io continuavo a stare sulla difensiva, non sapevo chi fosse e non sapevo se fidarmi o meno.
‘Tieni, su prendi, è calda’ continuò lei porgendomela con maggiore insistenza.
Ma ancora io non sapevo se accettarla o meno. Lo sguardo della donna si fece serio e triste.
‘Ma guarda te questa...’ s’intromise il bambino che solo allora notai, si era fermato ai piedi del letto ‘Mamma facevi prima a mangiartela tu quella minestra, alla fine hai rinunciato al tuo pranzo per una mocciosetta che si crede troppo nobile per mangiare della semplice minestra’.
‘Piantala!’ gli urlò contro allora la donna dandogli uno scapellotto bonario in testa. ’E vedi di essere più gentile con i nostri ospiti. Capito?’.
L’altro sbuffò ‘Si ma…’ tentò di parlare prima che gli risposi.
‘Io…Io non sono nobile, né tanto meno una mocciosetta!’ risposi per le rime, prima di prendere la scodella e mangiare la minestra.
‘Buona grazie!’ sorrisi quando ebbi finito, la donna ricambiò il mio sorriso e si rivolse al ragazzino.
‘Bravo l’hai fatta magiare e ora va ad allenarti e cerca di tornare presto!’.
Il bambino senza aggiungere altro uscì dalla porta ma la madre, uscendo anche lei, lo prese per il colletto del kimono che indossava e lo riportò dentro.
‘Saluta’ ordinò perentoria.
‘Ciao’ brontolò lui prima di correre fuori con una spada di legno in una mano e senza aspettare una mia risposta.
‘Scusalo ancora’ tornò a parlare la donna dopo aver ripreso la scodella vuota ‘ma non so proprio da chi abbia preso, nè io, nè suo padre siamo mai stati così. Infondo però se lo conosci, dietro quell’espressione da duro si nasconde un bambino fantastico, gentile e onesto, basta solo conoscerlo…’ il suo sorriso era materno e sincero, mi ritornò in mente Bellmer e divenni triste.
‘Che c’è?’ si riavvicinò al letto dopo essere stata in cucina.
Prese una sedia e si avvicinò a me. ‘Allora piccola chi sei? Ti va di parlarmi un po’ di te? Dove sono i tuoi?’.
Le raccontai a grandi linee la mia storia e quando ebbi finito il viso della donna aveva mutato espressione.
‘Povera piccola’ disse alzandosi e abbracciandomi ‘ora che intenzioni hai?’. Stetti un attimo imbambolata a guardarla e poi volsi il mio sguardo alle lenzuola. Non sapevo proprio cosa fare.
Ero scappata, questo era vero, ma mia sorella, Genzo e tutti gli abitanti del villaggio di Coco erano ancora nel pugno di Arlong…”.

Nami fece vagare lo sguardo per la stanza, i ragazzi erano ancora svegli e di là si potevano sentire tutti i rumori possibili: urla, vetri rotti, probabilmente qualche bottiglia lanciata di qua e di la, risa…
Poi una voce fece per un secondo zittire tutti.
“Silenzio! Le mie bellezze stanno già dormendo, non vorreste svegliarle… cafoni!”, poi la stessa voce si fece risentire “Hey Rufy piantala! Sta lontano da… quella carne!”.
La rossa rise divertita, seguita a ruota dalla principessa, poi la prima continuò.
“La donna si era alzata, aveva pensato che era meglio lasciarmi sola con i miei pensieri ma io poco dopo la seguì. Era seduta su una sedia intenta a cucire e stava cantando una canzone dolce, mi avvicinai sedendomi su un’altra sedia e poggiai le braccia sul tavolo mettendoci sopra la testa; mi misi a guardarla, la sua mano lasciò l’ago e si avvicinò a me,accarezzò i capelli lentamente mentre io mi cullavo in quella ‘ninna nanna’. Restammo lì per parecchio tempo. Presto fu sera.
All’imbrunire il bambino tornò da noi.
‘Ah eccoti qui finalmente!’ disse lei notando la sua presenza, ‘Ho una commisione per te’ continuò prendendo alcuni vestiti da uno scaffale ‘porta questi alla sig.ra Hisako giù al porto e questa volta ricordati di farti pagare’.
‘Si’ annuì il ragazzino prima di dirigersi alla porta.
‘Aspetta… Nami vuoi andare con lui?’.
Restai un attimo titubante, alzando la testa dal tavolo.
‘Una bella camminata ti farà bene’ continuò la donna.
‘Guarda che non ti mangio mica sai?’ mi disse lui mostrandomi un sorrissetto sadico, prima che un altro scappellotto della madre arrivasse dritto a destinazione.
‘Brutto insensibile, quante volte ti ho detto di non trattare così i nostri ospiti?! Su vai, appena torni a casa ti preparerò la cena’.
‘A… Aspettami!’ gli urlai scendendo giù dalla sedia e salutando velocemente la donna, mentre lui era già fuori dalla porta.

Camminavamo in silenzio già da diversi minuti e fu solo allora che notai l’orecchino che brillava alla luce della luna.
‘Non ho mai visto un ragazzo con un orecchino’.
‘Me lo ha regalato mio padre quando il maestro mi ha dato questa spada’ rispose orgoglioso sia dell’uno che dell’altra cosa.
Solo allora notai la spada legata al fianco sinistro.
‘Quando torna a casa tuo padre? Mi piacerebbe conoscerlo e…’ chiesi.
‘è morto’ disse in un soffio continuando a guardare davanti a lui.
‘Mi… mi dispiace…’ balbettai e lo ero davvero.
‘Cose che capitano’ rispose senza scomporsi troppo.
‘Co…’.
‘Era un pirata, un capitano in verità, un giorno qualcuno ha avuto la brillante idea di sparargli alle spalle e lo hanno ucciso’ si era fermato e ora teneva gli occhi bassi, poi guardò me.
‘Ti va bene come risposta?!’.

‘Dicono che i pirati siano gente cattiva’ parlò rompendo il silenzio che si era venuto a creare. ‘è vero?’.
‘Io lavoro per una banda di pirati, ma non sono gente buona, hanno anche ucciso la mia mamma e molte altre persone del mio villaggio’.
‘Allora sono gente cattiva! Anche il mio papà lo era’.
‘No! Magari il tuo papà era buono!’.
Lui scosse il capo ‘Magari…’ sospirò.
‘Sai’ disse poi cambiando argomento ‘tu mi ricordi un redcrab del mare’.
Restai con il naso a mezz’aria prima di formulare la domanda.
‘Cos’è un redcrab?’ chiesi.
‘Un granchio’ rise lui.
‘Un granchio?’ domandai non capendo il significato. Il bambino si mise a ridere più forte e a correre.
‘Sbrigati!’ urlò ‘Che mi è venuta fame!’.
‘Hey aspettami! Risposi iniziando a correre anch’io.
Arrivammo a casa della sig.ra Hisako entrambi con il fiatone. Bussammo ripetutamente ma non ottenemmo risposta.
‘Sarà uscita’ dissi innocentemente ‘Magari sarà venuta al villaggio e…’.Quel ragazzino fu un lampo, mi tappò la bocca con una mano e mi intimò di tacere. Senza che io sapessi quello che realmente stava accandendo mi condusse dietro un albero e mi lasciò finalmente andare.
‘Ma si può sapere che…’.
‘Sttttt’ mi intimò ancora, prima che il suo sguardo si dirigesse alla casa. Da lì uscì Arlong con altri suoi uomini. Repressi un grido di orrore.
‘Che c’è?’ chiese sottovoce lui. Gli indicai con la testa gli uomini-pesce. ‘Loro! Sono loro i pirati cattivi per cui lavoro’.
‘Complimenti per la scelta della compagnia’ per la seconda volta vidi il suo sorrisino ironico disegnarsi sulla faccia.
‘Guarda che non è stata una scelta… l’ho dovuto fare, fare e basta!’. Ma quello non mi ascoltava più. Aveva estratto di poco la spada dal fodero e ora stava scrutando ogni movimento di Arlong e dei suoi.
‘Nami…’ mi chiamò poi.
‘Uhm?’.
‘Torna al villaggio, di a mia mamma di chiamare rinforzi, di che ci sono dei pirati’.
‘E tu?’.
‘Io sto qui e li tengo a bada, se ci sarà bisogno combatterò un po’. Lanciò uno sguardo alla spada che aveva al fianco.
‘No!’.
‘Cosa?’.
‘Ho detto no. Dammi retta conosco quella gente! Ti faranno a pezzetti in men che non si dica’.
‘Non mi hai mai visto combattere, sono il migliore nel mio villaggio’.
‘Non ha importanza’ scossi la testa ‘quelli ti faranno a fettine’.
‘Mocciosetta, stai forse dicendo che non sono in grado di combattere contro dei pirati?’.
‘Senti come te lo devo ripetere che non sono una mocciosetta eh? Testa d’asino!’
‘Strega! e come te lo devo dire che so combattere con la spada meglio di come so camminare?’.
‘Ah! Siam messi bene! Testa di cavolo’.
‘Granchio’.
‘…’.
‘Guarda guarda chi abbiamo qui! Arlong abbiamo trovato quella mocciosetta della cartografa’. Il primo uomo-pesce chiamò l’attenzione degli altri.
‘Ah! Mi era sembrato di sentire delle voci’ sorrise un altro.
‘Vai, scappa!’ urlò allora il ragazzino dopo avere tolto dal fodero la spada.
‘E io ti ho detto di no!’ lo rimproverai io.
‘E invece ti dico che devi andare! Mi vuoi dare ascolto almeno una volta!’.
‘Hey guardate! La mocciosetta ha trovato il fidanzatino!’.
‘Lui non è il mio fidanzato!’ urlai.
‘Fossi matto!’ intervenne lui.
‘E perché?’.
‘Perché sei testarda come un mulo!’.
‘E tu allora?’.
Gli uomini-pesce scoppiarono a ridere.
‘Avete sentito! Litigano già come marito e moglie’.
‘Fidanzatino o non fidanzatino tu torni con noi’ gli interruppe Arlong la quale mano si faceva pericolosamente vicina.
La spada si posò su essa. Poi un sibilo ‘Lasciala stare!’.
‘Toh! Guardate il bamboccio è anche coraggioso, sta sfidando il grande Arlong in persona’.
‘Ascolta ragazzo… sei ancora giovane e probabilmente non conosci la mia forza e per questo se starai buono ti lascerò in vita’. Spostò di lato la spada e di nuovo la mano si stava avvicinando pericolosa a me.

Mi sentii sollevare come il vento mentre si strinsero attorno alle mie gambe un paio di braccia.
‘Ma cos…’. Il ragazzino stava correndo come un fulmine, non riuscivo a capire dove volesse arrivare. Ci avventurammo in una foresta, tra il porto e il villaggio. Si fermò solo in prossimità di un laghetto.
‘Perché lo hai fatto?’ Se non ci trovano sono capaci di distruggere il villaggio ora che ne conoscono l’esistenza!’.
‘Secondo me verranno qui. Anche perché già ci sono’ rispose calmo mentre guardava verso l’inizio del bosco con le braccia incrociate sul corpo.
‘Ti ho già dato troppi problemi, lasciami andare!’.
‘E perché?’.
‘Uhm?’.
‘Perché dovrei lasciarti andare da quei bastardi? Tanto ora che conoscono l’esistenza del villaggio lo aggrediranno comunque’.
Restai in silenzio. Era vero! A causa mia un altro villaggio stava per perdere la propria autonomia per annettersi al grande Arlong Park.
‘Ma non mi arrenderò di certo senza combattere!’ tornò con la mano sulla spada.
‘Aspetta’ lo fermai io avvicinandomi e mettendogli una mia mano sul braccio che forte impugnava la spada.
‘Come pensi di farcela da solo? Lascia che io ritorni da loro e magari… Arlong è stato magnanimo con te poco fa… può darsi che se ritorno, lui se ne andrà di qui senza saccheggiare il villaggio’.
‘Ma tornerà e allora non saremo preparati’.
‘Neanche adesso’.
‘Io si’.
‘Non ce la farai da solo’.
‘Ancora con questa storia? Come te lo devo dire mocciosa che…’.
‘Non è un gioco!’.
‘Lo so. Ma è la mia vita, la mia gente, la mia casa’.
Lo fissai negli occhi… erano… neri, si neri… e impenetrabili…
‘Non lascerò che un altro innocente ci lasci la pelle’.
‘Arrivati a questo punto… dove stai andando?!’ mi strattonò per un braccio dopo aver visto che avevo tutta l’intenzione di dileguarmi.
‘Prenderò la barca con cui sono venuta e cercherò di farmi inseguire da loro. Infondo è per questo che sono venuti fin qui’.
Lui stava in silenzio a fissarmi. Poi mi posò una mano su una spalla. ‘Se te ne vai tu, verrò via anch’io’.
‘Non puoi salvare capra e cavoli’.
‘Se è vero che ti seguiranno, per prima cosa salvo la capra’.
‘Stupido!’.
‘Incosciente!’.
Si avvicinò con la faccia baciandomi lievemente sulle labbra con le sue.
‘Ma cos’hai fatto?’ chiesi tra il sorpreso e lo spaesato.
‘Papà lo faceva sempre con la mamma e mi ha sempre detto che dovevo farlo alla ragazza a cui avrei voluto bene’. Mugugnò quasi a testa bassa.
Risi. ‘Mi hai appena detto che mi vuoi bene’.
‘E allora?’.
‘Credevo il contrario’.
‘E perché sarei dovuto salire con te sulla barca? Per salvare la capra poi?’.
‘Asino’.
‘Capra!’.
Fu il turno mio a dargli quel piccolo bacio a fior di labbra.
‘E questo?’.
‘Anch’io ti voglio bene’.
Lui annuì, mentre ero riuscita a strappargli un vero sorriso.
‘Lasciami andare’.
‘No’.
‘Credimi è la soluzione migliore. Per tutti’.
‘Non voglio che tu lavori con gente del genere!’.
‘Neanch’io. Ma preferisco combattere da sola questa battaglia piuttosto di coinvolgere altri innocenti’.
‘Redcrab…’.
‘Perché?’.
‘Uhm?’.
‘Perché mi chiami redcrab?’.
‘Sei sicura di non aver mai visto un redcrab?’.
‘No’.
‘è un granchio, che vive da queste parti. È rosso e piccolo’.
Gli feci la linguaccia.
‘E bello’ finì lasciandomi a bocca aperta.
Poco dopo le sue mani andarono svelte all’orecchio sinistro.
‘Tieni’. Nelle mie brillava l’orecchino blu.
‘Ma è l’orecchino che ti ha regalato tuo padre’.
‘Tiello tu… tra poco imparerò ad usare due spade e quindi penso che me li ricomprerò nuovi’.
‘Ma…’.
‘Tiello’. Feci un passo ma lui mi fermò con la mano ben ancorata al mio braccio.
‘Quando sarò grande combatterò i pirati’.
‘Sarai un grande cacciatore di taglie’.
‘Lasciami andare ora’.
‘Fa come ti dice, ragazzino. Lascia Nami e il tuo villaggio sarà salvo. Parola di Arlong’.
‘Come se la tua parola valesse realmente’.
‘Piantala mocciosetta! Con te farò i conti più tardi’.
Lui non rispose, ma mi guardò con gli stessi occhi che aveva quando parlava di suo padre”.

Nami riprese fiato, scese dal letto e aprì un cassetto della scrivania. Poi mise sul tavolino la scatola, che poco dopo aprì. Lì brillava l’orecchino.
“è bellissimo!” A Bibi brillarono gli occhi.
“E che fine ha fatto quel ragazzo? Cos’è successo poi? È venuto a salvarti come aveva promesso?”.
L’altra abbassò il capo poi negò quasi piangendo.
“Io tornai con Arlong a Arlong Park e lui non mi disse mai cosa fosse realmente successo al villaggio di quel ragazzo, se fosse tornato per invaderlo o avesse mantenuto la sua promessa e lui… lui non è più tornato”.

“NAMI! NAMI!”.
“Piantala sciocco! Sta dormendo”.
Rufy e Sanji avevano fatto irruzione nella cabina delle ragazze.
“Dove si va domani?”.
“Ma Rufy devi proprio saperlo adesso?”.
“Ehm… si! Tanto mica dormivano!”.
“Oh Dolci sirene! Scusate questo cafone che… Oh! Dolce Nami perché stai piangendo? Dillo al tuo Sanji, magari troverà anche la maniera di consolarti!”.
“Nulla Sanji, non è nulla” chiuse velocemente la scatola che prese su tra vari incartamenti e robe varie. “Ciurma seguitemi in cucina!” disse cambiando espressione.
“Ehy quello lo devo dire io!” la informò Rufy visibilmente risentito.

Sederono tutti attorno al tavolo.
“Accidenti Rufy, ma che idee ti vengono a quest’ora di notte?” sbadigliò Usop.
“Sono d’accordo con te!” ammise Chopper che ne fece uno più grande del cannoniere.
Rolonoa intanto, in barba a tutti si era messo sul ponte e se ne stava lì a godersi il debole venticello estivo, ronfando di tanto in tanto.
Nami puntò per l’ultima volta il dito sulla cartina. “E qui!” finì, con un sorriso che contrastava con il sentimento che gli urlava ancora in petto.
Le faceva male sapere che lui non era più tornato. Forse Arlong lo aveva fatto fuori, forse lui era la fuori a dare la caccia ai pirati, forse i pirati lo avevano ucciso, forse…. Non lo sapeva, ma avrebbe continuato a sperare di rincontrarlo un giorno. Perché adesso era cambiata, come lo doveva essere lui, perché adesso aveva vinto la sua battaglia e non aveva bisogno di una famiglia, di qualcuno che la amasse come una figlia, una sorella… Aveva bisogno di qualcuno che la completasse e il ricordo sfuocato di quel bambino dagli occhi neri, le era rimasto per ben 10 anni chiuso nel cuore.
“Quindi mantenendo questa rotta dovremo arrivare alla prossima isola entro domani sera”.
Si sedette sulla panca e accarezzò la scatola che conteneva l’orecchino. Poi svogliatamente, per non far capire a nessuno quello che sentiva uscì sul ponte.
I ragazzi si decidettero ad andare a letto. Solo Bibi rimase in cucina. La luce accesa e la scatola aperta. Rimirava ancora l’orecchino.
Poi si decise ad uscire per consolare l’amica.

Rise alla vista della scena.
“Stupido perché devi sempre dormire nei posti più strani?”.
“Stupida tu! Perché mi devi sempre svegliare? Basta! Sei insopportabile! Io me ne vado! ‘notte!”.
“Vedo che Mr. Samurai sa come tirarti su il morale!”.
L’altra la guardò alzando le sopracciglia. “Ma che morale? Quello mi fa andare in bestia!”.
“Ti manca?”.
“Molto”.
“Sei sicura di non averlo mai più rivisto?!”.
“Ecco ad essere sincera… qualcuno c’è che gli somiglia…” disse guardando la schiena dello spadaccino che entrava in cucina.
“DAVVERO?!” chiese euforica la principessa. “Gli hai già parlato?”.
“Non è facile…”.
“Ma chi è?”.
“L’altra si fece scompigliare i capelli dal vento e sorrise a se stessa. “Segreto!”.
“Eddai!”.
L’altra scosse la testa.
“Ok, come vuoi, io me ne torno a letto!”.
“’Notte, ‘notte” rise la rossa ritrovando la felicità al pensiero che lui potesse essere…

Zoro rigirò l’oggetto tra le mani.
“Ma questo…” bisbigliò sorpreso.
“Lascialo stare” Bibi gli comparì alle spalle “è il regalo che il primo amore di Nami le ha fatto dopo averla salvata” finì con uno sbadiglio “’notte” disse poi, dirigendosi verso la cabina delle ragazze.
“… Nami…” sospirò lui, allora quella mocciosa era…
Finalmente i due visi si soprapposero… Lei e la bambina… Sorrise beffardo.
“Così la mocciosa… conserva ancora il mio primo orecchino…”.

FINE.
 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
silvestra89 - Voto: 11/09/09 16:35
è bellissimaaaaa!!!XD
D'accordo con il commento: 1 si - 0 no, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
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