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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: NOWHERELAND
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: erikuccia galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 26/11/2003 19:20:12

è triste e strana.
 
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NOWHERELAND
- Capitolo 1° -

Nowhereland

1.nowhereland
Capitolo unico
Storia autoconclusiva

La pioggia ricominciòa frusciare contro i vetri chiusi della sua stanza. Poi chiamarla stanza..che coraggio. Da quando viveva in quella casa-famiglia aveva guardato fuori decine di volte, aspettando che la figura di sua madre ricomparisse d'un tratto, per riportarlo a casa, quella casa di cui aveva solo un vago ricordo. Poi erano passati i giorni, che si tramutarono in mesi, e infine in anni, e allora John aveva capito che sua madre nn sarebbe più tornata a prenderlo. Adesso che aveva 17 anni, si rendeva perfettamente conto che la sua vita avrebbe dovuto cambiare ancora. Doveva prendersi le sue responsabilità, cominciare a lavorare. Prendere quello che poteva. John aveva perso tutto quello che aveva all'età di sette anni, e aveva dovuto maturare in fretta, per cercare di nn essere un peso con le sue noie e le sue laggne, per cercare di voltare pagine. Aveva tanti sogni quando era bambino. Voleva fare il pilota, volare al di sopra delle nuvole, anche con la pioggia, con la certezza di passare inosservati. Ma adesso cosa gli rimaneva di quel sogno tanto ambito? A questo punto gli rimanevano solo le nuvole, che, vista la loro materia inconsistente, erano confrontabili con i suoi sogni che ormai nn avevano più sostanza, nè un futuro.
Stava seduto sul tavolino posto sotto l'ampia finestra e guardava le gocce che ne rigavano i vetri. Le strade erano deserte, solo raramente si sentiva il lontano fruscio delle gomme sull'asfalto bagnato. E così come erano deserte le strade anche la sua stanza vuota. Il suo compagno di stanza se ne era andato in cerca di fortuna e da due anni nn lo sentiva. Pensava di aver trovato in lui un amico, ma alla lunga si rese conto di nn essere mai stato capace di costruire un rapporto duraturo, che nn terminasse con un abbandono. Era diventato silenzioso, introverso e apatico. Niente al mondo aveva più una qualche attrattiva davanti ai suoi occhi e le persone nn gli interessavo più di tanto. Mentre se ne stava fermo così, con lo sguardo perso nel vuoto, si accorse che Giselle, la ragazza più bella di tutto l'istituto, era lì fuori, sotto la piogggia, a danzare. Quello che colpì John fu più che altro il fatto che nn aveva nulla ai piedi. << così si prenderà una polmonite..>> pensò, senza però muoversi. Non aveva mai confessato alla ragazza quello che provava per lei. Non gli aveva mai detto che quando la vedeva, anche solo per un attimo, il suo cuore mancava di un battito. Non le aveva mai detto che gli piaceva da impazzire, per quei suoi capelli biondi, per quegli occhi verdi che sembravano emanare una luce del paradiso. Non ne aveva mai trovato il coraggio. Dopotutto Giselle, nn era una di quelle ragazze che passavano inosservate. Tutti, nel bene o nel male, ne erano attratti, e John, sebbene sapesse di essere piuttosto carino, non credeva che lei avrebbe scelto lui, proprio lui, fra altri 200 ragazzi circa.
Nel frattempo continuava a guardarla. Pensava che doveva andare da lei e dirle qualcosa, farla rientrare per prima cosa, ma non riusciva a farlo, non voleva interrompere quella danza che, vista da spalle sembrava quasi magica. Giselle continuò a ballare per un ora, verso la strada, come se stesse cercando di attirare l'attenzione di qualcuno. John continuò a guardarla.
Quando Giselle si volse dalla sua parte, il ragazzo vide che stava piangendo. ma nn ne era sicuro. Poteva anche solo essere la pioggia...Che doveva fare? Uscire e ammettere che aveva trascorso un ora della sua vita, fermo sotto alla finestra e guardarla? E se poi nn stava piangendo?
Ma in attimo nn ebbe più dubbi. La ragazza si accosciò a terra e si nascose il viso fra le mani. Solo in quel momento John si accorse che aveva la gonna macchiata di sangue.

Indossò di corsa le pantofole, e si diresse fuori. Capitava spesso che tra i ragazzi, sotto gli occhi ignari degli insegnanti, ci fossero scazzotatte e risse. John lo sapeva bene. La schiena gli faceva ancora male, per tutti i pugni presi in quegli ultimi giorni. C'erano voci che parlavano anche di violenze su ragazze, ma lui nn poteva crederci. nn si poteva fare una cosa del genere. E a lungo schifò quel pensiero. raggiunse giselle, che era tormentata da singhiozzi, e continuava a nascondersi il viso tra le mani...
-giselle...-si limitò a dire, inginocchiandosi accanto a lei. Nn sapeva che altro dire
-john..lasciami stare..lasciami qui...voglio morire..- disse lei, senza muoversi
-ma se ti lasciò qui ti prenderai una bronco-polmonite- disse lui, come se fosse la cosa più ovvia
-ma allora nn mi hai sentito?- disse lei, rivolgendosi direttamente all'amico. Aveva gli occhi gonfi per il pianto e un labbro spaccato- voglio morire..-
-che è successo?- chiese John
-cose di ordinaria amministrazione- giselle aveva un sorriso amaro sulla bocca
-che vuoi dire?- stava gelando, ma nn poteva lasciarla lì da sola
-sono stata stuprata...ancora...- disse per poi tornare a singhiozzare. John strinse i pugni. Come "ancora" ? Da quanto tempo andava avanti quel massacro della carne? -chi...- provò. Ma si fermò di colpo. La rabbia gli impediva quasi di parlare. -Peter Grand- disse lei -pensavo che venendo qui..forse..la pioggia..mi pulisse...ma sono sporca..tanto sporca...- e svenne.
John la prese in braccio e la riportò dentro. La portò in infermeria, ma nn disse nulla. Quando l'infermiera gli chiese che cosa aveva John si limitò a dire che stava ballando sotto la pioggia e che ad un certo punto era svenuta.
-ha la febbre alta- continuò l'infermiera.
passarono i giorni. John aveva provato a parlare con qualche insegnante, ma la risposta era sempre la stessa -come puoi affermare una cosa del genere senza prove?- E allora John si arrabbiava. -Come puo lavarsene così le mani...- E tutti rispondevano che l'unica cosa da fare era aspettare che Giselle testimoniasse e facesse i nomi.
Ma giselle nn potè farlo mai. Morì dopo tre giorni, senza aver mai ripreso conoscenza. Tutti piansero. Lui fu l'unico a ridere, anche se le lacrime irrigavano il suo volto. <<perchè piangono?ora ha realizzato il suo desiderio...>>pensava tra sè e sè, ma poi la rabbia lo investì di nuovo. Con Giselle se ne era andato l'ultimo, l'unico e vero motivo per restare in quell'edificio malinconico, grigio, triste. Andata via lei, andato via il suo compagno di stanza Alex nn c'era nessun motivo per restare lì.
Il giorno del funerale scappò.
Chiamò la polizia, quando era già fuori di lì e disse che c'era stato uno stupro e che la ragazza era morta. Disse all'agente che gli rispose di analizzare la gonna della ragazza, e avrebbe scoperto che il colpevole era Peter grand.
Riabbassò la cornetta, fece un respiro profondo. E sotto un cielo freddo ma sereno, cominciò a correre, incontro alla terra di nessuno.

Fine

 
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