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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: PLAYING MY GAME
Genere: Sentimentale, Song-fic
Rating: Per Tutte le età
Autore: charmargy galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 22/06/2002 16:17:59

una songfic a capitoli che rappresenta tutto il disco di lene marlin...
 
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SITTING DOWN HERE
- Capitolo 1° -

Salve a tutti, carissimi lettori! Ecco il primo capitolo di Playing my Game! Come avrete capito dal titolo, la canzone in questione è di Lene Marlin, e si intitola Sitting Down Here, ed è tratta dal disco Playing My Game! Il disclaimer immagino che non serva, sapete di chi sono i diritti d’autore no? Di Lene Marlin per la canzone, di Takehiko Inoue per i personaggi (ovviamente quelli che ha inventato lui) e le cose relative ad essi, e magari sono anche miei, per i nuovi personaggi, che non compaiono in Slam Dunk, e per il resto della fiction! Insomma, dopo tutto ‘sto casino possiamo incominciare direi, no?

Charmargy

N
otte. Finalmente, dopo una giornata sicuramente faticosa, si può andare a letto e rilassarsi. L’unica cosa che deve fare il cervello in quel momento è sognare. Ma tanto sognare è un cosa spontanea, tranne quando lo si fa da svegli (charmargy: i miei prof lo sanno bene…^^). Infatti c’era qualcuno che lo faceva da sveglia. Si trattava di una ragazza sicuramente non Giapponese, visto il suo aspetto fisico. Aveva dei lunghissimi capelli fulvi, che si intonavano benissimo con la sua pelle abbronzata. Era alta qualche centimetro in più del metro e settanta, e i suoi occhi verdi come l’erba erano aperti puntati sul soffitto. Stava sdraiata sul letto con le braccia incrociate dietro la testa, e aveva gli auricolari del Philips Rush nelle orecchie (lettori: questa è pubblicità occulta! Charmargy: ma scusate, ascolto sempre il mio fedele Rushy prima di dormire!). Non riusciva a dormire quella notte, e aveva già rimesso da capo le canzoni quattro volte in un ora, saltando quelle troppo agitate che invece ascoltava a tutto volume il pomeriggio. Sognava ad occhi aperti, e la musica l’aiutava nel suo intento. Per lei la musica era come una “colonna sonora” dei suoi sogni. E quella musica che stava ascoltando l’aveva pescata chissà dove su Internet, e poi l’aveva tutta messa nel Rush. A lei i cantanti non interessava che aspetto fisico avessero, né quale fosse il significato delle loro parole. A lei bastava il ritmo. Il ritmo e quello che i vari suoni le ricordavano. Per esempio, il suono della chitarra elettrica le ricordava una bella partita di basket. Il suono della chitarra normale, o di altri strumenti come il flauto, le ricordava semplicemente la libertà. E così Corinna Hale, immersa in una totale insalata di cantanti e canzoni, passava l’ennesima notte insonne da quando era in Giappone. Tre mesi, in poche parole. Nonostante essere manager del Kainan fosse un lavoretto mooolto difficile e soprattutto stancante, non riusciva a prendere sonno. Qualcosa le diceva che nella partita del giorno dopo ci sarebbe stata una sorpresa. E perché poi? Cosa avrebbe dovuto esserci di tanto fantastico? Ovviamente sarebbe stata una partita bellissima, anche se a sentire alcuni membri della squadra il Ryonan non era granché. Ma a parte questo, cosa poteva esserci di incredibile? Mah… intanto pensava che se non si fosse addormentata la mattina dopo non si sarebbe svegliata tanto presto, e magari sarebbe arrivata in ritardo… almeno era domenica e poteva svegliarsi più tardi, ma rischiava di addormentarsi durante la partita. No, una partita del genere l’avrebbe tenuta moooolto, molto sveglia…
<< CONNIE! STAI DORMENDO?>>
<< No, mamma… emh, cioè, sì mamma, aspetto ancora qualche minuto…>>
<< SENTI IO ESCO! DOMANI POTRESTI PENSARE A TUTTO TU?>>
<< Va bene mamma…>> [ Aaah, accidenti… e io che pensavo di restare a letto un po’ di più domattina… ma perché mamma è sempre fuori?]
<< Va bene mamma! Va bene mamma! Va bene mamma! Va bene mamma!>> ripetè il pappagallo di Corinna
<< Dai, Tyrrel, stai un po’ zitto! >>
<< Zitto, zitto, zitto, zitto…>>
<< TYRREL!>>
<< Tyrrel, Tyrrel, Tyrrel…>>
Alla fine Corinna riuscì a zittire il pappagallo ficcandogli in bocca un biscotto per uccelli, poi spense il Rush e provò a dormire.

I’m sitting down here,
but hey you can’t see me
kinda invisible
you don’t sense my stay
not really hiding
I no like a shadow…

Sempre le stesse cose. La partita era emozionante, il Ryonan era più forte del previsto, eccetera, eccetera…
Era buffo che succedesse sempre così. Avversari sottovalutati, che poi si rivelano veri ossi duri… una volta era successo con lo Shoyo, anche se con l’altezza di alcuni suoi giocatori era quasi impossibile sottovalutarli… tranne qualche bella azione che riscaldava, anzi infiammava i presenti, quasi ogni volta succedeva che gli avversari si rivelassero più forti del previsto. E con lo Shohoku la stessa cosa. Alla fine erano ad un passo dalla vittoria, se non per un passaggio sballato di quel giocatore dai capelli rossi… Naturalmente le partite erano emozionanti, ma stavolta c’era qualcosa che in Corinna risvegliava maggior interesse che delle altre volte. Durante la partita contro lo Shohoku Corinna non aveva staccato un attimo gli occhi dalla partita, la prima vera sfida dopo sciami di squadre che non conosceva nessuno salvo i loro sparuti tifosi, e venivano regolarmente battute dal Kainan. Questo non era un motivo per prendere le cose con leggerezza, né per montarsi la testa, ma dopo tantissime piccole squadre era naturale sottovalutare un po' gli avversari. Ma stavolta, c’era qualcosa nel Ryonan, oltre la loro bravura, che suscitava in Corinna maggiore interesse delle altre volte. Non era solo il modo di giocare di entrambe le squadre, c’era qualcosa di più. Qualcuno di più.
Uozumi entrò in panchina. Quattro falli. [Ah! Ti sta bene razza di orso! Mamma mia come mi sta antipatico… lo strozzerei! Se non sapessi che fa ombra a Kiyota che è più alto di me e che se ti becca in faccia ti rompe tutti i denti, magari potrei anche farci un pensierino… ] (charmargy: sul fatto di strozzarlo, non su Uozumi…). Praticamente tutti i giocatori erano a rischio di espulsione. Mancavano pochi minuti, e la partita sarebbe finita.

Bisognava dire che per Corinna era stata una giornata…esaltante. Infatti il Kainan aveva battuto il Ryonan, anche se con pochi punti. Mancava da affrontare il Takezato, ma come avesse fatto a superare le selezioni era proprio un mistero. Era stato battuto sia dal Ryonan, che dallo Shohoku con un punteggio che enorme era dire poco. Quindi perché non avrebbero potuto farcela anche loro? Corinna sperava proprio che suo padre quella sera non tornasse tardi, e oltretutto ubriaco. Lo faceva sempre. Ogni santo giorno con i suoi amici, tutti cinquantenni “ felicemente” sposati, andava a bere in qualche bar. Corinna per quello lo detestava. E detestava la maledetta famiglia in cui era finita per un caso indecifrabile. Sua madre lavorava spesso la notte, e proprio per il suo lavoro si era trasferita da Los Angeles fino a Kanagawa, da tre mesi, e con loro era venuta Brittany, la cugina di Corinna. Suo padre lo stesso non era mai a casa, e quando c’era, passava le giornate sul divano, con lattine e lattine di alcolici, e russava come un trombone davanti alla tv, mentre Corinna e sua madre facevano un sacco di cose per lui. Se c’era una cosa che Corinna non sopportava era appunto quella pigrizia rozza, quelle maniere da orso che aveva suo padre. E più che altro non si sentiva considerata. E non le piaceva sentirsi un’ombra. Se provava a parlare a sua madre, il suo indice d’ascolto era praticamente pari a zero, perché aveva sempre fretta. Il lavoro va per primo, le diceva sempre. Ma non dovrebbero essere i figli ad essere per primi? E se provava a parlare a suo padre… ah, meglio non pensarci. Ma ora aveva un’altra cosa in testa. Anche se l’aveva solo visto e per la prima volta, dal suo modo di giocare aveva capito molte cose di lui. E poi aveva già sentito parlare di lui, come un campione di livello nazionale… beh, solo se il Ryonan avesse sconfitto lo Shohoku sarebbe andato in nazionale… comunque quel ragazzo era davvero bravo…
[Ma di che mi preoccupo… tanto il mio destino è essere invisibile… detesto essere una specie di fantasma… purtroppo è così… non avrò mai speranza con qualcuno… nemmeno con… MA CHE DICO? No, no, no, no… devo essere impazzita! E poi Kiyota mi ucciderebbe se sapesse che penso cose del genere… ma che mi sto anche a preoccupare di lui? E vabbè, è uno dei pochi che mi considera… ] Corinna sospirò, poi accelerò il passo per andare verso casa.

I’m sitting down here
But hey you can’t see me
kinda invisible
You don’t sense my stay
not really hiding
I not like a shadow,
just tought join
you for one day
I’m sitting down here
but hey you can’t see me…

<< Ciao, papà.>>
Corinna non ottenne nessuna risposta dal padre addormentato comodamente sul divano con briciole di panino dappertutto. La televisione era accesa su una partita di rugby. Corinna non ne poteva più. Era tanto chiedere una famiglia normale, come tutte le altre? In classe, tutti, salvo magari uno su diecimila in tutta la scuola, avevano una famiglia normale. Un padre che lavora, che parte presto la mattina salutando affettuosamente moglie e figli, e torna la sera per cena, senza tracce d’alcool o di qualunque altra cosa non sia… “normale”. Una madre o casalinga o anche lei lavoratrice fuori, che si occupa dei figli, della famiglia, che non ha sempre fretta e non sta fuori tanto a lungo. Perché solo Corinna doveva vivere in una famiglia così squilibrata? Era già tanto, certo, se aveva entrambi i genitori vivi e vegeti – metaforicamente parlando, si intende – ma avrebbe solo voluto vivere felice, in una famigli felice, eccetera… quella sera magari le cose andarono un po’ meglio, perché entrambi i genitori erano in casa a cena. Corinna aspettò in camera sua il ritorno di sua cugina Brittany Armstrong.

<< Arnold, vuoi finirla di mangiare così tanto? >> disse la madre di Corinna
<< Aaah, finiscila, donna! E dammi altra pasta. >> rispose rozzo il padre, facendo rivoltare lo stomaco a Corinna e Brittany.
<< E’ mai possibile che tu debba essere così disgustoso?>> Disgustoso. Ecco la parola giusta. Disgustoso. Il termine che cercava Corinna per definire suo padre. << Arnold, ma come mai ti comporti così?>>
<< Chiudi il becco, Claire! Nessuno ti ha chiesto di giudicare come mi comporto! >>
<< Invece zia Claire ha ragione, Arnold. > azzardò Brittany temendo per la sua sorte.
<< e tu di cosa ti impicci, mocciosa? Fatti gli affari tuoi.>>
Corinna sbatté le mani sul tavolo e scattò in piedi << Ma insomma, papà! Si può sapere come fai ad essere così? Non ti rendi conto di come tu faccia vomitare quando ti comporti in questo modo?>> aveva gli occhi rossi e ansimava leggermente
Suo padre si mise a ridere. Una risata rozza e beffarda, che faceva venire la pelle d’oca. << Hai visto, donna? Hai insegnato anche a tua figlia a fare la predica! Ci mancava!>>
<< Papà?>>
<< Cosa c *** o vuoi adesso?>>
<< SEI SOLO UN BASTARDO SCHIFOSO!>> Corinna corse fuor di casa con le lacrime agli occhi, diretta verso il parco. A quell’ora non doveva esserci nessuno. Arnold, il padre di Corinna, ruttò rumorosamente e poi grattandosi la schiena e versando mezzo caffè sul pavimento tornò alla sua partita di rugby.

You’r words cut rather deeply
they’re just some other lies
I’m hiding from a distance
I’ve got to pay the price
defending all against it
I really don’t know why
you obsessed whit all my secrets
you always make me cry
you seem to wanna hurt me
no matter what I do

/// I not like a shadow…. I not really hiding… you just make me cry… ///
Sitting down here – fine
Playing my game (charmargy), continua…




 
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