FERITE
- Capitolo 1° -
PROLOGO
Buio.
Un cucciolo correva, nel bosco oscuro.
I suoi piedini nudi scalpicciavano sul terreno ricoperto di foglie secche, il suo piccolo cuore batteva forsennatamente.
Correva per salvarsi la vita.
Incespicò.
Cadde.
Si rialzò.
Il cucciolo aveva sette anni; nella notte, i suoi capelli bianchi riflettevano i raggi della luna piena.
Non poteva smettere di correre, anche se il cuore ormai gli scoppiava, anche se le sue gambette, benchè forti, non lo reggevano più.
Lo inseguivano, e lo sapeva.
Per loro era un gioco: dare la caccia a un cucciolo di inu-hanyou sarebbe stata un’alternativa divertente a una notte spesa a vagare o a uccidersi tra loro.
Il piccolo cadde di nuovo, il suo musetto colpì una radice di un albero davanti a se.
Sentì in bocca il sapore della terra, ma non poteva permettersi di fermarsi, se lo avessero preso, lo avrebbero torturato e ucciso. Per divertimento.
Sentì che le guance erano bagnate, ma non era terra umida, erano lacrime.
Le piccole orecchie canine ai lati della sua testa si mossero: erano vicini.
Si guardò intorno, freneticamente, cercando un rifugio.
Lo scroscio di un piccolo torrente gli venne in aiuto, corse, con il suo ultimo fiato, e ci si gettò, risalendo la corrente: per quanto piccolo, sapeva come scappare. Aveva dovuto impararlo.
Si guardò nuovamente attorno, le sue orecchie si muovevano senza posa.
Una caverna.
Piccola, a dire la verità, ma con l’imboccatura coperta di felci.
Forse non l’avrebbero visto. Forse.
Ci si nascose, riusciva a malapena ad entrarci.
Si strinse le ginocchia contro al petto, cercando di calmare i battiti del suo cuore e il respiro affannato.
Era così la sua vita, da quando sua madre era morta e i suoi parenti l’avevano cacciato di casa. Era un piccolo mostro. Portava sfortuna.
Due lacrimoni scesero sulle guance, lavando via un po’ della terra che ancora gli sporcava il musino.
Drizzò le orecchie. Stavano arrivando.
Tre inu-youkai. Maschi. E forti.
Se lo avessero preso, sarebbe morto tra atroci sofferenze.
Si rannicchiò nella grotta, poco più di una buca, in fondo.
Sentiva solo i battiti del suo cuore.
Camminavano, praticamente davanti al suo nascondiglio.
Trattenne il fiato, tremando.
Passarono senza fermarsi.
Attese, nel silenzio, qualche minuto che il suo cuore si calmasse, poi tirò un sospiro di sollievo.
Ce l’aveva fatta anche stavolta.
Uscì e una risata crudele gli colpì le orecchie.
Si voltò.
Erano lì, a pochi passi, avevano atteso che uscisse per prolungare il divertimento.
Il terrore appena sopito tornò potente nel cuore del cucciolo.
Si rialzò e iniziò a correre.
-Corri, mostriciattolo! Tanto ti prendiamo!-
Gli erano dietro, erano più veloci di lui. Molto più veloci.
Cadde, ma stavolta non fece un movimento per rialzarsi.
Era troppo stanco per correre ancora.
-Si è stancato? Che noia! Ora non ci divertiamo più-
Il cucciolo rimase sdraiato per terra, sentendoli avvicinare.
Non voleva più correre.
-E adesso? Che ne facciamo di ‘sto mostriciattolo?-
-Facciamolo a pezzi!-
-Affoghiamolo.-
-Si! Affoghiamolo! Sarà divertente sentire questo sporco mezzo sangue dibattersi nell’acqua.-
Sentì una mando artigliata afferrargli i capelli
Chiuse gli occhi, ma non mosse altro muscolo.
All’improvviso, la mano lo lasciò.
Cadde in avanti, incredulo, mentre dallo youkai che lo aveva preso sentì un’esclamazione soffocata e sorpresa: di dolore.
Si voltò, e vide un essere in piedi davanti a lui, e lo separava dagli altri youkai che volevano ucciderlo.
Quello che lo aveva preso per i capelli giaceva a pochi centimetri da lui, gli occhi spalancati e vitrei, con un’espressione quasi di sorpresa: aveva la gola recisa di netto, il petto sfondato.
Il cucciolo tentò di guardare l’essere che era davanti a lui, ma non riuscì a scorgerlo in volto: era così buio… All’olfatto del piccolo giunse un odore strano: non umano, non youkai, non di un altro hanyou, come lui. Era un odore brutto, malvagio. Ebbe un crampo allo stomaco e, d’istinto,si spostò di alcuni passi indietro, quasi strisciando.
Uno dei due youkai rimasti gli si avventò contro.
Il piccolo hanyou vide distintamente gli artigli del grande youkai colpire il petto dell’essere, entrare nel suo torace.
Più volte lo youkai tentò di colpire quell’essere, ma, in qualunque luogo lo facesse, nulla cambiava.
Non usciva una goccia di sangue.
L’essere ricambiò i colpi e alla fine anche il secondo youkai giacque nella polvere, ucciso sul colpo.
Il terzo youkai era fuggito da tempo, vedendo che gli sforzi del compagno erano stati inutili.
L’essere si voltò verso il piccolo hanyou.
Questi lo fissò.
-Tu mi hai salvato…Sei mio amico.-
L’essere sorrise.
-Ti ho salvato perché mi sarai utile, un giorno, piccolo hanyou.- Disse, dolcemente. –Molto utile.-
-Gli artigli non ti feriscono…-Sussurrò ancora il cucciolo.
L’essere emise una risata così dolce e calda che il piccolo rabbrividì.
-Daremo oreni kega o saserarenai. Ore ga kega da yo-
Poi lo ripetè, fissandolo negli occhi.
-Nessuno può ferirmi, io sono la ferita.-
Si girò e scomparve nella foresta.
Il cucciolo si guardò attorno, stupito.
Stava sorgendo l’alba.
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kagomina - Voto:
Uffi sempre sul più bello quel maledetto naraku e soprattutto kikyo!!!!!!!!!
bella!!!!! non vedo l'ora di leggere il seguito!!!!!