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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: HEY ,YOU!
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: war galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 23/12/2003 20:41:53 (ultimo inserimento: 13/03/04)

e`anche una bella storia d`amore... se volete saperne di più leggete....buon natale!!!!!!!!
 
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- Capitolo 1° -


"Lo giuro, sul mio stesso sangue! Inchioderò quel bastardo! Lo trascinerò in tribunale con una montagna di mandati e una valanga di prove!"
"Adesso calmati..."
"Non avresti dovuto...."
"Chiudete quella cazzo di bocca!"

Quel pezzo di conversazione continuava a rombarmi nelle orecchie mentre reggevo tra le braccia un mazzo di rose bianche con al centro una blu. Le avevo scelte bianche apposta, per indicare la sua innocenza come di proposito avevo fatto inserire quel fiore blu. Come un silenzioso grido di protesta, un'ingiunzione a tutti i presenti a non dimenticare mai.
Blu, come la nostra uniforme.
Blu, come il colore che lui tanto amava.
Blu, come l'oceano che ci stava di fronte durante quella nostra ultima conversazione.
Blu.
"E adesso?" mormorai a fior di labbra, talmente piano che nessuno mi udì.
La tomba era semplice, come lui. Se avesse potuto scegliere sono sicura che non avrebbe voluto qualcosa di diverso. Il marmo era grigio, freddo e pareva indistruttibile. Silenzioso testimone per l'eternità che li' sotto... In quella terra smossa e consacrata dal prete, giaceva un corpo. Un ammasso di proteine e ossa che un tempo si erano mosse su questa terra... La parte fisica e materiale di un'esistenza che si era intrecciata con altre e che prima di altre si era spenta.
Nel mio lavoro, morire era un'eventualità possibile. Nessuno ci pensava mai troppo a lungo o si interrogava a fondo sui rischi che si correvano... Tutti noi ci limitavamo a scrollare le spalle e a dire che era il Destino. Se era il tuo momento ti toccava andare. Questo rendeva un po' meno terrificante l'idea. Però lavorare nella DEA... Infiltrarsi tra bande di spacciatori o contrabbandieri o avere contatti persino con possenti organizzazioni malavitose poteva in qualche modo calcare sulla mano del Destino...
Osservai la foto di Dave, i cui capelli biondi rilucevano di mille riflessi sotto il caldo sole che li accarezzava, osservai il suo viso sorridente e allegro, spensierato... Ricordai anche il momento in cui era stata scattata quella fotografia, l'allegria che permeava l'aria intorno a noi... Avevamo fatto una gita al mare io, Dave e Lane. Quella l'aveva scattata Lane mentre io ero in coda a prendere delle bibite fresche... °Voglio ricordarti così Dave. Che sorridi, col sole negli occhi e fra i capelli° pensai mentre mi rendevo conto che in un modo o nell'altro quella faccenda si era conclusa.
Era finita.
La pista Drago Rosso si era definitivamente chiusa.
Lo capii solo in quel momento, anche se lo avevo intuito quella notte. O forse lo sapevo fin dall'inizio che quella era una guerra persa, ma pensavo, credevo che l'importante era esserci, schierarsi da una parte del campo. Prendere una posizione. Forse. O forse avevo davvero sperato di poter fare qualcosa... E con tutta la rabbia che avevo nel cuore, alla fine mi ero anche dovuta piegare a quell'ultima imposizione. Osservai la mia divisa blu, sulla cui giacca spiccavano ancora i segni lasciati dalla spilla che una volta reggeva il mio cartellino identificativo.
Un mese di sospensione dal servizio, con la scusa ufficiale di darmi il tempo di riprendermi dalle ferite, ma in realtà... Era un modo come un altro per dirmi di lasciare perdere. Sorrisi alla fotografia di Dave e pensai che se fossi stata una persona accomodante e arrendevole, probabilmente non sarei mai entrata nella DEA. Con passi rigidi mi allontanai dalla tomba, lasciandomi in breve tempo anche gli elaborati cancelli di ferro battuto del cimitero alle spalle. Alzai il naso al cielo e mi resi conto che si stava scurendo. Fra poco sarebbero apparse le prime stelle. Le stelle! Quante volte le avevo osservate dal balcone di casa mia nelle calde estati quando l'afa mi impediva di dormire o nelle gelide notti d'inverno quando studiavo come una pazza per ottenere il massimo... E a loro mi rivolgevo in cerca di consiglio, conforto o semplicemente quando mi sentivo sola. Erano state per me una presenza lontana e benigna, come se la loro luce illuminasse l' oscuro cammino che mi aveva vista passare dalla spensieratezza dell'infanzia all'età adulta attraverso i dolci tormenti dell'adolescenza... Riuscivo a sentirle sopra di me, anche nelle notti tempestose quando il cielo era nero come la pece...
Un brivido mi corse lungo la schiena e mi strinsi di più nella giacca anche se sapevo che non era dovuto al freddo.
Lane mi passò un braccio attorno alle spalle. Quegli ultimi giorni erano stati per noi inattesi, crudeli, laceranti come tradimenti e avevano fatto dell'ambiente in cui vivevo un luogo ostile, da rifuggire. Volevo districarmi da una rabbia esasperata e angosciosa, volevo solo trovare un momento di stasi che mi desse il tempo di un respiro. Mi sembrava di vivere in apnea da giorni, trascinata dagli impulsi del cuore, dalla tempesta di voci che ancora non si era quietata nella mia testa e da tutti quei sentimenti che tenevo imprigionati dentro di me...
"Joey, se vuoi mi fermo da te stanotte..." mi disse Lane aprendo la porta del mio appartamento. "Se ti può tranquillizzare, resta pure." avevo risposto togliendomi la giacca e lasciandola cadere sul bracciolo della poltrona. "Non farai colpi di testa, vero?" chiese il ragazzo prendendo due bicchieri panciuti e versandovi una dose generosa di liquore ambrato. "No. Non farò follie. Mi siederò nell'angolino buona buona ad aspettare il momento opportuno." ribattei. "Opportuno?" chiese lui inarcando un sopracciglio color del miele. "Prima o poi si aprirà una nuova pista, non ne dubito ed io ci sarò. E non sarò impreparata. Non più. Mai più, Lane." dissi accettando il bicchiere che lui mi porgeva e bevendolo tutto d'un fiato.
Quella notte Lane prese la mia vecchia chitarra elettrica e suonò fino a farsi sanguinare le dita metrò io, seduta in silenzio con la schiena contro il muro lasciavo che il freddo della parete entrasse in me per congelare la rabbia mentre le note dello sfogo di Lane mi scivolavano dentro, a lenire un po' il dolore. Non mi preoccupavo di asciugare le lacrime dal viso, tanto quelle lacrime prima o poi sarebbero finite da sole e nemmeno Lane se ne curava, mentre la musica copriva i suoi singhiozzi.
Come in trance tornai ad osservare le mie mani. Dita lunghe e affusolate, unghie corte e ben pulite... Ma io continuavo a vederci sopra il sangue di Dave. Non era la prima volta che il sangue mi macchiava... Però era sempre stato un sangue estraneo, straniero a cui non avevo mai attribuito importanza. Quella volta invece, il liquido denso e vischioso dal vago odore metallico era quello del mio migliore amico. Era accaduto tutto talmente in fretta che non avevo realizzato... Non ne avevo avuto il tempo... Io e Dave stavamo tornando dal nostro locale preferito, che distava pochi passi dal suo appartamento. Quella sera avrei dormito da lui, non era una novità. Capitava che quando dovessimo lavorare ad un caso particolarmente impegnativo passassi la notte da lui o lui la passasse da me, a scartabellare e a mettere insieme gli indizi. Di solito verso le nove di sera ci prendevamo una pausa, giusto anche per mangiare qualcosa. Quella sera avevamo deciso di andare a mangiare un boccone da 'Zio Tom' in modo da distrarci un pochino. Chiamammo Lane che ci raggiunse al locale. E così mentre cenavamo, ignari di quello che il futuro ci riservava Dave alzò il boccale di birra proponendoci un brindisi. "Alla nostra amicizia. Che mai nulla la possa incrinare!" "Alla nostra!" avevamo risposto ridendo e facendo tintinnare i boccali di vetro.
Due giorni dopo Dave era morto fra le mie braccia.
Era notte fonda, per strada non c'era nessuno ed io scorsi la sua figura di Dave emergere dalle tenebre della siepe, in prossimità del lampione che diffondeva una luce giallo-arancio sul marciapiedi. "Ho le foto. Questo è il rullino" mi disse spingendomi in mano le prove che aveva raccolto al night. "Sei sicuro sia prudente? Ti ha visto nessuno? Ti ha seguito nessuno?" chiesi facendo sparire quelle prove in una tasca interna della mia giacca. Per l'occasione io mi ero travestita ed indossavo jeans sdruciti e un giubbetto nero pieno di tasche, un berretto da baseball e parevo uno di quei monelli di strada che è scappato di casa... Dave indossava uno smoking nero. Era bello come una divinità. Bello da mozzare il fiato. Ci separammo, come non ci conoscessimo, lui un vero lord ed io un cencioso barbone... Avevo fatto solo due passi...
La sola cosa che ricordo bene fu quell'attimo di incertezza, di paura che balenò nei miei passi mentre sentivo i giri sfasati di un motore. Voltai di scatto la testa, solo per restare accecata dai fanali dell'automezzo e poi... Mi sentii alzare di peso e scaraventare a ridosso della siepe, piombare fra le foglie, le bacche rosse e i rami spinosi.
Udii la frenata e un botto secco seguito da un secondo così ravvicinato da confondersi col primo, di qualcosa che non è stato travolto ma piuttosto scoppiato... In un primo momento avevo pensato alla gomma dell'auto...
Vidi dallo spiraglio lasciato dai rami incurvati dal mio peso qualcosa di non ben definito volare in aria e cadere a ridosso della siepe poco lontano da me, prima che la macchina innestasse un'altra marcia, probabilmente la retro e fuggisse. E allora la sentii la trafittura nelle mie carni e abbassando lo sguardo vidi il sangue colare dal mio braccio, imbrattare la manica del giubbetto e la mano, sgocciolare sulle verdi foglie, mischiarsi al rosso delle bacche... Voltai di scatto la testa solo per vedere i fari posteriori rossi che svoltavano all'angolo più vicino...
Il dolore era bruciante, ma la pallottola, perchè realizzai che ci avevano sparato addosso, doveva avermi presa solo di striscio... Cercai di rimettermi in piedi, sul marciapiedi e quando mi guardai intorno, scotendo il capo ancora confusa e intontita vidi il corpo di Dave giacere in una posa scomposta e assolutamente innaturale un paio di passi alla mia sinistra. Sul suo torace si spandeva una macchia purpurea. Non so se fu il botto degli spari o le mie urla ad attirare l'attenzione dei residenti e di qualche passante... Scossi il capo per scacciare quella visione e realizzai che le lacrime non mi permettevano di mettere a fuoco nemmeno la figura di Lane che sempre più rabbiosamente e disperatamente pizzicava le corde della chitarra.
"L-Lane...?!?" "Si?" "Io non le ho consegnate... Quelle foto... Io non le ho date al dipartimento..." buttai fuori con fatica. Lane smise di colpo di suonare. "Tu cosa?!?!" "Questa pista si chiude qui... Lo hai capito anche tu, vero? Io... Non posso ma soprattutto non voglio permettere che... Finisca tutto nel silenzio!" ringhiai digrignando i denti. Le braccia di Lane mi strinsero forte contro il suo torace. "Come hai detto tu poco fa... Restiamo seduti nell'angolo ad aspettare la nostra occasione... Io sono con te, qualsiasi cosa accada." "Grazie Lane... Grazie..." dissi stringendo forte le sue spalle e liberando i singhiozzi che da giorni premevano per uscire.

N.b. Alla fine della storia metterò un capitolo speciale per fare tutti i disclaimer come si devono!

 
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