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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: BETH
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: shoen galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/12/2003 22:32:40

colei che aprirà il cuore a colui che ormai l’ha chiuso ad ogni sentimento e che gli darà forza per affrontare il nemico.
 
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RICORDI DEL PRESENTE
- Capitolo 1° -

Beth

Spero che vi piaccia a che non sia troppo tediosa, sono consapevole che è molto lunga, ma sarebbe stato come darsi la zappa sui piedi se l’avessi divisa in due parti!!
N.B. Commentate numerosi!!!!!
N.B2 (la vendetta!!!) Scusate per il titolo volevo dargli un tocco strano, spero che l’abbiate capito
N.B2 ( lo scontro finale) Avete letto il quinto libro? Vi consiglio di farlo, altrimenti sarà dura capire la mia storia!!!
Cordialmente l’autrice

Cap. 1 Ricordi del presente

Scese le scale con grazia e cura, alcuni ragazzi si fermavano a guardarla, ma lei non ci fece caso.
I corridoi erano grandi e spaziosi, e spesso affollati, ragazzi che parlavano, ridevano, giocavano e scherzavano, un’atmosfera piuttosto normale in una scuola.
Ma anche senza farlo vedere, ognuno dei ragazzi era turbato nel profondo del proprio cuore.
Forse alcuni pensavano di essere al sicuro, protetti, mentre gli altri semplicemente non pensavano al pericolo.
Lei li guardava attentamente, aveva preso gusto a farlo tempo, osservava le espressioni dei loro occhi, guardinghi, perplessi, infastiditi o gioiosi che fossero, li guardava con estrema curiosità.
S’incamminò verso il prato; il sole pallido e tiepido, riscaldava la giornata, rischiarando tutti i giardini, il castello, le aule polverose, il bosco e l’acqua del lago.
In cui il sole si crogiolava teneramente nella sua immagine riflessa, mentre lei guardava il piccolo specchio d’acqua, e il muoversi lento della sua superficie, una leggera brezza si alzò scompigliandole i bellissimi capelli.
Capelli come fossero un fiume d’oro, lucidi delicati, erano dello stesso colore di quel sole pallido; se fossero stati sciolti, sarebbero stati boccoli perfetti che le sarebbero scesi lungo le spalle ondeggiando nella brezza, per tutta la loro lunghezza; ma ora sono intrecciati, la frangia sempre in teneri boccoli,forse un po’ troppo lunga, le scende sui bellissimi occhi.
Bellissimi occhi color del buio, occhi color della notte, ma della notte più bella che fosse mai stata vista, grandi e velati; iridi in cui era rinchiusa la sua essenza, occhi di una stirpe antica.
La pelle nel suo vivido candore, risplendeva come illuminata da una luce dolce e lieve, e questo faceva sembrare la sua persona fragile e delicata, e in un certo senso lei lo era davvero.
Ma la bella creatura, più vitale che delicata dava sensazioni di sicurezza e protezione all’animo umano consumato da pensieri tristi, ma a volte l’angelo dalla pelle candida sapeva torturare l’animo umano, e ridurlo al suo volere, ma di questo non era ancora capace.
Si stese sull’erba; con le mani dietro la testa e gli occhi color delle tenebre rivolti al cielo.
Di un azzurro così intenso che rendeva difficile guardarlo, con le nuvole che tranquille si muovevano nella sua sconfinata maestosità, bianche e candide come la neve.
La brezza leggera le sollevava l’uniforme scura e nuova, con uno stemma verde sul petto, e guardando le ricordò qualcosa.
Si mise seduta stancamente, fregandosi gli occhi, si alzò e svogliatamente si diresse verso le scale e aprì il grande portone di pietra.
Nei corridoi alcuni ragazzi si fermavano a guardarla sorridendo quasi senza rendersene conto.
Si diresse verso i sotterranei, la porta della classe era chiusa, il professore stava sgridando qualcuno.
Aprì la porta lentamente.
Un uomo alto e magro, con la pelle olivastra, i lineamenti fini e taglienti, i lunghi capelli corvini e scompigliati; occhi color del buio che da tempo non riflettevano più ne calore ne dolcezza ne ogni altro sentimento buono, ma solo freddezza e disprezzo.
L’uomo, fece una smorfia tra il sorriso e il rimprovero e le ordino bruscamente di sedersi, mentre ella sprofondava velocemente e imbarazzata in un banco vicino ad una ragazza corpulenta.
Il professore, prese a parlare lentamente, con voce atona, spiegò una pozione per trasformare qualsiasi cosa in acqua, scrivendo gli ingredienti alla lavagna.
I ragazzi presero a far bollire l’acqua del calderone, e quando fu ad ebollizione, aggiunsero della cenere e del sale; il calderone prese a mandare scintille rossastre, a quel punto abbassarono la fiamma.
Dai paioli saliva un fumo rosso e profumato, che riempiva la stanza di una gradevole fragranza di rose.
Ogni cinque minuti i ragazzi dovevano aggiungere cinque foglie d’acero e lasciarle bollire nell’acqua; nel corso dei 15 minuti per tre volte dovevano aggiungere petali di rosa, di ciliegio, di pesco, foglie d’oleandro e d’alloro alternati e, quando la pozione sarebbe stata in punto di bollire definitivamente dovevano aggiungere un pizzico di sabbia bianca.
La pozione alla fine avrebbe dovuto essere color porpora e rosso avrebbe dovuto essere anche il vapore che ne fuoriusciva, mentre le scintille era necessario che fossero d’orate, così disse Piton.
Quando la pozione venne completata, il professore si alzò dalla cattedra andò da tutti i proprietari dei calderoni, facendo commenti maligni ad ogni Grifondoro, mentre per ai Serpeverde riservava il silenzio assoluto.
La pozione di un quarto dei ragazzi aveva uno strano colorito azzurro, mentre il vapore era blu scuro, quasi nero e dello stesso colore vi erano pure le scintille.
L’altra un quarto degli alunni l’aveva di un colore bianco sporco mentre il fumo e scintille erano verdi.
Un’altra parte l’aveva color oro fuso con belle scintille argentate, sembrava davvero oro, e alcuni si chiesero se avessero davvero trovato la pozione per creare l’oro, ma anche queste timide allusioni furono immediatamente sfatate dai commenti aspri del professore.
Il restante, un quarto l’aveva rosa tendente a viola, erano quelli che si erano avvicinati di più alla reale soluzione; ma che a metà procedimento avevano commesso errori irrimediabili.
Due sole persone avevano colore e pozioni dissimili, uno l’aveva grigio pallido e tutto il pentolone era circondato da nebbia plumbea e senza scintille, la pozione dell’altra alunna era esattamente come il professore l’aveva descritta.
Quando arrivò dalla bella ragazzina dal volto angelico e da un sorriso malizioso, abbozzò un sorriso.
“Bene, qui è stata completata correttamente la pozione, vi suggerisco di prendere esempio da lei” disse maliziosamente alla giovane: era una Serpeverde.
Si giro verso il povero Neville Paciok che teneva gli occhi fissi a terra.
“Paciok, ti do tempo 15 minuti per metterla a posto” disse il professore acido “E voi altri mettete un po’ di questo insulso intruglio in una ampolla e aspettate al posto” riprese sprezzante
Hermione Granger non poteva crederci, era la prima volta che sbagliava una pozione, e se ne stava seduta al suo posto, le braccia abbandonate lungo i fianchi, con gli occhi vitrei fissi sul pavimento umido, il distintivo di prefetto gocciolante e sporco, le labbra serrate in una smorfia di disgusto per se stessa e la mente abbandonata a pensieri infelici.
La pozione nell’ampolla era color rosa chiaro; in fondo non aveva sbagliato di molto.
Harry Potter se ne stava seduto con la schiena appoggiata alla sedia; le braccia sul banco, era intento a rigirarsi nelle mani una matita, disegnando qualcosa sulla pergamena, sembrava una sigla.
Probabilmente era “L.E.”.
Sembrava smarrito nei ricordi o forse in quelli di qualcun altro!
La testa ciondolante, gli occhi stanchi e tristi, grandi e offuscati, di quel bellissimo colore così raro da vedere in natura, occhi grandi come quelli materni, e probabilmente quella sigla alludeva proprio alla madre; forse stava pensando che tutto ciò che lo circonda alla fine lo abbandona.
Ripensò al quel fatidico momento su cui aveva pensato tutta l’estate, il momento in cui il suo cuore si era spezzato definitivamente, il momento della morte di Sirius.
Quell’attimo che rivedeva ogni giorno, passava tra i suoi pensieri e poi ritornava indietro come un film, per essere rivisto, e per recare ancora dolore, dove il dolore aveva reso insensibili e freddi.
L’istante in cui Sirius, parve impiegare un’eternità a toccare terra.
Il suo corpo si era piegato con grazia, cadendo all’indietro oltre il velo logoro appeso all’arco.
Questo è la sequenza d’immagini che lo torturavano nei sogni, e che straziava la sua mente di giorno.
Il pensiero dell’arco o anche dei sussurri che venivano da esso, o delle parole di Luna Loovegood pronunciate con noncuranza un anno addietro; lo perseguitava sempre, e quel senso di colpa che in lui si era insediato, non gli dava pace.
La fialetta contenete la pozione era dimenticata sul banco vicino a quella del suo compagno Ronald Weasley che con la testa appoggiata al muro sembrava perso nei propri pensieri, entrambe le ampolle erano di colore oro.
Ron non amava i lunghi silenzi degli amici; era una persona solare, forse un po’ priva di tatto, ma solare.
Aveva cercato per un tempo piuttosto prolungato di far parlare Harry, di scuoterlo, di farlo reagire in qualche modo, o almeno di istaurare una conversazione con lui che non finisse con i soliti “Sono d’accordo”o “Si” oppure un “Uhm”.
Ma l’amico aveva perso la sensibilità con l’ambiente poco gli importava ora, di se e degli altri, aveva smesso di infuriarsi per ogni cosa, che da un anno a quella parte l’aveva caratterizzato, ora tra i tre amici regnava lo spettro dell’insofferenza e delle morte.
Intanto Neville s’indaffarata con i vari petali di fiori per cercare di mettere a posto la su brodaglia grigia, ma a quanto pareva la sostanza non accennava a cambiare colore.
La pallida ragazzina dai capelli color del sole intanto lo guardava divertita, quando ormai vide che il povero Neville era disperato fece cadere la matita apposta, e poi alzatasi per prenderla si avvicinò a Neville e gli sussurrò nell’orecchio “Aggiungi aghi di pino e foglie di oleandro ad intervallo di cinque minuti l’uno dall’altro, e poi mescolali per circa due minuti, poi aspetta che la pozione raggiunga il grado di massima ebollizione prestabilito e metti la sabbia, poi lasciala riposare” disse tutto questo velocemente e Neville rimase li impalato mentre la ragazza tornava al posto.
Prese a trafficare con le varie erbe, e quando stava per aggiungere quella sbagliata o stava per saltare un passaggio, la ragazzina bionda gli sussurrava il passaggio esatto; e quando la pozione venne completata, Neville si asciugò la fronte imperlata dal sudore, e si sedette sfinito al posto.
Il professore si stava dirigendo verso di lui, e la scena veniva guardata da tutti gli altri con un misto di timore e curiosità, la pozione era dello stesso colore e il profumo descritto dall’insegnante.
Piton era a pochi passi dal calderone, e quando vi arrivo, guardò il contenuto del paiolo con curiosità e malizia.
“Ma bene, Paciok, travasi un po’ del contenuto in una boccetta e la porti alla cattedra” disse con la solita voce maligna, andò alla cattedra e si sedette cominciando a chiamare i nomi dei ragazzi, intanto Neville trafficava per travasare, la ragazzina pallida approfittò dell’insolita processione alla scrivania e si avvicinò a Neville, aiutandolo a trasferire il liquido.
Quando tutti gli studenti avevano consegnato l’ampolla, Neville inciampando e trascinando i piedi arrivò alla cattedra, porgendo la pozione al professore.
L’uomo aprì l’ampolla, “Vediamo, se questo intruglio sa trasformare il libro in acqua” disse mettendo un grosso libro nero nel paiolo vuoto, forse per non bagnare.
Prima caddero gocce, poi l’intero contenuto fu svuotato nel paiolo, si senti uno strano rumore di qualcosa che si dissolve, e poco dopo il paiolo era pino per metà d’acqua.
Il professore guardò Neville, e il ragazzo si sentì gelare, gli occhi glaciali del professore lo trafisse come una lama,e il ragazzino non seppe resistere molto allo sguardo.
“Paciok, che cosa hai usato per far diventare quel tuo intruglio in una pozione decente?” chiese in tono aspro
“Neville balbetto alcuni nomi di petali usati, ma in modo completamente diverso dalle indicazioni della ragazza.
L’uomo sorrise.
“Per la prossima lezione, ognuno di voi dovrà scrivere un tema sui vari utilizzi della pozione; indicando la sequenza con cui viene preparata” disse velocemente alla classe
“E tu Paciok, durante la lezione mi spiegherai come si crea la pozione e rifacendola davanti a tutti”. disse gelido
Neville uscì dall’aula, cereo in volto, in uno strano pallore che non gli si addiceva, per tutta la giornata non parlò, ne ascoltò i consigli di nessuno.
Quel pomeriggio era libero, e i ragazzi si sdraiarono sull’erba fresca dei giardini della scuola, molti facevano il tema di pozioni, altri leggevano grandi manuali d’incantesimi o storia della magia, altri duellavano tra loro, con incantesimi semplici, ma di vario genere.
Neville era con Harry, Ron ed Hermione, disteso sull’erba e con il braccio sopra gli occhi.
Ron cercava di convincerlo a non preoccuparsi, per la storia della pozione, ma a quanto pareva lui non lo ascoltava.
Il quartetto scorse la bella ragazzina dai capelli biondi vicino al lago, e Neville mosso da un temperamento forse troppo impulsivo, corse da lei, portandosi dietro Harry.
Corsero per tutta la distanza che li separava, che era molta e quando arrivarono Neville era esausto, mentre Harry sbuffò soltanto.
La giovane li guardò sbigottita e divertita al tempo stesso, era ancora più bella di quanto avessero immaginato, i capelli fini e delicati le scendevano sul volto e oscillavano con l’aria, lei li scostò dagli occhi e prese ad arricciarsi un boccolo fuori dalle lunghe trecce.
Quando Neville prese fiato le espose il motivo per cui era corso da lei, e quando ebbe finito cominciò a guardarla.
La ragazza era sembrava sovra pensiero, e non rispose subito poi...
“Quindi io dovrei aiutarti con quella pozione, se non ho capito male, vero?” disse lei
Neville annuì
“ E perché dovrei?” disse maliziosamente
“Lascia stare Neville, sono tutti così i Serpeverdi” disse Harry arrabbiato.
La ragazza sorrise soavemente; cosa che irritò particolarmente Harry.
“ Non ti preoccupare emh...”s interruppe “Neville” le andò incontro il ragazzo.
“Emh si, Neville, ti aiuterò con quella pozione, dimmi quando e dove” gli disse.
“Nella torre di Gri...”
“E’ meglio di no Neville, non vogliamo Serpeverdi li.” disse Harry freddamente, era un tono che non aveva mai usato con estranei, neanche che con i peggiori Serpeverde, si stupì di se stesso, ma la ragazzina aveva già assunto un espressione offesa.
“Non mi sembra di essere stata scortese con te, anzi. Pensavo che i ragazzi di Grifondoro fossero fieri e coraggiosi, speravo anche gentili; ma a quanto pare dovrò rifarmi un’altra idea di questa scuola e delle sue case.” Gli rispose con lo stesso tono freddo, poi sorrise a Neville che le illustrò il luogo dove ritrovarsi.
S’incamminò verso la scuola.
In quel momento si alzò un vento molto forte, e la ragazza si fermò a pochi passi e si voltò... i suoi occhi era come se stessero diventarono ancora più neri, assunsero uno sguardo maligno e freddo, ma come fossero illuminati da un vivo bagliore febbrile, fanatico.
Il colore della sua pelle divento improvvisamente più pallido, quasi completamente bianco, i tratti del suo volto sembravano ancora più sottili e delicati, la bocca si contrasse in una smorfia avversa, i capelli del colore dell’oro si sollevavano a ritmò del vento, d’un tratto parlò con un tono più duro e freddo, glaciale, e sorridendo.
Staresti bene, nelle mia casa, potresti diventare grande sai, Serpeverde si aiuterebbe sulla via della grandezza..”
Harry guardò i suoi occhi, com’era possibile dimenticare quello sguardo...poi rifletté sulle sue parole e si chiese quanto lei avesse ragione.
Provò disagio verso di lei, ebbe paura che la sua maschera costruita in quei mesi potesse crollare, e mostrare il vero Harry, si sentiva come se il suo castello di carte stesse per crollare, o se, si stesse arrampicando sugli specchi, ma almeno per il momento da “maschera di carta velina” resistette e nessuno notò il suo disagio, almeno non Neville, era diventato normale per lui nascondere i sentimenti.
La ragazza prese la via per il castello, ma Neville la fermò.
“Potrei sapere il tuo nome?” chiese Neville
Le parole che ne seguirono si dispersero nell’aria, parole che gelarono il sangue di Harry, parole che entrambi sentirono chiaramente, parole dette con voce soave e delicata...
“Beth, Beth Riddle”...



Beth


 
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