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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: ALBA DI PRIMAVERA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: charmargy galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 22/06/2002 16:08:37

salve! ^^ e` la mia prima fan fic su slam dunk, ho tentatocol sentimentale... peccato che il genere non sia esattamente il mio stile! che ne pensate?
 
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- Capitolo 1° -

La pioggia sferzante picchiettava sul vetro. Erano tantissimi giorni che pioveva, d’altra parte era passato da poco gennaio, e l’inverno era proprio al suo culmine. Il tempo non accennava a cambiare, c’era chi pensava che nel giro di tre giorni ci sarebbe stato il secondo diluvio universale. Era sabato pomeriggio, poco dopo le due, il treno sferragliava sui binari. I grossi nuvoloni grigi e tempestosi abbracciavano il panorama: la distesa del mare mosso e scuro, la città, le colline…Kanagawa era sempre più lontana. Almeno dal punto di vista della ragazza che stava sul treno per Hiroshima. Una ragazza alta e magra, irrobustita dallo sport. Aveva lunghi capelli rossi e gli occhi azzurri. Portava un maglione rosso scarlatto e dei blue jeans. Karen Hinode stava da sola in uno scompartimento del treno, raggomitolata con il viso rivolto verso il finestrino. Fra le sue braccia dormiva un piccolo gatto nero, Raiden. Non era più un cucciolo, ma più o meno gli somigliava. Era il gatto più pazzo che Karen avesse mai visto, nella sua passione per i felini. Aveva piccole dimensioni e gli occhi azzurri. Ma durante quel viaggio che non finiva mai si era addormentato e guai a chi lo svegliava. Karen accarezzò la sua testolina pelosa e nera; Raiden si svegliò e la guardò con i suoi occhi di ghiaccio. Occhi di ghiaccio…testa nera…Karen chiuse gli occhi per non guardare Raiden che sbadigliava e cominciava a prenderle i capelli con le zampe come se fossero giocattoli.
<< Beato te, Rai!>> sussurrò Karen sospirando di malinconia << beato te che non ti preoccupi di nulla. Tu non lo sai che stiamo andando via, vero? >>
Come se avesse capito, Raiden rizzò la testa di scatto.
<< No, piccolo. Non torneremo più >> Karen accarezzò il pelo raso del gatto << mai più…>> la ragazza abbassò la testa e cominciò a piangere in silenzio. Raiden, come se avesse capito i sentimenti della ragazza, le saltò sulla spalla e le si strusciò sulla guancia facendo le fusa.
<< Meno male che ci sei tu. Cosa farei senza di te? E’ tutto per colpa di mia zia se stiamo andando via! Tutto per colpa sua! Ma coma si fa ad essere così crudeli?>> questa volta Karen non riuscì a fermarsi, e Raiden scese dalla sua spalla per evitare di fare una doccia di lacrime fuori programma. << Non lo rivedrò mai più…si sarà già dimenticato di me… e se non è così lo sarà domani…ti prego Raiden smettila! Non guardarmi in quel modo! Lo voglio dimenticare! Dimenticare!!!>> Raiden si scansò, terrorizzato dalla reazione della ragazza.
Ma era impossibile dimenticare tutto quello che aveva lasciato. Gli occhi velati di lacrime della ragazza ricadevano sempre e meccanicamente verso Kanagawa, sempre più lontana. In quel momento avrebbe desiderato di svegliarsi e avere dimenticato tutto, dalla città nella quale era nata e cresciuta, allo Shohoku, alla squadra di basket, a suo cugino Akira…anche al ragazzo con i capelli neri e gli occhi di ghiaccio, se non è più corretto dire che era tutto un ghiacciolo. Ma la cittadina non voleva degnarsi di sparire dietro le colline. Bastava poco. Una bella collina lì davanti e tutto spariva, cancellato dalla memoria di una che vuole ricominciare da capo. Almeno questo era quello che pensava Karen. Ma quando l’ultima casa non riuscì a vincere il paesaggio collinare, che diventava piano piano un paesaggio di montagne, Kanagawa sparì definitivamente, come mangiata dalla coda del treno che faceva una svolta. Karen balzò in piedi, si asciugò gli occhi e seguita a trotto da Raiden che non capiva cosa stesse succedendo, cominciò a correre verso l’ultimo vagone del treno. Fortunatamente il treno era semi deserto, ma le poche persone che cerano, scambiarono Karen per una specie di pazza. Arrivata all’ultimo vagone, si arrestò davanti alla porta. Dal vetro punteggiato di goccioline, Kanagawa era ancora visibile. Per qualche secondo, Karen rimase ipnotizzata da quelle case, da quei palazzi, dagli alberi…lasciava tutto questo, per Hiroshima.
<< Ma perché? Perché devo andarmene?>>
Karen voleva fermare il tempo. Voleva che quegli attimi di tristezza e di felicità messe insieme non finissero mai. Ma finirono presto. Kanagawa sparì del tutto. Per sempre.
La ragazza ricominciò a correre verso il suo scompartimento, seguita ancora una volta dal povero Raiden. Quando fu arrivata lì, si buttò di peso sui sedili a pancia in giù, e con la testa infilata nelle braccia piangeva come una fontana. Non riuscì a dire niente. Piangeva e basta. Raiden per una volta stette fermo e buono, si raggomitolò sui sedili opposti e si addormentò, muovendo nervosamente la coda.
Fu una notte lunga. Karen era tormentata dagli incubi: ricordi meravigliosi di quando era a Kanagawa, nel liceo Shohoku. Ma ora che era lontana da tutto questo, voleva solo cancellare ogni cosa dalla sua testa, come se si fosse trattato di un brutto sogno, che con la lontananza faceva ancora più male. Era nata a Kanagawa, e lì era vissuta per sedici anni, in casa di suo cugino Sendoh, figlio di sua zia. Frequentava lo Shohoku, aveva tanti amici, si era anche innamorata: di Rukawa, per essere precisi. Quando era arrivata allo Shohoku, sia lei sia Rukawa erano del primo anno. Dopo poco tempo, Karen aveva saputo che i suoi sentimenti erano ricambiati. Ma appena un mese dopo, prima della finale contro il Ryonan, ecco che saltava fuori un messaggio da sua zia, la quale abitava appunto ad Hiroshima. Malgrado Sendoh avesse cercato di convincere sua madre, e chiaramente ci aveva provato anche Karen, la donna era stata irremovibile…Karen si sarebbe trasferita. E non aveva neppure voluto dire perché. Non c’era un senso logico a tutto questo. Come si può pretendere di trasferire da un momento all’altro e senza motivo una che ha vissuto per sedici anni in una città dove ha anche trovato tanti amici…e qualcosa di più? Per lo meno questo era quello che aveva detto alla madre Sendoh, l’unico che avesse capito qualcosa. Anche Haruko e gli altri membri del club di basket avevano provato a dire qualcosa. Niente. Ma arrivò la mattina. Il sole sorse attraverso i monti, e i suoi raggi svegliarono Raiden che sbadigliando piantò gli artigli nel braccio di Karen.

Fine prima parte
Seconda parte

<< Dai, non puoi andare avanti così, Rukawa!>>
<< Tu di che ti impicci, istrice, sono affari miei!>> fu la secca e acida risposta di Rukawa a Sendoh che cercava di staccarlo dalla panchina. Quei due andavano relativamente d’accordo negli ultimi tempi. Ho detto relativamente…
<< Non sai dire niente di più originale che “istrice”, vero?>>
<< ti ripeto che sono affari miei. Quindi smamma!>>
<< Questo posto non è tuo, pinguino, quindi niente mi vieta di restare qui!>> rispose Sendoh sorridendo diabolicamente.
[Non lo sopporto quando fa così!] pensò Rukawa sospirando.
<< Mi vuoi dire cosa c’è?>>
<< Ricominci? Ma sei insistente, eh! Sto benissimo, va bene?>>
<< Stai benissimo, eh? >>
<< Uff, che palle! Quante volte te lo devo ripetere?>>
<< Intanto oggi all’amichevole contro la mia squadra hai giocato da far schifo…e mi dici che va tutto bene?>>
<< Se io ho giocato da far schifo tu sembravi un papero, chiaro?>>
<< Infatti hai ragione - detesto dire una cosa del genere - non ero molto concentrato…ma suppongo che abbiamo le stesse motivazioni…>>
<< … >>
<< Lo sai che quando uno ti parla gradirebbe una risposta?>>
<< E a quale domanda, puntaspilli?>>
<< Cavoli, ma rompi! Bene, te la faccio ora la domanda: è per via di Karen, vero?>>
<< … >> fu l’unica risposta di Rukawa che si limitò ad abbassare la testa.
<< ti spezzerei la schiena quando fai così!>>
<< E perché non lo fai?>>
<< Perché differentemente da te sono un civile!>>
<< E va bene, va bene! La risposta è: sì, è per via di Karen, ora ti levi di torno, per favore?>>
<< No!>>
<< Se entro tre minuti non ti sarai levato dalle palle…>>
<< Cosa mi fai, eh?>> fece Sendoh con insolita aria da spaccone. Poi però stettero entrambi zitti con aria seria (charmargy: Sendoh, non ti capisco! Conosci la faccia seria? Ma in che mondo siamo! Sendoh: risparmiati le battute, che già la fic è abbastanza drammatica senza il tuo intervento!), Rukawa seduto sulla panchina e Sendoh appoggiato ad un albero. Ad un certo punto, Sendoh per rompere il ghiaccio disse, indicando il cielo:
<< Guarda, un asino che vola!>>
<< Devo ridere?>>
<< Tanto non lo faresti mai…>>
E di nuovo la scena si fece silenziosa. Ma, ancora una volta, fu Sendoh a cercare di rompere il ghiaccio, anche se in maniera poco originale.
<< Senti volpastro, io devo andare che tra poco piove!>>
<< Era ora! >>
<< Uffi! >>
E così Sendoh se ne andò lasciando Rukawa che sembrava non avere la minima intenzione di rialzarsi. Rukawa aveva la stessa espressione di sempre, fredda e distaccata, ma era senza vita, come se avesse avuto una pugnalata. Si appoggiò del tutto alla schienale, ed estrasse dalla tasca dei pantaloni un foglietto.

Fine seconda parte
Terza parte

Sul foglietto c’era un indirizzo di posta elettronica (per indenderci, un indirizzo e-mail!) seguito da un messaggio, che qualcuno gli aveva lasciato prima di andarsene. La calligrafia era inconfondibile, anche il soprannome con cui era firmato il messaggio diceva tutto.

Scrivmi, mi raccomando! ^__^

<< Karen…>> Rukawa riuscì solo a sussurrare il nome della ragazza dai capelli rossi che gli aveva lasciato quel foglietto.

+\**^^ Flashback ^^**/+
Il sole era quasi del tutto oscurato dalle nuvole, ma faceva molto caldo e non tirava un alito di vento. Al parco non c’era un anima, salvo una ragazzina quindicenne con lunghi capelli rossi, accompagnata da un gatto nero. Erano lì da pochi minuti, quando arrivò un’altra persona, un ragazzo dai capelli neri.
<< … >> Fu il saluto di Rukawa
<< Bel saluto! >> commentò sorridendo Karen, che però ritornò subito seria
<< Stai bene?>>
<< P…perché?>>
<< Perché mi sembra strano che tu non stia a sorridere tutto il giorno visto che, disgraziatamente, hai preso quasi tutto dal tuo cuginastro…>>
<< Lo odi, eh? Comunque sono io che dovrei chiederti se stai male: non è da te fare frasi tanto lunghe!>>
<< Spiritosa. Cosa volevi dirmi?>>
L’espressione di Karen all’improvviso si incupì. << Niente di piacevole…almeno per me…>>
<< E’…è successo qualcosa?>>
<< Beh, no…anzi a dir la verità sì…hai presente mia zia, quella che sta a Hiroshima?>>
<< Sì, ho presente.>>
<< Mi ha appena telefonato.>>
<< E allora?>>
<< E allora penso che dobbiamo cominciare a salutarci…>>
Anche l’espressione di Rukawa andò fuori dall’ordinario, diventando all’improvviso allarmata.
<< Ha detto che devo andare ad Hiroshima…non lo so perché…>>
<< Ma quanto ci stai?>>
<< Mi sa che non hai capito. Ci sto…ci sto tutta la vita.>> Karen abbassò la testa girandosi dall’altra parte.
<< Devi partire per forza?>> fu la domanda di Rukawa, con un filo di speranza che la risposta fosse “no”.
<< Sì. Per forza.>> rispose Karen con le lacrime agli occhi.
A quel punto nessuno disse più una parola. Karen era abbracciata a Rukawa, che le accarezzava i ciuffi rossi. (charmargy: oh! Mi sto commuovendo! Tenetemi!)
<< Non andartene…>>
<< Non posso, Kaede. Domani mattina alle cinque parto.>> Karen piangeva, e anche Rukawa c’era vicino. << Te lo giuro, non ti voglio lasciare…>> (charmargy: WEEEHEEEE!!! – commossa -)
Karen però si asciugò gli occhi e disse, con un filo di voce:
<< Non è detto che ci starò per sempre. Quindi non è il caso di dirsi addio.>> Quella frase era detta con un lieve sorriso sulle labbra di Karen.
[ Accidenti, ma perché deve aver preso tutto da quel deficiente di Sendoh!? Ci manca solo che abbia i capelli neri e poi è uguale!]
<< Perché fai quella faccia?>> chiese innocentemente Karen
<< Eh? No, niente, pensavo…>>
<< Beh…visto che è l’ultima volta che ci vediamo, non credi sarebbe il caso di salutarci?>>
<< Giusto...>>
Karen alzò il viso verso quello di Rukawa e i due si guardarono negli occhi. Alla fine si baciarono; un lungo e passionale bacio d’addio, sulle proteste di Raiden, che si girava dall’altra parte come se fosse una cosa assolutamente schifosa per il suo animo sensibile. Quando alla fine le loro labbra si separarono, i due si guardarono di nuovo negli occhi. Karen non riusciva più ad andare avanti con l’ottimismo, i suoi occhi azzurri erano lucidi di lacrime. Ma anche i gelidi occhi di Rukawa erano sciolti dalla tristezza.
<< Non ti dimenticherò mai…>>
<< nemmeno io >>
In quell’istante una cometa riuscì a fendere le nuvole come una spada e attraversò il cielo scuro.

+\**^^ Fine del Flashback ^^**/+

Rukawa si rimise il foglio in tasca e si avviò verso casa, sotto il cielo che rimbombava di tuoni.

Fine terza parte
Quarta parte

Sendoh tornava a casa il più velocemente possibile, ma ormai era cominciato a piovere. Quando finalmente fu arrivato, tirò fuori le chiavi ed aprì la porta, poi si buttò sul divano. Classica azione che compiva anche Karen non appena arrivava a casa il pomeriggio dopo la scuola. Se ci fosse stato anche Raiden, sarebbe saltato sulle gambe della ragazza e avrebbe cominciato a morderle i capelli, dopo essere sceso dal televisore dove di solito dormiva, se non era impegnato a sfasciare la casa. Sembrava tutto così strano senza Karen e Raiden! Non c’era più nessuna ragazza dai capelli rossi che ne faceva una dopo un altra. Non c’era più nessun gatto che disintegrava la casa e poi con il suo musetto tenero le aveva sempre tutte vinte. Ora in casa c’era solo Sendoh. Durante un viaggio in nave i genitori di Karen erano ufficialmente scomparsi, mentre la ragazza aveva tre anni ed era stata affidata alla zia come succedeva spesso. Il padre di Sendoh invece era morto in un incidente d’auto (charmargy: non per essere insensibili, ma credo che la loro sia davvero una bella famigliola…). Quindi entrambi i ragazzi erano stati affidati alla zia di Karen. All’improvviso squillò il telefono.
[Oops…deve essere il capitano…sono di nuovo in ritardo!]
<< Emh…pronto?>> disse Sendoh alzando la cornetta
<< SEEENDOOOOOOOHHHH!!! QUESTA E’ LA VOLTA BUONA CHE TI AMMAZZO!!!!!>>
Sendoh ributtò subito giù il telefono e andò di corsa verso la palestra prima che Uozumi decidesse di mutilarlo.

<< Attenzione: si avvisano i passeggeri che tra un ora il treno arriverà ad Hiroshima. Ripeto: tra un ora il treno arriverà ad Hiroshima!>> l’altoparlante del treno dava una notizia né buona né cattiva. Almeno Karen sarebbe scesa da qualche parte, e questo era il lato buono della cosa. Ma il lato negativo era che sarebbe arrivata dove non voleva arrivare. Per la terza volta che la voce dell’altoparlante trasmise il messaggio, Raiden cominciò ad agitarsi e ad arrampicarsi sopra il maglione di Karen.
<< Non capisco se a farti innervosire sia il fatto che stiamo per arrivare alla destinazione più orribile della mia vita o l’altoparlante>> Karen sorrise debolmente, poi sospirò e affondò nel sedile << Bhe, manca ancora un ora…magari faccio un pisolino…>> Raiden si raggomitolò sopra il suo giacchetto appoggiato al sedile accanto a quello di Karen. Il treno aveva da poco oltrepassato Okayama e la prossima tappa era appunto Hiroshima. Karen chiuse gli occhi anche se non riusciva a dormire.
Passarono i minuti. Erano le undici di mattina, ma faceva così buio per via delle nuvole che sembrava notte. L’inverno non finiva mai. Un tuono squarciò il silenzio, seguito da un fulmine, poi cominciò a piovere. Karen guardò fuori dal finestrino. Da tanti giorni quella pioggia e quelle nuvole oscuravano il sole. Non erano belli quei tristi giorni di tempesta, ma il cielo era meraviglioso quando pioveva: le nuvole grigio-azzurre sembravano fatte di cotone, ogni tanto si sentiva un rimbombo in lontananza, seguito da brevi bagliori gialli che illuminavano una parte di quei nuvoloni per qualche secondo. Il colore intenso che aveva il cielo dava l’impressione che le montagne innevate in lontananza lo sostenessero. Il picchiettio della pioggia sul vetro appannato si sentiva a malapena. Di piccola Karen stava sempre incollata alla finestra quando c’era un temporale, a guardare la pioggia, a perdersi nel cielo… Invece quando nevicava voleva assolutamente uscire fuori. E ora stava iniziando a nevicare. Il vento era violentissimo, e i fiocchi di neve che cadevano giù dal cielo si agitavano in tutte le direzioni, poi si posavano sul terreno, e terminava la loro frivola vita (charmargy: ma scusate, io dove le tiro fuori ‘ste citazioni “profonde”??). Ora Karen aveva la stessa sensazione che provava ogni volta che c’era la neve. Voleva uscire da quel treno, dove ormai c’era anche da troppo tempo. Sapeva che sarebbe scesa ad Hiroshima, che non sarebbe tornata mai più a Kanagawa in tutta la sua vita. Ma c’era qualcosa che le impediva di essere triste. La neve. La neve era per lei come un raggio di sole. Le ridava la speranza, l’allegria. Allora cosa avrebbe fatto quando la nevicata sarebbe finita? Sarebbe sprofondata di nuovo nei suoi ricordi? Nei pochi minuti che le restavano prima di scendere, Karen non poté fare a meno di sorridere. Qualcosa dentro di lei le diceva che sarebbe ritornata a casa sua, dai suoi amici, dalle persone a cui voleva bene. Sentiva dentro di sé la voglia di mettersi a correre (charmargy: e io sento dentro di me la voglia di dire: “c’è qualche persona normale in questa storia”?) ma soprattutto sentiva la speranza.

Fine quarta parte
Quinta parte

Haruko era sola in casa. Non era neppure andata a vedere gli allenamenti dello Shohoku perché le faceva un po’ male la testa. Era passato solo un giorno da quando una delle sue migliori amiche, Karen, le aveva detto che si sarebbe trasferita. E ora sentiva già la sua mancanza. Anche se si era dovuta svegliare prestissimo, Haruko aveva accompagnato Karen alla stazione insieme a Sendoh. In quel momento però avrebbe preferito di non averlo fatto, perché da quando il treno si era allontanato si era sentita ancora più triste. Forse era per questo motivo che Rukawa non era venuto alla stazione.
Haruko però cominciava ad annoiarsi di stare sdraiata sul letto, e decise di andare a vedere gli allenamenti lo stesso, così magari si sarebbe anche distratta dai suoi pensieri.
Fuori pioveva ininterrottamente, anche alla televisione avevano detto che in quasi tutto il Giappone succedeva stranamente la stessa cosa. Appena Haruko arrivò alla palestra, notò subito lo strano silenzio. Akagi non sbraitava ordini a destra e manca, Hanamichi non ripeteva ogni secondo che era un genio, il che era addirittura sospetto… inoltre Rukawa mancava agli allenamenti. Ancora più strano perché non era mancato neppure una volta. La prima cosa che venne in mente ad Haruko fu che probabilmente in un momento del genere non voleva vedere nessuno, anche in vista dell’incontro al vertice contro il Ryonan.
[Magari poteva anche provare a venire… così peggiora la situazione…]

<< Attenzione, il treno è arrivato ad Hiroshima! Ripeto: il treno è arrivato alla stazione di Hiroshima!>>
<< Raiden, calmati!!>> Raiden stava correndo per tutto lo scompartimento a sentire il suono dell’altoparlante, quando Karen riuscì ad afferrarlo per la collottola. << Quand’è che perderai il vizio, eh? Ho fatto bene a chiamarti fulmine!>> Karen si infilò il giacchetto e si mise la borsa in spalla. Raiden le saltò prontamente dentro il cappuccio << Bravo, ora stai lì fermo e cerca di non cadere, d’accordo? Comunque voglio vedere chi avrà il coraggio di ridirmi che sono sempre in ritardo, visto che questo cavolo di treno è arrivato con più di mezz’ora di ritardo!>>
Karen riuscì ad uscire dal treno senza problemi. Il suo vagone e gli altri erano praticamente deserti. Del resto, da Kanagawa ad Hiroshima era un viaggio lunghissimo, anche con un treno veloce come quello, e poche persone si fermavano alla fine. Ora quel treno sarebbe tornato indietro, dopo essere arrivato fino a Fukuoka. Non appena gli stivaletti neri di Karen toccarono terra, Raiden cominciò ad agitarsi. Hiroshima era una città molto più grande di Kanagawa, la stazione era piena di gente.
<< Potrà essere una mia impressione ma questo posto è un’accolita di svitati>> osservò Karen vedendo le persone che erano visibilmente agitate << visto che questa città è molto grande mi sembra il minimo…è peggio che vivere a New York! >> Raiden infatti cominciava a rintanarsi più possibile dentro il cappuccio di Karen.
<< Ehi, credi che la vegliarda si arrabbierà se prendo il prossimo treno per Kanagawa a defilo?>> Per vegliarda Karen alludeva a sua zia. Era finalmente scesa dal treno, ma dopo essere stata tanto tempo a sedere al caldo, uscire per ritrovarsi in piedi nel gelido clima invernale non era il massimo. Soprattutto considerando che non aveva la minima idea di dove andare. Raiden comunque non sembrava essere d’accordo con l’idea. << D’accordo, ho afferrato il concetto. Andiamo!>>
Karen cominciò a camminare verso l’uscita della stazione, l’unico posto dove era sicura di dover andare. Poi non lo sapeva cosa avrebbe fatto. Magari avrebbe telefonato a sua zia perché le dicesse qualcosa di più su dove doveva andare. Ora voleva solo uscire. Fuori dalla stazione però, era tutta un’altra cosa. C’era un parco, forse l’unico prato verde di tutta la città. Era deserto.
<< Però! Conoscere una città del genere in inverno con questo tempo da schifo non è che sia tanto bello, vero, Rai?>> Solo un debole miagolio di risposta giunse all’orecchio di Karen. << Hai fame, eh? Stai tranquillo, quando arriveremo a casa – se arriveremo a casa – ti riempirai quel pozzo. Ora cerca di star fermo lì, qui sarà tutto traffico la domenica! >>
Karen tirò fuori il cellulare e compose il numero di casa di sua zia. Con poche acide parole riuscì a farsi dire dove doveva andare.
<< Come mai rispondi in questo modo, Karen? C’è qualcosa che non va?>> disse sua zia dall’altra parte del telefono.
<< No zietta cara! >> rispose ironicamente Karen con la sua voce e il suo sorriso più dolci <<A parte il fatto che ho dovuto stare due giorni fissa in un treno, sapendo di essere lontana chilometri e chilometri da casa, soprattutto considerando che non posso prendere un'altra scatoletta ambulante per tornarmene nella città nella quale vivo da sedici anni. A parte questo… penso che vada tutto bene. >> Karen in quel momento avrebbe dato qualunque cosa per vedere la faccia di sua zia, che infatti era rimasta non poco paralizzata da quelle frasi pronunciate a effetto. << Ci vediamo dopo, cara zietta!>> concluse Karen con la solita espressione dolce. Quando chiuse la chiamata, la sua faccia cambiò radicalmente e divenne verde di rabbia.
<< Brutta faccia di cera! Come osa chiedermi se va tutto bene dopo quello che ha osato fare? Hpmf! Quando arrivo a casa gliela faccio vedere io, gliela faccio!>>
Ma una mano si posò sulla sua spalla. << C’è qualche problema?>>
Karen trasalì e si voltò di scatto. Vide una ragazza alta più o meno come lei, dai capelli lunghi e castani scurissimi, con gli occhi verdi. Colta alla sprovvista, Karen riuscì solo a dire:
<< emh…no, tutto a posto!>>
<< A me non sembrava…>>
<< No, va tutto bene…>> [Dio mio come insiste questa qui! Ci mancava solo lei!] << tu chi sei piuttosto?>>
<< Mi chiamo Asako. E tu?>>
<< Emh…Karen. Karen Hinode. Però non mi sembri Giapponese…>>
<< Infatti, solo mia madre è giapponese. Mio padre invece è americano…infatti il cognome l’ho preso da lui…>>
<< Ah sì? E che cognome è?>>
<< Beh, lasciamo perdere, tanto non è neanche il mio vero cognome…cosa hai nel cappuccio?>>
<< Eh? Ah, è il mio gatto. Si chiama Raiden.>> Raiden alzò la testolina verso l’estranea, che avvicinò la mano per accarezzarlo e si prese un bel morso.
<< AHI! Sveglio, il gatto, eh?>>
<< Emh, già…è un po’ nervoso da quando siamo qui…>>
<< Da quando siamo qui? Ma allora sei straniera? >>
<< No…cioè, insomma…sono Giapponese, ma non vengo da qui… Sono di Kanagawa.>>
<< Kanagawa, hai detto? Provincia di Tokyo, vero?>>
<< Sì…giusto…>> Karen avrebbe evitato volentieri l’argomento, infatti era visibilmente diventata più seria solo a parlare dell’argomento.
<< Che ti succede?>>
<< Eh? No…niente…>>

Fine quinta parte
Sesta parte

Non per dire, ma avete presente cosa vogliano dire tre mesi? Tre mesi…ovvero novanta giorni circa…non sono poi tanti, ma dipende dei punti di vista. C’è il punto di vista di quello che la mattina si alza, si lava, va a scuola, si annoia da morire, torna a casa, fa i compiti e poi trascorre ogni volta la stessa giornata, centesima replica del giorno precedente. Per lui, novanta giorni sono tantissimi, da passare piegati sui libri, fra compiti, schemi, interrogazioni…ma per lui, bene o male, questi novanta giorni finiscono, e sono fatti anche di pomeriggi relativamente più divertenti. Ma c’è un altro punto di vista. Il punto di vista di quello che la mattina si alza sognando il momento di tornare a letto, si veste e va a scuola, ma l’istinto di guardare fuori dalla finestra e di pensare alla sua vecchia città e più forte di lui. A quel punto, la parte meno impegnativa della giornata è finita. Il pomeriggio, però, per lui è molto peggiore: anche se è in città da tre mesi, non si è ancora ambientato, e spesso passa pomeriggi sul letto, nella penombra, a sciogliersi come un cadavere nella nostalgia, pensando a casa sua, agli amici, a suo cugino…a un ragazzo dagli occhi di ghiaccio… ecco, per lui ogni mese è un era geologica. Tre mesi, uguale tre ere geologiche. Ere passate, peraltro, senza nessuno svago, solo una “mezza amica” su cui contare. Ere passate a fare i conti con i ricordi di quando stava a Kanagawa…

<< Cosa fai oggi, Karen?>>
<< Nulla di particolare, Asako…penso che andrò a casa…>>
<< Karen, sei qui da tre mesi, possibile che tu sia ancora così scorbutica?>>
<< Non parlarmi di scorbutici, Asako. E non dirmi che sono asociale. Certo, ti do ragione, non parlo mai con nessuno, ma se tu fossi al mio posto vorrei vederti! >>
<< E allora hai intenzione di distruggerti per tutto il resto della tua vita? Ormai sei qui, Karen, cosa ci vuoi fare?>>
<< Come al solito hai ragione tu, ma non posso chiudere il mio passato, capisci? Il mi passato, l’unica cosa bella di tutta la mia vita! Non posso dimenticare, come volevo fare una volta! In tre mesi ho imparato la lezione, Asako! Pensavo che dimenticare tutto e ricominciare fosse l’unica cosa da fare! Invece…è proprio il mio passato l’unico posto dove posso stare…>>
<< Infatti si vede! Sei più pallida di un cencio, non parli mai con nessuno a parte me, e l’unica volta che ti ho vista il pomeriggio fuori di casa giocavi da sola a basket! >>
<< Asako, io ti chiedo solo una cosa: non voglio sentir parlare né di persone pallide come cenci, né di persone che non parlano con nessuno salvo eccezioni, né di persone che escono di casa il pomeriggio solo per giocare a basket! Te lo chiedo per piacere, Asako! >>
<< Ma perché, scusa? Cosa c’è che non va?>>
<< Nulla, è solo che…niente, lascia stare…>>
<< Sei sicura di stare bene?>>
<< Sì, ma per piacere, cambiamo argomento…>>
<< Come vuoi…allora se permetti ti faccio una domanda…>>
<< Spara..>>
<< Cosa hai risposto all’invito di Ray?>>
<< Ho risposto no, ovviamente>>
<< Come sarebbe “ovviamente”? Ray è il ragazzo più bello e simpatico di tutta la scuola! Io pagherei qualunque cosa per ricevere un suo invito al cinema!>>
<< Non ricominciare, Asako! Quello è più appiccicoso del Vinavil! >>
<< APPICCICOSO? Ma tu sei impazzita! Ray, il quale è semplicemente stratosferico, sbava per te e tu mi vieni a dire che APPICCICOSO??????? >>
<< Vuoi finirla! Non c’è nulla di male se gli risposto di no! E se ti piace tanto, perché non glielo dici? Così siamo più felici tutti quanti!>>
Karen e Asako percorrevano lo stesso tragitto per arrivare a casa, visto che abitano ognuna nella casa accanto a quella dell’altra. In parole povere, erano vicine di casa. Ray, un ragazzo mezzo americano e mezzo giapponese, aveva come avrete capito invitato Karen al cinema, ma questa gli aveva risposto acidamente di no con tanto di schiaffo in faccia.
<< Secondo me tu hai un problema, Ka-chan!>> disse Asako scuotendo la testa e sorridendo.
<< Cosa hai detto?>> chiese Karen che si era improvvisamente fermata a sentire quella frase.
<< Eh? Ho detto: secondo me tu hai un problema!>>
<< Intendevo dire come mi hai chiamato!>>
<< Ka-chan! Che problema c’è?>>
<< Mi faresti un ultimo favore?>>
<< Cosa?>>
<< Non chiamarmi Ka-chan!>>
<< Ma allora cosa vuoi che faccia? Praticamente oggi mi hai chiesto di non rivolgerti la parola!>>
<< E’ solo che…c’era un'altra persona che mi chiamava…Ka-chan… >>
<< Ti andrebbe di parlarne a casa mia?>>

Mentre ad Hiroshima faceva un caldo degno del deserto del Sahara, a Kanagawa sembrava di essere in un freezer. E per l’ennesima volta, dopo tre mesi dalla famosa separazione, Rukawa era di nuovo in piena crisi depressiva, e Sendoh era di nuovo perso nel vano tentativo di dargli una scrollata.
<< Fammi indovinare: neppure oggi sei andato agli allenamenti dello Shohoku, giusto?>>
<< E tu sei di nuovo venuto a rompere le scatole, giusto?>> ribatté acido Rukawa.
<< Sei sempre il solito, vero? >>
<< Se non avevo voglia di vedere nessuno non mi pare che ci siano problemi!>>
<< E’ sempre per via di Karen, no?>>
<< Già. Ma tu se ne parli così spensieratamente – come fai con ogni cosa del resto – vuol dire che non te ne frega nulla!>>
a questa frase, successe una cosa incredibile… Rukawa si sentì arrivare un pugno diritto allo stomaco, proveniente da Sendoh (charmargy: che a mio parere è un po’ difficile che si arrabbi…).
<< Sei impazzito?>> disse Rukawa con il fiato mozzo
<< Parla per te, bastardo! Di’ ancora una cosa del genere e ti stacco il cervello – sempre che riesca a trovarlo – chiaro?>>
<< Ti funziona meglio la lingua che tutto il resto, a quanto pare…>>
Fortunatamente non c’era nessuno in giro, altrimenti avrebbe visto i due ragazzi prendersi a botte come se si volessero ammazzare.

Fine sesta parte
Settima parte

Karen e Asako erano entrate in casa di quest’ultima e si erano sedute sul divano una accanto all’altra, ma abbastanza voltate da potersi vedere in faccia.
<< Allora, ora che siamo tutte tranquille, potresti spiegarmi cosa ti succede?>>
<< Ecco…vedi Asako…non credo di avere voglia di parlartene…>>
<< Dai, Karen, siamo amiche dopotutto, ti giuro che non dico niente a nessuno!>>
<< Ma non è questo il problema…è che…va bene, va bene, ti dico tutto…>>
<< Ecco, così ti voglio!>>
<< Beh…sto, cioè, stavo a Kanagawa da sedici anni…insomma, lo sai cosa vogliono dire?>>
<< Sì, lo so…>>
<< I miei genitori sono scomparsi… così stavo a casa di mio cugino…anche suo padre non c’era più (charmargy: capisco che dire “non c’è più” è una versione molto soft…ma non si potrebbe dire semplicemente “è morto”?) c’era solo sua madre…che però sta qui a Hiroshima… >>
<< Ovvero tua zia, giusto? >>
<< Sì… >>
<< E che mi dici del fatto che non vuoi che io ti chiami Ka-chan? >>
<< Ecco... c’era una persona che mi chiamava così… si chiamava Kaede Rukawa… >>
<< Ho l’impressione di averlo già sentito da qualche parte…comunque, che...emh…legami avevi con questo Rukawa? >>
<< Beh…insomma…stavamo insieme, ecco! >>
<< Capisco…immagino che allora non sia stato bello venire qui…>>
<< Già… >>
Asako sospirò poi scosse la testa e si rivolse a Karen: << Senti Karen… io ti capisco, ma lo sai benissimo anche tu che non…cioè che non lo potrai più vedere…l’hai detto tu stessa…non puoi continuare così…>>
<< Cosa vorresti dire?>>
<< Lo so che sembra orribile…ma devi dimenticarlo…ovviamente non puoi dimenticare tuo cugino…fa sempre parte della tua famiglia…ma sicuramente se trovi qualcosa da fare, qualche svago…ti sarà più facile scordarti di Rukawa. Te lo dico io, prima di schiaffeggiare uno come Ray dovresti pensarci…>>
<< E allora cosa dovrei fare? Te l’ho già detto, Asako, io non voglio assolutamente dimenticarmi di lui! >>
<< Karen, sicuramente Rukawa si è già dimenticato di te, ci hai pensato?>>
<< E tu hai pensato che non lo conoscevi neanche, eh? >> controbatté Karen << Quando andai via da Kanagawa lui mi ha promesso che non mi avrebbe mai dimenticata…e anche io ho promesso la stessa cosa…tu non puoi capirmi Asako…>>
<< ormai i dadi sono tratti, Karen, capisci? Sei davvero convinta che possa farti bene vivere sempre nell’ombra dei tuoi ricordi, eh? Non ci tornerai più laggiù, ecco i fatti! >>
<< TU COSA NE SAI? COME PUOI SAPERE CHE RESTERO’ SEMPRE QUI, ME LO DICI? >> urlò Karen con le lacrime agli occhi << Io ci tornerò a casa, te lo posso assicurare, Asako!>>
<< Se ne sei così convinta perché sei ancora qui a parlare con me, Karen? Non farti illusioni, lo dico per il tuo bene!>>
<< Lo so che sono un’illusa, e allora? Che ci posso fare? Io sono fatta così! >>
Karen era completamente diversa da quando era ancora a Kanagawa. Ora non era più la spensierata ragazzina di una volta. Ora i suoi occhi azzurri erano sempre pieni di tristezza. Se fosse stato come nelle fiabe nelle quali la gente muore per dolore psicologico, in quel momento sarebbe stata già morta e sepolta. Ma non si era mai dimenticata dell’allegria che c’era negli anni passati. Hiroshima, molto più grande di Kanagawa, le metteva addosso solo tristezza, ma nonostante tutto Karen non perdeva la speranza. Qualcosa dentro di lei le diceva che sarebbe ritornata. Era come una voce, che diventava sempre più forte ogni giorno. Alla fine, Karen era riuscita a convincersi che sarebbe ritornata da un momento all’altro.
<< Karen, io non direi che sei un illusa. Sei solo ottimista. Però devi capire che se…spererai tanto…peggiorerai le cose. Insomma, voglio dire che se alla fine sarai convintissima di ritornare, starai anche peggio quando ti accorgerai che le tue sono solo fantasie…>>
<< Fantasie? >> ribatté Karen, offesa << Bene, saranno fantasie. Pensala come ti pare. Non me ne importa niente. Ma quando sarò su un treno diretta a Kanagawa predicherai meno, Asako! Tu non hai mai provato cosa significhi per me trovarmi chilometri e chilometri lontana da casa mia, non puoi sapere come mi sento! Quindi, cara miss-so-tutto, vacci tu al cinema con quello spaventapasseri, se ti piace tanto! Ti ho già detto come stanno le cose…ho promesso a Kaede che non mi sarei mai dimenticata di lui fino a quando non sarei tornata…e ho intenzione di mantenere la parola, chiaro?>>
<< Cosa ne sai che l’ha mantenuta anche lui? Hai detto che gli avevi lasciato il tuo indirizzo…e allora rispondimi: si è mai fatto sentire?>>
All’inizio Karen non sapeva cosa rispondere. Ma poi trovò le parole:
<< Per tua informazione, Asako, sia lui sia Akira stanno giocando per il campionato nazionale! E’ ovvio che siano impegnati, no? E se proprio vuoi saperlo, io mi fido di entrambi, mi sono spiegata?>>
Detto questo, Karen uscì dalla casa di Asako e andò di filato a casa sua, mentre l’amica si alzò dal divano e la osservò camminare con passo risoluto verso la sua porta.

Fine settima parte
Ottava parte

Era finito il primo tempo della finale Shohoku contro Ryonan. Nessuno aveva giocato come al solito. Due giocatori in particolare avevano letteralmente fatto schifo nel primo tempo. Che volessero risparmiarsi per il secondo tempo era possibile, ma tante volte avevano ricevuto la palla e invece di tirare, un tiro facilissimo magari, passavano la palla. Questi due giocatori erano Sendoh e Rukawa.
<< Si può sapere che ti è preso, Sendoh?>> tuonò Uozumi <<Stai giocando come mia nonna!>>
<< Emh…>>
<< Passi la palla come se fosse una patata bollente!>> continuò Taoka << Dobbiamo approfittare che lo Shohoku è senza allenatore, è la nostra ultima occasione per entrare nel campionato nazionale!>>
<< Emh…giusto…>>
<< Ma cosa hai in testa, oggi?>>
<< No…niente…>>

<< L’ho sempre detto che sei un incapace, volpino, ma così si esagera!>> disse Hanamichi a Rukawa
<< Tsk. Senti chi parla. >>
<< Cosa vorresti dire, pezzo di cretino che non sei altro?>>
<< Voglio dire che non sono io lo zero in difesa che per poco si spacca la testa dopo aver lasciato passare un deficiente come Fukuda >>
Tasto dolente. Hanamichi era ancora incavolato nero per essere stato sconfitto da quella faccia di seppia che chiamavano “Fuku-chan”. Dopo quella semplice frase di Rukawa (Charmargy: insolitamente lunga!) sembrava che fosse diventato un Grizzly da quanto ringhiava.
<< Volete piantarla voi due?>> disse Ayako rifilando ad entrambi una sonora botta con i suoi micidiali ventagli.
<< Ahio, ma che ti salta in mente? Vuoi spaccarmi del tutto la testa, eh?>>
<< Non ti preoccupare, ce l’hai dura.>>
<< IO TI SPACCO IN DUE VOLPINO!>>
<< Ma insomma, lo volete capire che se vogliamo vincere la partita dobbiamo collaborare?>>
<< Io non collaborerò mai con un bastardo come lui!>> disse Hanamichi
<< Idem>> fu il solo commento di Rukawa, che aveva altre cose per la testa per litigare con Hanamichi. Infatti pensava ancora al suddetto “terremoto rosso”, partito par Hiroshima qualche mese prima (charmargy: che rima! ^^). E nonostante Karen avesse una “spaventosa” somiglianza con il cugino, suo peggiore rivale, il suo viso era ancora nitido nella mente di Rukawa, come era nitida la convinzione che Karen lo avesse già dimenticato. Era questo a cui pensava: di sicuro Karen si era già dimenticata di lui, e pensare ancora a lei lo faceva stare anche peggio. Quindi si sforzava in ogni modo di dimenticare quel viso sorridente, quegli occhi azzurri, quei capelli rossi…ma non sapeva che sbagliava. Che Karen passava notti insonni per cercare di ricordarsi per sempre di Rukawa.

Fine ottava parte
Nona parte

L’unica cosa che salvava Hiroshima dal casino del traffico e dallo stress cittadino, che c’è in ogni grande città del resto, era la spiaggia. Una spiaggetta corta salva dall’inquinamento, sulla quale si affacciavano gli alberi del boschetto con essa confinante. Erano alberi come ce ne sono pochi in Giappone, molto simili a quelli della macchia mediterranea. Curvi e intricati, che crescevano sopra alte dunette di sabbia. Una specie di duna costiera, l’unica che si era salvata dal flagello del traffico e dell’inquinamento. Raiden pisolava tranquillo sul tronco curvo e orizzontale di uno di quegli alberi, Karen stava seduta appoggiata sui gomiti sulla sabbia calda. Finalmente, dopo tutta quella pioggia, allegra e deprimente allo stesso tempo, veniva il sole. L’oceano era una vastissima distesa di acqua cristallina, il sole era vicino al tramonto, e illuminava l’acqua dando l’impressione che su di essa galleggiassero tantissimi diamanti. Si sentiva a mala pena il rumore delle onde che si infrangevano sui piccolissimi scogli che punteggiavano la battigia. Era lì che Karen andava tutti i giorni, che ci fosse il sole oppure no, a guardare l’oceano. Guardava l’oceano e si lasciava come al solito sopraffare dai suoi sogni. Potevano essere fantasie, come diceva Asako, ma in qualche modo Karen continuava a crederci. Sarebbe ritornata a casa, prima o poi, si sarebbe liberata di tutta quella depressione, di quella solitudine, di quella malinconia, e si sarebbe anche liberata di Ray, che per l’ennesima volta aveva provato a rimorchiarlo. Karen come al solito aveva risposto picche, ma non voleva tutte le volte doverlo schiaffeggiare per farlo stare zitto. Invece ora, osservando quella distesa cristallina, stando all’ombra degli alberi sulla calda sabbia, sentiva dentro di sé una tale pace che avrebbe voluto stare lì per sempre. Lei stessa sentiva che non era più la stessa. Che era diventata un essere completamente distrutto dalla sua malinconia. Non aveva più il quel sorriso sulle labbra come una volta, quel sorriso che valeva più di qualunque parola. Ora era triste e basta. Solo quando stava lì sulla spiaggia sorrideva di nuovo, si sentiva allegra e in pace con il mondo (charmargy: non so come commentare…ma mi pare che tu sia un po’ assurda, Karen! Ka-chan: e non chiamarmi Ka-chan! Charmargy: uffa, ancora co ‘sta storia!).
<< Hai visto Rai? Meglio che essere ai Caraibi! Probabilmente questo è l’unico posto che mi piaccia di Hiroshima… a Kanagawa ce n’era tanti di bei posti così…>> poi Karen sospirò << e non solo quelli vero Raiden? >>
Karen si sdraiò del tutto sulla sabbia. << Chissà come stanno andando le finali… come vorrei essere là…scommetto che si qualificheranno lo Shohoku e il Ryonan…>> (charmargy: errore!)

A casa di Karen, nel frattempo, suonò il campanello della porta. La zia di Karen, Kasuga, andò ad aprire la porta.
<< Sì, chi è?>>
<< emh…sono io signora..>>
<< Ah, Asako, vieni dentro, vieni! >>
Quando Asako si fu messa a sedere sul divano, Kasuga le si mise seduta di fronte.
<< Se cerchi Karen, non so dove sia andata, sparisce in continuazione, e poi è sempre in ritardo…>>
<< No, signora Kasuga…però volevo pararle proprio di Karen…>> [ sarà dura con una tale pettegola…]
<< Ah sì?>>
<< Sì…insomma, non so se ci ha fatto caso ma in questi mesi mi sembra un po’…strana.>>
<< Strana? Ma se qui si trova tanto bene? >>
<< Bene non direi signora, infatti ci ho parlato io con lei…>>
<< Ah, beata te che ci riesci! Karen ha un tale caratteraccio… >>
<< Sì appunto…però vede…mi ha detto che qui non ci sta bene per niente, e comunque la capisco…>>
<< Che vuoi dire?>>
<< Vede signora…Karen ha vissuto per sedici anni a…come si chiamava…a Kanagawa…insomma, metaforicamente parlando ci aveva piantato le radici…>>
<< non mi sembrava…>>
<< Ma lei non abita a Kanagawa! Mica lo può sapere! >>
<< Calmati, Asako!>>
<< Emh…sì scusi…comunque, io non vorrei parlare dei suoi fatti personali…però Karen mi ha detto che a Kanagawa non c’era solo casa sua…ma vede, non so se lo conosce, ma c’era un certo Rukawa…>>
<< si lo conosco!>>
<< Beh, comunque…era il suo ragazzo!>>
<< R-ragazzo?>> la signora Kasuga sgranò gli occhi
<< Suvvia, non mi pare il caso di scandalizzarsi tanto…dopotutto Karen ha quasi diciassette anni…è consapevole delle sue azioni…>> disse Asako facendo segno a Kasuga di calmarsi.
<< Invece è ancora troppo piccola per certe cose! >>
<< No, no si calmi! A quest’età non è tanto strano…>>
<< Spero che tu abbia ragione, Asako…beati i tuoi genitori, sei una ragazza tanto per bene…invece io mi ritrovo con quel tifone umano per casa…che poi in casa non ci sta quasi mai… >>
<< Mi sembra comprensibile, signora Kasuga…in casa non ci sta quasi mai perché qui non ci sta bene…e io sono del parere che debba ritornare a casa >>
<< Neanche per idea! Ho i miei motivi per averla fatta venire qui!>>
<< Quali, per esempio? >>

Fine nona parte
Decima parte

Il sole stava tramontando. Per strada cominciava a non esserci più nessuno [Da non credere. Quella vecchia bacucca della Kasuga è da manicomio! Un caso disperato.] Questo era quello che pensava Asako mentre si avviva a lezione di chitarra. Si ricordò ancora le parole della zia di Karen, che parlava e si comportava come una vera e propria pettegola. E Asako non sopportava le pettegole.
<< Neanche per idea! Ho i miei motivi per averla fatta venire qui!>>
<< Quali, per esempio?>> aveva detto Asako con tono di sfida.
<< Per esempio che frequentava gente poco affidabile laggiù. Io per una settimana ci sono stata a Kanagawa e me lo ricordo bene! Praticamente tutti i suoi amici erano teppisti! Ora che è qui sono più tranquilla…>>
<< Certo che lei è più tranquilla, ora Karen non ne ha direttamente, gli amici! Cosa pretende, di trasferire da un momento all’altro una che come sua nipote ha vissuto sedici anni in una città che le piaceva, eh?>> Asako fece un pausa, per guardare negli occhi quella vecchia bisbetica, poi continuò, ancora più arrabbiata di prima << se lei è stata davvero a Kanagawa per una settimana, avrà notato la differenza! Mi dica, ora, sua nipote era o non era più allegra di come lo è ora che si trova in questo schifo di città?>>
<< Ma, veramente…>>
<< Arrivederci, signora, ho lezioni di chitarra!>> E poi Asako se n’era andata, sbattendosi il portone alle spalle.
[Come vorrei ammazzarla, quella vegliarda! Va bè, ormai tanto mi sa che per Karen non ci sono più speranze… ma almeno mi sono liberata la coscienza…]

Passarono altri dodici mesi. Dodici mesi della solita malinconia, della solita solitudine, della solita tristezza…insomma, passarono altri dodici mesi come i tre precedenti. Vuoti. E tristi. Come tutti i dodici mesi che si rispettino, sembrarono durare un eternità, ma alla fine terminarono. E ancora una volta abbiamo due casi di conclusione di dodici mesi ^^! Un caso è quello più comune. Quello di chi va a scuola, fa i compiti, la sera si diverte eccetera…ecco, per lui i dodici mesi non esistono. Perché dodici mesi, per la persona “normale” finiscono e ricominciano da capo, e ogni giorno è uguale, quindi è come un cerchio. Senza un inizio… e senza una fine. Questo cerchio è interrotto solo dalla vacanze (charmargy: I love holidays!!!!!), ma a parte questo la circonferenza è sempre uguale, perfettamente identica di millimetro in millimetro… Ma c’è il secondo caso…il secondo caso è rappresentato dalle persone che all’inizio di ogni mese sperano che si arrivi presto alla fine…non certo per via della scuola, ma per via della tristezza. Per queste persone, se i mesi trascorressero più veloci, il ricordo di una persona lontana svanirebbe prima…e con esso svanirebbe la malinconia.
<< Sai una cosa, Raiden?>> disse Karen sdraiata sul letto
<< miao?>> rispose lui sbadigliando. Erano le quattro del mattino.
<< Mi sono rotta le scatole di continuare così >>
Raiden la guardò con occhi interrogativi.
<< Lo so, cambio sempre idea…nessuno è perfetto…ma stavolta ho deciso. Se entro dieci giorni non sarò alla mia VERA casa, fine! Si ricomincia! Dimenticherò tutto, tranne Akira naturalmente…dimenticherò tutto quello che mi lega a Kanagawa…! E stavolta dico la verità!>>
Raiden ovviamente non aveva capito una parola, ma si limitò a sbadigliare di nuovo. Fuori si sentiva la pioggia.
<< Piove di nuovo? Che barba…non verrà mai il sole in un posto come questo…una volta che sembrava venuta la primavera… puff!…sparisce tutto…>> Karen si fermò su quel ragionamento. C’era qualcosa di familiare, in quel semplice pensiero…le ricordava qualcosa… che conosceva bene…
<< KAREEEENNN!!!>> l voce della zia rimbalzò sulle pareti dal piano di sotto come un tuono. Karen piuttosto che urlare e svegliare tutto il quartiere, scese da letto e si diresse verso il piano di sotto distrutta dalla stanchezza. Sua zia, come sempre, aveva interrotto il suo dormiveglia con uno strillo che sembrava uscito fuori da un gallo strozzato (charmargy: che citazione poetica!)
<< Cosa c’è?>> chiese Karen.
<< Vatti a lavare, Karen, presto e svegliati, che sei pallida come un lenzuolo!>> sua zia la spintonò freneticamente verso il bagno
<< Datti una calmata! Ma cosa c’è?>>
<< Non c’è tempo! Presto, che siamo in ritardo! Anzi, SEI in ritardo!>>
<< Che??>>
Karen venne catapultata nel bagno e dopo di lei la zia lanciò anche i vestiti. Ogni secondo si affacciava alla porta per sollecitare la nipote.
<< Zia ma ti vuoi calmare? Cosa è tutta questa fretta, che non è neppure l’alba?>>
<< Presto, muoviti! Ti aspetto fuori in macchina!! >>

I giorni a Kanagawa trascorrevano lenti e inesorabili (charmargy: non biasimo chi se ne andrà immediatamente da questa pagina!). Sembrava che il tempo si fosse fermato; il problema era che per alcune persone si era fermato nel momento più brutto. L’inverno era perenne, anche se era il 18 di marzo. Le cose andavano molto peggio da quando una certa rossina se n’era andata. Per lo meno andavano molto peggio a quelli che la conoscevano bene. Sendoh che era suo cugino passava giornate molto più tristi senza la “cara cuginetta”. Rukawa era perennemente in preda a lunghi monologhi interiori e stava quasi sempre in camera sua quando non doveva andare a scuola o agli allenamenti. Hanamichi e Kiyota, compagni di “cavolate” di Karen, sembravano insolitamente silenziosi. Infatti era mooolto sospetto che non marinassero più la scuola e che non esibissero il loro “mite carattere” ogni secondo - Hanamichi non diceva più: << io sono un genio! >> e Kiyota non diceva più: << Ma sta’ zitto brutto deficiente! – e i cambiamenti si vedevano anche e soprattutto nelle partite e negli allenamenti. Nessuno era più lo stesso, ma ormai domande del tipo: << Ehi cosa ti è preso?>> non le faceva più nessuno perché tutti sapevano quale era il motivo di tale cambiamento. L’inverno non tramontava mai, e con esso neppure la depressione nell’aria, e la primavera non sorgeva, come in una notte perenne.

Fine decima parte


Charmargy: fine del decimo capitolo! Impressioni?
Karen: io vorrei sapere dove le tiri fuori tutte quelle frasi deprimenti e cosa le è preso alla vecchiarda (mia zia)
Charmargy: sappi, mortale, che le frasi mi vengono naturali, e devono essere deprimenti perché questa è (o almeno dovrebbe essere) una fic triste! Quanto alla seconda domanda…non te lo dico!
Karen: ma neppure un aiutino?
Charmargy: no, no e no!
Rukawa: In ogni caso, dove l’hai tirato fuori che sono così patetico?
Charmargy: tu non sei patetico, tu sei un criticone! Mai che qualcuno voglia rendere l’idea della tristezza di questa fiction….
Sendoh: per me sei stata troppo crudele…sniff!
Charmargy: ehi, non ti facevo così sensibile… e non mi fare quella faccia che mi commuovo…WEHHEEEEEE!!
Karen: ma guardali…in questi momenti io mi chiedo: mo’ chi me l’ha fatto fare?

Undicesima parte

A Kanagawa era una domenica mattina – tanto per cambiare – molto nuvolosa. O meglio, il cielo era nuvoloso. Erano passati tre giorni dalla mattina in cui la zia di Karen aveva tutta quella fretta. Da quel giorno, a casa della signora Kasuga c’era una persona in meno. Da un'altra parte, però, ce n’era una in più.
Rukawa era finalmente uscito di casa dopo tanti giorni di “imbottigliamento”, e passeggiava per il parco, che a quell’ora, anche di domenica, era deserto. Dico << a quell’ora >> perché era l’alba. Il sole stava per sorgere, ma non si poteva stabilire esattamente quando sarebbe sorto di preciso, perché il cielo, pieno com’era di nuovole, era quasi del tutto invisibile. Rukawa si appoggiò al tronco di un ciliegio, dal quale piovevano in continuazione petali rosa e bianchi. Anche gli latri alberi erano fioriti. Ma nonostante tutto, quel paesaggio non ispirava nessun tipo di felicità o di allegria. Alcuni si chiedevano come potesse essere primavera con il tempaccio che c’era in quei mesi. Rukawa trasse un lungo sospiro, poi chiuse gli occhi. Non sapeva esattamente cosa ci facesse all’alba in un parco, oltretutto di domenica, quando avrebbe potuto starsene a dormire. Invece, nei giorni in cui doveva andare a scuola, si sarebbe svegliato volentieri alle dieci (Rukawa: chi l’ha detto? Charmargy: eddai, se le fic rispecchiano l’autore, dovevo pur metterci una mia sindrome della domenica mattina, no? ^^). Mentre era lì, nella tranquillità più assoluta, sentì un felpato rumore di passi, come un gatto. Mentre stava in ascolta, sentì che qualcosa gli si buttava addosso e in meno di un secondo si trovò sdraiato sull’erba, spiaccicato da un peso leggerissimo.
<< KAEDE – CHAN! AMORE MIO! COME SONO FELICE DI RIVEDERTI!>>
Rukawa finalmente riprese il controllo della situazione, e quando si scostò di dosso “l’assalitore”, anzi, assalitrice, e riuscì a guardarla negli occhi gli si gelò il sangue.
Davanti a lui c’era una ragazza con i capelli rossi, un sorriso a trentadue denti e due occhi azzurri che luccicavano dalle lacrime (charmargy: ovviamente, lacrime di felicità! ^_^). Non poteva non riconoscere quel viso sorridente.
<< Che ti prende Kaede-chan? Non mi riconosci?>>
<< Non fare l’idiota>> [Mi ha chiamato “amore mio”…non è possibile che…continui a pensare a me…] << certo che ti riconosc…>>
Non riuscì a finire la frase che Karen gli chiuse la bocca con un bacio sulle labbra. Ma si staccò quasi subito, perché Rukawa non aveva nessuna reazione.
<< Cos’hai Kaede? Ho detto qualcosa di male?>>
Nessuna risposta
<< Ma uffa! La vuoi piantare con quel muso?>> sbuffò Karen che stava iniziando ad alzare la voce << E va bene, lo so, corro troppo, ma è più di un anno che non ti vedo! Credi sia stato bello passare notti insonni per questo motivo? >>
<< Karen, ascoltami>> disse alzandosi in piedi << ti sei risposta da sola…certo che sono felice che tu sia ritornata…ma avevo promesso a me stesso che finchè non sarebbe finito il campionato mi sarei concentrato solo sul basket…>>
<< In compenso, caro il mio campione, avevi promesso a me che ti saresti ricordato di me! Ma certo, il basket è la tua sola ed unica ragione di vita…io non conto mica niente!>> ribatté Karen, cercando di evitare gli occhi di Rukawa
<< Karen, te lo giuro, mi dispiace…ma lo vuoi capire che senza di te stavo malissimo? Mi capisci almeno, no? Se avessi continuato a pensare solo a te…>>
<< …Non ti saresti più potuto concentrare sul basket! Lo so, ogni volta dici così! Mi hai sempre detto così! Qualunque cosa facevi la scusa era sempre una sola: il basket! Allora Asako aveva ragione…ora dammi un buon motivo per fidarmi ancora di te! >>
<< Hai ragione, non hai nessun motivo per fidarti di me! Lo so benissimo anche da solo! Avanti, dimmelo che sono un bastardo schifoso!>> quest’ultima frase Rukawa l’aveva pronunciata con un urlo (charmargy: sta delirando…) che faceva quasi paura. Ma la sua espressione cambiò quasi subito quando si accorse che Karen piangeva. Aveva la testa bassa e delle goccioline cadevano per terra dal suo viso. Solo quando la guardò in quel momento si accorse quanto fosse cambiata. Era diventata più alta, più magra, ma da ogni sua parte del corpo scoperta dai vestiti si vedevano dei piccoli muscoli. Si era tagliata i capelli, che ora non le arrivavano nemmeno sotto il collo, si vedeva che erano appena lavati… Aveva una maglia arancione e dei jeans corti. Moooolto corti. Non era più la bambina di un anno prima. Molti mesi fa era diversa. Aveva i capelli lunghi, era un po’ più bassa e un po’ meno magra di come lo era in quel momento. Però anche in quel periodo a Rukawa piaceva moltissimo. Ed ora era semplicemente meravigliosa.
<< Se un idiota, kitsune >> disse asciugandosi gli occhi << sei solo un idiota>> Karen si allontanò di corsa verso casa sua. Rukawa si mise una mano sugli occhi.
[Ha ragione lei. Sono solo un idiota. Ma perché le ho detto una cosa simile? Sono un verme, ecco cosa sono. L’ho aspettata per tutti questi mesi e l’ho subito fatta piangere…tanto ora ho rovinato tutto…non mi vorrà più vedere…]

<< Quel brutto lurido verme! Se mi capita a tiro gli spacco il muso! Mi ha rovinato la vita…me l’hanno rovinata tutti! Kaede sei un mostro…sembri mia zia…ma almeno lei mi ha svegliato alle quattro del mattino per farmi ritornare a casa…ero felice di rivederti…Ma a quanto pare tu non lo eri…io l’ho mantenuta la mia promessa, carogna! Ma visto che a te non te frega niente non vedo il motivo di continuare a crederci. Perché sei così bugiardo? Lo sei sempre stato, stupida volpe…e io ti ho sempre creduto…ti ho sempre amato…ma VAFFANCULO! Kaede sei fuori dalla mia vita…ora sono cresciuta, e tu ti puoi anche ammazzare per quello che mi importa! Fai quello che ti pare! Non me frega più niente!>>

Fine undicesima parte
Dodicesima parte

Quella domenica Karen andò a giocare un po’ a basket nel campo da street ball vicino a casa sua. Ma il suo gioco era un po’ fiacco, o a volte sbatteva la palla nel canestro come se volesse distruggerlo. Non aveva mai giocato così. Dopo aver portato a termine un Dinner Served carico di tutta la sua rabbia repressa, si mise a sedere sull’asfalto, passandosi distrattamente il pallone da mano a mano.
[ Perché sto giocando così? Perché sto ancora pensando a quel brutto carciofo? Maledetto! Ho detto che è tutto finito, quindi sparisci dalla mia mente! Se almeno ci fosse Raiden…a proposito, stasera devo passare dal veterinario a vedere come sta… almeno smetterò di pensare a Kaede…o forse dovrei dire a Rukawa…]
^Ma no, cosa dici… ^
[ Mo’ basta! Perché devi sempre rompere così?]
^Sei tu che stai mentendo a te stessa…non ti libererai mai di lui, anche se dici che è tutto finito…^
[ Non è vero! Non è vero! Non mi importa niente di lui e di quello che fa! Stavolta non mi rimangio la parola, sai? Stavolta voglio cancellarlo dalla mia mente per davvero! ]
^ Dici sempre così, ma io ti conosco, visto che sono te… non sei una che mantiene la stessa opinione…però devo dire che a volte sei testarda, eh? ^
[Deciditi! O sono testarda o cambio sempre idea!!!] ribatté alzandosi in piedi
^Lasciamo stare, che è meglio…^

I CONSIGLI DEL DOTTOR T: Dinner Served: un tipo di schiacciata, che viene effettuata da un solo giocatore, il quale lancia la palla in traiettoria del canestro e poi schiaccia. E’ tipo l’Alley Hoop, che consiste nel farsi lanciare la palla sopra la rete del canestro da un altro giocatore e poi schiacciarla dentro…solo che il Dinner Served è effettuato da un solo giocatore! (Lo fece Kiyota prima della partita Ryonan-Kainan…però la palla andò dentro da sola!! +_+)

Per quanto Karen si sforzasse di ammettere che non le importava più nulla di Rukawa, la sua anima si rifiutava di cancellarlo…
<< IDIOTA! >> urlò Karen sbattendo il pallone per terra con tale forza che il tonfo rimbombò per tutta la strada.
<< Chi è l’idiota?>>
Karen si voltò verso il mittente di quella frase << Eh? Ah, ciao Hanamichi! Come mai da queste parti?>> chiese cambiando subito espressione con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
<< No, no, devi dire: “I miei saluti, divino Sakuragi! A cosa devo l’onore della tua ancestrale presenza?”>>
<< Già, come ho fatto a scordarmelo? ^_^>>
<< Senti un po’, com’è che ce l’avevi con il pallone?>>
<< Eh? Io? Ma no! Mi stavo solo…emh…mi stavo allenando ecco…!!!>>
<< Ti stavi allenando eh? E da quand’è che uno si allena dicendo “idiota” ad un pallone?>>
Karen era arrivata a Kanagawa da sabato, cioè dal giorno prima. Anche se avrebbe voluto vedere Rukawa non l’aveva trovato né in casa né ad allenarsi. Inutile dire che quando aveva fatto “il giro di saluti” erano stati tutti felicissimi di rivederla. L’unica persona che quel sabato non sapeva ancora che Karen fosse tornata era Rukawa. Karen aveva trovato tutto cambiato da quando era a Kanagawa. I componenti e le formazioni delle squadre erano diverse, perché alcuni giocatori avevano finito le superiori. Anche alcuni quartieri di Kanagawa erano cambiati. Ma non avrebbe mai voluto che anche i sentimenti di Rukawa cambiassero. Quello che non sapeva era che in realtà erano sempre gli stessi. Sul treno non vedeva l’ora di scendere, sorrideva così tanto che le sarebbe potuto venire un crampo alla bocca. Non vedeva l’ora di rincontrare i suoi amici, di riabbracciare suo cugino e Rukawa. Ma appena era tornata si era accorta della verità.
<< C’è qualcosa che non va? >> chiese ancora Hanamichi
<< No-no! Tutto a posto! Ma…perché me lo chiedi?>>
<< Così, mi sembravi strana…>>
<< Bhe…una cosa ci sarebbe, ma… anzi, lascia perdere!>>
<< Scordatelo! Ora non me ne vado da qui finchè non mi hai detto cosa c’è!>>
<< Ma sei proprio un impiccione, Hana-chan! Bhe, te lo potrei anche dire…>> disse con aria enigmatica << ma chi mi dice che poi non lo vai a dire a qualcun altro?>>
<< Sarò muto come un pesce! >>
<< Mh…e va bene, però ricordati che se te lo lasci scappare di bocca ti trito, okay?>> disse con sguardo fulminante.
<< Ma certo, ma certo, conta su di me! Non dirò una sola parola!>>
Karen allora raccontò quello che era successo quella mattina al parco, mentre Hanamichi minacciava la kitsune di atti violenti (charmargy: così hai una buona scusa per pestarlo, eh?).
<< Quel bastardo di Rukawa! Fa il morto per quindici mesi di fila e poi guardatelo come reagisce in tua presenza!>> disse Hanamichi
<< Che vuol dire “fa il morto” scusa?>>
<< Vuol dire che per tutto il tempo che non c’eri ha fatto la scenata del povero ragazzo con le crisi esistenziali…bah! Non veniva quasi mai agli allenamenti, stava tutto il tempo chiuso in casa sua…e nel frattempo il Grande Genio del Basket stupiva le sue fans con le sue imbattibili schiacciate…>>
Mentre Hanamichi continuava ad auto complimentarsi con se stesso, Karen guardava un punto qualsiasi del paesaggio con gli occhi spalancati e aveva lasciato cadere il pallone.
<< Comunque, non credo che ti abbia voluto lasciare, sai?>>
<< Eh…? Cosa?>>
<< Cadi dalle nuvole eh? Te lo chiedo per favore, non riprendere tutto da quello svitato di tuo cugino che poi mi tocca sopportare anche una Sendoh-girl…>>
<< Cos’hai detto Hanamichi?>>
<< Ehi, non ti offendere, ma ho detto che poi mi tocca sopportare anche…>>
<< No, cos’hai detto prima!>>
<< Beh, ho detto che non credo che Rukawa abbia voluto lasciarti…>>
<< E tu che ne sai?>> chiese Karen con una luce negli occhi
<< Bhe, una volta ci ho parlato… mi ha detto che ormai non saresti più ritornata e che aveva paura che tu ti fossi dimenticata di lui e che quindi mantenere la sua promessa – non so che promessa sia – sarebbe servito solo a peggiorare le cose…ma non ti immagini come era ridotto, sai? Incredibile ma vero, la kitsune fantasma era più depressa di come lo è normalmente…… EHI!>>
Karen era corsa via dal campo a sentire le ultime parole di Hanamichi.
<< Che tipa…lo dicevo io! E’ svanita come suo cugino…Ma se non ci fossi io vorrei vedere cosa sarebbe successo…! >>

Fine dodicesima parte
Tredicesima parte

Ore otto e quaranta ……
<< Comesonoscema comesonoscema comesonoscema… ma porca vacca, perché devo essere così idiota! >> Karen, mentre era impegnata nel suo monologo, correva verso un’ignota destinazione (charmargy: come sono perfida…) ma quando arrivò all’entrata di un parco si fermò e cominciò a camminare con il fiatone, guardandosi intorno.
[Ti prego, fa che ci sia ancora…fa che ci sia ancora………A dir la verità sarebbe un deficiente se fosse ancora qui dall’alba, comunque…]. Karen si mise a sedere su un altalena per riprendere fiato tenendosi il fianco destro con una mano.
[ Perché lo sto cercando? Ora dovrei odiarlo…mi ha mentito…non ha mantenuto la nostra promessa…Ma allora perché sto facendo tutto questo? Devo chiedergli scusa…non ce la faccio senza di lui…]
Ad un tratto, sentì un rumore alle sue spalle e si voltò di scatto. A produrre il rumore era stato Rukawa.
<< Cosa ci fai qui?>> disse con tono gelido
<< Emh…bhe, ero venuta a cercarti…>> rispose Karen alzandosi in piedi
<< A cercarmi, eh? Va bene, ora cosa vorresti fare? Prendermi a schiaffi?>> ribatté Rukawa voltandosi da un'altra parte.
[Lo sapevo che l’avrebbe detto] << Veramente…io volevo solo chiederti scusa…>>
Rukawa rimase quasi senza parole, ma si riprese quasi subito << valle a raccontare a qualcun altro le tue balle, Karen>>
<< Tanto per cominciare tra noi due non sono io la bugiarda, Kaede! O devo chiamarti Rukawa, d’ora in poi?>>
<< … >>
<< E guardami negli occhi quando ti parlo!>>
<< Piantala. Arriva al sodo, Karen >> [ Non lo capisci che non ce la faccio a guardarti negli occhi?] << Non posso stare qui tutta la matti… >> Ancora una volta, Karen non gli lasciò finire la frase. Infatti questa non ce la fece più ad ignorare il suo istinto e gli affondò la testa nel petto, senza riuscire a smettere di piangere.
<< Perdonami Kaede-chan!! >> disse Karen con la voce rotta << Ti prego, perdonami…>>
Per la prima volta, forse la seconda dopo che si erano detti addio tanti mesi prima, gli occhi di Rukawa luccicarono di lacrime. [Ora basta, cretino! Togliti di dosso questa pulce e tornatene a casa!] Invece, sollevò con due dita il viso di Karen per guardarla negli occhi, poi le asciugò lentamente gli occhi. Il suo carattere non era cambiato per niente in tutti quei mesi…era sempre la solita…agiva d’istinto, e poi non era introversa come lui…non aveva mai esitato a raccontare quello che le succedeva, se sentiva di potersi fidare…
<< Sei tu che devi scusarmi…amore mio…>> le sussurrò Rukawa
Karen avvicinò le sue labbra a quelle del volpino facendogli passare le braccia intorno al collo e poi i due si baciarono, il primo bacio appassionato dopo tutto quel tempo.
[Sono stata un idiota. Come ho fatto a rispondergli così stamattina? Povero Kaede…io dovrei essere la prima a capire quello che prova…] Karen durante quel bacio avrebbe potuto cadere per terra visto che le gambe non la reggevano più, se non ci fosse stato Rukawa a sostenerla. Dopo tutto quel tempo, finalmente poteva riabbracciare il suo volpino, poteva sfogare in quel bacio tutto il dolore dei mesi trascorsi senza di lui…senza di nessuno…
Per Karen, sentire il corpo di Rukawa addosso al suo, sentire quelle braccia che la stringevano forte, come una volta, era la cosa più bella del mondo. Un raggio di sole oltrepassò come una freccia le nuvole, finchè queste ultime non scomparvero del tutto.
<< Ehi Kaede-chan, ora che è venuto il sole che ne dici se domani andiamo a vedere l’alba?>> disse Karen con uno dei suoi soliti sorrisi
<< Tanto io l’alba ce l’ho già di fronte…>>

FINE!
Karen: sai, ora che ci penso non sei poi tanto cattiva…
Charmargy: bhe, mi sono sempre piaciuti i lieto fine! ^_^ e a te Rukawa com’è sembrata?
Rukawa: …
Charmargy: ah, mi pareva…comunque grazie per aver letto questa fiction fino alla fine, se non siete andati direttamente all’ultimo capitolo perché non avevate voglia di leggerla tutta…
Rukawa: infatti gli unici che abbiamo dovuto sopportarla siamo noi.
Karen: eddai Kaede-chan, non ti è piaciuto il finale? 
Rukawa: ho fatto la figura del cretino...
Charmargy: ma dico li sentite come sono cattivi? E poi sono io la perfida…ingrati! Speriamo che la prossima fic vi piaccia un po’ di più…sennò vi licenzio, eh!
Tutti: EEEEEVVVAAIII!!!


 
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