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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade)
Titolo Fanfic: THE VOICE OF THE RAIN IS THAT OF THE HEART
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Yaoi
Autore: elyon-malfoy galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 28/12/2003 23:39:37

cosa accadde quando la pioggia segue il ritmo del cuore?o forse è il contrario?yaoi takaoxkei
 
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CAPITOLO 1
- Capitolo 1° -

DISCLAIMER: tutti i personaggi, ahimè, appartengono a Takao Aoki e compagnia bella. Se avessi i diritti su BeyBlade, altro che trottole…diventerebbe vietato ai minori di 18 anni! Come tutto ciò che mi piace, d’altronde…comunque, miei sono personaggi secondari che incontrerete, e la storia, che è frutto della mia mente disturbata.

Genere: ma sì, mettiamoci sentimentale…un po’ angst, forse.
Pairing: yaoi, ovviamente KeixTakao. Fiera di annunciarvi che QUESTA E’ LA PRIMA FIC CHE PUBBLICO NON VIETATA AI MINORI DI 18 ANNI…in altre parole, niente sesso!…(contenta te che ne vai fiera!! O.o’’ NdTutti) Ma chissà, potrei anche cambiare idea, ghghghghg… (STONK! NdTutti_che_cadono_al_suolo)

***

Il rumore della pioggia che cadeva oltre il vetro appannato era incessante: quell’insistente plic plic, che ormai riempiva il silenzio di quelle giornate di fine novembre, sembrava a tutti costi voler imporre il suo ritmo serrato a qualunque cosa, animale o persona riuscisse a percepirlo.
Credere che un tipo allegro e pasticcione come lui potesse trovare nella pioggia, fenomeno visto da molti come un evento cupo e del tutto privo di qualunque fascino o interesse, l’energia, un modo per rilassarsi e riprendere forze solo a stare ad ascoltare la sua voce, era piuttosto difficile. Tanto più che nessuno dei suoi compagni, o comunque di chi gli stava intorno, sembrava essersene accorto, ma se qualcuno se ne fosse reso conto, forse avrebbe avvertito il suo brusco, se così si può dire, cambio di opinione.
In effetti, negli ultimi tempi Takao Kinomiya pareva essere diventato insofferente nei confronti della pioggia; eppure, rimaneva lo stesso lì appollaiato ad ascoltare la sua voce, ma la odiava.
Il motivo, più o meno, gli era chiaro: il ritmo veloce e regolare del plic plic sembrava essere in perfetta sintonia con il suo cuore quando Takao si ritrovava davanti a lui.
Cioè sempre.
Il solo pensarci lo faceva morire dalla vergogna: avrebbe voluto volentieri essere inghiottito dal pavimento e non farsi più vedere, soprattutto quando si ritrovava davanti a lui.
Cioè sempre.
“Beh” pensò Takao con scarso entusiasmo “Almeno adesso non ce l’ho davanti”
La cosa era consolante se si dimenticava che l’interessato dormiva poche stanze più in là, mentre lui se ne stava lì, alle sette di un freddo mattino di metà novembre, in cucina, ad ascoltare quella dannata pioggia.
Ciò che lo faceva tanto vergognare non erano tanto i suoi sentimenti, ma più che altro ciò che avrebbe pensato LUI se l’avesse saputo, e così Takao tentava di comportarsi il più normalmente possibile, cioè facendo più pasticci possibili, con il risultato di farsi continuamente riprendere da LUI.
Non si faceva neppure illusioni; lui per LUI non era altro che un semplice amico, se non solo un compagno di squadra. Però non poteva fare a meno di sentirsi amareggiato dal comportamento distaccato che LUI ostentava nei suoi confronti: ma LUI si era sempre comportato così, e se lui adesso ci rimaneva più male di prima, era colpa sua, soltanto sua.
Ma allora, cos’era quella tremenda, glaciale fitta al cuore che lo colpiva ogni volta?
Anche a questa domanda aveva risposto, ma la cosa peggiore di tutte, era che negli ultimi giorni iniziava a perdere il controllo: provava qualcosa simile a una sottile rabbia che venava le sue membra, e solo il giorno prima aveva risposto male al professor K, lasciandolo con gli occhi fuori dalle orbite. [ma ce li ha?! O.o NdEly] [Certo che ce li ho! Altrimenti come faccio a guardare le partite di bey?? NdProfK_leggermente_irritato] [Ah…giusto NdEly]
Takao sospirò e lasciò la sua posizione da uccello appollaiato alla finestra. Ruotò il capo e la spalla leggermente indolenziti dallo scarso movimento fatto nell’ultima ora e mezza e dalla parete e dal vetro estremamente freddi, cui era rimasto appoggiato tutto il tempo.
Guardò il suo swatch: erano appena le 07.10. Gli altri si sarebbero alzati tra una ventina di minuti, e allora decise di preparare la colazione, pensando nel frattempo a una scusa abbastanza plausibile da dar loro, nel caso i suoi amici gli avessero chiesto il motivo per cui si fosse svegliato così presto, dato che lui era il classico tipo cui ci volevano le cannonate per farlo alzare.
Con uno sbadiglio, prese dalla credenza il pentolino per il tè e mise a bollire l’acqua; poi poggiò piatti, marmellata e fette biscottate sul tavolo. [Perdonate la banalità, ma non ho la minima idea di cosa mangino i giapponesi a colazione! NdEly]
Il solo fare queste cose, ebbe il potere di calmare il suo animo agitato; in realtà, il rendersi utile era per lui fonte di vero piacere, quando lo faceva.
Un improvviso rumore lo fece trasalire, facendogli cadere una tazza; imprecò silenziosamente, e avrebbe continuato a preparare la colazione se un altro rumore non fosse giunto alle sue orecchie.
I suoi occhi ruotarono per la cucina e si posarono sulla spada di legno appoggiata al muro; la prese in mano e uscì in corridoio: i rumori provenivano dal fondo buio, dall’ingresso, e assomigliavano terribilmente a dei passi.
La presa intorno la spada si fece più salda e Takao scivolò lentamente verso la fonte dei rumori; era così concentrato, girò l’angolo…
-Che DIAVOLO stai facendo?- sbottò una voce fin troppo familiare a Takao, prima che quest’ultimo potesse osservare il fatto che nessuno malvivente sano di mente si sarebbe intrufolato in case altrui a quell’ora, quando tutti si alzavano.
E in effetti quello che si trovava davanti a lui non era un ladro, ma semplicemente Kei, di ritorno da una bella corsa.
-K…K..Kei!- balbettò Takao sentendosi avvampare, con ancora sospesa in aria la spada di legno, che si premurò di abbassare immediatamente.
-So ancora come mi chiamo, grazie- rispose l’altro con le sopracciglia inarcate.
-Mi hai spaventato- protestò Takao e quando Kei sbuffò, aggiunse: -Hai poco da sbuffare, mio caro!…ASCOLTAMI QUANDO TI PARLO!-
Ma Kei era già sparito in cucina, e Takao si affrettò a seguirlo.
-La gente normale non entra in casa come se fosse un ladro! E comunque…- continuò a sbraitare il moro, ma vedendo che l’attenzione che Kei gli prestava era meno di zero, tacque.
Si voltò di scatto, improvvisamente molto interessato al pentolino dell’acqua; fissò con gli occhi un punto indeterminato del soffitto, per fermare le lacrime che iniziavano a chiedere di uscire. Odiava quando Kei lo ignorava, e lo feriva molto più che essere sgridato da lui: almeno, in quest’ultimo caso, Kei gli prestava attenzione.
Era così preso dai suoi pensieri che si scottò le dita mentre versava l’acqua bollente nelle tazze. Gemette e immerse le dita nell’acqua fredda, ma si sa che l’acqua fredda non fa che peggiorare il bruciore.
Lasciò perdere e mise davanti a Kei il tè; lui allora alzò gli occhi.
-Grazie- disse.
-Niente- gli rispose Takao in tono piatto –Perché non vai a cambiarti? Sei fradicio-
-Non sei conciato molto meglio di me, tu- osservò con un ghigno Kei, dopo che ebbe bevuto un sorso di tè, e allora Takao si accorse di essere ancora in pigiama, non si era lavato né pettinato, e i suoi capelli neri scendevano sciolti e scarmigliati lungo le sue spalle –Hai una faccia spaventosa, stamattina. Sai, non ti avevo riconosciuto subito, nell’ingresso- continuò il blader tatuato, sempre ghignando.
-Ah ah ah, ma come siamo allegri, oggi…-
In quel momento, la porta si spalancò e Max e Rei, in pigiama, fecero il loro ingresso. Max fece un enorme sbadiglio, e si stiracchiò ben bene.
-‘ngiorno-
-Buongiorno. Chi è che sbraitava, prima?- chiese Rei.
-Takao-
-E indovina un po’ di chi era la colpa?- disse Takao incrociando le braccia. Per tutta risposta, Kei sbadigliò.
-Takao, sei sempre il solito- disse una voce, e tutti si voltarono verso il professor K che entrava in quel momento. Takao non rispose, e concentrò tutto sé stesso sul tè davanti a lui. Che bell’inizio di giornata…
-Come hai fatto a entrare, prof?- domandò Max.
-La porta di casa era aperta- si giustificò il prof K, e guardò Takao con espressione di rimprovero.
-Non mi guardare così, prof. Io non c’entro, stavolta- replicò Takao tentando di far risuonare la sua voce annoiata, come se non gliene importasse nulla dei suoi rimproveri. E per aumentare l’effetto, poggiò il gomito sul tavolo, e sulla mano il capo.
-Takao, ti sei fatto male?- osservò Rei, indicando la mano distesa sul tavolo.
-Niente, mi sono solo scottato-
-Ci hai messo su un po’ d’olio?-
-No-
-La crema?-
-No-
Rei si alzò e frugò nella cassetta dei medicinali, che si trovava nella dispensa; ne tirò fuori un tubetto azzurro.
Takao gemette lievemente quando sentì le dita gentili di Rei spalmargli la pomata fredda sulla piccola scottatura.
“Rei è un ragazzo d’oro. Perché non mi sono innamorato di lui, invece di quella sottospecie di iceberg surgelato con i tatuaggi di nome Kei Hiwatari?” Takao si lasciò sfuggire un lieve sorriso: iceberg surgelato con i tatuaggi…bella, questa. [Scusate, ma non mi ricordo bene se questo nomignolo l’ho letto da qualche parte, in qualche fic…proprio non ricordo, quindi se qualche autore di qualche fic sta leggendo sì è accorto di qualche coincidenza, scusatemi, è del tutto involontaria!! NdEly]
E bello anche l’iceberg.
-Perché ridi?- chiese Rei.
-Mi solletichi- rispose Takao in fretta, chiedendosi se mai una persona potesse provare solletico sulla mano.
Nella cucina di casa Kinomiya ci fu silenzio, e l’unico rumore erano i cucchiaini girare nelle tazze e il caffè che stava uscendo.

Mezz’ora più tardi, Takao si stava legando i capelli davanti allo specchio. Sistemò gli altri ciuffi dietro le orecchie e corse nel corridoio, dove Max lo chiamava a gran voce.
-TAKAO! TI MUOVI?-
-Eccomi, arrivo!- rispose Takao finendosi di abbottonarsi il gilet.
I quattro ragazzi si allenavano in un piccolo fabbricato che nonno J, il nonno di Takao, aveva fatto costruire apposta per loro, attinente a casa Kinomiya. [Ma questi a scuola ci vanno mai!? NdEly] [No NdRei] [Che bella vita quella dei bladers di fama internazionale! NdEly]
E a proposito di nonno J, lo trovarono in giardino a spazzare le foglie cadute e impiastricciate tra loro dalla pioggia appena finita. Indosso portava solo un kimono.
-Ma non ha freddo, nonno J?- chiese Max correndo, per raggiungere il più in fretta possibile la ‘sala allenamenti’, dato che non avevano messo i giubbotti. [Eccheccazzo, che 3 metri devono fare :D NdEly]
-La forza di un uomo si vede quando affronta le insidie- gli rispose l’anziano samurai, proprio mentre la porta scorrevole della sala allenamenti si chiudeva con un rumore secco.
-Allora- esordì il prof K rivolto a Max una volta che furono al riparo dal freddo –Ieri sera ho studiato al computer il tuo allenamento di ieri, e ho deciso di progettare un nuovo dispositivo di lancio- [Che noia =_= NdTutti] [Portate pazienza, se mi date il tempo arriva la parte interessante ^_^” NdEly] [La pazienza è la virtù dei saggi NdNonnoJ] [Giusto!…un momento, tu che ci fai qua?? NdEly] [Beh…non potete mica pretendere che stia tutto il giorno di fuori con quel freddo! NdNonnoJ] [Fila a scopare le foglie! è_é NdEly]
Max e il prof K presero a confabulare sul nuovo dispositivo di lancio di Draciel, mentre gli altri tre facevano finta di esserne molto interessati.
-…così, con questo nuovo meccanismo, Draciel avrà maggiore velocità di rotazione, poi con un nuovo anello che ho intenzione di provare, un attacco offensivo più efficace e un equilibrio più stabile- concluse il prof K mostrando a Max delle immagini sullo schermo del pc.
-Quanto tempo ci vorrà per apportare tutte queste modifiche, prof?- chiese il biondino.
-Non ci vorranno più di tre, quattro giorni. Il tempo di procurarmi i pezzi di ricambio e di lavorarci su, insomma…non ti preoccupare, avrai modo di allenarti molto per il nuovo torneo-
Max fece un gran sorriso e si riprese il suo Draciel.
-A proposito di torneo- esclamò il prof K con un lampadina che si accendeva sulla sua testa –Mi sono dimenticato di dirvelo…-
Il prof frugò nella sua borsa e ne tirò fuori dei fogli dall’aspetto importante.
-Il presidente Dai Tenji me li ha inviati, li ho trovati stamattina nella buca delle lettere…i moduli di iscrizione al torneo-
-Davvero?-
I quattro bladers si riunirono intorno al loro assistente.
-Guardate qui- osservò Rei –Ci chiedono anche tutti i tornei a cui abbiamo partecipato-
-Per forza, i tornei organizzati da istituzioni private sono sempre così- rispose il prof K –Beh, penso che adesso sia meglio iniziare l’allenamento. Non che ci siano grandi possibilità di scelta, siete solo quattro, ma dato che Rei ha bisogno di provare la nuova tecnica d’attacco, mi sembra giusto che sia in coppia con Max, il cui punto di forza è l’attacco-
Takao scrollò le spalle ed evitò di guardare Kei; sapeva benissimo che quella mattina avrebbe dovuto allenarsi con lui, la cosa non accadeva molto spesso, soltanto in questo tipo di casi.
Nella piccola sala c’erano ben quattro bey blade stadium, una cosa tipo la stanza che Max aveva nel retrobottega del negozio del padre, insomma.
Lui e Kei presero dunque quello nell’angolo a destra. Takao aveva già preso in mano il bey blade ed era pronto al lancio che Kei lo interruppe.
-No!- sbottò il blader russo –Quante volte ti devo dire che il dispositivo di lancio non lo devi tenere così in diagonale?-
-Da quando c’è una posizione giusta e una sbagliata per tenere il dispositivo di lancio?- replicò Takao seccamente, ma senza guardarlo in faccia.
Kei non rispose e arrivò a Takao saltando sul bey blade stadium. Takao lo scrutò, a metà tra il perplesso e il truce, non sapendo cosa volesse fare.
Poi, si mise dietro le sue spalle e gli afferrò entrambe le mani, dove Takao teneva il dispositivo di lancio e il suo Dragoon. Takao non avrebbe voluto che lo facesse, oh se non lo voleva. [Che strano…io avrei pagato per essere al suo posto! NdEly] Era troppo concentrato a non arrossire per ascoltare le parole del suo compagno: il petto di Kei e il suo ventre aderivano completamente alle spalle e al bacino di Takao, che credeva di andare in fiamme, sentendo le labbra dell’altro sui suoi lunghi capelli neri raccolti in una coda, il suo alito caldo che riusciva ad avvertire sino alle guance. Perché doveva torturarlo così? PERCHE’???
Takao avvertì di nuovo le lacrime, e roteò gli occhi verso l’alto, distogliendoli dalle dita di Kei che si muovevano sulle sue.
-Il dispositivo di lancio devi posizionarlo in modo che faciliti la rotazione del bey- stava spiegando Kei, completamente ignaro di quello che stava accadendo a pochi millimetri da lui –Se tu me lo metti in diagonale, anzi, storto, rischi di compromettergli la stabilità…capito, Takao?…Takao, mi ascolti?-
-No!- fu la brusca risposta. Takao si scrollò di dosso Kei senza troppa delicatezza.
Distratti dalla sua voce, Rei, Max e il prof K ammutolirono e si voltarono a guardarli.
-Con la mia angolatura storta, come dici tu- esplose Takao –Ci ho vinto il torneo mondiale, dunque non deve essere così difettosa, o sbaglio?-
-Sai qual è il tuo problema, Takao?- gli gridò Kei –E’ che prendi tutto con leggerezza! Perché non migliorare, se puoi? Ti comporti come se non avesse importanza!-
-Ma sentilo! SAI, CREDEVO CHE DOPO TUTTI QUESTI ANNI PASSATI INSIEME, UN PO’ T’IMPORTASSE DI M… NOI, MA EVIDENTEMENTE MI SBAGLIAVO!-
E così detto, Takao gli voltò le spalle, attraversò la stanza, si rimise le scarpe e uscì fuori.
Kei fissò la porta, troppo stupito persino per arrabbiarsi. Poi, guardò gli altri.
-E questo cosa c’entra, adesso?- fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Fuori in giardino, nonno J stava ancora spazzando le foglie, canticchiando una vecchia romanza.
-Takao!- disse l’anziano signore, quando il nipote gli passò accanto, battendo i piedi così forte che pareva volesse mettere radici –Se passi dal signor Mizuyaki…-
Ma Takao non lo guardò nemmeno, e sparì nella la sottile nebbia che albergava nelle strade oltre il cancello di casa Kinomiya.


L’orologio appeso in cucina segnava le 21.15.
Fuori la finestra era buio ormai da un pezzo, e già da qualche ora pareva stesse diluviando.
Rei sospirò e si scostò dallo stesso muro al quale l’amico per cui stava in pena si era poggiato quella mattina.
-E’ tardi- disse rompendo il silenzio che regnava già da un po’, rotto soltanto dal plic plic della pioggia.
-Io dico che dovremmo andare a cercarlo- rispose Max.
Kei, seduto al tavolo con in mano una bollente tazza di tè verde, non aprì bocca. Non se la sentiva di dire ‘Fategli sbollire la rabbia, vedrete che tornerà quando inizierà a sentire fame’, come aveva fatto l’ultima volta, circa due ore prima, quando ormai il prof K doveva tornare a casa.
Guardò oltre il vetro della finestra: col buio non si riusciva a vedere neppure la fitta pioggia che stava cadendo. Il suo sguardo poi cadde sui visi degli altri due, che lo guardavano, come se aspettassero qualcosa.
-Andiamo-

Kei si strinse di più nel suo piumino impermeabile, ficcandosi le mani in tasca e il mento nel bavero della giacca. Le sue guance erano così fredde che credeva di essere sul punto di perderne la sensibilità; almeno, aveva un ombrello con cui ripararsi, ma questo pensiero, invece di consolarlo, lo inquietò ancora di più, dato che quando Takao se n’era andato, quella mattina, non portava né un giubbotto né tantomeno un ombrello. Conoscendolo, comunque, doveva essersi messo al riparo in qualche bar.
Sentì dei passi nelle pozzanghere d’acqua nera e alzò gli occhi per individuare due figure che gli venivano incontro da direzioni diverse; erano Rei e Max, anche loro imbacuccati di tutto punto e armati di ombrello.
-L’hai trovato?- chiese Max, rivolto a Kei.
-Lo vedi? Io no- gli rispose sarcastico l’altro, facendo finta di guardarsi intorno. A Max sfuggì un sorrisetto imbarazzato.
-Non è il momento- intervenne Rei con una sorta di allarmismo nella voce –Credevo si trovasse intorno casa, ma mi sbagliavo, deve essersi inoltrato nel centro storico. Facciamo così, io vado a casa a chiamare nonno J, ormai sarà preoccupato anche lui, voi nel frattempo iniziate a cercarlo più in là. Se mai servisse, abbiamo i nostri numeri di cellulare…spero solo non servirà, e che Takao non si cacci in qualche guaio, se già non l’ha fatto-
-Non so se con questo tempo possa fare molto, spero almeno che abbia trovato un locale per ripararsi dalla pioggia- osservò Max con gli occhi rivolti al cielo cupo, mettendo per orale i pensieri di Kei.
I tre si divisero, Rei nella direzione per tornare a casa, Max e Kei verso il centro di Tokyo.
E se davvero Takao si era inoltrato in Tokyo, era un bel guaio, perché la capitale giapponese era immensa, sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio…tra l’altro, Tokyo presentava molti vicoli e viuzze dove, soprattutto a una certa ora, si potrebbero fare spiacevoli incontri…
Le strade erano quasi del tutto deserte. La pioggia batteva forte e abbondante, il vento soffiava furioso: Kei sparò una parolaccia così grossa quando gli sfuggì di mano l’ombrello che Max lo fissò esterrefatto. Tuttavia, il biondino ridacchiò alla vista del suo amico russo che rincorreva il suo ombrello, ma Kei non doveva trovarlo uno spettacolo così esilarante.
-Muoviamoci- proruppe il blader russo una volta recuperato l’ombrello, guardando Max con occhi pericolosamente dardeggianti. Il biondino si limitò ad annuire, ma dovette tapparsi la bocca per non scoppiare a ridere quando l’altro gli voltò le spalle.
Ci misero quasi venti minuti per raggiungere il centro. Qui non c’erano solo lampioni, ma molta illuminazione, con tutti i negozi, anche se ormai chiusi, che facevano mostra delle loro merci nelle vetrine, oppure i ristoranti per i fidanzatini, e i bar per le anime solitarie. Qua e là spuntava anche qualche decoro natalizio, dato che il Natale era ormai alle porte.
Comunque sia, anche nel centro non c’era quasi nessuno.
Max e Kei entrarono nel Bar del Gatto, un locale piccolo ma molto accogliente che i Blade Breakers conoscevano bene.
Quando li vide, il proprietario, un vecchio signore con i baffi, prese ad agitare le braccia per attirare la loro attenzione, come se ce ne fosse stato bisogno.
-Buon Dio!- esclamò l’anziano barman uscendo dal bancone e dirigendosi verso di loro –Ragazzi, che ci fate in giro con questo tempaccio?-
Max si tolse il cappuccio.
-Stiamo cercando Takao, ehm…stamattina c’è stata una piccola discussione- Max lanciò un’occhiata a Kei –Non è che per caso l’ha visto?-
-Sì che l’ho visto! E’ passato qui a prendere un tè verso le sei del pomeriggio, abbiamo parlato un po’-
-E le ha detto dove andava, signor Akito?- saltò su Max speranzoso.
Il signor Akito scrutò i due dietro le lenti dei suoi occhiali, con le sopracciglia aggrottate.
-No, ma…mi sembrava un po’ giù di tono. A me non ha parlato di stamattina, ma si vedeva che aveva litigato con qualcuno…ehm, non per dire, ma temo che non ci sia bisogno di chiedere con chi- e detto ciò, lanciò un’occhiata significativa all’indirizzo di Kei che, dal canto suo, rimase fisicamente imperturbabile, mentre dentro di sé iniziava a crescere l’irritazione. Come si permetteva, questo vecchio gufo con il pompon?
L’incontro con i rassicuranti occhi scuri dell’anziano barista, lo fece immediatamente pentire di ciò che aveva pensato.
Il signor Akito propose di chiamare la polizia, ma Max e Kei preferirono di no: non era il caso di alzare un polverone quando magari Takao era già tornato a casa.
Fuori il bar, pioveva ancora. Max gettò uno sguardo al suo orologio da polso.
-Sono le undici, Kei, forse il signor Akito ha ragione…- tentennò Max –Tra l’altro non abbiamo neppure sentito Rei, se Takao fosse tornato ci avrebbe subito chiamati-
-Facciamo così- rispose Kei –Adesso ci dividiamo e lo andiamo a cercare, tra mezz’ora ci ritroviamo qui davanti, ok? Se non lo troviamo, chiamiamo la polizia-
-D’accordo-
Kei restò a fissare la figura di Max che scompariva, confusa tra la moltitudine di luci delle principali vie di Tokyo, si voltò e imboccò una strada secondaria.

Dopo quella che gli parve un’eternità, Takao riaprì gli occhi. A svegliarlo era stato lo scrosciare della pioggia che batteva già da ore (segno che aveva il sonno pesante) e l’immenso freddo che sentiva. E dulcis in fundo, era bagnato fino al midollo, come se fosse appena uscito da un mare in burrasca.
Si strinse istintivamente le mani alle braccia, rabbrividendo; gli girava un po’ la testa.
Cosa non avrebbe dato per essere al calduccio a casa sua, con Rei che lo coccolava, e non come Kei, che faceva cordialmente finta che non esistesse…e lui che adesso faceva questa favolosa cazzata per colpa sua, per colpa di quello stupido russo dal cuore di ghiaccio.
Strinse i denti: aveva già pianto abbastanza quel giorno, e Tokyo era già sufficientemente bagnata senza le lacrime di un così funesto amore non ricambiato.
Il suo swatch segnava le sette della sera, ma Takao era certo si fosse rotto: doveva essere tardi, molto tardi.
Uscì dal suo nascondiglio, cioè un angolino di una vecchia strada piena di scatoloni vuoti. Si sciolse i capelli e li strizzò, ma sarebbe stato perfettamente inutile, dato che tra pochi minuti sarebbero stati ancora più zuppi di prima, e così li lasciò cadere liberi sulle spalle.
Si rimise in piedi e si guardò intorno. Si era accucciato lì dopo essere stato un’oretta al Bar del Gatto, se n’era andato lì perché non voleva che gli altri lo trovassero. Adesso, invece, come avrebbe voluto essere ritrovato…a costo di rimetterci nell’orgoglio…
La cosa peggiore era che casa sua era lontana da dove si trovava lui, e Takao ricordava solo vagamente la via in cui si trovava, e non sapeva se avrebbe resistito i 45 minuti che ci volevano…certo, poteva andare al Bar del Gatto, il signor Akito l’avrebbe aiutato certamente, e poi era molto più vicino…sì, sarebbe andato da lui…
Takao svoltò l’angolo e approdò in una strada decisamente più grande. Sorrise: oltre gli alti, vecchi palazzi riusciva a intravedere delle luci della via principale di Tokyo. Il Bar del Gatto non era molto lontano, allora, con un po’ di pazienza ci sarebbe arrivato…
Un improvviso rombo e delle risate sguaiate interruppero il flusso dei suoi pensieri. Takao alzò gli occhi e fu accecato da delle luci; dal rombo, erano delle moto. Che a quanto pare, venivano verso di lui. Guidate, a quanto pare, da dei tipi in giubbotti di pelle nera che o non lo avevano visto o che facevano finta di non averlo visto.
Preso dal panico, Takao si slanciò immediatamente verso destra, ma inciampò in un enorme scatolone pieno di celophan che ingombrava la strada; finì lungo disteso sull’asfalto, strappandosi i jeans alle ginocchia, e avrebbe detto che ormai era suonata la sua ora se una improvvisa forza non lo avesse spinto verso il muro.
“Sono in paradiso?” si chiese stupidamente. Aveva battuto il capo e sentiva qualcosa di leggermente pesante su di lui. Aprì lentamente, quasi con timore, gli occhi, e ne incontrò un altro paio, color castano-rossicci.
-K…Kei?- sussurrò Takao, con il cervello momentaneamente disconnesso. Da quando Mister Ghiaccio salvava la gente?…Anzi, LUI?
Si domandò se non stesse esagerando.
-Takao, tutto bene?- rispose l’altro, rialzandosi immediatamente e aiutandolo a tirarsi su.
Ormai in piedi, Kei lo osservò.
-Hai un aspetto spaventoso. Vieni, torniamo a casa- e fece una cosa che Takao non si sarebbe mai aspettata da lui: lo prese per mano. Poi, recuperato l’ombrello, lo attirò sotto questo e lo strinse a sé.
Takao non fece obiezioni e si lasciò guidare docilmente, mentre il suo cervello, riconnesso, si poneva mille interrogativi. Perché adesso si comportava così? Ma no, era solo pietà…forse era davvero preoccupato…sì, ovviamente non la preoccupazione di chi ti ama alla follia…visto la sua espressione imperturbabile, di circostanza.
-Devo chiamare Max- esclamò Kei, fermandosi di colpo. Frugò nella tasca interna del piumino e ne tirò fuori il suo cellulare, un regalo dei suoi compagni di squadra del Natale dell’anno prima.
“L’utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile…” fece la voce nel cellulare, e Kei se lo rimise in tasca.
-Dannazione!- sibilò –Ce la fai a camminare? Arriveremo fino al Bar del Gatto, Max ci aspetta lì tra dieci minuti-
Takao annuì, stringendosi di più a lui. Si vergognava a farlo, ma dato che i contatti fisici con Kei non erano frequenti…beh, non c’era niente di male ad approfittarne un po’, soprattutto in questi casi, o no? [Taaaakaooooo! Faccio un attimino a cambio?! NdEly] [Scordatelo! Neanche morto! Il mio Kei non lo sfiori nemmeno! NdTakao] [Cooosa!? Come ti permettiiiiiiiii!!!! Ricordati che tu stai abbracciato a Kei perché lo decido IO! è_é NdEly_che_brandisce_una_mazza] [Sei una serpe… NdTakao] […verde! E ci credo, guarda il cognome che porto! NdEly]
-Takao?- tentennò Kei, dopo un po’, rompendo il silenzio.
-Mmh?-
-…niente-
Takao alzò lo sguardo sul viso dell’amico, ma non riusciva a vederlo bene. Avvertendo una spiacevole fitta alla tempia, dovuta agli occhi forzosamente alzati verso l’alto, li abbassò subito e si concentrò verso il basso, verso la pioggia che batteva sull’asfalto.
-Dove sei stato?- chiese improvvisamente Kei.
-Io…in giro-
-Siamo passati al Bar del Gatto, e il signor Akito ha detto che eri stato lì-
-Sì-
-Perché, Takao? Perché?- domandò nuovamente Kei, dopo un po’ di silenzio.
-Perché cosa?- rispose Takao, senza capire.
-Perché prima hai detto quelle cose? Chi ti ha detto che non m’importa nulla di voi?- spiegò Kei a bruciapelo.
Tra i due calò nuovamente il silenzio, un silenzio di piombo. Takao non sapeva cosa dire.
-Che ore sono?- chiese, cambiando bruscamente discorso.
-Rispondi prima alla mia domanda-
-Ehm…- esitò Takao, con la bocca asciutta –Io non so…non lo so-
Kei si fermò.
-Come sarebbe a dire che non lo sai?- sbottò il russo, scollandosi di dosso Takao in modo da poterlo guardare in faccia.
-Quello che ho detto- mentì l’altro.
-Sì, ma non può essere solo questo! Parliamo di una cosa e tu te ne esci con un’altra che non c’entra un beneamato cazzo…-
-Non parlarmi così- esclamò Takao.
-Io ti parlo come voglio, va bene?-
-Non va bene proprio niente, invece! E lasciami andare, capito?- gli urlò Takao nel tentativo di allontanarlo.
-Senti, non sono io quello che ha avuto la brillante idea di scappare!-
-E non sono io quello che ha avuto la brillante idea di venirmi a cercare!-
-Così mi dimostri la tua gratitudine?-
-Non mi pare di averti chiesto nulla!-
Furioso, Kei si lasciò sfuggire l’ombrello dalle mani, e rimasero entrambi sotto la pioggia.
-Perché sei così stupido?- urlò.
-Perché tu non mi lasci in pace?- gridò di rimando Takao, spingendolo dietro.
-Perché non mi va di farlo!- rispose Kei in tono di sfida, restituendogli la spinta.
Takao inciampò all’indietro, piombando su qualcosa. Forse, avrebbe iniziato a insultare Kei se quel qualcosa non avesse emesso un grugnito.
Il ragazzo dai capelli neri si rimise subito in piedi, e prese a scrutare il buio per individuare la fonte del rumore. Dietro di lui, anche Kei osservava.
E poi, dal buio iniziò a delinearsi una figura barcollante; i due ragazzi strizzarono gli occhi e videro che si trattava di un ragazzo sulla ventina che, a giudicare dalla sua espressione non proprio sobria e sveglia, doveva essere un tantino brillo. In effetti, in mano portava una bottiglia di whisky, vuota per metà.
Il tizio alzò gli occhi da dietro ciuffi di capelli castani scarmigliati e fradici. Storse la bocca.
-Ehi, tu- borbottò brandendo pericolosamente la bottiglia di whisky –Nessuno ti ha insegnato le buone maniere?-
Osservò Takao e, inaspettatamente, lo afferrò per il braccio.
-Pe..hic…però- singhiozzò il tizio –Sei carina…-
Takao lo guardò, sconcertato.
-Come, s-scusa?- borbottò in risposta, mentre diventava paonazzo. Cercò con gli occhi Kei, e vide che anche lui fissava interdetto il ragazzo ubriaco.
-Ho detto che sei carina- rispose il tizio, alzando la voce, segno che iniziava a spazientirsi. Poi sorrise e spinse Takao contro il muro, e appoggiando le mani ai lati delle spalle di quest’ultimo.
-Ch-che…hic.. ne dici se ci divertiamo un po’, bellezza?-
Fu il turno di Takao di storcere la bocca. Non solo perché la proposta che gli si era appena stata fatta era indecente, ma perché quello aveva un alito più pesante del piombo.
-Scusa- sbottò Kei facendosi spazio tra Takao e il tizio, che a quanto pare non doveva averlo notato.
-E t-tu chi…chi sei, moccioso? Io e la mia amica stavamo par-parlando, perciò spa...hic…sparisci-
-Temo che tu non sia completamente in te, amico. Come puoi parlare, quando a malapena ti reggi in piedi? E comunque, non mi pare che…la tua…ehm, amica sia molto d’accordo- ribattè Kei in tono tranquillamente gelido. Strattonò Takao per un braccio.
-EHI!- urlò il tizio, furente. Fece un balzo e piombò su Kei e Takao, che finirono al suolo.
Il tipo iniziò a menar colpi senza preoccuparsi da che parte o di chi colpisse. Takao si beccò un pugno micidiale tra le costole e Kei, appena colpito da un sonoro ceffone, gli prese la faccia tra le mani e con le ginocchia lo tirò su, giusto il tempo che serviva a lui e al suo compagno di scivolare da sotto la sua pesante mole.
Il tizio doveva essere un tipo vendicativo, perché appena rimessosi in piedi, si lanciò su Kei, facendolo sbattere contro il muro. Gli mollò un calcio nello stomaco, e il russo cadde in ginocchio, tossendo nel tentativo di riprendere il respiro.
A questo punto, il tizio si rivolse a Takao e, forzandolo sul suolo premendogli la possente mano sulla fronte contro l’asfalto, lo costrinse a un salivoso, viscido bacio. E se mai Takao pensò di essere sul punto di svenire, fu proprio in questi attimi, quando il fetido odore proveniente da quell’essere disgustoso lo aveva investito in viso, riempiendogli le narici e impedendogli il respiro. Tuttavia, raccolte le forze che gli rimanevano, puntò bene il ginocchio e colpì con decisione i gioielli di famiglia del tizio, che dapprima staccò la bocca dal quella di Takao, l’allargò, strizzando gli occhi, e ululò dal dolore. E non fece in tempo a terminare il suo ululo, che ne sommò un altro, e stavolta la causa era un calcio ricevuto da un letteralmente fuori di sé Kei.
Takao ne approfittò e scivolò contro il muro; il suo compagno per raggiungerlo balzò di lato, ma il tizio non gliela diede vinta e lo afferrò per le gambe, così che Kei si ritrovò nuovamente steso al suolo. L’aggressore fece un grugnito non proprio rassicurante e levò il braccio in alto. Qualcosa, nella sua mano, scintillava sinistra nel buio.
Takao emise un urlo strozzato, orripilato, e scattò in piedi per impedire che Kei venisse colpito. Circondò il collo del tizio e con l’altro afferrò la mano che si stringeva intorno all’affilato coltello svizzero; ma non bastava. Il tizio si dimenò selvaggiamente per scrollarselo di dosso, mentre Kei, sotto di lui, tentava disperatamente di liberarsi.
Arrivò un punto in cui il tizio stava davvero per colpire Kei e allora Takao puntellò le ginocchia contro la schiena del malvivente, e strinse le dita intorno al coltello, mentre la lama lacerava in profondità la carne delle sue mani.
Takao provò un dolore indescrivibile, mai sentito in vita sua, tanto che gli si annebbiò la vista, ma strinse i denti e non mollò la presa finché non sentì i muscoli del tizio rilassarsi: era stato Kei che, liberatosi, l’aveva colpito con una fortissima ginocchiata in pieno viso. Con un grugnito, il tipo cadde svenuto, finendo con la faccia sull’asfalto.
Passò qualche istante di silenzio sbigottito; Takao, accecato dal dolore, posò gli occhi sulle sue mani, i cui entrambi palmi presentavano tagli profondi, e il sangue gli ricopriva completamente le mani e inzuppava le maniche della felpa e colava abbondante sul suo grembo.
Il blader dai capelli neri non resse più il dolore e lo spavento alla vista di così tanto sangue venire da lui e scoppiò in un pianto convulso. Nemmeno il forte abbraccio di Kei riuscì a calmarlo, sentiva solo il dolore, un forte pulsare nelle orecchie e la voce del suo compagno, mentre fissava un punto indeterminato davanti sé, senza il coraggio di guardarsi le mani una seconda volta.
Il panico stava avendo il sopravvento anche su Kei. Il loro aggressore giaceva inerme sull’asfalto, ma Takao era fuori di sé. Si tolse la sciarpa ormai fradicia e l’avvolse intorno le orribili ferite del suo compagno per arrestarne l’emorragia, ma ben presto dal color nocciola il cotone divenne porpora.
Respirò a fondo per riordinare le idee un po’ scombussolate, poi frugò nelle tasche e afferrò il cellulare per chiamare la polizia. Gli ci volle un po’ per spiegare bene la situazione al centralinista, era troppo agitato.
Solo dopo che ebbe chiuso il telefono si ricordò di qualcos’altro. Cercò nella rubrica il numero di Rei e lo chiamò, e anche con lui dovette ripetere il tutto due volte. Dall’altra parte, comunque, Rei capì solo qualcosa a riguardo di aggressori, sangue e di arrivare subito, ma tutto ciò per lui era più che sufficiente.
Riposto il cellulare nella tasca interna, l’attenzione di Kei si rivolse di nuovo verso Takao. Il ragazzo piangeva ancora e se possibile, più forte di prima, e aveva iniziato a tremare violentemente. In volto era rosso, le labbra viola, ed era ardente come un tizzone, nonostante fosse bagnato peggio di un pulcino e ancora di più, dato che la pioggia scendeva ancora a torrenti.
Kei, sciolto già da un pezzo, non trovò di meglio da fare che abbracciarlo di nuovo, dondolandosi lentamente, nella speranza di tranquillizzarlo.
Rimasero così finché un lampeggiare blu non segnalò loro l’arrivo dell’ambulanza e della polizia; da una vettura dei poliziotti si precipitò fuori come una furia Rei, seguito da nonno J, entrambi zuppi.
Il cinese si lanciò su di loro e Kei si rialzò, tirando su anche Takao, che era come se non si fosse accorto di nulla, tanto piangeva. Rei, dal canto suo, divenne terreo in volto quando notò la grande quantità di sangue che inzuppava la felpa di Takao e la sciarpa di Kei, di cui era macchiato anche il piumino. Ma la cosa che lo inorridì furono le ferite sulle mani del suo capitano, che finalmente pareva essersi accorto di lui.
Takao scivolò docilmente dalla leggera presa di Kei e ricadde tra le braccia di Rei, che lo strinse forte a sé, baciandogli la fronte. Kei rimase a fissarli con espressione vitrea, finché un infermiere non lo spinse a salire sull’ambulanza con il tizio svenuto, qualche poliziotto, Takao, Rei e nonno J, che fino a quel momento era stato zitto. La vista del nipote così sconvolto doveva averlo astenuto dal propinargli qualche ripasso di valori sacri alla rispettabile famiglia Kinomiya.
All’ospedale, il tizio fu portato a un controllo più accurato, mentre Takao e Kei furono trattenuti in pronto soccorso.
Takao sembrava sull’orlo di una crisi di nervi: non riusciva a capire dove fosse, la vista gli si era momentaneamente offuscata, così come l’udito, e l’unica certezza che aveva era che Rei e Kei erano lì con lui e lui non voleva allontanarsi da loro. Si aggrappò con tutte le forze ai suoi compagni quando sentì delle mani estranee su di lui.
Dal canto loro, Kei, che in questi casi era un po’ impacciato, iniziò a sussurrargli qualche parolina incoraggiante, mentre Rei gli accarezzava in capelli in modo rassicurante.
Kei non avrebbe voluto che lo facesse. L’aveva già un po’ colpito, per non dire ferito, il fatto che Takao si era praticamente abbandonato a Rei quando l’aveva visto, dopotutto era stato lui a salvarlo…
“Non avrebbe avuto bisogno di nessun salvataggio se tu non l’avessi mandato a sbattere contro quell’ubriacone” sussurrò una vocetta maligna nella sua testa “E comunque, diciamo pure che se non fosse stato per lui a quest’ora saresti sotto i ferri…per non dire sottoterra”
Kei scosse il capo, proprio mentre un’infermiera riusciva a prendere Takao e a condurlo verso una barella rivestita di carta.
-E’ tutto a posto- disse un medico dai folti baffi, mentre la stessa infermiera puliva i palmi di Takao, ben stesi sulla barella –Adesso ti faremo un’anestesia alle mani, così quando ti mettiamo i punti non senti dolore- Takao annuì, fissando il vuoto.
Un altro infermiere si avvicinò a Kei per controllare che lui non fosse ferito, e lo fece sedere su un’altra barella e a quel punto gli si avvicinarono anche i due poliziotti che erano venuti con loro.
Kei fece il resoconto dell’accaduto e rispose ad ogni domanda dei due sbirri, mentre l’infermiere gli medicava i graffi che aveva sul viso e sulle mani. Rei ascoltava in silenzio.
-Bene, siete stati fortunati, il vostro aggressore poteva farvi ben più male. State attenti la prossima volta, tu e la tua amica…d’altronde, con una ragazza così carina- concluse bonariamente il poliziotto più alto.
Rei e Kei si scambiarono un’occhiata stupefatta.
-Se questo è un modo per sdrammatizzare, beh, è davvero di cattivo gusto- ribatté Kei tagliente, e al poliziotto si gelò il sorriso sulle labbra.
Quando i due si allontanarono, Rei non resse più e scoppiò a ridere fragorosamente, appoggiandosi alla barella. Kei si limitò a sorridere maligno e in quel momento la porta di vetro si spalancò di nuovo e ne emerse un Max rosso in viso per la corsa.
-Dove…anf…come…?- disse il biondino mentre riprendeva fiato.
-Calmati, Max- disse Rei –Va tutto bene, stanno mettendo dei punti a Takao, tra un po’ torneremo a casa-
Kei dovette raccontare anche a Max l’accaduto, e solo alla fine del racconto terminarono con Takao. Gli avevano cucito tutte le ferite ed entrambe i palmi erano fasciate, ma il ragazzo non poteva ancora muovere bene le dita dato che l’effetto dell’anestesia non era finito; il medico, inoltre, avrebbe voluto fargli degli impacchi sugli occhi che erano molto gonfi per il troppo piangere, ma Takao non voleva rimanere lì un secondo di più.
-Non c’è niente di cui preoccuparsi- rispose il medico agli sguardi interrogativi di nonno J, Max, Rei e Kei –E’ ancora un po’ agitato, è stato più lo spavento che altro, ma vedrete che dopo una bella dormita…-
Furono accompagnati a casa dai poliziotti. Kei occhieggiò Takao per tutto il tragitto, e anche dopo: tra le braccia di Rei, non piangeva più, ma aveva un’aria innaturalmente assorta, e si tormentava il labbro inferiore, fissando fuori dal finestrino.
Era ormai l’una passata quando tornarono a casa Kinomiya.
Nonno J andò quasi subito a letto; Max avrebbe voluto stare con Takao, ma gli si chiudevano gli occhi.
Dopo che tutti si furono asciugati, svegli erano rimasti solo Kei, Rei e Takao, in salotto, a guardare la TV.
Non sapeva il perché, ma Kei voleva essere lui l’ultimo a lasciare Takao; tuttavia, Rei si affaccendava così tanto intorno il moro che sembrava ne avesse ancora per molto.
Takao, dal canto suo, pareva trovare estremamente interessati la sua tazza di tè e il mezzobusto in TV che ricomunicava le novità della giornata appena passata.
Alla fine, Rei si sedette accanto a Takao e lui sprofondò di nuovo tra le sue braccia. Da qualche parte, Kei avvertì una fitta, qualcosa che non aveva niente a che fare con la stanchezza.
-Il professore?- chiese all’improvviso Takao.
-E’ tornato a casa, e non c’era tempo di avvertirlo. Ormai dormirà già da un pezzo- rispose Rei con un sorriso.
Kei si alzò dai cuscini sul pavimento.
-Vado a dormire- disse. Rei e Takao si voltarono verso di lui; Rei annuì, mentre Takao abbassò gli occhi, borbottando un ‘buonanotte’.
Era stato uno stupido a pensare che Kei potesse davvero preoccuparsi di lui: non gli aveva rivolto nemmeno la parola dopo l’aggressione, né aveva fatto una piega.
Si lasciò andare in un sospiro e chiuse gli occhi, sistemandosi meglio sul petto di Rei. [Ma guardatelo un po’! >_< NdEly] [Zitta, tu avresti fatto di moooooolto peggio! NdTakao] [Eheheh…hai ragione!…XDDD NdEly]
In una altra stanza, Kei si era appena spogliato per mettersi il pigiama. Si guardò allo specchio: aveva molti graffi in viso, e anche un livido enorme, proprio sul fianco. Se lo toccò con le dita fredde e ritirò subito la mano, faceva molto male.
Indossò un pigiama molto pesante, di quelli che portava nelle gelidi notti russe. Sentiva molto freddo e, incredibile ma vero, ma pioveva ancora.
Erano ore che pioveva, pioveva, pioveva e ancora pioveva.
Kei si girò e rigirò nel suo fouton, innervosito. Qualche fulmine ogni tanto illuminava la sua stanza quasi completamente buia, e l’acqua cadeva ancora.
Perché quella dannatissima pioggia non smetteva di cadere? Ne era stufo marcio; e perché il suo plic plic era confuso e assordante come non mai? Perché Kei non riusciva a riconoscere lo scrosciare che amava tanto ascoltare? E cos’era quel pulsare rintronante nelle sue orecchie?
Esasperato, il giovane russo si liberò della coperta e si mise a sedere, passandosi le mani nei capelli. Aveva sete.
Si alzò e uscì nel corridoio, la cui oscurità era lacerata solo da una fascia di luce che proveniva dal salotto. Rei e Takao erano ancora in piedi?
Più incuriosito che altro, sbirciò nello spiraglio di luce. Takao e Rei erano ancora lì dove li aveva lasciati, seduti sui cuscini, a guardare la TV.
-Andiamo a dormire?- stava chiedendo Rei.
-Io vado tra dieci minuti, tu va’ pure- rispose Takao.
-Sicuro? Vedi di non addormentarti, domattina non ti voglio trovare qui- lo avvertì Rei rimettendosi in piedi.
-Sì, d’accordo…mamma-
Rei parve un attimo colpito dal soprannome propinatogli dal compagno; ridacchiò e s’inginocchiò, arruffandogli i capelli sulla nuca. Poi, piegò graziosamente il capo in avanti e il suo viso fu nascosto da quello di Takao, che dava di spalle alla porta.
Kei rimase paralizzato. Quando si bloccò si voltò e si appiattì contro il muro, assolutamente…neppure lui lo capiva. Si passò di nuovo la mano tra i capelli.
Pochi minuti dopo, la porta scorrevole del salotto si aprì, per richiudersi immediatamente. Rei, completamente ignaro della presenza dell’altro, si voltò e sussultò.
-Kei- sospirò –Mi hai fatto prendere un infarto-
Stranamente, l’espressione di Kei doveva essere molto vicina al ‘meglio così’. E dato che il russo non diceva nulla, ma lo scrutava con aria indagatrice, Rei lo guardò, vagamente stupito.
-Perché mi guardi?- chiese il ragazzo cinese.
Ancora nessuna risposta, e i due rimasero a fissarsi nel buio.
-Tu…tu- disse improvvisamente Kei, ansimando come se avesse corso –Non ci posso credere! Tu ti stai approfittando-
Dapprima, Rei sembrò non capire. Poi, il suo viso parve illuminarsi.
-Non so cosa tu abbia visto, o cosa tu abbia creduto di vedere- ribatté il cinese tranquillamente, avviandosi verso la sua stanza –Ma ti assicuro che non sto approfittando di niente e nessuno-
-Mi stai dicendo che ho le traveggole?- sibilò Kei.
-No, ma…- Rei si fermò di colpo, ma continuò a dargli le spalle –Comunque, se devo aspettare ancora per molto, potrei anche farci un pensierino, su Takao-
Kei capì soltanto dopo cosa intendeva con quel ‘se devo aspettare ancora per molto’. Rimase per qualche minuto a fissare la porta della stanza di Rei che si era appena chiusa.
Poi, come risvegliatosi da una sorta di dormiveglia, entrò nel salotto.
La TV era ancora accesa, ma come si poteva prevedere, Takao si era addormentato, o almeno così pareva, disteso su un fianco, sopra i cuscini.
A piccoli passi, Kei si avvicinò, facendo piano, come se si trovasse in chiesa; scivolò gattoni vicino Takao e appoggiò una mano oltre il suo corpo, a contatto con la sua schiena.
Quella, decisamente, era una delle situazione più strambe in cui Kei si era mai ritrovato coinvolto, lì, a fissare un Takao addormentato con delle fasciature alle mani, come a vegliare il suo sonno.
E la situazione divenne estremamente imbarazzante quando, lentamente, Takao aprì gli occhi e lo fissò come se fosse un fantasma; allora anche Kei lo fissò (come se non avesse fatto altro!) e doveva avere stampata in viso un’espressione un po’ strana, perché Takao non la finiva di fissarlo spaesato. Oppure Takao non si aspettava di ritrovarsi Kei davanti.
Eppure, Kei non trovava la cosa così bizzarra…anzi, per spiegarsi meglio, così curiosamente dolce e normale…
Takao si puntellò sui gomiti per rialzarsi, ma non poté andare oltre, tanto Kei gli stava addosso.
-Kei?-
Kei ebbe un guizzo e parve rendersi VERAMENTE conto che Takao gli era davanti. Tuttavia, non si spostò, anzi, si fece più avanti, costringendo l’altro a stendersi nuovamente.
-Ke…Kei?- ridomandò Takao, con una sorta di inquietudine e stupore nella voce –Cosa c’è? Perché mi fissi?-
Takao trattenne il fiato quando l’altro avvicinò pericolosamente il suo viso al suo, sussurrando qualcosa.
-Come…cosa dici?- chiese il moretto, fissando un attimo il soffitto. Poi tornò a guardare Kei, e la cosa che sentì successivamente fu un paio di labbra morbide posarsi sulle sue, trascinandolo nel bacio che tante volte aveva sognato.
La lingua di Kei s’insinuava tra le sue labbra, e Takao, persa ogni nozione del tempo, dello spazio e della realtà in generale, le dischiuse, accogliendolo dentro di sé.
E in quel momento, come per magia, il plic plic della pioggia sfumò perso nel silenzio delle strade.

~owari

Ok, mi rendo perfettamente conto che è stata un’incredibile stronzata scrivere quasi 13 pagine di word per un bacio del cazzo, ma mi sentivo ispirata e allora eccovi qui a subirvi i miei deliri.
Spero solo vi sia piaciuto. In caso contrario…bah, fatti vostri. Tra l’altro, prima di lasciarvi, ci tengo a precisare qualche cosuccia.
Allora, Kei non vede quello che crede di vedere, cioè quello tra Rei e Takao è soltanto un fottutissimo bacio sulla guancia, e fin qui credo si sia capito, o no? Ma mi serviva qualche pretesto per far parlare Rei e Kei.
In secondo luogo, di sicuro vi sarete perlomeno un po’ sorpresi del rapporto tra Taky-chan e Rei-chan: la verità è che io ho sempre considerato Rei la coscienza del gruppo, qualcuno che si preoccupi di tenere tutti insieme, che si prenda cura degli altri, una sorta di capofamiglia. E lo trovo così tremendamente, dannatamente dolce…
Max: e io?
Ely: eh?
Max: intendo…se il prof è l’assistente, Kei e Takao sono i protagonisti di ogni fic yaoi, e Rei è il capofamiglia, io che faccio?
Ely: ehr…non ne ho la minima idea…
Max: T_T
Ely: stammi happy, vuol dire che ti faremo fare…ehm, scusa un attimo…mi stanno chiamando!
Max: cosa? Dove te ne va…rispondimi ç___________ç
Ely: BYE BYE! Ci sentiamo un’altra volta, eh!
Max: stronza!
Ely: :P

Commenti, please!

P.S. Per il momento, questa fic si ferma qui, ma può darsi che un giorno scriverò un seguito.

 
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