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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: IL SOGNO DEL PRIGIONIERO
Genere: Introspettivo, Poesia
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: sailor-sun galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 24/03/2004 15:45:00

Una mia piccola invenzione, basata su altre fic che ho letto...probabilmente la prima poefic in assoluto
 
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IL SOGNO DEL PRIGIONIERO
- Capitolo 1° -

Salve a tutti.

Questo lavoro ha avuto origine nel mio cervellino circa un mese fa (oggi è il 24/3/'04) durante l'ora di italiano. Stavamo analizzando "Il sogno del prigioniero" di Moltale quando mi sono accorto delle affinità che questa poesia aveva con Harry Potter (di cui sono un fan), in particolar modo con Sirius Black, il prigioniero di Azkaban. Da qui, avendo gia visto altre fic sull'argomento, ho elaborato il significato dei versi di Moltale dal punto di vista di Sirius.

Spero vi piaccia.

Ah, visto che non ho mai visto una fic basata su di una poesia (non parlo di quelle inventate da altri Fanfic Writers, ovvimente), mi sono permesso di battezzare questo genere di fic (che suppongo di avere inventato) Poefic.

Se qualcuno avesse gia scritto fanfic simili, gli porgo le mie scuse.

Buona lettura.



IL SOGNO DEL PRIGIONIERO



Albe e notti qui variano per pochi segni.



Guardo fuori dalla piccola finestrella munita di sbarre. Non che ci sia molto da vedere, ma desidero guardare qualcosa che non siano i muri della mia cella. Il cielo è perennemente nuvoloso, e la luce che passa attraverso le nubi non mi aiuta a capire che ora sia. Anzi, non riesco a capire neanche se sia giorno oppure se sia già calata la sera. Ma perché penso a queste cose? Il tempo non ha significato, qui ad Azkaban.



Il zigazag degli storni sui battifredi

nei giorni di battaglia, mie sole ali,

un filo di aria polare,

l’occhio del capoguardia dallo spioncino,

crac di noci schiacciate, un oleoso

sfrigolio dalle cave, girarrosti

veri o supposti – ma la paglia è oro,

la lanterna vinosa è focolare

se dormendo mi credo ai tuoi piedi.



Osservo neri uccelli volare disordinatamente vicino alle torri di vedetta. Ma a che servono poi quei bastioni? A controllare che nessuno fugga? Chi mai potrebbe fuggire da Azkaban? Chi mai potrebbe avere ancora un briciolo di forza di volontà, di determinazione, di speranza, per poterlo anche solo pensare? Io. Io ci spero ancora. Ma questo non perché quei maledetti non siano ancora riusciti a strapparmi i ricordi felici che avevo prima di finire qui (Ma c’è stato quel tempo? O era solo una mia illusione?), no, quei ricordi non ce li ho più, ma in compenso ho un altro pensiero, di certo non piacevole, che mi rimbomba in continuazione nel cervello, e che nessuno dei miei carcerieri riuscirà mai a strapparmi: io sono innocente. Gia, io sono qui al posto di Peter…oh, ma un giorno la pagherà. Un giorno uscirò di qui, e lui dovrà saldare i conti con gli interessi. Torno a guardare fuori dalla finestra. Vorrei tanto avere le ali di quegli uccelli, per potere volare via da qui. Ora mi chiedo se non avrei fatto meglio a studiare per diventare un Animagus in grado di trasformarmi in uccello, invece che in un cane. Sicuramente ora mi sarebbe tornato utile. Dalla finestra entra una folata di vento gelato. So che questo carcere si trova su di un isola, ma non so in quale sperduto angolo del mondo si trovi. Però, dal gelo che mi attanaglia ogni giorno credo di trovarmi molto a nord. Oppure anche questo gelo è provocato dalla vicinanza dei Dissennatori? Gia, forse è così. Quando il freddo aumenta, significa che uno di loro è dietro alla porta della mia cella, e mi osserva dalla feritoia. (Ma mi possono osservare? Come possono vedere, se non hanno nulla al posto degli occhi, solo due nere voragini?) Vorrei sapere che cos’hanno da guardare. (Sempre che possano farlo) Desiderano osservare le nostre espressioni terrorizzate? Vogliono vedere le posizioni scomposte in cui ci svegliamo, dopo aver passato la notte ad urlare nel sonno? Probabilmente il nostro dolore li gratifica, procura loro un piacere sadico. Gia, il nostro dolore, perché io non sono il solo ad essere qui. Anche se non c’è nulla che me lo faccia pensare, a parte le urla che sento ogni notte, quando mi sveglio di soprassalto dal mio incubo quotidiano. A volte le sento anche di giorno. Questa è la prigione dei maghi, dove vengono rinchiusi tutti i Mangiamorte catturati dagli Auror. Sono loro ad emettere quelle urla strazianti. Ma a volte sento anche altri rumori. Rumori di cose che si rompono, come le noci schiacciate, o sfrigolii, come il rumore che fa il cibo quando cuoce. Gia, il cibo. Come si fa a non pensarci, quando, oltre che dal freddo, si è tormentati in continuazione dalla fame? Alla fine ci si riduce ad immaginare persino l’odore del cibo, che sia di pollo oppure di frutta, quando invece l’intero carcere è saturato da un’indicibile puzza di muffa. I pasti che ci portano non sono mai un gran che, e, in ogni caso, quel poco che ci danno da mangiare a volte non viene neppure toccato. A che serve continuare a mangiare, a vivere, per dover poi continuare a restare qui? Meglio morire di fame. Ma io mangio. Ingurgito ogni più piccola briciola per poter restare in forze, per potere essere pronto a scappare da questa prigione. E per di più, dopo aver mangiato, rovescio il vassoio per terra, per far credere alle guardie di avere spedito il cibo sul pavimento, come fanno in molti qui. E’ incredibile come sia potuto restare così lucido e scaltro, dopo tutto il tempo che ho trascorso in questo inferno. Quei rumori continuano. Forse ora capisco che cosa sono. Non essendoci mobili di alcun genere nelle celle, le uniche cose che si possono rompere sono le ossa dei prigionieri, e gli sfrigolii…non riesco neanche ad immaginarlo. A quei maledetti non basta ridurci a delle larve umane? Ci devono anche torturare? Ma, in fondo, quegli esseri sono demoni, ed è nella loro natura tormentare gli uomini. Anche solo questa consapevolezza basterebbe per impazzire, ma io ho scoperto una cosa: i Dissennatori possono toglierti i bei ricordi, ma non l’immaginazione, ed è proprio dell’immaginazione che mi servo per preservare la mia salute mentale. La paglia su cui dormo è in realtà una coperta dorata, la piccola lampada che illumina la mia cella è un camino che mi riscalda. Tutto questo è reso ancora più bello se mi immagino che tu sia qui con me…Remus.



La purga dura da sempre, senza un perché.

Dicono che chi abiura e sottoscrive

può salvarsi da questo sterminio d’oche;

che chi obiurga se stesso ma tradisce

e vende carne d’altri, afferra il mestolo

anzi che terminare nel patè

destinato agl’Iddii pestilenziali.



Ho perso la concezione del tempo. Da quanto tempo sono qui? Forse da sempre. E cosa ci faccio qui? Non ho motivo di essere qui: io sono innocente! Continuo ad urlarlo al vuoto, per convincere più me stesso che le guardie. A loro non importa se chi è rinchiuso qui è colpevole o no, a loro basta avere attorno più umani possibili, per potersi nutrire delle loro emozioni, dei loro bei ricordi. E’ questo che fanno, infatti: ti strappano i ricordi e si nutrono di essi. Continuo a pensare al modo di uscire di qui, a come evadere, quando invece c’è un altro modo per andarsene da questo posto, molto più facile: confessare le proprie colpe e dare i nomi di coloro che erano in combutta con Voldemort e che finora sono riusciti a sfuggire alla cattura. Ne basta solo uno: basta solo condannare un altro Mangiamorte per essere scarcerato, per passare da vittima a carnefice, per poter essere ammesso al banchetto degli aguzzini, alimentando la propria libertà con il dolore che si procura al nuovo inquilino di Azkaban. Ma io non lo farò: non accuserò nessuno. (Anche perché non saprei chi accusare: non sono un Mangiamorte.) Non diventerò uno di quei carnefici che rinchiudono i loro compagni qui dentro come se fossero oche, vittime sacrificali da divorare per saziare la propria fame di libertà. Accidenti, non riesco proprio a smettere di pensare al cibo. Dalla fame che ho deve essere quasi ora di cena. Anche se oramai neanche lo stomaco può più aiutarmi a capire che ore sono.



Tardo di mente, piagato

dal pungente giaciglio mi sono fuso

con il volo della tarma che la mia suola

sfarina sull’impiantito,

coi kimoni cangianti delle luci

sciorinate all’aurora dei torrioni,

ho annusato nel vento il bruciaticcio

dei buccellati dai forni,

mi son guardato attorno, ho suscitato

iridi su orizzonti di ragnateli

e petali sui tralicci delle inferriate,

mi sono alzato, sono ricaduto

nel fondo deve il secolo è il minuto-



Oramai anche il mio cervello comincia a manifestare i sintomi della malnutrizione a cui sono sottoposto. Il mio corpo è provato in ogni sua parte, e non solo dalla fame, ma anche dai dolori dovuti alla scomodità del mucchio di paglia che dovrei chiamare letto. Devo concentrarmi, occupare la mente, ma con che cosa, se quasi tutti i miei ricordi mi sono stati portati via? Potrei prestare attenzione ai movimenti di quell’insetto, una tarma, che vola per la cella e poi si appoggia sulla suola della mia scarpa, cominciando a rosicchiarla. Beata te che hai qualcosa da mangiare. Fuori dalla finestra comincia ad esserci una strana luce, fatta di molti colori, dietro le torri di guardia. Deve essere l’alba. Lo so perché il tramonto ha un colore più rossastro. Almeno credo. Sento un odore. Non è immaginato, proviene da fuori, dai forni. Certo, quei forni non servono per cucinare, ma per cremare i morti di Azkaban. Ne muoiono molti, forse troppi. Mi chiedo come sia possibile che questa prigione non si sia ancora svuotata. L’odore che sento mi ricorda quello delle ciambelle. E’ inutile, qualsiasi cosa mi fa tornare in mente il cibo, persino l’odore dei morti. Guardo il cielo, nuvoloso come al solito, e mi sembra che sia anch’esso ricoperto di ragnatele, come il resto di questa cella. Buffo. Potrei cercare di abbellirla, questa cella, già che ci sono. Potrei mettere dei petali sulle sbarre, così non sarebbero tanto antiestetiche, e anche il cielo sembrerebbe più bello.

Ma le mi sono solo fantasie, quasi allucinazioni. Cerco di alzarmi da dove sono seduto ma non ci riesco, ricado a terra. Oramai ho i muscoli atrofizzati. Chissà da quanto tempo sono qui?



e i colpi si ripetono ed i passi,

e ancora ignoro se sarò al festino

farcitore o farcito. L’attesa è lunga,

il mio sogno di te non è finito.



I rumori e le grida si susseguono, come i passi dei Dissennatori fuori dalla porta. (Passi? Il mio udito si deve essere acuito: è la prima volta che li sento. O sono solo allucinazioni uditive?) Quano potrò andarmene? Quando mi si presenterà un occasione? Potrei accusare qualcuno…no, non posso farlo! Non diventerò come quei vigliacchi: non dichiarerò la mia colpevolezza (Anche perché colpevole non sono) per poter essere scarcerato. Io non avrei mai dovuto finire qui. Non so ancora quanto dovrò aspettare, Remus, ma finchè i Dissennatori non riusciranno a strapparmi il tuo ricordo troverò la forza di resistere. Non finirò mai di sperare.



Com'era?

Troppo lunga?

COMMENTATE PLEASE!!!

Sono in crisi di astinenza da commenti.

E, se avete voglia, commentate anche le mie altre fic, please.

Ave a tutti.

Sailor Sun



 
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