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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: YuYu Hakusho (Yu degli Spettri)
Titolo Fanfic: LA LEGGENDA DELLO YOKO
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: yuki-kushinada galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 20/01/2004 21:08:47 (ultimo inserimento: 20/05/04)

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CAPITOLO 1
- Capitolo 1° -

Avvolto in una nube di polvere bianca, racchiusa in un kekkai. Si era fatto fregare. Stava esplodendo dalla rabbia mentre il suo corpo lentamente si plasmava. Quello strano fumo, gli stava causando una metamorfosi, durante la quale una strana sensazione nostalgica gli attanagliava la mente. Stava diventando un’altra persona, o meglio stava tornando ad essere se stesso. Finalmente quel processo di maledizione era finito, non si sbagliava era tornato nelle antico corpo, dopo quasi diciassette anni era di nuovo lui!
Osservò il suo avversario, Ura Urashima, il suo sguardo non era mutato: freddo, spietato, virile, impassibile.
–Lo sai, non avrei mai creduto che un giorno avrei ripreso le vecchie sembianze. Devo ringraziarti, mi hai fatto tornare ad essere Yoko, Yoko Kurama!
–Co… sa – tremava, se costui era veramente Yoko Kurama la sua fine era prossima!
–Non è possibile… tu non puoi essere lui… Yoko Kurama è solo una
leggenda.

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–Padron Kurama…!? –
Solo a quel richiamo si accorse, di aver semplicemente avuto una visione, aprì gli occhi, tentò di mettere a fuoco le immagini, per poi ricordarsi di essere nel suo letto, a sbattere una delle tante sgualdrine che era solito usare per soddisfare i propri bisogni sessuali.
–Rivestiti e vattene! – intimò scaraventando la ragazza dal letto.
–Come? – doveva aver sicuramente sentito male Yoko non era il tipo da lasciare le cose a metà.
–Sparisci! –
Vide la ragazza prendere i suoi vestiti e uscire dalla lussuosa porta della sua stanza, si dirisse verso il bagno, per fortuna vi si entrava direttamente dalla sua camera, almeno non avrebbe dovuto attraversare il corridoio e così avrebbe evitato di incontrare qualcuno, non ne aveva voglia. Si immerse nella vasca dell’idromassaggio, aveva bisogno di tranquillità e soprattutto di riflettere. Spostò i lunghi capelli argentati che gli coprivano il viso, iniziò ad osservare il soffitto, come se questo potesse dare una risposta alla domanda che lo attanagliava. Decise di non pensarci, almeno per il momento aveva troppi problemi per poter dar retta a tutte le visioni che la sua mente perversa formulava. Uscì dall’immensa vasca, prese un accappatoio e vi si avvolse dentro, si soffermò a guardare il letto, aveva voglia di stendersi, sdraiarsi e rilassarsi, ma era troppo disfatto per potervi entrare. Decise di lasciare asciugare i capelli naturalmente, non aveva voglia di vedere nessuno, tanto meno una serva. Si dirisse verso una porta che dava sulla destra, quella che deva alla stanza riservata al ricevimento dei suoi bracci: Yomi e Kuronue. Si accomodò su poltrona bianca con le rilegature in oro. La stanza era molto grande, ma quasi completamente spoglia. La porta che dava al corridoio era chiusa a chiave, usava quella stanza più che altro per riflettere, se aveva qualcosa da dire a suoi bracci poteva farlo in qualunque altro luogo. Gettò la testa indietro, sostò in quella posizione per qualche minuto, per poi tornare a quella di origine. Appoggiò il gomito destro sul bracciolo bianco, posando delicatamente la testa sulla mano e riprendendo le sue riflessioni. Rimase per molto tempo così, finché il suo sguardo, spinto dalla fame, non si dirisse sul grande pendolo d’oro, le cui lancette dimostravano chiaramente che il suo stomaco con si sbagliava e che era l’ora di dirigersi nel grande salone per il pranzo. Si spogliò del candido indumento, per indossare la sua solita tenuta bianca e avvolgersi in un mantello blu. Attraversò il lungo corridoio fino per poi spalancare le due ante dell’ultima porta sulla sinistra. Alla sua vista, tutti si alzarono in piedi in forma di saluto, ma il che lo lasciò completamente indifferente, si sedette capotavola e iniziò a mangiare le abbondanti pietanze che erano già state servite. Consumò il pasto in assoluto silenzio, esattamente come tutti gli altri, avevano capito solo che c’era qualcosa che non andava, e non avevano la benché minima intenzione di aggravare le cose, farlo era sinonimo di morte! Solo quando ebbe terminato il pranzo onorò le orecchie altrui della sua voce, intimando a Kuronue di dirigersi nelle sue stanze non appena avesse finito.
Passarono al massimo dieci minuti da quel momento, Kuronue si dirisse verso la sala indicatagli dallo Yoko, era quasi certamente chiusa, ma avrebbe dovuto bussare ugualmente non ricevere risposta e tantare di aprire, il rituale si ripeteva nuovamente. Stranamente trovò aperto, entrò. Il suo padrone aveva abbandonato il mantello sulla poltrona usata poco prima, e ora si era seduto sul davanzale dell’ultima finestra costringendolo a stare controluce. S’inchinò, e solo allora lo Yoko inizio a parlare.
–Sai perché ti ho fatto venire qui?
–Questo me lo devi dire tu, Yoko!
–Poco fa, ero con Akkan…
–La ragazza non ti ha soddisfatto completamente? – ironizzò, mentre spostava il mantello dello Yoko su un tavolino di ebano e si accomodava sulla solita poltrona, situata a 45° dalla finestra. Si mise di traverso lasciando penzolare una gamba dal bracciolo sinistro, appoggiando sull’altro il braccio, il quale reggeva il peso della testa.
–Non interrompermi! Mentre ero con Akkan, nella mia mente è comparsa una specie di visione – indugiò qualche secondo – Ero diventato un ragazzo, un ningen. Che ne pensi? –
–Sei sicuro che quella figura umana eri tu? –
–Senza dubbio, richiamava a se le piante del Makai e solo io custodisco il seme di tale potere, senza considerare che… –
–Che? –
–Che costui ammetteva di essere me! –
Preferì non parlare della trasformazione, Kuronue era senza dubbio la persona che lo riusciva comprendere maggiormente, più che un subordinato per lui rappresentava un amico, ma l’aria metallica e tagliente del Makai gli avevano insegnato a non fidarsi d nessuno al di fuori di sé, non voleva fornirgli troppe informazioni, il ragazzo dai lunghi capelli neri non aveva la lingua lunga, ma se si fosse lasciato sfuggire anche una sola parola sarebbe stato costretto ad ucciderlo e un po’ gli dispiaceva.
–Avanti Yoko, quando mai tu hai creduto nelle visioni, e poi anche se fosse vero, perché tu possa reincarnarti in un corpo umano, qualcuno dovrebbe essere in grado di ucciderti e non c’è nessuno capace di tale impresa, senza considerare che nessuno avrebbe mai il coraggio di mettersi contro lo youkai più spietato e impassibile dell’intero Makai! –
Il kitsune sorrise, “avrà apprezzato il complimento” pensò Kuronue, ma in realtà il demone volpe si stava semplicemente chiedendo se era più ingenuo il suo compagno per natura, o lui che gli raccontava tutto ciò. Kuronue era l’unico youkai con il quale si confidava, ma quando s’impegnava diventava alquanto stupido. Era meglio lasciar perdere il discorso con lui.
–Hai ragione, probabilmente è la stanchezza che fa brutti scherzi! Puoi andare! –
Spostò lo sguardo verso il paesaggio boschivo che gli si mostrava d’innanzi, mentre attendeva impazientemente che l’amico lo liberasse dalla sua presenza, fino a quando non sentì chiudersi la porta alle sue spalle. Scese dal davanzale e chiuse a chiave la porte di fronte, si dirisse verso sinistra, aprì la porta che lo conduceva nella sua camera per accertarsi che la serva avesse finito di mettere tutto in ordine e di fare le pulizie. Chiuse a chiave anche la porta che dalla sua camera dava al corridoio, e tornò nell’ultima stanza. Prese il suo mantello, se lo avvolse, dopodiché scavalcò la finestra sulla quale si era precedentemente seduto. Aveva bisogno di liberare la mente da tutti i pensieri, di trovare qualcosa che potesse dargli soddisfazione. Si dirisse nella “Foresta dell’Addio”, solo lì poteva trovare il piacere che andava cercando!!! La Foresta dell’Addio era un bosco frequentato da 2 tipi di demoni: quelli che volevano uccidere e quelli che volevano essere uccisi; ma era raro trovare qualcuno di quest’ultima classe. Uccidere, ecco di cosa aveva bisogno, aveva bisogno di sentire sulla sua pelle il sangue altrui schizzargli addosso; udire urla di dolore, di disperazione, di implorazione; vedere tremare i propri avversari; leggere nei loro occhi il terrore; questa era la sua medicina!
Passò qualche ora, lo Yoko si sentiva molto più rilassato, stava godendo uccidere lo eccitava quasi quanto l’atto sessuale, lo mandava in estasi. Ma nella sua caccia di morte il destino gli riservò uno strano incontro. Si trovò d’avanti a una figura splendida, i capelli neri legati con un elastico, gli occhi verdi come lo smeraldo, la pelle bianca, le labbra rosee, dalla forma perfetta, desiderava morderle. La larga tunica che la ragazza indossava, non permetteva di vedere le forme del busto ma in compenso i pantaloni mostravano chiaramente i fianchi. Desiderava stringere quella donna a sé, sentirla sua, sentir premere i suoi seni contro il suo petto di marmo. Quella donna aveva risvegliato la sua lussuria, benché questa non fosse mai andata veramente a dormire, percepiva l’inguine pulsargli nei pantaloni, non riusciva a resistere, non capiva cosa potesse essere accaduto, era la prima volta che provava un tal desiderio per una donna, voleva penetrarla!



Per prima cosa, salve a tutti è la mia prima fanfic, spero apprezziate.
Tutti i diritti sono dei legittimi proprietari!!!
Akkan è un personaggio della mia fantasia che molto probabilmente non si vedrà più nella storia.
La foresta dell'addio è sempre di mia invenzione.
Commentate, si accettano commenti di tutti i tipi, anche critiche ammesso che queste siano costruttive, le offese potete tenervele per voi.
Ciao a tutti ditemi che ve ne pare della fic.


 
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