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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: THE MONK - IL MONACO
Genere: Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: carosio galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 03/11/2003 23:03:52

sogni, terrori magici, portenti, streghe, spettri notturni e gran prodigi.
 
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- Capitolo 1° -


Slam dunk © Takehiko Inoue
The Monk, a romance © Matthew G. Lewis

THE MONK − il monaco © Carosio the Godmother

Somnia, terrores magicos, miracula, sagas
Nocturnos lemures portentaque.
-Horatius-

I

La campana dell'abbazia suonava da appena cinque minuti, ma già nella chiesa dei Cappuccini c'era ressa.
Nessuno era lì per devozione: chi per mettersi in mostra, chi per ammazzare il tempo, ma la maggior parte delle persone era venuta per vedere il predicatore.
I due nuovi entrati faticarono molto per entrare.
-Vergine santa! Non c'è un posto a pagarlo oro!- disse il più alto.
Due figuri seduti accanto ad una colonna sentirono queste parole, ma non diedero peso alla cosa finchè una voce fresca e soave non si intrufolò nelle loro orecchie.
-Per la carità, Fukuda, torniamo a casa... Tutta questa gente mi fa spavento... -
I due saltarono sui loro sgabelli per la sorpresa e si soffermarono sull'esile figura davanti a loro: un ragazzo dai tratti delicati ed eleganti, accompagnato da uomo tanto brutto quanto lui era bello.
Cedettero gentilmente il posto ai nuovi arrivati.
Sendoh si sedette vicino alla leggiadra creatura, dopo averle offerto il suo sgabello.
Invece Hasegawa fu costretto a sedersi vicino a Fukuda.
-Dovete essere appena arrivato a Madrid- fece Sendoh -altrimenti vi avrei già notato... -
Tacque in attesa di una risposta, ma nulla uscì dalle labbra del ragazzo. Riprese:
-Mi sto forse sbagliando?-
Una flebile e timida voce gli rispose:
-No, Señor.-
-Vi fermerete per qualche tempo?-
-Sì, Señor.-
-Sarei lieto di allietare il vostro soggiorno in città, sempre che me lo permettiate... -
Il ragazzo si limitò a rivolgergli un cenno col capo.
Sendoh continuò a fissare il suo splendido viso, per tutta risposta, il giovane volgeva intorno a sè occhiate vergognose. I suoi occhi incrociarono quelli dell'uomo, le guance gli si imporporarono ed iniziò a recitare il rosario.
Fukuda si sentì in dovere di scusarsi con l'ospite occasionale.
-Kenji è un bambino, non sa niente del mondo- intervenne -la madre è morta dandolo alla luce, ed è cresciuto in un vecchio castello in Murcia senz'altra compagnia che quella del padre, uomo di poco criterio e poca bellezza, nonostante sia mio fratello.-
Ed è vostro fratello!- esclamò Hasegawa, con fare ironico -incredibile!-
-Strano ma vero, Señor!-
Sendoh si intrufolò nella conversazione.
-Posso ardire di chiedere cosa vi ha spinti a Madrid?-
-Ah, Señor, il padre di Kenji è in bancarotta, e sua suocera si rifiuta di pagargli un sussidio, odiandolo!
Ed il piccolo è venuto supplicando la vecchia marchesa di aiutarli, ma, pur avendo un bel visetto, non è riuscito nel suo intento!-
-Señor- lo interruppe Hasegawa -se c'era il bisogno di un bel visetto, sono sicuro che voi avreste ottenuto il sussidio senza fatica alcuna!-
-Oh Gesù mio! Ho conservata intatta la mia verginità e non intendo donarla ad un baldo giovine come voi!-
-Sia chiaro, Señor, che intendo usufruire di questo splendido dono solo dopo un'unione davanti al Signore!-
Sendoh li interruppe prima che la conversazione degenerasse:
-Posso sapere il nome della marchesa?-
-Sakuragi.-
-Ma sono un caro amico di suo nipote, che aspettiamo di ritorno da un lungo viaggio! Se il soave Kenji me lo permetterà, gli farò da avvocato presso la famiglia Sakuragi!
Kenji donò uno splendido sorriso al benefattore, e lo zio rigurgitò una serie infinita di ringraziamenti.

Ben presto i quattro si ritrovarono pigiati tra una marea di persone.
Fukuda, incapace di tacere per più di trenta secondi, reputò lecito chiedere spiegazioni.
-Señor- disse rivolto ad Hasegawa -Come mai tutta questa folla oggi nella cattedrale?-
-Maki, l'abate del monastero, pronuncia un sermone ogni giovedì. Tutta Madrid lo osanna: come fate a non esserne al corrente?-
-Fino a ieri non sono mai stato a Madrid, e a Cordova il nome di Maki non è mai stato pronunciato... -
-Qui lo sentirete pronunciare molto spesso, i madrileni lo chiamano addirittura Santo.-
-Dev'essere senz'altro di nobili origini, Señor.-
-Questo è un mistero: fu trovato in fasce davanti alla porta dell'abbazia. Fin dall'infanzia provò un grande interesse per lo studio, ed appena possibile pronunciò i voti, vivendo nella mortificazione del corpo e restando chiuso nell'abbazia fino all'età di trent'anni. Ne è uscito per la prima volta il mese scorso, quando si è trovato costretto a pronunciare il primo sermone, dopo la morte del precedente superiore dei Cappuccini.
Corre voce che non abbia mai visto una donna, e nemmeno sappia come sia fatta, per questo è ritenuto santo.-
Kenji trasalì:
-Ma allora sono santo anch'io!-
Lo zio lo apostrofò amaramente:
-Kenji, per l'amor di Dio! Ma sono discorsi da fare! Tu non devi sapere che una donna non ha...-
La lezione di Fukuda avrebbe dissipato l'ignoranza del nipote, se non fosse stato interrotto da un'ovazione dei presenti: era entrato il predicatore.
Un uomo di nobile portamento e grande bellezza, dalla carnagione scura e gli occhi penetranti: Kenji si sentì invadere da una sensazione mai provata prima, gli parve che la sua voce gli trafiggesse l'anima.
Padre Maki nel suo sermone si scagliò contro i vizi dell'uomo, facendo tremare tutti i presenti, tale era la sua abilità oratoria.
Il discorso fu lungo, ma i fedeli si rammaricarono quando terminò e l'abate uscì dalla chiesa.
Kenji in quel momento si sentì perduto: una lacrima gli percorse una guancia, senza sfuggire all'occhio attento di Sendoh.
-Vi è piaciuto il nostro predicatore?-
-... non è di questo mondo...- rispose Kenji, commosso.-
-Vi dò ragione, ma purtroppo ora che la sua carica lo obbligherà ad affacciarsi sul mondo... sarà preda di mille tentazioni...-
-Lui non è un uomo del genere... -
-Non ne dubito, è un santo in terra.-
-Ah, pregherò il mio caro zio di convincere mio padre a sceglierlo come confessore!-
-Io pregarlo?- sbottò Fukuda -Mai! Questo tuo Maki non mi è per niente simpatico... La sua aria severa mi fa accapponare la pelle... -
-Esatto, Señor- lo incalzò Hasegawa -l'unico difetto di Maki è l'eccessiva severità, nella sua perfezione non è indulgente verso le debolezze altrui. Ehm... la folla si è dissipata... ci consentite di scortarvi a casa?-
-Oh, Dio mio, Señor!- strepitò Fukuda, tutto rosso in viso -Se mio fratello mi vedesse in compagnia di un cavaliere così galante, chissà cosa farebbe! inoltre è meglio che non facciate proposte così, su due piedi... -
- Proposta? Vi do la ma parola... -
-Lasciatemi riflettere... non sono l'uomo scostumato che accetta la mano al primo incontro... -
-Accettare la mia mano? Campassi mill'anni se è vero... - rispose Hasegawa, profondamente disgustato.
-Oh, caro Señor, non insistete, se è vero che mi amate! Avrete presto mie notizie... Ma, di grazia, miei cavalieri, posso sapere i vostri nomi?-
-Il mio amico- rispose Sendoh -è il conte Hasegawa, ed io Akira Sendoh.-
-Mi basta. Allora, Sendoh, parlerò a mio fratello dell'offerta. Quanto a voi, Señor conte, vi prego di moderare il vostro ardore. Comunque, per dimostrarvi che non vi sono avverso, eccovi un pegno del mio affetto.-
Così dicendo, tese la mano sgraziata e piena di calli al presunto spasimante, che la baciò con tale riluttanza che l'amicò soffocò a malapena le risate. Dopo di che Fukuda uscì seguito dal silenzioso Kenji che, raggiunto il vestibolo, inavvertitamente si volse e posò gli occhi su Sendoh, il quale accennò un inchino. Lui ricambiò la galanteria e si allontanò precipitoso.
Rimasti soli...
-E bravo Akira! Mi hai fatto dono di un bell'idillio! Per facilitarti l'approccio con Kenji mi ritrovo sull'orlo del matrimonio con lo scorfano!-
-Mio povero Kazushi... Ti ringrazio di cuore, non avrei mai sperato di avvicinare un ragazzo interessante come Kenji... -
-Sei intenzionato a sposarlo?-
-Sarei un vile se pensassi di farlo mio senza sposarlo... e se non otterrà il sussidio, il mio patrimonio basterà per entrambi. E' un ragazzo sensato, ed ha tutte le qualità per rendermi felice!-
-Sensato? Ma se non ha aperto bocca!-
-Le rare volte in cui l'ha fatto, ha detto cose sensate!-
Il conte Hasegawa scoppiò a ridere in faccia all'amico.
-Bella questa... cambiando discorso, che ne dici di andare a teatro?-
-Non posso, devo andare a trovare mio fratello. Il suo monastero è in questa strada, e sono entrato qui solo perchè ero incuriosito dalla folla.-
-Il tuo fratellastro in un monastero? Ah, l'avevo scordato... E come sta Kaede? Mi stupisco: come hai pensato di rinchiudere in monastero un ragazzo tanto incantevole?-
-Io pensarlo? L'ha fatto di sua spontanea volontà!-
-Certo, guarda caso aveva una dote di diecimila pistole e la metà è passata a vossignoria... -
-Mi ritieni davvero così abbietto da spingerlo in convento per appropriarmi del suo patrimonio!?!-
-Stai calmo! Speriamo che Kenji riesca a mitigarti, altrimenti ci sgozziamo prima della fine del mese! Ad ogni modo ti lascio per evitare disgrazie, ma ricorda che sono disponibile per corteggiare lo scorfano!-
Detto ciò, si precipitò fuori dalla cattedrale.

La notte era arrivata, i fiochi raggi della luna nascente penetravano a fatica nell'oscura chiesa gotica.
Akira giaceva addormentato appoggiato ad un pilastro: il vuoto lasciatogli dall'assenza di Kenji ed il pensiero del fratello in clausura gli avevano lasciato dentro una malinconia tale da farlo scivolare nel sonno.
Sognò. La cattedrale impavesata a festa, Kenji che gli sorrideva nella sua virginale grazia aspettandolo all'altare, dietro il quale c'era Maki affiancato da due angeli. Corse attraverso la navata per raggiungere l'amato, ma una mastodontica creatura, scura e rugosa,afferrò Kenji lordandolo con le enormi mani. Si guardò intorno per cercare aiuto, ma il predicatore era scomparso, e gli angeli erano mutati d'aspetto: quello a sinistra teneva in mano un ramoscello di mirto argentato, le sue ali erano rosse come il fuoco ed i capelli lisci e corvini gli incorniciavano il bellissimo volto, aveva due occhi talmente magnetici da uccidere con il solo sguardo; quello a destra teneva in mano un lungo pugnale, aveva le ali nere come la pece, i capelli dello stesso colore erano scarmigliati sul suo capo, ed un ghigno diabolico era dipinto sul volto dai lineamenti delicati.
Akira era immobilizzato e gridava, il mostro addormentò Kenji con il mirto del primo angelo e lo sventrò con il pugnale del secondo, dopo averlo stuprato.
Si svegliò. Il cuore gli scoppiava in petto, intorno a lui candele e lampade accese, nell'aria un salmodiare di inni.
Si alzò di scatto per controllare se Kenji fosse all'altare, e tirò un sospiro di sollievo quando lo trovò vuoto, realizzando di aver sognato.
Si impose di calmarsi.
Da dietro una colonna scorse una figura intabarrata procedere cauta, come se controllasse di non essere vista.
La curiosità è peccato: "Me ne vado" si disse Sendoh. E Sendoh rimase dov'era.
Lo sconosciuto si avvicinò ad una colossale statua della Madonna, e depose frettolosamente una lettera ai suoi piedi, allontanandosi immediatamente ed appiattendosi dietro una colonna.
"E' solo una sciocca tresca amorosa..." Akira uscì silenzioso, ma venne urtato da un uomo sulle scalinate. La sua mano corse alla spada.
-Olà, Señor!- esclamò -Che villania è questa?-
-Akira Sendoh!- ribattè il nuovo venuto, che altri non era che il conte Hasegawa. -Io torno e ti trovo ancora qui? Sei l'uomo più fortunato del mondo! Presto entra, stanno arrivando!-
-Di chi parli?-
-La chioccia e tutti i suoi bei pulcini! Ti racconto dopo!-
Sendoh lo seguì dentro la cattedrale, dove si acquattarono dietro la statua della vergine.
-Parla.-
-Oh, Akira, assisteremo ad uno spettacolo meraviglioso! L'abate di san Nicolás e tutto il suo seguito di monaci stanno venendo a farsi confessare da padre Maki, che non vuole lasciare il monastero per nessun motivo! (Che sempre sia lodato!) Vedremo le faccine (ed i deretani) più graziosi di Madrid!-
Akira non fece neppure in tempo a replicare che comparve il superiore di san Nicolás, seguito da un lungo corteo di monaci. Nel passare davanti alla statua di Maria, ognuno di essi fece una profonda genuflessione. Uno dei frati lasciò cadere il rosario ai piedi della statua, e nel recuperarlo afferrò la lettera e se la nascose sotto la tonaca.
Sendoh ebbe modo di osservarlo bene in viso.
-Cielo! Kaede!-
-Tuo fratello? Qualcuno dovrà far spese della nostra curiosità... -
-E subito, anche!- sbottò Akira, non appena si richiuse la porta dell'abbazia.
Lo sconosciuto uscì immediatamente dal suo nascondiglio e si diresse in fretta verso l'uscita della chiesa, ma prima che la raggiungesse Akira gli sbarrò la strada.
-Non cercate di fuggire! Voglio sapere chi siete e cosa c'è scritto in quella lettera!-
-E a che titolo me lo chiedete?-
-Rispondete o uccidetemi.-
-La seconda soluzione sarà la più sbrigativa.- sguainò la spada -Avanti, Señor! Io sono pronto.-
Kazushi, il più sensato dei tre, bloccò l'amico prima che attaccasse.
-Fermo! Fermo, Sendoh!- esclamò -Rischi grosso versando sangue su suolo consacrato!-
Lo sconosciuto abbassò immediatamente la guardia.
-Sendoh?- esclamò stupito, sfilandosi il cappuccio che gli nascondeva il volto -Gran Dio! Akira, non ti ricordi più di Hanamichi Sakuragi!?!-
Akira si ritirò quando l'altro cercò di abbracciarlo.
-Tu qui? Cosa significa? Intrattieni una corrispondenza clandestina col mio fratellastro, i cui sentimenti... -
-Sono sempre stati e sono tuttora miei. Ma questo non è il luogo adatto per le spiegazioni, andiamo al mio palazzo. Il tuo amico, chi sarebbe?-
-Uno che credo abbiate già incontrato- Rispose Kazushi - anche se non certo in chiesa... -
-Il conte Hasegawa?-
-Proprio io, marchese.-
-Non ho nulla in contrario a mettervi a conoscenza del mio segreto, a patto che teniate il becco chiuso.-
-Preferirei esonerarmi dalle vostre confidenze... -
-Come preferite, Señor conte, arrivederci.-
-I miei saluti ai Cavalieri!- ed uscì dalla chiesa.
I due lo imitarono, incamminandosi alla volta di palazzo Sakuragi.

-Ebbene, Kenji!- esclamò lo zio, appena furono usciti dalla chiesa. -Cosa ne pensi dei nostri cavalieri? Oh, il Conte Hasegawa... Che cortesia, così galante, così beneducato! Ebbene sì, se mai un uomo mi persuaderà ad infrangere il voto di restare celibe, quello sarà il conte Hasegawa! Lo sapevo, che appena arrivato a Madrid avrei avuto uno stuolo di ammiratori ai miei piedi! L'hai notato che effetto gli ho fatto? E quando gli ho teso la mano, hai osservato con che passione l'ha baciata? Se mai ho visto un amore sincero, era quello sulla faccia del conte!-
Le conclusioni tratte da Kenji sul baciamano erano un tantino diverse, e preferì tenerle per sè.
Giunti davanti a casa, i due si stupirono molto nel vedere una piccola folla disposta in cerchio nei pressi dell'ingresso. Incuriositi, si fecero largo tra la gente, e notarono che al centro del cerchio era seduta una giovane donna vestita alla saracena, dalla pelle abbronzata ed i capelli rasati ai lati della testa.
-Porgetemi la mano!-
-Zio caro!- esclamò Kenji -Ma è pazza?-
-No, piccolo, è solo perfida. E' una zingara, una vagabonda, deruba la gente onesta raccontando fandonie e pretendendo di vedere nel futuro sulle palme delle mani! Se fossi il re di Spagna, li metterei tutti al rogo, i delinquenti di quella risma!-
La zingara si avvicinò ai due.
-Porgetemi la mano!-
-Fukuda, per questa volta, accontentatemi!!!-
-Stupidaggini, dirà solo delle falsità!-
-Non importa, lasciatemi sentire quello che ha da dirmi... -
-E va bene, dal momento che ci tieni tanto... Ecco dei soldi, ragazza, leggeteci la mano.-
La zingara studiò un attimo la mano dell'uomo, poi rispose.
-La Carosio non è orba, notò la tua bruttezza,
Nessun ti volle,perchè sperar invano?
Invece che all'amante, pensa alla salvezza,
Chè nessun giovin chiederà mai la tua mano.-
A queste rime, i presenti si sbellicarono dalle risate; Fukuda quasi soffocò dalla rabbia e riversò i più acidi improperi sulla ragazza, che rimase ad ascoltarla con un sorrisetto sprezzante sulle labbra.
Si rivolse quindi a Kenji.
-Porgetemi la mano!-
Il giovane obbedì e seguì l'esempio dello zio.
La gitana si soffermò a lungo sul suo candido arto.
-La Carosio non è stolta, sentì un gran periglio,
Un uom s'adopra ch'a te venga la morte,
Lontan tu devi star, da chi di Dio vien detto'l figlio,
O attendi rassegnato la tua sorte.-
La ragazza si allontanò correndo, poi si voltò e gridò all'indirizzo di Kenji.
-Baciamo le mani!-
__________

THE MONK − il monaco

II

I monaci accompagnarono il loro abate fino alla porta della sua cella, dove vennero congedati con la solita manifesta superiorità.
Appena fu solo, restò a crogiolarsi nella sua vanità, pensando all'effetto che il suo sermone aveva sortito sui fedeli.
"Chi esiste più puro e virtuoso di me? Chi come me può resistere alle tentazioni della carne? Sono l'unica colonna incorruttibile della Chiesa! Le donne, creature peccaminose, non mi interessano minimamente, e sulla terra non esiste uomo capace di suscitare in me sentimenti... "
-Nessun uomo come te!- gridò, rivolto all'immagine dell'Angelo appesa sopra il suo letto.
Da due anni era ossessionato da quel dipinto, che i confratelli dicevano di aver acquistato da uno strano pittore ambulante.
La firma sulla tela recava le iniziali "LCFR", ma non era l'autore che gli interessava, bensì il soggetto: un angelo dalle ali nere, senza alcun dubbio l'Angelo della Morte.
Maki avrebbe volentieri sacrificato tutte le sue virtù per una notte con quella creatura celestiale.
Le sue elucubrazioni vennero interrotte da un leggero bussare alla porta della cella.
L'abate riemerse a fatica dai suoi pensieri deliranti. Bussarono nuovamente.
-C-chi è?-
-Sono io, Nobunaga.-
-Entra, figliuolo.-
Subito la porta si aprì e comparve Nobunaga, giovane novizio, con un paniere in mano.
L'avversione per la società, la profonda malinconia e la più assoluta riservatezza caratterizzavano l'animo di quel ragazzo, preso in simpatia da Padre Maki già dal giorno del suo arrivo, quando un nobiluomo dal volto coperto e dagli abiti sfarzosi lo aveva portato al monastero, pregando i monaci di accoglierlo come novizio.
Anche il giovane era solito tenere il volto occultato dal cappuccio del saio, e l'abate mai ebbe occasione di scorgerne le fattezze.
Maki lo amava con tutto l'affetto di un padre, ma non sapeva di essere ricambiato in modo ben diverso...
Il ragazzo scoprì il paniere che aveva portato: al suo interno un mazzo di gigli bianchi.
-Padre, mi permettete di sistemarli nella vostra stanza?-
-Le tue premure mi incantano, figlio mio.-
Nobunaga chinò mestamente il capo, gesto che non sfuggì all'abate.
-Qualcosa non va, Nobunaga?-
-Oh, padre, voi siete sempre così gentile, e premuroso... Non vi avessi conosciuto, quante sofferenze avrei evitato!-
-Sofferenze alla tua età?-
-Sofferenze che sono allo stesso tempo tortura e piacere della mia esistenza! Io rinunciai a tutto, pur di conoscervi, ed ora temo di perdere irrimediabilmente la vostra amicizia... -
-Figliolo, cosa ho fatto per suscitare in te un tale timore? Dimmi se ho il potere di lenire il tuo male!-
-Solo voi potete lenirlo, nonostante ciò non posso rivelarvi nulla, pena il vostro odio!-
-Ti scongiuro, ti imploro!-
-Abbiate compassione, non domandatemi altro!
Nobunaga venne salvato dai rintocchi del vespro, baciò con riverenza la mano di Padre Maki e corse fuori dalla cella.

Terminato il vespro, Padre Maki dovette confessare i monaci di san Nicolás. Raccolse attentamente le confessioni di ognuno, imponendo penitenze un po' troppo dure come di consueto; improvvisamente uno dei monaci, che si innalzava tra i confratelli per eleganza e nobiltà d'aspetto, lasciò cadere una lettera. L'abate la raccolse, ma mentre si alzò per restituirla, lo sguardo gli cadde sullo scritto.
Sgranò gli occhi dallo stupore, e richiamò subito l'attenzione del giovane.
-Fermo!- esclamò con voce severa -La mia carica mi impone di leggere questa lettera!-
Kaede sbiancò. Non si era accorto di averla persa.
Maki lesse le poche righe stentatamente scritte sul foglio:

Amore mio, tutto è pronto per la tua fuga. Domani a mezzanotte raggiungimi alla porta del giardino: mi sono procurato la chiave, basteranno poche ore per raggiungere un luogo sicuro.
Tuo per sempre, H.S.
P.S. Non vedo l'ora di fare nuovamente l'amore con te!

L'abate alzò gli occhi sul giovane dinnanzi a lui, pietrificato dal terrore.
-Dimmi per quale motivo dovrei permettere che il monastero di san Nicolás diventi un covo di sodomiti!- l'apostrofò furente -Hai insozzato la sacra veste con la tua impudicizia!
Kaede chinò il capo, senza proferir parola alcuna. Non si sarebbe mai abbassato a chiedere pietà.
Maki corse a cercare Padre Akagi nella sagrestia, ma ricevette un pugno sulla nuca che lo fece cadere.
-Padre Akagi!-
Kaede gli montò sopra, cercando di strappargli la lettera, ma senza riuscirci. Ne approfittò ugualmente per colpirlo alla mascella.
-Padre Akagi!-
Il superiore di san Nicolás entrò e, dopo il primo momento di stupore, afferrò Kaede per i capelli e lo trascinò lontano dal Santo. Lo fulminò con sguardo truce.
Maki si rialzò a fatica e porse la lettera al superiore di Kaede, che la lesse tutta d'un fiato, impallidendo.
La sua rabbia non aveva parole, gli bastò indicare il giovane frate, accucciato a terra, e due monaci assai robusti lo trascinarono fuori dalla chiesa.
Kaede espresse la sua frustrazione maledicendo il Santo.
-Che siate maledetto! Quando commetterete il vostro primo peccato, ricordatevi il mio nome!-

Per evitare che cattivi pensieri prendessero il sopravvento sulla sua mente, Maki scese nel giardino dell'abbazia.
I raggi della luna illuminavano il prato e le aiole fiorite, ma non penetravano il folto di un boschetto. Fu a quella volta che l'abate si diresse, per scacciare il tormento inflittogli dal giovane Kaede.
Tra gli alberi vi era una piccola grotta artificiale, che voleva imitare un eremo.
Il Santo si fermò, quando scorse una figura incappucciata seduta su di un ceppo all'interno della piccola cavità.
-Vorrei essere misantropo.- mormorò lo sconosciuto, che dalla voce Maki riconobbe come Nobunaga.
-Questò è veramente un pensiero singolare, figliolo.-
-Voi qui, reverendo padre?- esclamò il novizio.
-Cosa ti ha condotto ad anelare il peggiore di tutti i sentimenti?-
-Sarei stato fortunato a vivere in seno al peccato, tra genti depravate, senza mai aver sentito la parola virtù...
Ah, se non avessi mai visto le mura di questa abbazia!-
-In vero desidereresti non avermi conosciuto?- disse Maki, profondamente stupito.
-Sarebbe il dono più grande che Iddio mi potesse fare, Padre!-
Una lacrima gli scivolò da sotto il cappuccio.
Restarono in silenzio per alcuni minuti, poi il novizio riprese il suo discorso.
-Padre, sto scivolando nel peccato.-
Maki gli intrappolò le mani tra le sue.
-Aprimi il tuo cuore, figlio mio.-
-Non posso, temo di perdere la vostra stima dopo la mia confessione... -
-Ti, prego, pensa alla tenerezza paterna che ti ho sempre dimostrato, e sappi che perirei privandomi della tua compagnia.-
-Giurate Padre, giurate che non mi allontanerete dal monastero finchè il noviziato non sarà giunto a termine.-
-Te lo prometto, Nobunaga.-
Il novizio si inginocchiò ai piedi del Santo, e gli strinse la mano, tremante.
-Padre!- lacrime luminose bagnarono la sua tonaca -Padre!- riprese con accento esitante -io vi amo!-
A quella rivelazione inattesa, l'abate trasalì. Nobunaga giaceva prostrato a terra, in trepidante attesa di una qualsiasi risposta.
Riavutosi dallo stupore, il monaco si diresse a precipizio verso l'abbazia, ma venne fermato dal giovane che, gettatosi ai suoi piedi, gli abbracciò le ginocchia. Maki cercò invano di liberarsi dalla stretta.
-Maki, non pensate che io sia qui per sottrarvi alla religione! Per voi provo amore, non lascivia: aspiro a possedere il vostro cuore, non bramo il vostro corpo!-
Si sedette, inconsciamente imitato dal frate.
-Quando vi ho conosciuto- riprese il novizio -ho subito compreso che il mio cuore era pervaso da un sentimento nuovo: per questo ogni volta che mi donavate la vostra amicizia, io mi allontanavo sempre di più. Non riuscendo a vivere nel tormento, decisi di confessarmi, pregando che voi comprendeste le mie ragioni, ma evidentemente ho sbagliato, è solo disprezzo quello che leggo nei vostri occhi, non la pietà che cercavo.
Ora la mia vita non ha più alcuna importanza: potrò incontrare la vostra anima solo quando giaceremo entrambi in una tomba.-
Da una parte, il Santo era incredulo nei confronti del giovane; dall'altra la sua vanità gongolava nel sentirgli pronunciare quelle parole.
Un fremito di desiderio lo scosse, quando le dita eburnee del novizio cercarono la sua mano.
Si riebbe, e comprese che sarebbe stato il colmo della sconvenienza permettergli di restare al monastero.
-Andiamo!- esclamò -come potete pensare che ti permetta di restare, che bene ne trarresti?-
-No, Padre, no! Non desidero sedurvi! Ciò che anelo è solo la vostra amicizia, credetemi!-
-Non intendo espormi ad una tentazione così pericolosa.-
-Dimenticate i miei sentimenti, allora! Consideratemi un amico, la cui felicità dipende dalla vostra protezione! Io vi amo per le vostre virtù, se vi fuorviassi da esse, il sentimento che nutro per voi non avrebbe più senso!-
Io vi considero un santo, mostratemi che non siete altro che un uomo e mi disgusterete: dovete avere più fiducia in me ed in voi stesso; mantenete la promessa ed autorizzatemi a restare.-
-E' nel TUO interesse che ti allontano! Se restassi, saresti preda dell'illusione che io un giorno possa ricambiarti, ciò servirebbe solo a stuzzicare le passioni più celate. Devo trattarti con durezza, ti impongo di andartene domani stesso!-
-Non potete essere così crudele da... -
-Devi obbedire.- detto ciò si alzò alla volta del monastero.
-Almeno ascoltatemi!-
Maki non si voltò e continuò a marciare imperterrito.
Nobunaga, dall'alto della disperazione, estrasse uno stiletto e, stracciatosi la veste, si puntò l'arma al petto.
-Padre, io non uscirò vivo di qui!-
L'abate si voltò e non credette ai suoi occhi.
-Fermo! Non sapete che il suicidio è il delitto più nefando? Vi privereste dell'anima!-
-Non mi importa. Fatemi restare, o il pugnale si tingerà del mio sangue!-
Parlando mimò l'atto di trafiggersi.
Gli occhi del frate seguivano atterriti la discesa del pugnale...
Su quel candido petto...
Su quella pelle inebriante...
Sulla quale l'avido sguardo si fermò insaziabile.
Il cuore gli si riempì di angoscia e di piacere, mille desideri pazzeschi gli sconvolsero la fantasia.
-Resta per la mia rovina.-

Maki s'accasciò stanco sul giaciglio. Pensando alla pelle nuda del novizio illuminata dalla luna, gli si imporporarono le guance. Conscio di star precipitando nel peccato, implorò all'immagine dell'Angelo di aiutarlo a soffocare i sentimenti impuri.
Si addormentò, e sognò.
Nobunaga, dal volto occultato dai lunghi capelli lo denudava e lo ricopriva di baci, e lui, al culmine della passione lo assaliva e...
La visione svanì, Maki si ritrovò davanti al quadro.
Attratto, sfiorò i contorni della figura, sulla quale poggiò le labbra, quasi timoroso.
L'Angelo si animava, usciava dalla tela abbracciandolo affettuosamente...
I suoi sensi non riuscirono a sostenere una così squisita voluttà.
Si svegliò in in lago di sudore, eccitato all'inverosimile.
-Kaede... la tua maledizione mi ha già colpito!-

Partecipò distrattamente al mattutino, e si recò nell'eremo ben sapendo che era quello il luogo in cui il novizio l'avrebbe cercato.
Non dovette attendere molto, che Nobunaga giunse e timidamente si sedette innanzi a lui, restando in silenzio.
Quando parve sul punto di aprir bocca, l'abate lo anticipò.
-Nobunaga, la nostra separazione è inevitabile. Non avrei la forza di trattarti con indifferenza.-
-Mi avete mentito.- Disse chinando il capo.
-Nobunaga!-
-Dove sono le vostre promesse? Il noviziato non è giunto al termine!-
-Io non ti impongo di andartene... Se non vuoi farlo per il tuo bene, almeno fallo per il mio. Non farmi gettare al vento trent'anni di mortificazioni! Scioglimi dalla promessa ed allontanati da queste mura.-
-Siete crudele, sapete benissimo che non ho desideri che non siano vostri!-
-La tua generosità non delude le mie speranze.-
-Mi ritirerò in qualche monastero sui Pirenei, ma promettetemi che ogni tanto rivolgerete a me il vostro pensiero!-
-Se è per questo, ti penserò fin troppo spesso... -
-Lasciatemi almeno un pegno del vostro affetto, uno di quei gigli tanto cari ad entrambi: lo conserverò gelosamente e mi accompagnerà nella tomba!-
Il frate si alzò, dirigendosi verso una delle aiole che circondavano l'eremo.
-Ehm... Padre, mi pare che quelli alla vostra sinistra siano i più belli... - disse il giovane.
Maki obbedi, ma colto che ebbe il fiore, levò un urlo lacerante, ritraendo la mano.
A quel grido, Nobunaga si precipitò da lui.
-Padre!-
-Una serpe! Morirò... -

Padre Miyamasu, il medico, scosse tristemente il capo, mostrando la punta del bisturi tinta di verde veleno.
Il Santo era stato morso da un velenosissimo cientipedoro*.
Nobunaga pianse, non aveva lasciato il capezzale dell'amato un solo istante. Maki, nello stato di incoscienza più assoluta, delirava ed era preda delle più tremende convulsioni.
-Non gli restano neppure tre giorni di vita.- disse mestamente il medico.
-E non c'è alcun rimedio?- chiese il novizio, che ancora conservava un barlume di speranza.
-Si può salvare solo drenando il veleno prima che tutto il sangue venga infettato, ma come si possa fare, io non lo so!- disse Miyamasu, medicando la ferita.
Quando il medico uscì, l'abate cadde nel sonno più profondo, sempre vegliato dal fedele Nobunaga.
Padre Miyamasu tornò con un infuso di erbe per il malato, ma ciò che vide lo basì. La mano di Maki non era più gonfia: per accertarsi della cosa, il medico tolse le bende ed esplorò la ferita. La punta del bisturi ne uscì rossa, il colore del sangue di un uomo sano.
Un miracolo: il Signore era intervenuto per salvare il Santo.

Maki si svegliò, spossato ed illanguidito: messa a fuoco la vista, vide Nobunaga al suo capezzale.
-Figliolo... -
-Zitto, dovete riposare!- rispose questi, con aria gaia.
-Sei di buonumore... -
-Infatti ho appena provato un piacere ineguagliabile!-
-Posso almeno sa... -
-Dopo, Padre! Adesso dormite!-
Il Santo chiuse gli occhi gusto per accontentare l'infermiere improvvisato, e cadde presto in un sonno leggero e sfuggente.
Quando aprì gli occhi, trovò il ragazzo dormiente, appoggiato allo schienale della sedia.
Il fato volle che il cappuccio gli fosse leggermente scivolato nel sonno, mettendo a nudo il mento e la splendida bocca del giovane.
Maki sussultò alla vista di quelle labbra struggenti, e dovette forzarsi di dormire per resistere al folle impulso di baciarle. Non migliorò la situazione, infatti ad occhi chiusi gli si presentarono mille immagini peccaminose di Nobunaga.
Questi si destò, e si mise a passeggiare per la stanza, fermandosi davanti al tanto menzionato dipinto dell'Angelo.
-Ah, mio adorato Maki... Se sapessi che sarò io a morire al posto tuo... -
-Cosa?!?- Il monaco non potè fingere di dormire oltre.
Il novizio si voltò di scatto, e nel gesto gli cadde il cappuccio, permettendo a Padre Maki di ammirarlo in tutto il suo splendore. L'abate guardò esterrefatto prima il quadro, poi il giovane: erano identici, Nobunaga era il suo Angelo. Ricadde sul guanciale, non sapeva più se la creatura che aveva davanti fosse umana o divina.

Quando si riebbe, era solo nella cella. Decise di cercare il novizio, per chiedergli delucidazioni sul discorso della sua morte.
Come immaginato, lo trovò all'eremo, seduto stancamente su di un ceppo.
-Nobunaga... Ho preso una decisione. Puoi restare, in fondo... la tua presenza mi indurrà in tentazione, ma saprò trattenermi.-
-Padre... - disse singhiozzando - sto morendo... -
-Devi andare immediatamente da Padre Miyamasu! Devi farti curare! Quale male ti affligge?-
-Padre, ormai il mio destino è segnato... ho succhiato il veleno dal vostro braccio.-
Il frate non ebbe neppure il tempo di ribattere, che si trovò il novizio senza sensi tra le braccia.

Il medico fissò tristemente il ragazzo.
-Figliolo, sei avvelenato. Non so se riuscirai a vedere l'alba di domenica.-
-Lo so benissimo, padre. Ma ora vi prego, permettetemi di vedere Maki ancora una volta, prima di passare a miglior vita.-
Miyamasu uscì, e nella cella accorse immediatamente il Santo.
-Pazzo! Come hai potuto sacrificarti per me!- esclamò, sull'orlo della disperazione.
Con un sorriso, Nobunaga gli prese la mano e la strinse forte.
-Non mi pento del mio gesto, ho sacrificato un ciottolo per salvare un diamante.-
-Non esiste nessun rimedio, nessuna speranza?-
-Un rimedio ci sarebbe... Ma c'è un prezzo troppo alto da pagare: la mia anima! Ma se potessi vivere per voi, non esiterei a privarmene!-
-Allora vivi per me!- mormorò il frate, baciando la mano dell'altro.
-Padre, io non vivrò per il vostro affetto, ma per il vostro amore, vi porterò alla perdizione e... -
Maki lo abbracciò stretto, come a trattenerlo ancora in questo mondo.

Era notte. Nobunaga giaceva sul letto, lo splendido volto illuminato dal chiarore della lampada.
Impossibile resistere ad una creatura tanto bella, altruista e generosa.
Dimentico di voti, santità e reputazione il monaco suggellò con le proprie quelle labbra d'angelo.

*Cientipedoro: serpente tipico di Cuba, importato in Europa da Colombo.
__________


THE MONK − il monaco

III

Il marchese ed Akira si incamminarono alla volta del palazzo senza proferir parola, entrambi alquanto imbarazzati.
Una volta giunti,Hanamichi gli espresse la propria soddisfazione per averlo trovato a Madrid, ma venne interrotto.
-Sakuragi, te ne prego, renditi conto che non posso considerarti mio amico finchè non avremo chiarito lo scopo della tua corrispondenza con mio fratello, ne va del suo onore.-
-Kaede non te ne ha mai parlato?-
-Mai, ma purtroppo ebbi poche occasioni di vederlo, devi sapere che visse per un certo periodo in Germania, nella residenza di suo padre, e c'è rimasto fino a due anni fa, quando decise di tornare in Spagna e prendere i voti.-
-Quindi tu eri al corrente di questa sua decisione?-
-No, quando mi giunse la notizia ero a Napoli, ma mi precipitai immediatamente da lui. Purtroppo arrivai a noviziato concluso, e quando gli chiesi il perchè della sua scelta... mi rispose che aveva perso l'unica ragione della sua vita... -
-Forse conosco il motivo di questa decisione...
Due anni fa mi recai in Germania per un viaggio di piacere. Una notte, mentre attraversavo la Baviera, incappai in una banda di masnadieri che aveva attaccato una carrozza di nobili. Fortunatamente i membri della banda erano solo tre, due uomini ed un ragazzino: non mi fu difficile eliminarli e sgominare il moccioso. Corsi a controllare l'interno della carrozza, scavalcando il cadavere del cocchiere. All'interno, una donna era rannicchiata sotto la sua serva, ormai morta. La convinsi ad uscire e ne riconobbi i tratti del volto: si trattava della baronessa Ayako, tua madre.-
-Cielo, non mi aveva messo al corrente di questo fatto! Ma come stava? Era forse ferita?-
-No, fortunatamente il sangue sulla sua veste apparteneva alla serva... Era solo molto spaventata. Mi ringraziò e si offrì di ospitarmi nel castello del tuo patrigno, ed io accettai. Fu lì che conobbi Kaede, figlio di secondo letto della baronessa.
Appena giunti a Lindenberg, accadde un fatto singolare: fui raggiunto dal ragazzetto compagno dei masnadieri.
Pensavo volesse vendetta, invece disse queste parole:
«Avete ucciso mio padre, ed ora sarete voi a sfamarmi, dato che io non posseggo nulla.»
Per farmi perdonare d'averlo reso orfano, lo nominai istantaneamente mio paggio. Sarei rimasto volentieri ad ammirare il parco del castello insieme al piccolo Ryota, ma una voce profonda e sensuale mi richiamò alla realtà.
«Avete intenzione di restare fuori ancora per molto?»
Mi voltai, e sul portone vidi la creatura più bella che avessi mai visto, Kaede Rukawa.
Per me vederlo ed amarlo fu una cosa sola.
A causa del carattere scontroso del giovane, fui costretto a subissare la baronessa di domande: rispose che era suo figlio, destinato fin dalla nascita a farsi monaco.-
-Fin dalla nascita? E' la prima volta che sento una storia simile!- esclamò Akira.
-Infatti fu una decisione del barone: avendo già un figliastro dissoluto,- disse fissando l'amico - decise che Kaede avrebbe dovuto essere un esempio di virtù. Per questo motivo ti nascosero la faccenda.

Ebbi modo di avvicinarmi a Kaede propro grazie a te: un giorno gli dissi che ero un tuo intimo amico, lui sgranò gli occhi e mi chiese tue notizie. Conversammo tutto il giorno, ed il giorno dopo ancora. Scoprii che non eravamo poi così diversi da come avevo immaginato. Scoprii anche che coltivava una grande passione per il disegno.
Un mattino, quando eravamo ormai in confidenza da alcune settimane, lo trovai nel parco, intento a ritrarre il castello paterno. Sorpreso dalla sua grande maestria, gli domandai in dono una delle sue opere, ma rispose negativamente.
«Donerò un mio disegno solo alla persona che amo.»
Allora io me ne andai in camera, pensando che non mi amasse, né che l'avrebbe mai fatto.
Mi addormentai profondamente e, al mio risveglio, trovai una busta per me sul comodino: sopra di essa c'era scritto "IDIOTA". L'aprii frettolosamente, e immaginati la mia sorpresa quando al suo interno trovai un mio ritratto, recante la firma di Kaede Rukawa!
Rimasi a lungo in contemplazione del bellissimo disegno che mi ritraeva dormiente, giungendo alla sola conclusione possibile: Kaede era entrato nella mia stanza durante la notte. Nascosi il foglio nel mio bagaglio, e corsi in salone per cercare il mio amato, ma non lo trovai da nessuna parte.
Improvvisamente, qualcuno mi afferrò per il colletto della camicia, e venni risucchiato nel muro.
Mi ritrovai nell'oscurità più assoluta, con due roventi labbra che mi divoravano...
«Idiota... »
Mi spinse su qualcosa di morbido, un letto, e puoi immaginare quello che successe... -
Sendoh ammutolì, incerto se colpire o no il marchese. Ma a quanto pare, era stato il fratello a prendere l'iniziativa...
-Comunque quando ci svegliammo gli domandai dove fossimo, e lui rispose che eravamo nella stanza della "Monaca Sanguinante"... Accortosi del mio stupore, mi narrò la leggenda della dama in questione.
«Si chiamava Suor Haruko. Quando era in vita il mio antenato di cui era follemente innamorata non la notò mai, perciò quandò morì togliendosi la vita, il suo spettro infestò questo castello. Ogni cinque anni, la notte del cinque di maggio, allo scoccare dell'una di notte, il fantasma esce da questa stanza. Con un lume in una mano, un pugnale nell'altra e la tonaca macchiata di sangue, percorre le scale ed il salone ed esce dalla porta principale, tornando al sorgere del sole. Per rispetto il custode Uozumi lascia sempre la porta aperta la notte dell'anniversario della sua morte, in casa mia tutti credono ciecamente a questa leggenda.»
Gli domandai se anche lui ci credesse, e mi rispose di no.
Gli chiesi anche se volesse diventare frate, ma rispose di nuovo negativamente.-
Akira si mostrò comprensivo nei confronti dell'amico, e lo esortò a continuare il racconto.
-Sfortuna volle che il tuo patrigno ci scoprì nel parco in procinto di scambiarci un bacio, così per me fu impossibile trattenermi oltre a Lindenberg. Me ne andai quello stesso giorno.
In carrozza il piccolo Ryota mi porse una busta.
«Coraggio, Señor, non disperate!»
Il cuore mi saltò in gola quando lessi la parola "IDIOTA" sulla carta.
La aprii con impazienza, il contenuto era il seguente:

Per una quindicina di giorni rimani nascosto in un qualche villaggio nelle vicinanze. Mio padre, convinto che tu abbia lasciato Lindenberg, mi lascerà di nuovo libero. Sarò nel padiglione di ponente alla mezzanotte del trenta, vedi di non mancare o combinare nefandezze come il tuo solito.
Kaede

La mia esultanza fu senza limiti, così come i ringraziamenti per il mio paggio.
Mi nascosi in un paesino a circa quattro miglia da Lindenberg, dove in una locanda affittai una camera per me e Ryota.
La notte lungamente attesa e sospirata arrivò, tranquilla e con la luna piena. Deciso a non ritardare, già verso le undici mi avviai verso il castello, munito di una fune procuratami dal fido Ryota.
Fu uno scherzo scavalcare il muro di cinta, così mi appostai nel padiglione ad aspettare tuo fratello.
Attesi solo un'ora, che a me parve un secolo...
Poco dopo i rintocchi della campana del castello, lo vidi correre verso di me, gli andai incontro, lo abbracciai, ci baciammo.
«Non abbiamo tempo da perdere.» mi disse «sono sorvegliato.
Tra sei giorni dovrò partire per Madrid, l'unico modo per scampare alla clausura è la fuga.
Ascolta: tra cinque giorni in casa si attende l'arrivo della Monaca Sanguinante, trova una carrozza ed aspettami davanti al cancello per l'una di notte. Io uscirò dalla camera segreta vestito da suora, in modo che tutti mi prendano per lo spettro. Vedi di non ritardare, o per noi sarà finita.»
Mi diede un frettoloso bacio e corse nella sua stanza.

Per cinque giorni sprofondai nel tedio più assoluto, ma finalmente giunse il cinque di maggio. Che data indimenticabile! Prima ancora della mezzanotte, mi recai in carrozza nei pressi del castello, fermandomi in una viuzza secondaria. Dopo mezz'ora si spensero tutte le luci, e Uozumi spalancò il portone d'ingresso, per permettere alla Monaca di passare dignitosamente, evitandole di infilarsi nella toppa per uscire.
Spostai la carrozza davanti al cancello. Avevo in petto un tumulto di speranza ed impazienza. Udii il suono tanto desiderato: la campana battè l'una e tutto il maniero mandò un'eco alta e solenne. Ecco balenare l'atteso lume attraverso il salone, Kaede varcò l'ingresso vestito esattamente come lo spettro da lui descritto: il velo occultava i lineamenti, la tonaca era schizzata di sangue e si era diligentemente munito di lume e pugnale. Camminava lento e leggero, e non appena montò in carrozza, spronai i cavalli a volare come il vento.

Dopo molte miglia la carrozza mi fu ingovernabile ed uscii di strada.
Mi svegliai in un campo, circondato da contadini incuriositi e dai rottami del veicolo. Dei cavalli nessuna traccia.
Chiamai il nome di Kaede, e poi svenni.
Mi risvegliai nel letto di una locanda, con un braccio steccato e la febbre alta. Appena entrò un medico nella mia stanza, gli chiesi se avessero trovato un ragazzo vestito da suora e ferito, insieme a me. Scosse la testa e mi ingiunse di rassegnarmi ad una tediosa ed esacerbante convalescenza. Quando venne la locandiera a portarmi del brodo, le posi a stessa domanda, e mi rispose che ne avrebbe parlato con il marito. Scoprii che mi trovavo a Ratisbona.
Sprofondai in un sonno agitato e mi svegliai all'una, quando udii il rintocco di una campana. D'un tratto la porta si spalancò e mi trovai dinnanzi agli occhi la figura del mio amato.
Tra atroci dolori, mi rizzai a sedere, mormorando il suo nome.
Lui non si mosse, e disse, con una voce che pareva provenisse dagli inferi:
«Non sono Kaede... » e sollevò il velo che ne celava i tratti.
Quando scorsi quel volto orripilante, il sangue mi si gelò nelle vene: era una giovane donna, dal viso pallido e grassoccio, la pelle butterata e simile al formaggio, gli occhi da triglia che mi fissavano inespressivi.
«Il mio nome è Haruko... »
Urlai con tutto il fiato che avevo in petto, svenendo subito dopo.
Rinvenni a giorno fatto, davanti a me la locandiera, Madama Kogure, con il solito brodino.
«Avete lanciato un urlo, stanotte... ci avete terrorizzati tutti... »
Saggiamente tacqui dell'incubo che avevo avuto.
«Ho mandato i miei figli a cercare il vostro amico, ma non hanno trovato nessuno, mi spiace!»
Nessun segno del mio amore.
Passai una giornata alquanto agitata, anche se ormai non ero più febbricitante.
All'una venni destato dal solito rintocco, che mi fece rizzare i capelli dalla paura: come la notte precedente, ricevetti la visita dell'orrida creatura.
«Sono Haruko... »
Mi infilai le unghie nella carne, per svegliarmi da quel terribile incubo, mi scorticai il braccio, ma lei non scomparve. Persi nuovamente i sensi.
Il mattino seguente fui destato da una voce nota: il mio paggio mi aveva raggiunto.
«Cos'è accaduto, padrone? Kaede ha lasciato la città ieri mattina, in compagnia del padre!»
Gli raccontai tutta la storia, e lui mi credette. Espose la sua teoria:
«La Monaca Sanguinante esiste davvero, e voi siete fuggito con lei invece che con il signor Kaede.»
Tirai un sospiro di sollievo, almeno il mio amore era vivo, anche se perduto.
Pregai Ryota di passare la notte con me, e lui accettò.
Aspettammo svegli l'una, quando la vidi entrare dissi «Eccola.» per richiamare l'attenzione del mio fedele servitore.
«Padrone, io non vedo nulla!»
«Il mio nome è Haruko... »
Il mostruoso spettro si appropinquò al letto, ed allungò una putrida mano, fino a sfiorarmi il volto, Persi nuovamente i sensi, tra le convulsoni.
Svegliandomi trovai Ryota al mio capezzale, in compagnia di Madama Kogure e del solito brodo.
«Padrone, cosa è accaduto?»
«Ti prego, Ryota, dimmi che l'hai vista!»
«Ho visto solo voi in preda agli spasmi... »
Fu una giornata uggiosa. Io non riuscii a riposare, ed il mio paggio passò il tempo guardando dalla finestra.
«Padrone, mentre vi cercavo mi accadde un fatto singolare.»
Esortai il ragazzo a narrarmi la storia, anche se ero palesemente annoiato.
«Poco fuori Lindenberg, incontrai uno strambo personaggio. Una ragazzo che non avrà avuto più di diciott'anni, mi avvicinò e mi disse: "Colui che cerchi ha trovato quello che volentieri perderebbe. Riferisci al tuo padrone di cercarmi quando l'orologio batterà l'una."»
Mi alzai a sedere, alquanto stupito.
«Ryota, per quale motivo te ne rammenti solo ora?»
«Perchè quel tizio è proprio qui davanti alla locanda.»
Mi alzai, ormai già dal giorno precedente mi riusciva di camminare, e mi affacciai alla finestra. Fu alquanto singolare lo spettacolo che si presentò ai miei occhi: sul piazzale antistante la locanda, c'era disegnato un pentacolo, di colore rosso scuro. La cosa più inquietante era però il giovane in piedi al centro del disegno: mi fissava dritto negli occhi, come se sapesse chi fossi.
«Vallo a chiamare.» dissi, e Ryota corse a rotta di collo giù per le scale.
Mi affacciai nuovamente, ma dello sconosciuto, nessuna traccia. Mi prese un infarto quando mi voltai e me lo trovai davanti al naso. Come diavolo aveva fatto ad entrare?
«Salve Señor. So che hai un problema.»
«Chi siete, forestiero?» Ero palesemente inquietato dalla sua presenza, e intimorito dalla sua bellezza.
«E' meglio che tu non lo sappia, Señor. Che tu sia credente o ateo, le tue convinzioni verrebbero certo meno, se conoscessi la mia identità.»
Mi stupirono le sue parole, e ne ebbi paura, notai chiaramente un barlume di malvagità in fondo ai suoi occhi.
Nonostante ciò, mi fidai di lui.
«Aspettami a mezzanotte, Señor. Ti auguro una buona giornata.»
Uscì dalla finestra, ed eravamo al quarto piano! Mi precipitai a controllare che fine avesse fatto, ma non scorsi né lui, né il pentacolo sulla piazza.
In quel mentre fece il suo ritorno Ryota, che disse costernato di non aver trovato il forestiero.
Lo tranquillizzai, dicendogli di attendere la mezzanotte.
Arrivò l'ora designata: il mio paggio ed io attendevamo alla finestra.
«Salve Señor.» Ryota fu assalito dal panico nel vedere il giovane dietro di noi, io lo salutai in tutta tranquillità.
Venne verso di me. Indossava la medesima tonaca nera che portava quel mattino.
«Ascoltami, Señor. Ho bisogno del tuo sangue per scacciare la monaca. Ti fidi, Señor?»
Annuii. Mi prese il braccio, e mi incise una vena con uno dei suoi artigli.-
Sendoh si stupì:
-Artigli?-
-Già, Akira, artigli... col mio sangue disegnò un cerchio su pavimento, dicendomi di posizionarmi nel mezzo, serviva per proteggermi.
Attendemmo l'una, l'orrida creatura si presentò puntuale. Non fece neppure in tempo a varcare la soglia, che lo sconosciuto le fece esplodere la testa, limitandosi semplicemente a fissarla.-
Akira era sempre più stupito:
-Come è possibile che abbia ucciso un fantasma?-
-Non lo so, amico mio, probabilmente quel giovane è una creatura più potente di qualsiasi spettro. Se non avesse avuto quella cicatrice sul viso, avrei giurato che fosse un angelo, anche se riuscivo a percepire tutta la sua malvagità.
Sparì nel nulla così come era arrivato. Ryota si affacciò alla finestra, e richiamò la mia attenzione.
«Guardate, Padrone!» Mi sporsi, e vidi una serpe strisciare sulla piazza. Venne risucchiata dal pentacolo, scomparendo alla mia vista.
La monaca non si presentò più, e guarii più in fretta del previsto.
Tornai a Madrid in compagnia del mio paggio, fermamente intenzionato a trovare tuo fratello.

Una sera accadde un fatto spiacevole, in un vicolo venni assalito da un uomo grande e grosso, armato di ascia.
Il duello fu duro, ma alla fine lo ridussi in fin di vita; riuscii ad estrapolare alcune informazioni assai importanti: il suo nome era Tetsuo, sicario del barone di Lindenberg, il marito di vostra madre. Scoprii che Kaede si trovava rinchiuso nel monastero di san Nicolás. Lo mandai al creatore, e corsi al monastero.
Cercai un'apertura tra le alte mura, e trovai un piccolo cancello sul retro. Un uomo lavorava nel giardino dell'edificio: attirai la sua attenzione, poichè dagli abiti non mi pareva un frate. Grazie alla mia intelligenza, elaborai un infallibile piano, domandandogli di assumermi come aiuto-giardiniere. Accettò e mi consegnò le chiavi del cancelletto. Lavorai un paio di volte, zappando le aiole al crepusolo, e la mia perseveranza fu premiata. Vidi Kaede passeggiare per il chiostro e, sinceratomi che non ci fosse nessuno nei paraggi, gli tappai la bocca e lo trascinai in un cespuglio.
Mi diede un pugno, ma quando si rese conto di chi fossi, ammutolì e mi guardò in cagnesco.
«Per quale motivo mi hai lasciato, razza di idiota?»
Piansi udendo quelle parole, e gli raccontai tutta la faccenda. Lui mi tirò un altro pugno, e poi mi baciò.
Da allora ci vediamo tutte le sere.-
Sakuragi arrossì pronunciando queste parole, e l'amico intuì che non si erano limitati a vedersi.
-Domani sera fuggiremo insieme.-
__________


THE MONK − il monaco

IV

Qui il marchese giunse alla fine delle sue avventure.
-Non posso che appoggiarvi, se è l'amore che vi guida- disse Akira. -Domani porta ad effetto il tuo piano, ti accompagnerò e porterò mio fratello direttamente al palazzo del cardinale, per ottenere la bolla del Papa.-
Detto ciò espose al marchese il problema di Kenji, ed Hanamichi promise che avrebbe senz'altro ottenuto il sussidio dalla vecchia zia, in modo da aiutare lo sventurato parente...

Quando Sendoh tornò al suo palazzo, un servitore gli porse una busta dalla carta rosa.
Sperando che il mittente fosse il soave Kenji, si barricò nei suoi appartamenti e la aprì con foga, ormai roso dalla curiosità.

Señor Akira, a causa della gelosia mostratami da mio fratello non dovrei svelarvi l'ubicazione del nostro domicilio...
Ma io ve la comunico ugualmente, per permettervi di deliziarci con la vostra compagnia, parola di vergine... e quella del conte Hasegawa, naturalmente...

Akira distolse gli occhi dallo scritto, disgustato: la lettera era da parte di Fukuda!

Abitiamo nella Strada di San Jago, dirimpetto al barbiere. Chiedete di Toru Hanagata, è lui il padrone di casa.
Spero vivamente che il vostro amico conte non disdegni di far visita al comprensivo
Fukuda

Stracciò immediatamente quel foglio nauseatamente profumato di essenza alla violetta ed andò a dormire, augurandosi vivamente di non sognare l'autore della lettera.

Fattosi giorno, si recò a casa di Toru da solo, con grande disappunto del fratello di quest'ultimo.
Nell'entrare Akira trovò l'ospite disteso su un divano, indisposto. Kenji sedeva al suo telaio da ricamo e Fukuda era alla toeletta, tra creme e belletti, nel disperato tentativo di rendersi presentabile.
Nonostante fosse il padre di Kenji, Akira si era aspettato di trovare in Toru nient'altro che il degno fratello di Fukuda, e invece ebbe da ricredersi, in quanto si trattava senz'altro di un bell'uomo.
Fu invitato a sedersi, e Kenji gli rivolse un virginale e timido sorriso. Il gesto non sfuggì al padre, che reagì freddamente alla notizia della possibilità di ricevere il sussidio da parte della suocera.
Sendoh venne frettolosamente congedato, e Toru rimase solo con il figlio.
Finalmente avviò la conversazione.
-Ecco un giovanotto affascinante, Kenji! Mi piace proprio. Ieri, in chiesa, ti è stato vicino per molto?-
-Non mi ha lasciato un attimo finchè sono rimasto lì, è davvero gentile e premuroso!-
-Ma guarda, e allora perchè non me ne hai parlato?-
Kenji arrossì, stando in silenzio.
-Devo forse pensare che ti sia antipatico?- riprese il padre.
-Antipatico? Oh, come potrebbe esserlo? Dubito che in tutta Madrid esista un uomo educato, gentile e premuroso come lui... -
-E allora perchè mi hai taciuto del fatto che tu abbia trovato piacevole la sua compagnia?-
-Non lo so... eppure avevo il suo nome continuamente sulle mie labbra... -
-Figliolo, quel Sendoh compromette la tua tranquillità! Sarà necessario troncare le sue visite.-
Kenji chinò il capo in segno d'obbedienza.
Sapeva perfettamente che quella di mettersi contro il padre sarebbe stata una battaglia persa in partenza.

Tutto era pronto per la fuga di Kaede, e a mezzanotte, i due amici si trovarono con un tiro a quattro sotto al muro di cinta del monastero. Hanamchi estrasse la chiave ed aprì la porta.
Una volta entrati, attesero qualche tempo che Kaede li raggiungesse. Ma infine il marchese prese a spazientirsi, e propose di perlustrare l'edificio.
Tutto era immerso in un tenebroso silenzio.
L'abate, perché la colpa di un confratello non gettasse discredito sulla comunità intera, o per timore che l'intervento della famiglia strappasse alla sua vendetta la vittima designata, era ansioso di occultare la storia.
Per non destare nell'innamorato di Kaede il minimo sospetto che il suo piano fosse stato scoperto, scartò l'idea di farlo catturare in giardino, cosa che avrebbe sollevato un vespaio, così diffamando il monastero.
Si limitò a segregare Kaede, lasciando l'amante libero di attuare il suo disegno.
Così Akira ed Hanamichi restarono appostati invano sino allo spuntare del giorno; quindi si ritirarono in silenzio, allarmati dal fallimento ed ignari delle sue cause.

La mattina dopo Sendoh si recò al monastero e chiese di vedere il fratellastro. Alla grata apparve Padre Akagi: lo informò che Kaede era malato, quindi costretto a letto. Akira non credette ad una sola sillaba della storia: si ostinò a vedere il fratello,e se non fosse stato in grado di venire al parlatorio, allora sarebbe stato lui ad andare nella sua cella.
-Mi spiace, figliolo, ma la vostra richiesta non può essere accolta, tuttavia vi invito a ritentare domani, può essere che vostro fratello sia in grado di ricevervi.-
Il mattino successivo, di buon'ora, fu di ritorno.
-Kaede s'è aggravato, il medico l'ha giudicato in pericolo di vita: non deve agitarsi, quindi non può ricevere visite.-
-Devo vederlo! Sono suo fratello, non uno sconosciuto! Dannazione!-
Nulla valse a convincere l'abate, e tornò dal marchese nella disperazione più nera.
Passò un altro giorno, Sakuragi era quasi impazzito, Sendoh non provava certo minor turbamento. Entrambi erano persuasi che il piano di fuga fosse trapelato, e l'infermità di Kaede fosse tutta una messinscena.
Strappare il giovane dalle grinfie di Padre Akagi era davvero un problema.
A detta di questi, Kaede peggiorava di giorno in giorno, ma il fratello non se ne preoccupava, nella certezza che la fantomatica malattia fosse una simulazione. Il non sapere cosa gli fosse accaduto, questo lo riempiva d'angoscia.
Ancora esitava sul da farsi, quando Hanamichi ricevette la bolla papale dal cardinale duca di Lerma.
Ora avevano il potere di far uscire Kaede dal monastero.

La mente sgombra da preoccupazioni e rincuorato per la prossima liberazione del fratello, Akira ebbe modo di concedere qualche istante all'amato.
Il pomeriggio, si presentò a casa di Toru, ma nell'attimo in cui venne annunciato questi pensò bene di chiudere il figlio nella sua camera.
Quando entrò trovò solamente il padre di Kenji.
Venne accolto freddamente, e fu invitato a sedersi sul divano.
-Señor, come mai non è con voi il marchese Sakuragi? Avrei gradito ringraziarlo personalmente del servigio offertomi...
Sendoh non esitò a confidare l'infelice storia del fratellastro, giustificando così l'assenza dell'amico.
Concluse dichiarando che speravano di liberarlo l'indomani.
Toru scosse il capo.
-Io tremo per vostro fratello- disse. -Un mio amico che ha studiato al monastero insieme all'abate di san Nicolás mi ha riferito molte cose sul suo conto; l'ha definito superbo, inflessibile, superstizioso e vendicativo.
In seguito ho sentito che è deciso a fare ad ogni costo del proprio monastero il più ineccepibile di tutta Madrid e non ha mai perdonato chi abbia avuto l'imprudenza di gettare su di esso il minimo discredito. Violento e severo di natura, quando sono in gioco i suoi interessi sa assumere benissimo una maschera di benignità. Se va in collera è implacabile, e non disdegna le misure più rigorose quando si tratta di punire chi ha trasgredito.
Considererà senz'altro un affronto al monastero il ritiro di vostro fratello: farà di tutto pur di sottrarsi all'imposizione di Sua Santità, e tremo se penso che Kaede è nelle mani di quest'uomo pericoloso.-
-E' terribile, me ne rendo conto. Ma piuttosto, come mai non scorgo il dolce Kenji?-
Toru mise in atto il suo piano per allontanare Akira dalla sua prole.
-Messere, non mi considerate un ingrato, non pensate che abbia dimenticato che grazie a voi ora ho un sussidio.
La mia salute sta declinando, presto mio figlio resterà orfano e senza amici.
E' giovane, ingenuo, ignaro delle umane perfidie, e con grazie tali da renderlo un possibile oggetto di seduzione.
Deve rimanere lontano da chi potrebbe provocare turbamento nel suo giovane cuore. Non potendo impedirvi di frequentare la mia dimora, mi appello al vostro buon senso e al vostro altruismo.
Vi assicuro che deploro questo necessario ripudio della vostra amicizia, ma nell'interesse di Kenji devo pregarvi di troncare queste visite. Se acconsentirete alle mie richieste, la stima già profonda che nutro per voi non farà che aumentare.-
-La vostra franchezza mi incanta, ma vi assicuro che vostro figlio ricambia perfettamente i miei sentimenti, impedirgli di vedermi sarebbe come tenere in gabbia un passerotto, nell'intenzione di proteggerlo lo si fa morire di crepacuore.-
-Non è questo il punto. Mio figlio non ha bisogno di un ragazzino come lui per affrontare la vita: ciò che gli serve è un uomo maturo, e con abbastanza denaro da risparmiargli le fatiche del lavoro.-
-Sono molto maturo per la mia giovane età, e in quanto a denaro, vi rammento che sono l'erede della baronessa di Lindenberg.-
-Chissà quando potrete averlo, questo denaro! A Kenji servono delle certezze economiche subito, non tra uno o due lustri.-
-E se avessi subito titolo e denaro, forse voi accettereste la mia corte nei confronti di vostro figlio?-
-Con voi voglio essere franco, temo che Kenji desideri anche con troppo ardore un'unione che ha scarsissime probabilità di realizzarsi. Vi siete impresso nel suo giovane cuore, e ciò mi proccupa seriamete.
Sapendo che non mi resta molto da vivere, tremo all'idea di lasciare il mio piccolo Kenji nelle mani di un estraneo.
E voi e la vostra famiglia mi siete pressochè sconoscuti. Vi prego di non insistere.-
-Capisco, avete sempre una scusa pronta. Allora addio, Señor e porgete a Kenji i miei saluti.-

Con l'animo ferito, Sendoh, non ancora fattosi giorno, si munì di bolla papale ed andò dritto da Padre Akagi.
Gli chiese immediatamente di portargli Kaede. Il frate, con aria melanconica, rispose che lo stato del giovane stava peggiorando di ora in ora; i medici disperavano di salvarlo, ma avevano dichiarato che l'unica speranza di guarigione stava nel mantenerlo calmo e nell'impedire che l'avvicinassero quanti potevano turbarlo con la loro presenza. Di tutto ciò Akira non credette neppure ad una parola, né prestò fede alle espressioni di dolore e di affetto per il fratello di cui era infarcita la storia. Per tagliare corto mise in mano al superiore la bolla papale e insistette perchè, sano, infermo od agonizzante, il fratello gli fosse restituito seduta stante.
L'abate prese il foglio con aria umile, ma scorso che ne ebbe il contenuto, l'ira scompose ogni tentativo d'ipocrisia.
Il viso gli si fece di un cupo scarlatto e, con sguardi di furibonda minaccia, fulminò Akira.
-L'ordine è esplicito- commentò con voce di cui invano cercava di dissimulare il furore. -Volentieri ubbidirei, purtroppo non ne ho modo.-
-Non potete sottrarvi ad un ordine del Papa! Vi ordino di portarmi mio fratello!-
-Vi ripeto che non posso. Kaede Rukawa è morto.-
Akira ebbe un fremito e sbiancò, poi esplose.
-Mentite! Fino a cinque minuti fa era vivo, anche se malato! Dannazione!-
-Vi avrei avvertito per gradi dello spiacevole evento, per non turbare il vostro sensibile cuore.-
-Sensibile un corno! Andate al diavolo! Portatemi da Kaede!-
-Che modi, Señor! Esigo rispetto per l'età e l'abito che indosso. Vostro fratello è spirato stanotte, ed è già sottoterra, ve lo giuro sul nostro benedetto Salvatore.
Così dicendo, baciò il crocefisso che portava al collo, quindi si alzò per abbandonare il parlatorio.
-Spero che vi strozziate, con quel crocefisso! Maledetto spergiuro!-
Sulla porta, l'abate gettò a Sendoh un sorriso sprezzante.
-Addio, Señor- disse. -Non conosco alcun rimedio a questa disgrazia. Neppure una seconda bolla del Papa vi potrà far resuscitare Kaede.-
Akira si limitò a sputare all'indirizzo di quell'uomo spregevole.

Hanamichi, all'annuncio dell'accaduto, uscì di senno. Come l'amico, non volle convincersi che Kaede fosse davvero morto, continuò ad insistere che si trovava prigioniero tra le mura di san Nicolás. Non ci fu ragione che potesse farlo desistere dalla speranza di riottenerlo: giorno dopo giorno, architettava sempre nuovi stratagemmi per sapere di lui, tutti votati al fallimento.
Sendoh si chiuse in un ostentato mutismo, ma incoraggiò ugualmente le ricerche dell'amico.
Si fece sfuggente, iniziò addirittura a vagare di notte per le strade della città, tentando inutilmente di combattere l'insonnia che lo affliggeva.
Per non pensare al fratello, spiò e seguì Kenji nei suoi movimenti. Poichè questi non perdeva mai un sermone del giovedì in cattedrale, era certo di vederlo almeno una volta la settimana.
Così passarono due lunghi mesi.
E di Kaede ancora nessuna notizia, tutti lo credevano morto, tranne lui ed il marchese.
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THE MONK − il monaco

V

L'empito della passione era spento, la voluttà appagata. Il Santo si risvegliò tra le braccia dell'amante, e ne provò vergogna. Vergogna che presto fu sedata, nuovamante tra quelle braccia, nuovamente dentro quel corpo.
Dopo l'amplesso travolgente, Nobunaga estirpò definitivamente i sensi di colpa del suo monaco.
-Shinichi... i tuoi voti di castità erano innaturali... l'uomo non è stato creato per questa condizione. E se l'amore fosse una colpa, perché Dio l'avrebbe fatto così dolce ed irresistibile? Amore mio, datti liberamente a quei piaceri senza i quali la vità è un dono insulso... -
Mentre parlava, nei suoi occhi si diffuse uno squisito languore, che accese in Maki la forsennata voglia di sfogare gli istinti più carnali. Ormai i voti erano infranti, e commesso era il peccato: perché rinunciare a goderne il frutto? Con rinnovato ardore se lo strinse al petto e, non più soffocato dalla vergogna, diede sfogo alle più smodate voglie, mentre l'affascinante angelo sfoderava ogni preziosismo della lussuria, ogni raffinatezza delle arti amatorie che potessero affinare la beatitudine del proprio possesso ed intensificare la voluttà del proprio amante.
Maki godette di delizie fino ad allora sconosciute, la notte trascorse all'insegna del peccato, e l'alba si fece vermiglia alla vista dei due ancora avvinghiati.

Ebbro di piacere, il monaco si levò dal voluttuoso giaciglio del suo Adone. Non si vergognava più della propria lascivia, l'unica cosa che temeva era la morte: Nobunaga era ancora sotto l'effetto del veleno, ed il sensuale monaco tremava non tanto per la vita del suo salvatore, bensì per quella del suo concubino.
Privato di lui, non avrebbe trovato con facilità un altro amante esperto e fedele. Lo pregò quindi di mettere in atto lo strumento di salvezza che aveva affermato di possedere.
-Sì, mi strapperò alla morte, tu mi hai fatto intendere che la vita è preziosa, ed io la otterrò a qualsiasi prezzo! Pur di averti, il mio sacrificio sarà lieve, e per compierlo mi basterà rammentare che ogni amplesso con te in questa vita ripaga ad usura un'eternità di sofferenze nell'altra... Ma prima che compia questo passo, giurami che non mi chiederai mai quale sarà lo strumento di salvezza a cui ricorrerò.-
-Giuro!-
-Bene... ora fammi un favore: procurati la chiave della porticina che si apre sul muro occidentale del giardino.
A mezzanotte fammi entrare nel cimitero, mentre io scendo nella cripta di san Nicolás resta di guardia, e lasciami solo per un'ora: la vita che consacrerò al tuo piacere sarà salva. Ora allontanati e non farmi visita per l'intera giornata, ci vedremo a mezzanotte.-

All'entrare nella cappella per celebrare il mattutino, Maki si sentì a disagio: l'esperienza del peccato gli era nuova, ed immaginava che i confratelli potessero smascherare i suoi commerci notturni con un semplice sguardo.
S'impose di pregare, ma cuore e pensieri volavano inesorabilmente a Nobunaga.
Comunque, per sviare qualsiasi sospetto, raddoppiò le apparenze della virtù, e con esse la sua severità, inconsciamente aggiungendo al peccato l'ipocrisia.

Ritiratosi nella cella, riaffiorarono nella sua mente i sensi di colpa, e lui già si vide nelle carceri dell'Inquisizione.
Ma a tali angoscosi pensieri seguì la visione del novizio, stupendo, e delle incantevoli ed indimenticabili lezioni impartitegli durante la notte. Il solo ricordo di quell'esperienza lo riconciliò con sè stesso: il sacrificio di purezza ed onore era un prezzo irrisorio per i piaceri acquistati la notte precedente. E poi, tranne la castità, avrebbe osservato rigorosamente ogni regola dell'ordine... quindi la salvezza l'avrebbe avuta comunque.
Rassicuratosi, riposò dalle fatiche notturne per buona parte della giornata.

Calò la notte. Con la chiave, presa in prestito dal portinaio, si precipitò da Nobunaga, che lo accolse già alzato e vestito.
-La mia vita si decide ora- disse. -Hai la chiave?-
-Certo.-
-Non c'è un attimo da perdere, seguimi!-
Afferrò un pugnale dal tavolo e, munitosi anche di una lanterna, si affrettò ad uscire dalla cella, seguito dal frate.
Camminarono entrambi in silenzio, attraversarono i chiostri e raggiunsero la porzione di giardino confinante con il cimitero di san Nicolás.
Mentre il ragazzo aprì il cancello, gli occhi gli splendevano di un ardore selvaggio che suscitò immediato sgomento nel Santo.
Si diressero alla volta della cripta, dove imputridivano i corpi dei sacerdoti di san Nicolás, ma poco prima di varcare l'ingresso del sepolcreto udirono delle voci provenire dal'interno, e furono costretti ad occultarsi dietro una lapide. Maki nascose saggiamente il lume sotto la veste.
Di lì a pochi attimi la porta venne aperta, e due monaci ne uscirono: al chiarore della luna venne riconosciuto Padre Akagi, in compagnia di un confratello, impegnato in un'accesa discussione.
-Tutto è pronto- fece l'abate. -Il suo destino si deciderà domani, ogni resistenza sarà inutile: sono superiore di questo monastero da venticinque anni, e mai ho assistito ad un commercio più infame!-
-Spererei di convincervi a mitigare la pena, data l'età del giovane- ribattè l'altro. -Se vi degnaste appena di compatirlo... in futuro garantirei io per lui... -
-Compatirlo? Padre Muto, mi sbalordite! Dopo avermi umiliato davanti all'idolo di Madrid? Quanto deve avermi giudicato spregevole il reverendo abate! Domani darò a Kaede un terribile esempio della mia giusta collera!-
Padre Muto non pareva darsi per vinto, ma ormai erano troppo distanti per origliare.
Nobunaga fu il primo ad alzarsi.
-Cedimi la lanterna, nella cripta devo scendere solo. Tu aspetta qui, e se qualcuno si avvicina, dammi una voce. Se però ti è cara la vita, non azzardarti a seguirmi!-
Con queste parole, aprì la porta del sepolcreto, che cigolò sinistra sui cardini. Maki lo vide scomparire lungo la scala a chiocciola di marmo nero.
Rimasto solo si mise a riflettere sul cambiamento improvviso del novizio: da giovinetto sottomesso, tenero e mite, a perfido seduttore, capace di ridurlo in ginocchio con una sola parola. Sembrava in qualche modo evoluto in una malvagia forma di creatura ultraterrena, nata esclusivamente per averlo ai suoi piedi e sottometterlo a suo piacimento.
Riflettè anche sul suo di cambiamento: da inflessibile religioso, ad uomo passionale; si sentì in colpa per la sorte di Kaede, costretto a chissà quali torture per colpa sua. Col senno di poi, non giudicò la sua trasgressione così grave come aveva invece fatto.
"E se chiedessi ad Akagi di attenuargli la condanna? No, nutrirebbero dei sospetti su di me per questo ripensamento. Dopotutto è colpa sua, non ha avuto il buonsenso di nascondere le gioie dell'amore, ed ora non merita di goderne. Si arrangi, avrebbe dovuto essere più accorto."

Era quasi trascorsa un'ora dacché Nobunaga era sceso nella cripta, e ancora non tornava. Maki sentì il pungolo della curiosità, si avvicinò quindi alla rampa per carpire qualcosa. Tutto era silenzio, solo, di tanto in tanto, avvertiva la voce del ragazzo correre per i corridoi del sepolcreto, ma era troppo lontano per afferrare il senso delle parole.
Fu tentato di scendere ma, pervaso dal terrore delle minacce dell'amante, decise pavidamente di attendere fuori.
All'improvviso avvertì una violenta scossa: la terra fu squassata dal terremoto, e la tettoia sotto la quale era nascosto minacciò di rovinargli addosso. Contemporaneamente si udì un tuono fragoroso. Corse verso le scale, ma si bloccò vedendo una colonna di luce lampeggiare per le caverne sottostanti. Non durò che un attimo, e tutto ripiombò nell'oscurità e nel silenzio.
Il suo sbigottimento aumentava di continuo.
Trascorse un'altra ora durante la quale il medesimo bagliore apparve e scomparve con altrettanta rapidità.
Finalmente udì i passi del novizio su per le scale: emerse dalla cripta, sorridendo stupendamente, gli occhi ardenti e colmi di piacere esprimevano grande felicità.
-Hai visto qualcosa?- gli chiese.
-Una luce che per due volte si è intravista dalla scala.-
-Nient'altro?-
-Niente.-
-Allora andiamo.-
Con passo frettoloso uscì dal cimitero e raggiunse la sua cella, fedelmente seguito dal Santo.
-Allora, sei riuscito nel tuo intento?-
Il giovane non rispose, la testa altrove, era occupato a nascondere il pugnale dentro un armadio.
-Nobunaga?-
-Sì?- disse, come se il monaco non si fosse ancora rivolto a lui.
-Ti ho domandato se sei riuscito nel tuo intento... -
-Ah. Certo.-
-E non ne sei forse felice?-
-Certo che lo sono.- disse freddamente, sfilandosi la tonaca.
Maki notò una piccola ferita sul suo braccio, in concomitanza con una vena, dalla quale fuoriusciva un rivolo di sangue ormai coagulato.
-Nobunaga, sei ferito... - disse abbracciandolo.
-Lo so.-
-Perché non mi riveli cosa è successo nella cripta?-
-Non posso, Shinichi, sei ancora troppo monaco.-

I due fecero della fornicazione la loro principale occupazione.
I confratelli esultarono alla notizia dell'improvvisa guarigione di Nobunaga, nessuno sospettò del prezzo che dovette pagare per salvare il suo corpo e permettere a Maki di usufruirne a suo piacimento.
L'abate possedeva tranquillamente il giovane, abbandonandosi alla passione in tutta sicurezza.
Ma presto il novizio si rese conto di aver saziato l'amante con la sfrenata generosità delle sue carezze.
Con l'abitudine il monaco non reagiva più come un tempo alle grazie del giovane, e si limitava a possederlo brutalmente, senza la passione e la dolcezza dei primi incontri.
L'abbondanza del piacere l'aveva nauseato, e trascorsa sì e no una settimana era già stanco dell'amante.
Il suo impeto focoso lo spinse a desiderare di variare. Un altro fanciullo, o magari una donna.
Per Nobunaga, invece, il desiderio di lui cresceva di giorno in giorno, portandolo a cercare la sua compagnia addirittura durante le funzioni, anche se ormai sapeva di non essere più al centro dei suoi pensieri. La propria presenza gli diveniva giorno per giorno meno gradita: lui parlava, l'amante era distratto ed i suoi complimenti erano smaccatamente forzati e freddi; non posava più lo sguardo appassionato su di lui, né assentiva alle sue opinioni con la compiacenza di un innamorato.
Maki era spinto fra le sue braccia non dall'amore, ma dal bramoso appetito della bestia.

La voglia di cambiamento del monaco lo portò ad incattivirsi: spesso ritrattava sulle sanzioni dei penitenti, appesantendole, e condannava sempre più duramente tutti i peccati, ed in particolare quello della lussuria durante i seguitissimi sermoni. Nonostante ciò rimase l'idolo di Madrid, divenne il confessore di tutte le famiglie nobili: chi si affidava ad un altro veniva considerato bigotto e fuori moda dall'opinione pubblica.

Una sera si attardò al confessionale: un uomo lo trattenne, parlandogli di un misterioso conte che l'aveva sedotto ed abbandonato. Stizzito per quella marea di chiacchiere, minacciò di andarsene, ma il penitente lo pregò di ascoltare ancora una richiesta del nipote. Sul punto di rifiutare, cambiò repentinamente idea quando vide il fanciullo in questione: il fisico minuto ed asciutto, lo sguardo innocente e la voce soave.
Vinta la timidezza, gli parlò supplichevolmente.
-Padre, ho una richiesta: il mio caro papà giace malato, ed avrebbe bisogno di un confessore. Potreste mandare qualcuno di vostra fiducia?-
-Certo, figliolo, provvederò. Ma dimmi, qual è il tuo nome?-
-Kenji, Reverendo Padre.-
-Posso sapere il tuo indirizzo, in modo da trovare un sacerdote per domani?-
L'accompagnatore del soave Kenji gli porse un foglio, sorridendo sgraziatamente e con sguardo vacuo.
Maki prese il biglietto, e li congedò assicurando di mantenere la promessa e mandare un confessore per il seguente pomeriggio.

Perseguitato dall'imagine di Kenji, il monaco si ritirò in cella. Nuove emozioni affiorarono nel suo cuore, completamente diverse da quelle susciate in lui da Nobunaga.
Non più lussuria, bensì tenerezza e rispetto.
Nauseato dalla compagnia, restò solo per ore, perso in fantastiche visioni dell'angelico fanciullo.
"Felice chi conquisterà il suo cuore!- si disse in un impeto di romantico lirismo. -Com'è incantevole il suo casto sguardo, così differente da quello malvagio e lussurioso di Nobunaga! Cosa non pagherei per essere amato da lui!"
Lo sguardo gli cadde dul dipinto dell' Angelo, un tempo venerato.
-Prostituta!-
Lo staccò dalla parete e ne spezzò la cornice con un ginocchio, dando poi fuoco alla tela con l'ausilio di una candela.

Per avere modo di rivedere il dolce fanciullo, prese una decisione coraggiosa: il pomeriggio seguente uscì per la prima volta in vita sua dal monastero; incappucciato per bene ed attento a non perdersi, si incamminò alla volta di casa Hanagata.
Per la calura, le vie erano deserte, non c'era pericolo che fosse riconosciuto.
Non faticò a trovare la Strada di San Jago.
Bussò, e venne accolto da Fukuda, che con indosso il vestito da sposa della madre ed una corona di fiori nei capelli, chiamava a gran voce il perfido conte Hasegawa.
Maki preferì far finta di nulla, recandosi nella camera del malato. Qui incontrò l'oggetto dei suoi desideri, che non lo riconobbe a causa del cappuccio. Allora lui se lo sfilò, salutandolo gentilmente. Quale sorpresa per Kenji, trovare l'idolo di Madrid in casa sua, lui che aveva fatto voto di non allontanarsi mai dal monastero!
-Padre, voi qui... -
La visita mandò in estasi Toru, l'abate superava ogni sua aspettativa: con poche parole lo convinse a rassegnarsi serenamente alla sua malattia e lasciare questo mondo senza rimpianti.
Completamente conquistato, l'uomo gli confidò le sue paure più segrete, quelle riguardanti il figlio.
-Kenji rimarrà solo, come avrete sicuramente constatato suo zio è completamente uscito di senno, pensate che ogni notte canta sulle rive del fiume, aspettando il señor conte... Temo per il suo futuro! Non conosco nessuno a cui affidarlo... -
Il Santo colse l'occasione, e si offrì di ospitarlo al monastero, pregando mentalente Iddio perché togliesse presto di mezzo lo scomodo padre.
Toru lo ringraziò di cuore, baciandogli le mani. Lui gli impartì la benedizione, intimandogli di tenere segreta quella visita.
-Se si sapesse, verrei chiamato a confessare anche gli scriteriati ed i pazzi, perdendo così del tempo prezioso per i bisognosi come voi... -
Nel vestibolo incontrò Kenji, e non riuscì a negarsi qualche minuto in sua compagnia.
L'esortò a farsi animo per la malattia del padre, esaltandone la forza d'animo ed il coraggio dimostrato. Il cuore ingenuo del giovane traboccava di gratitudine, spingendolo ad esporre all'abate anche le sue piccole pene, e ringraziandolo con gioia.
Kenji pensava che tutti gli uomini fossero come lui, l'esistenza della perversità gli era ancora ignota.
Il monaco gli aveva reso un servigio, dicendogli che desiderava il suo bene, lui ingenuamente pensava che l'avesse fatto senza secondi fini.
E come gioì Maki di quelle espressioni di riconoscenza! La grazia dei modi, la dolcezza della voce, lo sguardo innocente.. tutto contribuì a colmarlo di piacere.
Si costrinse a malincuore a strapparsi dalla conversazione, per lui anche troppo incantevole. Espresse anche al giovane il desiderio che le sue visite restassero segrete, desiderio che lui promise di rispettare.
Quindi lasciò la casa, mentre l'ignaro ammaliatore si precipitava al capezzale del padre, ansioso di conoscere la sua opinione riguardo l'uomo da lui tanto ammirato e decantato.
-Ancora prima che parlasse- prese a dire Toru - ero pervenuto in suo favore, ma fui costretto a ricredermi quando udii la sua voce: certe tonalità mi hanno toccato in fondo al cuore.-
-Anch'io, caro papà, ho avuto la medesima impressione. Non so perché, ma conversando con lui mi sento a mio agio, come di solito non mi accade con gli sconosciuti.
Guarda, ti vedo già migliorato, sono sicuro che sia l'effetto della visita del reverendo abate!-
-E' proprio vero, figlio mio, con poche parole ha saputo rasserenare il mio animo! Ora però vorrei riposare, tira le tende, te ne prego.-

Kenji obbedì, e si ritirò nella sua stanza. Occupò il tempo ricamando e facendo castelli in aria; dopo il palese miglioramento del padre, il suo umore si era sollevato e la fantasia gli porgeva visioni radiose, nelle quali Maki aveva un ruolo tutt'altro che modesto. Lo pensava con gioia e gratitudine ma, per ogni pensiero andato al frate, almeno due erano dedicati ad Akira.
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THE MONK − il monaco

VI

Ritornato all'abbazia senza essere stato riconosciuto, Maki aveva la mente piena delle visioni più allettanti.
Ovviamente non perse la ghiotta occasione della malattia di Toru, per recarsi ogni giorno a casa sua ed incontrare così Kenji. Vedendolo spesso, il Santo non riuscì più a farsi bastare la sua amicizia, e fu ansioso di sottrargli il prima possibile la qualità che più lo rendeva affascinante.
Adoperò avidamente ogni mezzo per insinuare la corruzione nel suo giovane cuore, missione non certo semplice.
Pronto a cogliere la giusta occasione per appagare la sua lascivia, ogni giorno si faceva sempre più freddo con Nobunaga: non era abbastanza padrone di sé per riuscire a celargli le sue macchinazioni.
Temeva anche che lui, in un attacco di gelosia, rendesse pubbliche le loro lussuriose nefandezze, distruggendo così i suoi vantati trent'ani di mortificazioni.
Ma ben presto scoprì di non aver nulla da temere da lui: Nobunaga era tornato gentile e remissivo come un tempo, limitandosi a manifestare la sua ingratitudine con lacrime involontarie e voce melanconica.
Maki, incapace di resistere alla sua angustia, decise di indossare una inaudita maschera di freddezza, e di evitarlo il più possibile.
Il giovane, invece, continuò a trattare il volubile amante con l'affetto e le attenzioni di sempre.

Maki assistette alla guarigione di Toru con rammarico: non avrebbe più avuto campo libero con il figlio.
Decise di affrettarsi nella sua opera di seduzione: una sera, raggiunse il ragazzo nella sua camera.
Sedeva allo scrittoio, immerso nella lettura, dando le spalle alla porta.
-Buonasera, Kenji.-
-Padre!- esclamò sorpreso, voltandosi di scatto.
-Rimani pure seduto, mio caro... Posso sapere cosa stavi leggendo con tanto interesse?-
Il giovane gli pose un manoscritto.
"La Bibbia? Come fa ad essere ancora così ingenuo pur leggendo le Sacre Scritture, dove tutto viene chiamato col proprio nome, senza censure ?"
Ad una più attenta analisi, scoprì che il libro era scevro di riferimenti sessuali o violenti: Toru aveva personalmente provveduto a ricopiarlo, omettendo le parti incriminate, poco adatte al gentile animo del figliolo.
"Ah... Un lavoro da certosino, per mantenere Kenji fuori dal mondo... "
Kenji parlò della guarigione del padre, e dell'ardente affetto che provava per il genitore. Quale occasione migliore per mettere in atto il famigerato piano del Santo?
-L'amore che provi per lui è ammirevole- interruppe l'abate. -un cuore capace di tanta tenerezza per un genitore, quanto amore dispenserà per un innamorato? Anzi, magari prova dei sentimenti già per qualcuno... Kenji, sai cosa significa amare?-
-Certo, Padre, io amo tantissime persone!-
-Ehm... non dicevo in questo senso... L'amore di cui ti parlo si può provare solo per una persona... Non hai mai incontrato l'uomo col quale vorresti dividere la tua vita?-
-Oh, no Padre!-
Ciò non era vero, ma il giovane non conosceva la natura dei propri sentimenti nei confronti di Akira. Oltretutto, non avendolo più visto, la sua mente aveva permesso che l'immagine nitida del monaco si sovrapponesse a quella sfocata del pretendente.
-E non sei forse ansioso di incontrare quella persona? Non ti senti incompleto? Non senti le nuove sensazioni che ti sbocciano nel petto? Possibile che mentre colmi il cuore altrui con questi sentimenti, il tuo rimanga freddo ed impassibile? Impossibile! Quel tuo sguardo struggente, quell'affascinante melanconia che ti soffonde il viso, quelle guance che si fanno vermiglie all'improvviso... tu ami, inutile nascondermelo!
-Padre, voi mi confondete! I sentimenti di cui parlate sono a me ignoti... -
-Kenji... non hai mai incontrato nessuno che, mai visto prima, ti è parso di conoscere da sempre? Un uomo la cui voce ti porta beatitudine? La cui presenza ti allieta e la cui assenza ti affligge? Veramente non hai mai provato tutto ciò?-
-Ma certo! La prima volta che vidi voi!-
-Me, Kenji?- esclamo, gli occhi raggianti di gioia e la bocca increspata in un sorriso beffardo e soddisfatto.
Gli afferrò la mano e se la portò alle labbra.
-Kenji, veramente provi questo per me?-
-Sì... con intensità anche maggiore di quella che avete descritto. Nel momento in cui vi ho visto, in chiesa, ho provato una gioia, una tale attrazione! E quando ho udito la vostra voce, mi è parso di essere in paradiso! Ogni volta che uscite da questa casa, attendo con struggente impazienza il vostro ritorno... Senza di voi mi sento sperduto... -
-Kenji! Mio adorabile Kenji!- esclamò il frate, stringendoselo al petto. -E' incredibile ciò che sento! Ripetilo, mia dolce creatura, dimmi che mi ami!-
-Certo che vi amo! Nessuno, oltre mio padre, mi è più caro di voi!
A questa franca ammissone, Maki perse il controllo.
Avidamente, baciò il giovane tremante e rosso di vergogna.
Quando mise a fuoco la situazione, questi cercò inutilmente di divincolarsi, ma era stretto senza scampo alcuno nella morsa del Santo.
-Per amor di Dio Padre, lasciatemi!-
Insensibile alle sue preghiere, il monaco continuò ad accarezzare e baciare il suo corpo, mentre lui piangeva e si dibatteva terrorizzato.
Di colpo, si aprì la porta della stanza: Maki ebbe sufficente presenza di spirito per gettare Kenji sul divano.
Questo non bastò a nascondere a Toru la faccenda, i vestiti scomposti del figlio e lo scorno stampato in faccia al frate erano abbastanza eloquenti. Senza far caso all'agitazione del monaco e senza mostrarsi minimamente sconvolto, puntò il dito verso la porta, tenendo gli occhi bassi finchè quello non fu definitivamente uscito dalla sua dimora e dalla sua vita.

Kenji sospirò.
Toru dovette ingegnarsi per illuminare il figlio sul rischio corso, senza rischiare di rimuovere il velo d'ignoranza che lo rendeva puro ed innocente.
-Figliolo... se mai quell'uomo dovesse tornare, non riceverlo mai da solo. Prometti.-
-Lo giuro... -

Maki si accasciò sul letto, in preda alla disperazione più totale. Non faceva più parte dell'esistenza di Kenji, e nel suo cuore albergavano la delusione per il fallimento e la vergogna di essere stato scoperto.
Un uomo conosceva il suo segreto: ora l'avrebbero atteso solo l'abisso della dannazione eterna ed il tribunale della Santa Inquisizione. Non si fosse intromesso Toru, ora avrebbe posseduto l'oggetto dei suoi desideri. Giurò a se stesso che avrebbe avuto Kenji a tutti i costi, o sarebbe morto nel tentativo di farlo.
Balzato giù dal letto, si diresse verso la parete dove un tempo troneggiava il dipinto dell'Angelo, per sfogare su di lui le sue frustrazioni, dimentico di averlo bruciato giorni prima. Resosi conto dell'assenza del quadro, aprì la porta e corse fuori, per sfogarsi sull'Angelo in carne ed ossa.
Bussò furente alla porta della sua cella, e quando il ragazzo aprì, lo afferrò per il collo e lo sbarrè contro il muro, strappandogli il saio di dosso.
-E' tutta colpa tua... mi hai portato alla perdizione... - disse, prima di stuprarlo con inaudita violenza.

Il monaco si sdraiò soddisfatto sul letto, lasciando l'Angelo tremante e sanguinante per terra, in un angolo polveroso della cella.
Nobunaga, tra le lacrime, cercò di attirare la sua attenzione.
-Shin'ichi... -
-Lasciami in pace.- sbottò, arcigno.
-Perdonami Shin'ichi... Cosa ti ho fatto per meritare questo? Ti ho perdonato con tutto il cuore, e se non posso più avere il tuo amore, donami almeno la tua amicizia... In fondo ti capisco... ti amo e so cosa si prova a non essere ricambiati... -
Maki si alzò a sedere, assai sorpreso.
-Come ti permetti di dire certe cose? Tu non sai nulla su di me!-
-Oh, io so molte cose... su di te e Kenji... -
-Come diavolo fai a conoscere Kenji? Ci hai spiati, mi hai seguito? Maledetto!-
Detto questo si alzò ed afferrò il novizio per le spalle, strattonandolo con forza.
-Lasciami!-
Maki si ritrasse, spaventato dall'insolita reazione del ragazzo. Solo allora si accorse delle lacrime che gli rigavano il bel volto, e del rivolo di sangue che gli scivolava lungo una gamba.
-Cosa sai?-
-Tutto. Anche che stasera hai tentato di fare con lui ciò che prima hai fatto con me.-
-Come hai fatto?-
-Ho letto nella tua mente, in quella di Kenji, e in quella di suo padre, nulla di più semplice.-
L'abate spalancò la bocca, guardando con occhi diversi quella creatura piombata misteriosamente nella sua vita.-
-C-chi sei?-
-Non sarò certo io a dirtelo.-
-... -
-Ti offro il mio aiuto. Se proprio vuoi il tuo Kenji, seguimi e non fiatare.- disse, asciugandosi le lacrime ed infiladosi l'abito stracciato.
-Spiegami almeno come pensi di aiutarmi! E' un'impresa impossibile, te l'assicuro!-
-Shin'ichi... - rispose con aria canzonatoria -Per Lui nulla è impossibile!-
-Chi sarebbe Lui?-
-E' colui che mi ha permesso di restare in questo mondo per te, a quanto pare inutilmente... -
-Non capisco! Chi ti ha permesso di vivere? Chi possiede questo potere? Dio forse?-
-Lui non è neppure paragonabile a Dio. La sua potenza è immensamente superiore a quella di qualsiasi Dio. Ho comprato i suoi servigi donandoGli la mia insulsa anima.-
-Tu hai venduto la tua preziosissima anima per me? Ti sei dannato per l'eternità! Rinuncio al tuo aiuto, sono pazzo di Kenji, ma non tanto da sacrificare la mia vita nell'altro mondo!-
-Allora rassegnati a non vederlo mai più. Non sei forse tu quello che pochi minuti fa ha giurato di averlo a tutti i costi? E comunque ci penso io ad evocarLo, sono io che mi espongo al pericolo: tu devi solo guardare ed aspettare.-
-Io non oserei mai diventare nemico di Dio! Non voglio ricorrere all'opera del'inferno!-
-Sei debole, infantile e codardo! Credi che adesso il tuo Dio ti sia amico, dopo ciò che hai fatto? Ti sei sottratto agli obblighi verso di lui, rifiutato di servirlo, abbandonato alle passioni!
Oltretutto stai tramando la rovina di una creatura da lui creata a immagine degli angeli! Credi che sarà Dio a condurre Kenji fra le tue braccia? Solo Lui può riuscire in quest'impresa.
Tu vorresti tutto ciò, ma temi la sua vendetta. Sei un codardo, lo offendi in segreto e non osi sfidarlo apertamente!-
-Sì, sono un vile e me ne vanto. Dentro di me alberga ancora un briciolo di virtù.
Ti ricordo che non devi essere tu a rinfacciarmi il mio spergiuro, sei stato proprio tu a traviarmi! Non intendo più fidarmi di te, quindi non ricorrerò al Demonio per raggiungere il mio scopo, sarebbe un peccato imperdonabile!-
-Imperdonabile? Allora dov'è finita la tanto decantata misericordia del tuo Dio? Più nefando sarà il delitto, più lodevole il perdono! Finiscila con questi scrupoli puerili e seguimi al sepolcreto!-
-No! Non voglio i servigi dei tuoi vassalli infernali! Kenji sarà mio, ma solo con mezzi umani!-
-Allora non lo sarà mai. Ama un nobiluomo.-
-Tu menti!-
-Guarda con i tuoi stessi occhi!- esclamò premendo la sua mano sinistra sulla fronte del monaco.
Ciò che vide lo sconcertò: Kenji seduto in chiesa, durante un suo sermone, che discorreva amabilmente con un giovanotto sorridente e dalla buffa capigliatura.
-Portami al sepolcreto. Subito.-

-Non tremare.- disse il novizio, guidando Maki nell'oscurità della cripta.
Non avevano pensato a munirsi di una lanterna, ed erano costretti a procedere al buio più totale negli angusti corridoi. Nobunaga, che conosceva benissimo quei cunicoli, era costretto a trascinarsi dietro l'abate, che procedeva a tentoni.
Ad una curva brusca, intravidero un fioco barlume: era la minuscola lampada votiva accesa in perpetuo davanti alla statua di san Nicolás. Diffondeva bagliori incerti e luttuosi sulle robuste colonne che reggevano la volta, ma era troppo fioca per dissipare la fitta tenebra in cui era sprofondata la cripta.
Nobunaga si impossessò del lume.
-Aspettami qui.- disse, e si allontanò in fretta nel labirinto di gallerie.
Maki rimase solo, al buio: fu pervaso dall'angoscia. Come rifiutare l'aiuto del novizio, dopo ciò che aveva visto? Guidato esclusivamente dalla gelosia, era terrorizzato dall'idea di incontrare il Grande Seduttore in persona: sotto le sembianze di quale terribile mostro gli sarebbe apparso? Gli venne una gran voglia di fuggire, ma rimase seduto dov'era, si sarebbe sicuramente perso tra i meandri della cripta che solo Nobunaga conosceva alla perfezione.
Cercò di infondersi coraggio pensando al premio che lo attendeva dopo quella atroce pazzia, ma il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un flebile lamento, proveniente dalla statua alle sue spalle. Fu attanagliato da un profondo senso di terrore. Si voltò lentamente, puntando gli occhi verso l'imponente figura di san Nicolás, avvolta dal buio polveroso. Attimi di angoscioso silenzio, poi ancora quel lamento.
-Dio onnipotente... -
Un altro lamento.
-Quella voce... Kaede... -
Silenzio assoluto.
-Possibile... -
Il ritorno del novizio gli fece dimenticare la vittima gemebonda, riportandogli alla mente la precaria situazione in cui si trovava.
Il giovane si era sbarazzato dell'abito monacale, ed indossava una lunga tunica nera, sulla quale spiccavano caratteri incomprensibili ricamati in oro. La chioma, non più trattenuta dal solito nastro, gli ricadeva scarmigliata sulle spalle, e gli occhi gli brillavano sinistramente.
-Seguimi.- disse al monaco, con tono solenne. -Tutto è pronto.-
Nobunaga lo guidò per un'infinità di anguste gallerie, pullulanti di topi ed ossa umane; giunsero infine in un antro spazioso dalla volta tanto alta che invano l'occhio la cercava.
Una tenebra profonda regnava per tutta la caverna. Umidi vapori raggelarono il cuore al frate, che ascoltò mesto le raffiche ululanti per le cripte deserte.
Nobunaga quasi gli rise in faccia, vedendogli quell'espressione smarrita dipinta sul volto.
-Siediti per terra e scopriti un braccio.-
Maki obbedì in silenzio, osservando allarmato il novizio mentre gli incideva una vena col solito pugnale, e raccoglieva il sangue in un calice di vetro soffiato.
Con quel poco fluido prelevato al Santo, disegnò un cerchio attorno a lui.
-Rimani dentro il cerchio. Serve per proteggerti.-
Dopo essersi pulito la lama nella tunica, si incise profondamente una vena, disegnando sul pavimento un enorme pentacolo, proprio di fronte al monaco.
Baciò poi il terreno al centro del disegno, e subito da esso si sprigionò una smorta fiamma sulfurea che propagò le sue onde per il suolo della caverna.
Fece nuovamente gocciolare il suo sangue, questa volta nel punto esatto dove aveva deposto il bacio. In quel punto le fiamme si ritrassero, e un globo di fosco vapore si innalzò torpido dalla terra cruenta e raggiunse la volta della caverna.
In quel'attimo si sentì un fragore di tuono rimbombare per le gallerie sotterranee, mentre sotto i piedi del novizio la terra tremava.
Maki era impietrito dal terrore: l'arcana solennità dell'incantesimo gli aveva fatto presagire qualcosa di terribilmente straordinario. Ora attendeva tremante la comparsa del terrificante spirito fattosi annunciare da tuono e terremoto.
-Viene!- esclamò Nobunaga, gioioso.
Il globo di fumo si dissolse, ed il monaco potè ammirare la più splendida creatura che occhio umano avesse mai visto. Era un giovane che dimostrava diciott'anni scarsi, di impareggiabile perfezione nelle forme e nel viso, e completamente nudo. Due ali scarlatte si divaricavano dalle sue spalle, i capelli lisci e corvini gli incorniciavano il volto stupendo; unico neo una piccola cicatrice sul mento, che però non rovinava l'armonia dei lineamenti, ma rendeva quella creatura ancora più affascinante.
La persona era di un abbagliante splendore, avvolta da un nembo di luce rosata; Maki era completamente incantato, e fissava lo spirito con stupefatto piacere. Non gli sfuggì che il demone, per quanto d'aspetto stupendo, sprizzava un tale furore dagli occhi ed aveva una tale arcana melanconia stampata nei tratti che in lui si intravedeva l'angelo caduto.
Nobunaga si avvicinò allo spirito, ed iniziò a bisbigliargli in un orecchio. All'abate quei due parvero molto in confidenza. Durante la conversazione, il demone più volte gli lanciò occhiate truci, alle quali si sentì mancare.
Il novizio tacque, ed allora la fulgida creatura fece scaturire un ramoscello argentato, simile al mirto, dal palmo della sua mano sinistra.
-Prendilo, Shin'ichi, non avere timore.-
Il santo allungò la mano, tremante, e nel momento in cui afferrò la piantina, lo spirito venne risucchiato dal pentacolo, e la caverna ripiombò nell'oscurità più totale.
-Lucifero ha detto di farne buon uso, perché io non potrò più fare da tramite per voi due.-
Maki fissava stranito il ramoscello di mirto.
-D'ora in poi dovrai evocarlo tu stesso, e sottostare alle condizioni per i suoi servigi.- riprese Nobunaga. -Ma ti conosco, e so che non ne avrai il coraggio. Sei ancora troppo monaco.-
-Non sprecherò questa occasione. Cosa devo fare?-
-Finchè avrai con te questo mirto fatato, tutte le porte ti si apriranno, ed avrai anche la facoltà di addormentare le persone. Poggialo sul guanciale di Kenji, ed abusane quanto ne vuoi, quando si sveglierà all'alba ignorerà chi l'abbia violentato.-
L'abate si portò il mirto alle labbra, con muta gratitudine.
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THE MONK − il monaco

VII

Stanco di vedere Hanamichi ed Akira in continuo deperimento, il piccolo Ryota si vestì di stracci, imbracciò il fido mandolino e corse al monastero, accodandosi ai numerosi mendicanti che attendevano pazientemente la razione quotidiana di minestra offerta dai monaci.
Quando giunse il suo turno, con voce costernata disse al grasso frate di non essere munito di un recipiente nel quale poter mangiare, come tutti gli altri mendici. Padre Takamiya si impietosì, data la giovane età del ragazzo, e gli consigliò di attendere che tutti se ne fossero andati.
Lui obbediente si sedette per terra, e passò il tempo strimpellando.
Finalmente il frate lo invitò ad entrare: lo fece accomodare nelle cucine, dove gli servì una doppia razione di zuppa dentro una grossa ciotola di legno.
-Sei nuovo di Madrid, ragazzo? E' la prima volta che ti vedo qua.- disse curiosamente il pingue monaco.
-Sì, Padre. Sono giunto fin dalla Germania per chiedere la protezione di un parente, essendo rimasto orfano e senza soldi.-
-Mi dispiace, ragazzo... Spero che d'ora in poi tu non sia più costretto a mendicare... -
-E invece no, padre! Non sono riuscito a trovare questo mio parente!-
-Sei sicuro di averlo cercato per bene? Magari ha cambiato abitazione... -
-Sì, Padre, ma a quanto pare mio zio Kaede Rukawa si è volatilizzato!-
Il frate sobbalzò sulla sedia.
-Kaede Rukawa?!? Aspettami qua, figliolo!-
Ryota sorrise soddisfatto: il suo piano funzionava alla perfezione.
Non dovette attendere molto, che un anziano monaco entrò nelle cucine, con un paniere in mano.
-Accetta questo da parte dei miei confratelli, figliolo.- disse Padre Muto. - E non guardarlo prima di essere giunto a casa... -
Ryota ringraiò di cuore e corse via.

-Señor Hanamichi!-
Il marchese si risvegliò dal suo torpore, quando il paggio spalancò la porta della sua stanza e gettò un paniere sul letto.
-Ryota, ma cos... Limoni?- escalamò afferrando uno dei frutti rotolati fuori dal cestino. -Akira! Corri!-
Sendoh si precipitò nella stanza, e trovò l'amico intento a strappare la fodera di un paniere.
-Eccola!- esclamò Ryota, porgendo un foglietto al marchese. -Leggetela, Señor!-

Señor marchese, ho riconosciuto il vostro paggio.
Dal cardinale duca procuratevi un mandato di arresto per me e Padre Akagi; però non vi sia data esecuzione fino alla mezzanotte di venerdì. E' la festa di san Nicolás: ci sarà una processione di monaci, ed io mi troverò fra loro.
Se vi preme la memoria di Kaede, se volete punire i suoi assassini, siate prudente. Ho da raccontarvi cose che vi geleranno il sangue dall'orrore.
Padre Muto


Il marchese ripiombò esanime sul guanciale, Akira pianse in silenzio, intenzionato più che mai a vendicare la morte del fratellastro.
-Vado dal cardinale.- disse addentando un limone, fra le lacrime.
Sfortuna volle che questi fosse partito per Lisbona: Sendoh fu obbligato a viaggiare giorno e notte per raggiungerlo prima del venerdì.
Ottenne il mandato d'arresto senza grossi problemi: il cardinale duca era veramente indignato della condotta dell'abate di san Nicolás, ed affidò addirittura al giovane una lettera per un alto ufficiale dell'Inquisizione, in cui chiedeva di dare esecuzione al proprio mandato.
Akira rientrò in città all'imbrunire del venerdì, e trovò il marchese assai migliorato e meditante vendetta.

Il monaco, gonfio di lascivia, corse rasente i muri delle case durante il breve tragitto che separava il monastero dalla dimora del suo obiettivo.
Estrasse il mitro argenteo dalla manica del saio, e lo accostò alla porta della casa di Kenji. Come per incanto, essa si aprì, scivolando docile sui cardini, e così fecero tutte le altre porte dell'abitazione, compresa quella della stanza del giovane.
Maki avanzò prudentemente fino al giaciglio, e posò il mirto sul guanciale del dormiente, da quel momento in suo potere. La sua mano insolente si affrettò a scoprire quel corpo tanto bramato: accecato dalla lussuria, gli strappò di dosso la camicia da notte, ultimo ostacolo all'appagamento delle sue voglie.
-Mio Dio!- esplose una voce alle sue spalle. -Cosa avete intenzione di fare a mio figlio?-
Il terrore e lo smarrimento invasero il Santo: si volse verso la voce, ed incontrò lo sguardo ostile di Toru.
L'uomo aveva sognato il figlio tra le grinfie di un'orrida creatura, che invocava disperatamente il suo aiuto. Svegliatosi di soprassalto aveva deciso si accertarsi che stesse bene: anche se il sogno non era verosimile, gli aveva lasciato addosso una tremenda inquietudine.
I due restarono immobili a fissarsi per alcuni secondi, poi Toru chiamò a gran voce il fratello: il monaco era molto più robusto di lui, e non sarebbe mai riuscito da solo ad impedirgli la fuga.
-Fukuda!-
Fukuda se ne stava a cantare sulla riva del fiume, aspettando il perfido conte, come faceva tutte le notti.
-Fukuda!- continuò inutilmente.
Si avviò verso la porta per cercare il fratello, ma il monaco l'afferrò per i capelli.
-Tu non vai da nessuna parte!- disse gettandolo sul letto dove il dolce Kenji dormiva ancora beatamente.
Strappò il cuscino da sotto il capo del ragazzo e lo premette con forza sul volto del padre, mentre lo teneva fermo con un ginocchio sullo stomaco.
La vittima si dibattè a lungo, ma il monaco le calcò inesorabilmente il ginocchio contro il petto, osservando impassibile le sue convulsioni.
L'agonia ebbe termine, e Maki tolse il guanciale: aveva sotto di sè un cadavere freddo e ributtante.
Kenji non aveva smesso di dormire un solo istante, ma chi avrebbe avuto la forza di approfittarne?
Un gelo mortale pervase le membra dell'abate, che solo in quel momento comprese la gravità del suo gesto scellerato. Con il sudore che gli colava per la schiena ed il ghiaccio nelle ossa, spinse il cadavere sul pavimento e sistemò Kenji come meglio potè. Ora toccare quel corpo tanto desiderato gli procurava i brividi.
Si sistemò il cappuccio sul volto e corse al monastero.

Kenji si svegliò più tardi del consueto, lo capì dallo scampanio del vicino monastero. Strano che suo padre non l'avesse destato alla solita ora.
Si sentiva stranamente intorpidito, e si sedette sul letto, posando un piede a terra. Il pavimento gli parve insolitamente morbido.
Abbassò lo sguardo e cacciò un urlo agghiacciante, non appena vide il corpo livido di Toru.
Fukuda spalancò la porta, allarmato dal grido: posò lo sguardo sul pavimento.
-Maria Vergine!- e svenne sul colpo.
Riavutosi, il povero Kenji fu così costretto a soccorrere lo zio, chiamare un becchino e dare le disposizioni per le esequie del padre. Il cadavere fu seppellito il giorno dopo, in quanto Fukuda era terrorizzato dall'idea di trascorrere la notte con un morto in casa, superstizioso com'era. Ovviamente Kenji pagò le spese del funerale con i soldi dello zio, che perse nuovamente i sensi dopo aver appreso la notizia.
Kenji ora si trovava completamente solo, ingenuo ed indifeso in una città dissoluta e dispendiosa, con poco danaro ed ancora meno amici. Sullo zio impossibile fare affidamento, Akira non si era più presentato; avrebbe volentieri chiesto protezione al Santo, ma il terrore di disobbedire al padre defunto era troppo grande. Però, nonostante le numerose avvertenze, il giovane pensava che la propria felicità dipendesse dalla sua amicizia con l'abate dei Cappuccini, troppo ingenuo per averne compreso le mire.

Maki raccontò a Nobunaga tutta la faccenda.
Il novizio accolse la notizia ridendo sguaiatamente.
-Sei solo un debole, Shin'ichi. Come hai potuto non approfittare di quella magnifica occasione? La casa vuota e Toru stecchito! Mai ti capiterà una situazione tanto favorevole!- disse con disprezzo.
-E non è tutto... Ho smarrito il mirto... -
Gli occhi di Nobunaga si ridussero a due fessure.
-Lucifero non ne sarà per nulla contento... Detesta che si sciupino le sue cose.-
-Io... non l'ho fatto di proposito... -
-Nella foga di fuggire dal cadavere te ne sei dimenticato, vero?- esclamò con astio. -Pusillanime! Ti rammento che non potrò più intercedere in tuo favore presso di Lui!-
-Lo so... Troverò una soluzione... -
-L'unica soluzione è evocarLo nuovamente, ma tu non lo farai, codardo come sei!-
-Infatti, Nobunaga, non lo farò... -

Per due sere Kenji ebbe fatica a dormire nel suo letto: sognava sempre il cadavere di Toru disteso sul pavimento, e lui che ci metteva i piedi sopra.
La terza sera dalla morte del padre, decise di provare a dormire nella sua camera, sperando così di scacciare gl'incubi. Entrando gli riaffiorarono alla mente mille amari ricordi del padre che non avrebbe più rivisto.
Posò la candela sul comodino, accanto ad una pianta di gerani appassita e si sprofondò in una poltrona, indeciso se leggere la sua cara Bibbia censurata o cercar di prendere sonno. Si infilò nel letto paterno, ed aprì il manoscritto alle Lamentazioni, sperando di addormentarsi il prima possibile.
Quando le palpebre gli divennero pesanti, gli parve di udire un sospiro sommesso. Destatosi completamente, tese l'orecchio ed udì nuovamente quel suono.
Sembrava ci fosse qualcuno nella stanza.
Iniziò a sudare freddo.
Un altro sospiro, questa volta proveniente dalla porta che si aprì di colpo, rivelando una figura allampanata completamente avvolta da un sudario bianco.
La visione lo inchiodò: lo sconosciuto estrasse dal sudario un arto ossuto, additando il giovane.
-Ancora tre giorni... - pronunciò con voce sommessa e sepolcrale. -E ci rivedremo!-
Detto ciò si portò la mano rinsecchita al viso, e sollevò il lenzuolo mostrando le sue fattezze.
-Cielo... mio padre!- Kenji cacciò un urlo tremendo per poi cadere esanime sul cuscino.
Fukuda, che era in cucina ad ingozzarsi di zabaione affogando così il dolore dell'abbandono da parte del conte, udì le grida del nipote e corse immediatamente a vedere cosa fosse accaduto.
-Kenji... Sant'iddio!-
Il giovane era rannicchiaro in posizione fetale sul letto del padre, piangeva e tremava tutto.
-Zio Fukuda... l'ho visto!-
-Visto cosa?-
-Il fantasma di mio padre!-
Fukuda sbarrò gli occhi ed impallidì.
Neanche un minuto dopo era in strada ad urlare come un indemoniato.
-Hasegawa, amore mio! Proteggetemi dallo spettro!-
Corse a perdifiato fino al palazzotto di Sendoh, dove bussò forsennatamente al portone.
Il conte Hasegawa, custode temporaneo della dimora finché Akira si occupava del marchese, sbirciò dallo spioncino.
"Buon Dio... E' lui!" pensò alquanto terrorizzato dall'indesiderata visita.
-Buon uomo, cosa vi porta qui a notte inoltrata?- domandò cercando di camuffare la voce.
-Ah, Señor Akira, occorre il vostro aiuto!-
-Non sono Akira, sono... sono il maggiordomo! Akira si è trasferito per qualche tempo dal marchese Sakuragi... -
Senza neppur ringraziare il "maggiordomo", l'intraprendente Fukuda riprese a correre alla volta della dimora del marchese, suo lontano parente.
Il piccolo Ryota gli andò ad aprire in vestaglia.
-Chi siete?- chiese con voce impastata.
-Il Señor Akira?- esclamò assai agitato.
-E' partito ieri per Lisbona.-
-Il Señor marchese?-
-E' gravemente malato e non riceve nessuno, ma se mi dite il vostro nome... -
Neppure il tempo di finire la frase, che lo sventurato era fuggito via: Ryota alzò le spalle e tornò ad occuparsi di Hanamichi.

Nobunaga fingeva interesse verso i vaneggiamenti del monaco, che non smetteva un secondo di elogiare il puro Kenji: sorseggiava amabilmente un calice di vino consacrato rubato dal tabernacolo, pensando a Lucifero.
Il monologo di Maki fu interrotto dall'arrivo di un novizio.
-Reverendo Padre, un uomo chiede di voi.- disse il giovane, trafelato per la corsa.
-Un uomo mi cerca? A quest'ora della notte?-
Nobunaga smise di bere e fissò il Santo.
-Vai.- disse deciso. -So io il perché.-
L'abate si affrettò al parlatorio: grande fu la sua sorpresa quando riconobbe lo zio della sua ambita preda.
-Padre!- disse Fukuda, prostrandosi dinnanzi a lui. -Mio nipote sta male! Necessita di un medico, e di un esorcista!-
A quelle parole, Maki sbiancò, e mandò a chiamare Padre Miyamasu.
-Il medico arriverà, ma dimmi, figliuolo, Kenji è forse malato?-
-Non so, ha i tremiti... c'è uno spettro in casa! E' questo che lo fa star male! Oh, Reverendo Abate, cacciatelo, vi supplico!-
Maki alzò un soppracciglio, scettico.
-Kenji ha visto lo spettro?-
-Certo, Vostra Reverenza! Anch'io l'ho visto! Era alto fino al soffitto, con le braccia cariche di catene, gli occhi di brace ed una serpe grossa come il mio braccio per capello! Dalle fauci sputava lingue di fuoco e... -
-Sì, ho capito, figlio mio!-
-Lo scaccerete?-
-Certo, come no! Ah, eccovi, Padre Miyamasu! Figliolo, fateci strada.-
I tre si incamminarono, Maki aveva deciso di infrangere pubblicamente il suo voto, uscendo dal monastero: scacciando il famigerato spettro, sarebbe stato l'eroe indiscusso non solo dei madrileni, ma dell'intero Regno di Spagna.
Kenji, ancora rannicchiato sul letto, era in preda alle convulsioni, ma la vista del Santo lo calmò immediatamente.
-Padre! Voi qui!-
-Sì, Kenji, sono qui. Dimmi, cos'è che ti turba?-
-Oh, sapeste... E' tornato mio padre... fantasma, e mi ha detto che la mia fine è vicina! Vivrò ancora tre giorni, poi mi ricongiungerò con lui!- disse, scoppiando in lacrime subito dopo.
-Non ti preoccupare, sono sicuro che non morirai, ti affido a Padre Miyamasu.-
-Grazie padre... - Kenji lo ringraziò col cuore colmo di gioia.
Nel vestibolo, Maki venne trattenuto da Fukuda.
-Padre, e lo spettro? Vi scongiuro, pernottate in casa, sono certo che la vostra presenza basterà a scacciarlo!-
Tutto procedeva secondo i suoi piani.
-Non vi preoccupate, tornerò domani notte. Per questa volta Padre Miyamasu sarà più che sufficiente!-

Il novizio sghignazzò diabolicamente quando il monaco gli narrò la storia del fantasma.
-Ah, Shin'ichi! Mi auguro che tu non creda a questa assurda storia!-
-Infatti, però... la profezia mi preoccupa non poco!-
-Faremo in modo di volgerla a nostro favore... Da domani notte, Kenji sarà morto... -
-Morto? Quali nefandezze stai progettando?-
Nobunaga saltò giù dallo scrittoio sul quale era seduto, con un impercettibile e velocissimo scatto si piantò a pochi centimetri dal monaco, fissandolo con i suoi occhi d'ebano carichi d'astio.
-Shin'ichi. Impara a non interrompermi quando parlo. Intesi?-
Maki sussultò, tutto era accaduto troppo velocemente, il novizo era seduto dall'altro lato della cella... e in un battito di ciglia si trovava dinnanzi a lui.
"Per l'amor del cielo... Chi sei tu per fare questo?"
Con lo stesso repentino movimento, tornò sullo scrittoio. Maki era troppo sbigottito per aprir bocca.
-Dicevamo, da domani Kenji sarà morto per tutti, meno che per te. Ho preparato una cosa che potrebbe esserti utile... prendi!- disse lanciandogli una strana fiala, che venne catturata al volo.
Il Santo la osservò per bene, conteneva un liquido verdastro ed inodore.
-Cos'è?-
-Veleno di cientipedoro misto ad altre sostanze... -
-Cientipedoro? Come hai fatto a procurartelo?-
-Ho le mie fonti... - rispose il novizio, con fare misterioso. -Il veleno, se adeguatamente diluito con certe sostanze, una volta ingerito provoca la perdita dei sensi ed un irrigidimento delle membra simile alla morte, per la durata di quarantotto ore. Somministralo a Kenji, fagli il funerale... seppelliscilo nella cripta e, al suo risveglio, godi del suo corpo finché avrai fiato!-

La sera successiva, il monaco si ripresentò in casa di Fukuda, per esorcizzare lo spettro ed attuare il diabolico piano del novizio.
Attese che Padre Miyamasu visitasse Kenji per versare alcune gocce della pozione nei medicinali che il medico aveva deciso di somministrare al giovane. Terminato il controllo da parte dell'esile fraticello, Kenji bevve la medicina tutta d'un fiato.
Fukuda invitò Maki ad assaggiare il suo zabaione, per ringraziarlo delle sue gentilezze; il monaco declinò gentilmente l'invito, ma fu trascinato in cucina.
Proprio mentre stava per assaggiare lo strano intruglio che Fukuda osava definire zabaione, Padre Miyamasu li raggiunse di corsa in cucina.
-Reverendo Abate, Señor Fukuda... Kenji è... -
-Morto.- ghignò il Santo.
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THE MONK − il monaco

VIII

Kenji fu sepolto nella cripta di san Nicolás nel meriggio del venerdì, con l'abate dei Cappuccini che presenziava la cerimonia funebre.
Akira rientrò a Madrid la sera dello stesso giorno e, radunati alcuni ufficiali della Santa inquisizione ed accompagnato dal marchese Sakuragi e dal conte Hasegawa, si presentò al monastero con un'ora buona di anticipo sull'appuntamento fissato con Padre Muto.
Facendosi largo tra la folla, i tre amici si piazzarono davanti al portale, ed aspettarono che la processione avesse inizio. I monaci stavano adempiendo le tradizionali funzioni religiose in onore del santo: si udirono le note dell'organo levarsi in un crescendo, il portale dell'edificio venne spalancato e ne uscì un giovane di grande bellezza, rappresentante san Nicolás, che reggeva un cero, simbolo della comunione con Dio.
Quando il ragazzo sfilò dinnanzi alla folla, un mormorio di ammirazione si levò da essa. Ascoltando le persone accanto a lui, Sendoh riuscì a carpire il nome del giovane: si chiamava Soichiro Jin, ed apparteneva ad una nobile famiglia madrilena.
"Se non fossi innamorato di Kenji, costui avrebbe il mio cuore!" fu il pensiero di Akira, che non era al corrente della magra fine del suo innamorato.
Dopo un nutrito gruppo di novizi, intenti a recitare il rosario, sfilarono i monaci più anziani, addetti alle reliquie del santo: Padre Muto, portando una preziosa urna di vetro soffiato contenente il cuore di san Nicolás, salutò Akira ed Hanamichi con un lieve cenno del capo. I due risposero al saluto ed attesero la coda della processione, dove Padre Akagi marciava con aria computa e devota, tra le benedizioni della plebaglia.
Quanto fu lo stupore quando Akira, scortato dagli ufficiali, lo proclamò suo prigioniero in nome della Santa Inquisizione!
La folla ammutolì, Padre Muto si fece avanti ed accusò l'abate di assassinio.
-Quest'uomo- urlò rivolto alla folla - ha biecamente ucciso un nostro confratello! Un giovane nel fiore degli anni, che ai suoi occhi ha osato commettere un gravissimo peccato: amare! L'ha brutalmente torturato, e l'ha lasciato spirare in una cripta, al freddo e all'oscurità!-
Queste parole provocarono orrore e sbigottimento tra gli astanti: un brusio di protesta si diffuse tra la folla.
Akagi, trattenuto da due delle guardie dell'Inquisizione, urlò la sua innocenza.
-Mentite, Padre Muto! Sono un servo del Signore, non strapperei mai la vita a una sua creatura!- sbraitò all'indirizzo dell'anziano frate.
L'espressione dell'accusatore si indurì.
-Osate dunque negare questo atroce delitto? Voi stesso mi avete confessato le vostre intenzioni!-
-Avete ragione, avevo progettato un lieve castigo per Kaede, ma una terribile malattia l'ha ucciso prima che prendessi provvedimenti!-
-Se per me come per voi "lieve castigo" significasse morire di fame e di freddo, incatenati in una cripta, potrei anche darvi ragione! Ma quale malattia? Vi ho visto con i miei occhi, mentre colpivate lo sventurato alla testa e lo trascinavate nel sepolcreto! Evitate quindi le menzogne e confessate le vostre colpe!-
Messo alle strette, l'abate fu costretto ad escogitare un'altra giustificazione.
-Tacete, Padre Muto! Foste stato nei miei panni, non credo avreste agito diversamente. Un sodomita nel mio monastero è una cosa inammissibile! Meritava una punizione! Deve solo piangere se stesso per la giusta fine che ha fatto!-
Troppo tardi si accorse di essersi scoperto: un manipolo di uomini lo strappò alle guardie e lo gettò in pasto alla plebe, inorridita dalle nefandezze da questi commesse.
Inutilmente pregò di essere lasciato andare: ogni sua implorazione fu accompagnata da sputi e calci, fu trascinato a terra e bersagliato da una fitta sassaiola; infine, un giovane incappucciato, diede fuoco alla sua tonaca con una fiaccola.
Il miserabile prese a dimenarsi, ma ben presto il puzzo della carne bruciata appestò l'aria, e la sua morte fu accompagnata da maledizioni e bestemmie.
La folla, non contenta di essersi vendicata sul principale colpevole, si riversò nel monastero, spaccando e travolgendo tutto ciò che incontrava: le fiaccole e i ceri passarono di mano in mano: ben presto il fuoco attecchì all'interno dell'edificio.

Akira ed i compagni si affrettarono ad allontanarsi, ma l'incappucciato che aveva dato fuoco all'abate trattenne il marchese, afferrandolo per un braccio.
-Salve, Señor.-
Ad Hanamichi parve di aver già sentito quella voce, e quel modo di parlare, ma non riuscì a rammentare a chi appartenessero.
Il giovane si scoprì il volto, Sakuragi sgranò gli occhi dallo stupore.
-Voi siete... l'esorcista di Ratisbona!-
-Proprio io, Señor.- sorrise il ragazzo. - Seguimi, c'è una persona che sarebbe molto contenta di vederti... - disse trascinandolo sul retro dell'edificio in fiamme. Akira e Kazushi li seguirono, chiedendosi chi fosse quello strano tizio che pareva conoscere il marchese.

Maki scoperchiò febbrilmente il sepolcro, aiutandosi col pugnale prestatogli da Nobunaga: Kenji dormiva accanto a due ripugnanti corpi putrefatti.
-Nessun ostacolo si frapporrà tra noi, prima dell'alba sarai mio!- esclamò il monaco, sollevandolo dalla tomba.
A fatica si trattenne dal possederlo così, esanime: era in astinenza da quando aveva usato violenza su Nobunaga.
Non avendo più il coraggio di mettere le mani sul novizio, la carnalità in lui era divenuta pura follia.
Baciò ardentemente il giovane che stringeva al petto, non appena questi aprì gli occhi; il gesto destò completamente il ragazzo, che volse lo sguardo intornò a sé, smarrito.
-... dove mi trovo?-
-Calmati, Kenji... -disse il monaco, carezzandogli una guancia -Sei con me, sei al sicuro!-
-Padre Maki... perché sono qui? Qui non ci sono che ossa, questo posto mi terrorizza! ...perché mi fissate in quel modo, reverendo abate? Mi fate paura... -
-Le tue paure sono immotivate, amore mio... - incalzò questi, serrandolo tra le braccia e coprendogli il collo di baci. - Questa cripta sarà la culla del nostro amore!-
Si concesse le più turpi libertà, accarezzando e tastando le giovani membra.
Seppur ingenuo, Kenji intuì che le intenzioni del monaco non erano il massimo della castità, e si divincolò, avvolgendosi pudicamente col sudario.
Fissò il monaco con gli occhi lucidi, e lo implorò in ginocchio di liberarlo, e di farlo tornare a casa.
Maki lo afferrò per un braccio e, fissandolo con occhi ingordi, rispose:
-Tu sei morto per il resto del mondo. Sei in mio potere, pianti e preghiere saranno completamente inutili.
Kenji, lascia che ti insegni ad amare, che ti educhi ad assaporare le voluttà dell'amore carnale; questa tua ritrosia è assurdamente infantile!- disse senza smettere di esplorare impertinente ogni centimetro del suo corpo. -Non posso rinunciare a te, così fragile, così delicato... così immacolato!-
Il sudario cadde a terra; il volto del giovane era rigato di lacrime, e i suoi lineamenti erano stravolti dal terrore. Cercò più volte di divincolarsi da quella sudicia morsa, ed infine ci riuscì e cadde a terra, atterrito.
Approfittando della posizione, il Santo si gettò sul fanciullo, alzò la propria tonaca e lo deflorò senza pensarci due volte.
In muta disperazione, Kenji pianse per tutta la durata dell'amplesso. Soddisfatto il suo più grande desiderio, Maki si gettò stremato sul corpo esanime della sua preda, ormai soverchiata dal dolore e troppo debole per opporre resistenza.
Dopo alcuni minuti, il giovane riaprì gli occhi, gonfi ed arrossati.
-Adesso che mi avete rovinato, mi libererete?- mormorò flebilmente.
-Liberarti? Per perpetrare la mia rovina?- disse sarcastico, alzandosi in piedi. -Tu rimani con me. E' colpa tua se sono caduto nel peccato, mi hai stregato con il tuo candore e con la tua bellezza!- ghermì Kenji per un braccio. -E se mi accusassi con quegli occhioni lacrimosi, le guance terree, i capelli scarmigliati e le mani levate al cielo, nessuno oserebbe confutare la tua testimonianza!
Perché tu sei troppo bello, troppo puro, troppo ingenuo per mentire! Allora io sarò eternamente dannato!- gridò, scagliandolo a terra.
Prese ad aggirarsi furibondo per la cripta, meditando cosa fare della sua vittima: decise che il mondo avrebbe continuato a reputarlo morto. La reclusione del giovane sarebbe stata la sola via per la sua salvezza, seppur disumana, era l'unica soluzione possibile.
-Kenji... non ti preoccupare, non ti farò del male... tu vivrai qui, al sicuro: ti porterò da mangiare tutti i giorni, dormirai tra le mie braccia, nessuno verrà a conoscenza del tuo disonore.-
A quelle parole, il ragazzo emise uno straziante lamento e scoppiò in lacrime.
Trascorrere la propria vita tra i miasmi dei corpi marcescenti, senza più vedere la luce del sole, essere violentato ogni santo giorno: questo sarebbe stato il suo triste destino.
Il monaco non ebbe il tempo di consolarlo, in quanto Nobunaga entrò nella cripta armato, imbrattato di sangue e seriamente preoccupato.

L'esorcista guidò Hanamichi fra le lapidi del cimitero, e spalancò la porta della cripta.
-Seguimi, Señor. Attento ai gradini.-
Il marchese obbedì, ma esigette delle spiegazioni.
-Scusatemi, posso sapere dove mi state portando e chi è che mi vuole vedere?-
-Lo vedrai tra poco, Señor. Sii paziente.- rispose calmo il giovane.
-Ma almeno posso sapere il vostro nome? Mi avete aiutato a Ratisbona ma io non so nemmeno chi ringraziare!-
-Sei mio amico, Señor. Puoi chiamarmi Hisashi Mitsui.-
-Perché, se fossi vostro nemico?- domandò Hanamichi, divertito.
Mitsui si volse verso il marchese, gli occhi ridotti a due fessure.
-Se tu fossi mio nemico, Señor... -disse ambiguamente -Verresti al'inferno con me.-
Sakuragi, impietrito, preferì non replicare e seguì l'esorcista in silenzio.
Camminarono per gli angusti cunicoli del sepolcreto e giunsero davanti alla statua di san Nicolás, illuminata dal solito lumicino.
-Eccoci, Señor. Il mio compito termina qui. Sotto la statua c'è la risposta a tutte le tue domande.
Ti auguro buona fortuna, Señor... -
Scomparve. Hanamichi strabuzzò gli occhi, quando vide la tunica nera dell'esorcista afflosciarsi vuota a terra.
-Sant'iddio... - mormorò quando un cientipedoro sgusciò fuori dall'abito e si dileguò nell'oscurità del sepolcreto.
Sopraggiunsero Akira e Kazushi, seguiti dagli ufficiali.
-Che fine ha fatto l'incappucciato?- chiese il conte.
-E' strisciato via. - rispose il marchese, con un'alzata di spalle. -A quanto pare sotto la statua c'è qualcosa, o qualcuno... -
-Sotto? Come faremo ad andare sotto?- domandò Sendoh, tirando un poderoso calcio al basamento della statua, che vacillò e cadde con un tonfo sordo sul pavimento della caverna.
-Era di legno!- esclamò Hanamichi, stupefatto.
Anche Akira era stupefatto, ma non certo per la scoperta del segreto della statua: rannicchiato dietro al basamento, fissando gli intrusi con due occhioni impauriti, c'era Soichiro Jin.
-Salve... cosa ci fai qui?- domandò Sendoh, cercando di essere il più gentile possibile e sorridendo come al solito.
-... chi siete? - mormorò flebile il ragazzo.
Akira gli tese la mano, sorridendogli.
-Non ti faremo del male... dai, esci.-
-Grazie al cielo... -Jin afferrò la mano del giovane. -Mi sono rifugiato nella cripta quando hanno appiccato il fuoco al monastero, ma mi sono perso... -
Akira, dopo essersi momentaneamente perso negli occhi dell'altro, forzò la grata posta sotto il basamento della statua. Si trovò dinnanzi ad un pozzo, con una scaletta di ferro che scendeva nel buio.
Il marchese si offrì di entrare per primo.
-Io non ho nulla da perdere, qualsiasi cosa infesti questo posto, sarò felice di ricongiungermi a Kaede!-
Scese per pochi metri, poi i suoi piedi si posarono sul pavimento della cripta, ricoperto di muschio.
Avanzò procedendo a tentoni, lungo la parete scivolosa. Non uno spiraglio di luce entrava dall'esterno, la fioca lampada votiva illuminava solo i primi gradini metallici.
Annusò più volte l'aria: tra i gas sprigionati dai corpi in putrefazione riconobbe un odore a lui familiare, l'odore di Kaede.
"Dio, fa' che non sia in quest'inferno in terra..."
Un flebile lamento interruppe il fiume dei suoi pensieri, atterrendolo.
"Sta soffrendo... " Sempre aggrappandosi al muro, avanzò più velocemente, seguendo la direzione della voce. Improvvisamente la parete terminò, lui inciampò in qualcosa e si ritrovò riverso a terra; era sicuramente un corpo, quello sotto di lui: emanava un piacevole tepore, e ne percepiva chiaramente il debole battito cardiaco.
-Alzati, idiota, mi fai male... - disse una voce ridotta a poco più di un sussurro.
Hanamichi allungò una mano nell'oscurità ed accarezzò il viso affilato del suo amore.
-Kaede... sei proprio tu... sei vivo amore mio... - mormorò con le lacrime agli occhi abbracciando il suo corpo deperito.
Pianse in silenzio, inumidendo un lembo del sudario nel quale era avvolto il prigioniero; sfogatosi, gli baciò la fronte e lo sollevò come fosse stato un fuscello. Strattonando violentemente le catene che lo imprigionavano, le divelse dal muro nel quale erano infisse tramite un grosso anello; si caricò Kaede sulla schiena e raggiunse la scala di ferro, seguendo l'umida parete.
Uscendo da quell'abisso di tenebra, persino la luce della piccola lampada votiva infastidì gli occhi del prigioniero.
Akira quando lo vide scoppiò in lacrime per la gioia, e corse ad abbracciarlo. Dovette vedersela con l'amico, che non aveva la minima intenzione di lasciare il suo amore nemmeno per un istante, ma che alla fine cedette.
-Dio, come sono felice di rivederti, Kaede... - disse singhiozzando.
-... se lui è ancora vivo, l'abbazia sta bruciando inutilmente... - commentò il conte Hasegawa.

Kenji, vedendo entrare un estraneo, invocò inutilmente il suo aiuto: il novizio non mostrò alcuno stupore nel trovarlo lì, insieme al monaco.
-Vi prego, aiutatemi!-
-Taci, imbecille.- gl'intimò Nobunaga, puntandogli una spada alla gola. -Shin'ichi, san Nicolás è in fiamme, tra non molto i rivoltosi troveranno la cripta. Akagi è morto, e i monaci stanno setacciando l'abbazia per trovarti: credono che basti una tua parola per sedare il tumulto.-
-E' meglio che raggiunga la mia cella, allora.- rispose il Santo.
-Impossibile, alcune guardie dell'Inquisizione sono entrate nella cripta, non riusciresti a passare inosservato.-
-Guardie? Cosa le porta qui, sono dunque sospettato?- negli occhi di Maki affiorò un grande terrore.
-Non cercano te, per ora. Dovremo restare nascosti finché non se ne andranno.-
-Ma se Kenji si mettesse a gridare... -
-Non vedo dove sia il problema.- disse afferrando il ragazzo per i capelli e puntandogli la lama alla gola.
-Fermo, per l'amor del Cielo!- esclamò Maki strappando Kenji dalle sue grinfie. -Che intenzioni avresti, nei confronti di quest'infelice?-
-Shin'ichi... -disse Nobunaga, esasperato -ormai hai avuto il suo corpo, cosa ti costa liberartene? Preferisci salvarlo, o finire sul rogo?-
-Veramente, io... -
-Basta! Mi hanno stancato i tuoi tentennamenti!- esclamò il novizio, saettando al monaco un'occhiata sprezzante. -Tieniti pure il tuo moccioso, io me ne vado! Le senti le guardie, non sono lontane!-
Maki percepì un brusio proveniente dalla porta aperta.
-Nobunaga... non hai chiuso la porta!- esclamò sbigottito, ma non fece neppure in tempo a terminare la frase, che Kenji gli schizzò davanti, diretto di corsa verso le voci.
Dopo un primo momento di sorpresa, l'abate afferrò il pugnale appoggiato sul coperchio del sepolcro e si lanciò all'inseguimento: non gli fu difficile guadagnare terreno, data la spossatezza del fuggiasco.
L'afferrò per i capelli e tentò di trascinarlo nella segreta, ma il giovane si avvinghiò ad un pilastro e si mise ad urlare con tutto il fiato che aveva in corpo.

-Bisogna portarlo fuori di qui al più presto possibile: necessita di cibo e di un bagno caldo.- sentenziò Akira, riferendosi a Kaede.
Jin si fece timidamente avanti:
-Se volete posso occuparmi io di vostro fratello, possiedo una casa qui nelle vicinanze... -
-Davvero lo faresti?- a Sendoh si illuminarono gli occhi. -Hanamichi, portiamolo a casa di Soichiro.-
Un grido straziante squarciò l'aria caliginosa del sepolcreto. Akira drizzò le orecchie, gli parve di riconoscere la voce del suo Kenji.
-Hanamichi, Soichiro, occupatevi di Kaede, io ho da fare!- esclamò correndo per un corridoio, guidato dalle urla.
-Presto, seguiamolo! -ordinò il conte agli ufficiali dell'Inquisizione.

Per due volte il Santo immerse il pugnale nel petto del giovane: questi lentamente lasciò la presa sulla colonna e si accasciò a terra, moribondo.
Constatando che respirava ancora, senza ripensamenti gli tagliò la gola e fuggì a gambe levate.
Appena svoltato un angolo, si pietrificò alla vista del suo più mortale nemico: un cientipedoro gli sbarrava la strada, soffiandogli contro e costringendolo ad arretrare.
Venne immobilizzato da due guardie giuntegli alle spalle: l'arma nella mano destra e l'abito sporco di sangue rivelavano il misfatto appena compiuto.
Inutilmente si dimenò: venne trascinato davanti alla vittima, che giaceva senza vita tra le braccia di Akira Sendoh, suo antico rivale.

Il novizio rise sguaiatamente.
-Ho dimenticato la porta aperta?- disse sarcastico. -Toh, non me n'ero accorto!-
__________


THE MONK − il monaco

IX

Akira camminava lentamente verso il palazzotto di Jin.
Aveva deciso di non andare a cavallo per sgranchirsi le gambe: dopo due giorni di lutto e devastante tristezza, durante i quali si era costretto in casa, l'aria e la luce gli parevano un dolcissimo balsamo.
L'ideale per dimenticare.
Kenji era stato ucciso.
"Una creatura senza colpa... "
Il Santo aveva compiuto il delitto.
Scosse mestamente il capo, e si riassettò gli abiti: ci teneva a ben figurare al cospetto di Soichiro.
Si schiarì la voce e bussò al pesante portone della villa; gli venne ad aprire il padrone di casa in persona.
-Buongiorno, Akira! Tuo fratello s'è appena destato ed ha chiesto di te.- disse sorridente. -Oh! Perdonatemi, Señor! Vi ho mancato di rispetto dandovi del tu! Sono... sono mortificato!- mormorò arrossendo.
Sendoh s'intristì: quel ragazzo era tremendamente dolce, ma non certo candido come Kenji; tuttavia si sforzò di sorridergli.
-Non ti preoccupare, dopotutto siamo quasi coetanei... mi fa piacere sentirtelo dire... - "Scalda il cuore... "
-Allora... entra, Akira!-
Jin guidò l'ospite per la sfarzosa dimora, e gli indicò una porta in fondo ad un corridoio.
-Quella è la stanza di Kaede, sì e quasi completamente rimesso... ovviamente Hanamichi non ha lasciato un istante il suo capezzale... - disse languidamente.
Akira bussò piano, dall'interno si sentì un gran trambusto, seguito da risa malcelate.
-C- chi è?- la voce di Hanamichi risuonò ovattata attraverso la porta.
-Sono Akira... ti ricordo che Kaede è ancora convalescente, se gli metti le mani addosso dovrai vedertela con me!-
Il marchese aprì celermente, ed accolse l'amico col viso palesemente arrossato.
Sendoh lo salutò e si fiondò immediatamente ad abbracciare il fratello, che sedeva sul letto, con i capelli arruffati e la camicia sbottonata: stava decisamente meglio.
-Come ti senti, Kaede?- domandò apprensivo.
-Davvero bene. Tu invece mi sembri diverso... c'è forse qualcosa che ti turba?-
Il giovane non sapeva nulla di Kenji.
Akira abbassò lo sguardo sui suoi stivali, affrettandosi a cambiare argomento.
-Senti Kaede, ti spiace se ritorno domani? Ho alcune faccende da sbrigare... -
-Hn, fa' pure il tuo lavoro, si occuperà Hanamichi di me.-
Akira si alzò dal letto, ed uscendo bisbigliò al marchese:
-Non stancarlo troppo, altrimenti finirai al creatore... -
L'amico sorrise calorosamente e chiuse la porta. Jin era rimasto ad attenderlo, appoggiato al muro.
Lo fissava con i suoi grandi occhi lucenti, e con un'espressione serena e devota dipinta sul bel volto.
Sendoh lo guardò stupito: Soichiro stava aspettando proprio lui, ed inoltre gli donò un meraviglioso sorriso.
L'ideale per dimenticare.

L'indomani della morte di Kenji, il popolo madrileno scoprì i segreti del Santo: il conte Hasegawa s'era "incautamente" lasciato sfuggire i particolari del delitto e della cattura. In poche ore la notizia aveva fatto il giro della città.
Molti devoti si presentarono di persona all'abbazia per appurare la veridicità dei pettegolezzi in circolazione, ma la comunità di Cappuccini smentì la voce, e giustificò l'assenza del superiore con una banale malattia. Questa palese menzogna non fece che aumentare i sospetti dei fedeli, che ben presto si trasformarono nei più accesi accusatori.
Il diretto interessato, carcerato dal Sant'Uffizio, ancora non riusciva a capacitarsi dell'accaduto. Inutili le menzogne e gli inganni, le prove contro di lui erano schiaccianti: la sua presenza nel sepolcreto a tarda ora ed il pugnale e la veste macchiati del sangue di Kenji erano gl'indizi che l'avevano tradito.
Trascorse i giorni precedenti il processo nella disperazione più nera, senza sostegno alcuno e pervaso dal terrore della tortura e della morte.

Il giorno prestabilito, il carceriere gli ordinò di seguirlo, e lo condusse in un'enorme sala parata in nero. Al tavolo sedevano tre uomini, abbigliati con pesanti tonache scure: uno di essi era il Grande Inquisitore Ikegami, interessatosi di persona al caso di Maki. Poco oltre, ad un tavolo più piccolo sedeva un segretario, un certo Hikoichi, che invitò il monaco ad accomodarsi al banco, dinnanzi a lui. Al centro della sala vi era un tavolo lungo e basso, ricoperto da un telo nero: subito il famoso carnefice dell'Inquisizione, Minori Kishimoto, sollevò la stoffa, che copriva una serie di ferri dalle svariate fogge: per poco Maki non svenne, alla vista di quegli strumenti di tortura.
Una campana squillò per tre volte, e l'udienza ebbe inizio.
In questi processi non si fa né il nome dell'accusato, né quello dell'accusatore; Ikegami si rivolse direttamente all'imputato.
-Intendete confessare?-
-Non ho commesso colpe. - asserì il monaco, sapendo benissimo che con una risposta del genere non sarebbe scampato alla tortura.
-Perfetto... fate entrare il secondo imputato.- sussurrò all'orecchio del segretario.
Hikoichi andò personalmente a prelevare Nobunaga dalla sua cella.
Con sguardo sprezzante e passo deciso, questi si piantò davanti ai Giudici inquisitori, i quali gli domandarono se fosse intenzionato a confessare. Il novizio lanciò un'occhiata a Maki, poi aprì bocca.
-Confesso. Mi accuso colpevole di stregoneria e pratiche occulte: ho stretto un patto con il Demonio ed ora la mia anima, il mio corpo ed il mio cuore sono di sua esclusiva proprietà. Mi sono inoltre macchiato del peccato di sodomia con il qui presente abate, e da questi ho ripetutamente subito violenze carnali. E' tutto.-
Ikegami sorrise compiaciuto e si rivolse nuovamente all'accusato.
-Confessate dunque di essere colpevole di stupro e di assassinio?-
Maki deglutì a vuoto, e continuò a professarsi innocente.
Nobunaga ghignò gongolante da dietro il banco, mentre il giudice ordinava di mettere il Santo alla tortura.
Kishimoto lo legò al tavolo tramite dei lacci di pelle attorno alla vita e alle caviglie; successivamente gli introdusse entrambe le mani in un torchio di metallo.
Maki tremava come una foglia, ma alla monotona richiesta del giudice, rispose flebilmente:
-Non ho colpe da confessare... -
Il carnefice girò lentamente la vite del torchio, frantumandogli le falangi. Il monaco non ebbe neppure la forza di urlare, che perse i sensi dopo pochi istanti; venne trascinato di peso in cella, in quanto troppo debole per sopportare nuove torture.
Ikegami si rivolse al novizio, unico imputato presente.
-Espierai i tuoi peccati nell'auto da fé di domani notte.-
Nobunaga lanciò uno sguardo di sfida all'inquisitore, e si lasciò docilmente ricondurre in cella.

Al suo risveglio, Maki riflettè a lungo sulla morte: professare la sua innocenza era completamente inutile, sarebbe morto ugualmente. Avrebbe dovuto confessare, scampando almeno alla tortura.
Poi ci sarebbe stata la fine: in quel momento desiderò ardentemente essere ateo, ma dopo essere entrato direttamente in contatto con gli spiriti infernali era sempre più difficile per lui non credere nell'esistenza di Dio.
Ad attenderlo ci sarebbe stata un'eternità di atroci sofferenze negl'inferi.
Trascorse il resto del pomeriggio pervaso da un'angoscia lacerante, agitandosi quando in sogno gli apparivano gli spettri delle sue vittime.
Al calar del sole il carceriere gli somministrò un corroborante, per restituirgli il vigore necessario a sostenere il secondo interrogatorio.
La notte non dormì: sedeva inebetito sul letto, a fissarsi le mani steccate e fasciate; riusciva nuovamente a percepire il dolore fisico.

- ...Shin'ichi... - Il Santo alzò gli occhi: dinnanzi a lui stava Nobunaga, vestito di una sontuosa tunica ricoperta di ricami dorati. Sul viso gli splendeva un'intensa espressione di piacere, sempre mista alla solita selvaggia ed imperiosa maestà. Mai il giovane gli era parso più bello ed angelico.
- ...Nobunaga... cos'è accaduto? Dove sono le tue catene, cosa significa questo sfarzo? Sei dunque evaso?- domandò speranzoso.
Il novizio rise di gusto.
-Tra poco porrò continenti tra me ed il rogo: ho comprato la libertà a carissimo prezzo... -
-Non dirmi che... -
-Oserai anche tu oltrepassare il confine tra uomini ed angeli? Oppure morirai vigliaccamente?-
Maki ammutolì, impaurito e dubbioso: scampare alla morte, assoldandosi sotto i vessilli delle schiere infernali e godere della vita terrena soffrendo poi tra le fiamme dell'inferno, oppure morire subito ed essere ugualmente dannati per l'eternità?
"Ma Dio è sempre misericordioso... "
-Nobunaga, renditi conto di ciò che hai fatto! Tra pochi anni le tue sofferenze saranno spaventose!-
-Smidollato! La mia anima è perduta ormai da molto tempo! Ancora questa notte e sarai tu a patire atrocemente! Domani perirai sul rogo, osi ancora sperare nel perdono? Pensa ai tuoi delitti, e goditi il presente!-
-Io non dispero nel perdono del Signore! Lui è misericordioso... -
-Allora muori! Io corro verso la libertà.-
-No, fermati, ti scongiuro! Tu sei l'unico che può aiutarmi... Tu che comandi i demoni dell'Inferno, spalancami le porte di questo carcere!-
-Mi è proibito soccorrere un seguace di Dio, rinuncia ai tuoi titoli ed alla tua fede per avere la salvezza!-
Non voglio dannarmi l'anima barattandola per un'effimera felicità.-
-Fa' il cocciuto, ci sarà da ridere quando ti troverai sul rogo e sognerai la fuga... Se per caso la ragione ti illuminasse, invoca il nome di Lucifero e ti apparirà il Demone che hai già avuto modo di conoscere, altrimenti addio per sempre!- disse mentre veniva avvolto da una nube sulfurea; salutò Maki con la mano e si dissolse.
Il monaco si gettò affranto sul letto.

Qualche ora dopo, il carceriere lo trovò nella medesima posizione; lo costrinse ad alzarsi e lo condusse alla presenza del Grande Inquisitore, che gli domandò nuovamente se intendesse confessare.
Dapprima Maki si dichiarò innocente, ma non appena rivide gli strumenti di tortura sul tavolo, rese ampia confessione, e non solo riconobbe ogni delitto imputatogli, ma addirittura confessò colpe delle quali mai era stato accusato.
Quando gli domandarono cosa ne sapesse dell'evasione del novizio, che aveva provocato non poco scompiglio, rispose che questi si era venduto a Satana ed era fuggito servendosi della stregoneria. Ovviamente si accusò anch'egli di stregoneria, non appena Kishimoto impugnò una pesante mazza chiodata.
La confessione non cambiò il verdetto: il Santo sarebbe morto nell'auto da fé da celebrarsi quella notte stessa.
Venne ricondotto in cella da un nuovo carceriere, vestito in nero e con un cappuccio sul volto; quest'ultimo entrò nella stanza col prigioniero.
Dapprima Maki pensò che l'uomo gli dovesse somministrare un qualche corroborante, ma ammutolì quando questi si tolse il cappuccio e mostrò le sue sembianze: si trattava del bellissimo Demone invocato da Nobunaga.
Vestito e privo di ali faceva tutto un altro effetto, ma incuteva ugualmente un timore reverenziale.
Maki era impietrito: trovarsi faccia a faccia col Demonio era tutt'altro che rassicurante.
-Sant'Iddio... Lucifero... -
-Proprio io, Monaco!- disse ghignando.
All'abate mancarono le forze per sostenere quella visione: gli occhi del Demone lo dilaniavano col loro sinistro lucore.
-Sono... condannato... - disse infine, flebilmente.
-Vuoi dunque che ti salvi, Monaco? Paga ed avrai la libertà.-
-Non voglio darti la mia anima... - mormorò scuotendo il capo.
-Allora muori, Monaco!- il sorriso malizioso di Lucifero s'allargò a dismisura.
Maki abbassò costernato lo sguardo.
-Speri ancora nel perdono, Monaco? Il purgatorio non è stato creato per peccati come i tuoi... la tua sorte è già segnata. Le preghiere di barbagianni superstiziosi e parroci farfuglianti non basteranno a riscattare i tuoi delitti, Monaco. Sei condannato alle fiamme, ma intanto puoi evitarle. - disse estraendo una pergamena ed una penna di ferro dalla tunica. -Firma ed esaudirò ogni tuo desiderio, Monaco!-
Maki era titubante: mai parola gli era parsa più saggia, e ciò era male. Non si accorse quando Lucifero gli afferrò un bracco finché non percepì la punta acuminata della penna penetrargli una vena del polso.
Si trovò la penna in pugno, e la pergamena davanti al naso: la mano tremante si mosse da sola.
D'un tratto si bloccò strabuzzando gli occhi.
-Signore! Che faccio!- gridò scagliando la penna lontanò da sè.
Lucifero lo fulminò con lo sguardo.
-Stolto! Ti attendo all'Inferno, Monaco!- gridò scomparendo tra i miasmi di zolfo.
Maki sorrise, compiaciuto ed inebetito: aveva stoicamente resistito al Grande Seduttore; ma presto nuovi terrori gli affiorarono nel cuore, l'ora dell'esecuzione si faceva sempre più vicina.
Il pensiero che entro breve avrebbe incontrato lo sguardo offeso del Creatore lo fece rabbrividire.

La campana della vicina cattedrale annunciò la mezzanotte, il segnale fissato per condurlo al rogo. Il sangue gli si fermò nelle vene: febbrilmente si mise a frugare sul letto e sotto il veccho tavolo della cella per trovare la pergamena di Lucifero. Quest'ultima giaceva sgualcita sotto al mobile, la penna invece si trovava in un polveroso cantuccio dello stanzino.
Tese l'orecchio: gli parve di udire dei passi lungo il corridoio. Tremebondo, si confisse la penna nel braccio e firmò con incerta grafia il documento che gli avrebbe permesso la libertà.
I passi si fecero più vicini, qualcuno bussò alla piccola porta di ferro. Un sudore freddo inumidì le membra del prigioniero.
-Ti prego, portami via di qui!-
Sentì il rumore di una chiave infilata nella toppa.
-Lucifero... salvami, sono tuo... -
Un pentacolo di sangue ribollente sgorgò dal pavimento sotto i piedi di Maki, accompagnato da una leggera nebbiolina sulfurea.
Dall'esterno fecero scattare il chiavistello, e la porta ruotò pesante sui cardini rugginosi.
Il monaco, pazzo di terrore, non si accorse di Lucifero che, schizzato fuori dal pentacolo e distese le ampie ali, l'aveva afferrato per un braccio, ed aveva spiccato il volo.

Hikoichi entrò nella cella, stupendosi di trovarla vuota: la stanza era pervasa da un sottile tanfo di zolfo, un pentacolo insanguinato troneggiava sul pavimento. Si diresse verso il centro del disegno ed osservò il cielo plumbeo e caliginoso dall'enorme voragine aperta nel tetto: pareva che le tegole fossero state attraversate da un oggetto arroventato tanto erano annerite.
Una piuma del colore del sangue si posò leggera ai suoi piedi; il giovane segretario alzò le spalle.
-Peccato... ero venuto ad annunciargli la sua liberazione... -
Raccolse la piuma da terra ed uscì dalla cella trotterellando.

Il Santo si rese conto di essere libero solo quando vide il tetto del carcere scoperchiato e sfondato sotto di sé allontanarsi sempre di più dalla sua vista.
Il Demone fendeva l'aria con la rapidità d'una saetta e, in pochi attimi, si posò sull'orlo di un precipizio, il più dirupato della Sierra Morena.
Maki si ritrovò sull'aspra roccia, le orecchie frastornate dal rombo dei torrenti che scorrevano nelle profonde gole fra i picchi. S'affacciò timidamente sul baratro, atterrito.
Luciferò lo fissò con sguardo spietato, esultante e sdegnoso insieme.
-Dove m'hai portato? - domandò infine con voce cupa. -Portami da Nobunaga!-
-Nobunaga? Miserabile... Sarà proprio lui a condurre la tua anima negl'inferi, Monaco!- sibilò avvicinandosi con passo pesante. -Nobunaga altri non è che Thanatos, di cui inconsapevolmente conservavi il ritratto... -
Maki a quelle parole ebbe un sussulto: aveva fornicato con la Morte in persona.
-Ritratto che io stesso ho provveduto a dipingere e vendere all'abbazia, Monaco. Io ho posato Thanatos nella tua vita, io ti ho spinto a commettere gli atroci delitti di cui ti sei macchiato, ed ora ti farò mio per l'eternità! Non lascerai vivo questi picchi, Monaco!-
-Perfido! Noi due abbiamo stipulato un accordo!- gridò Maki, disperato.
-Io la mia parte l'ho fatta, Monaco. Tu mi hai domandato di scampare all'Inquisizione, e nulla più.-
L'abate si prostrò davanti al baratro ed iniziò a farfugliare qualche preghiera, per invocare la clemenza divina.
-Ardisci ancora implorare misericordia, Monaco?- disse Lucifero, afferrandolo per il collo della tonaca e sollevandolo da terra.
-Questo è per aver condannato Kaede per un delitto assai inferiore a quelli da te stesso commessi, Monaco!-
Con gli artigli gli scavò le orbite. Maki gridò, pazzo di dolore, cercando inutilmente di serrare le palpebre.
-Questo è per aver distrutto il mio dipinto... -
Con un sol colpo gli frantumò entrambe le ginocchia. L'abate reclinò la testa, trattenendo a stento un altro grido, mentre lacrime sanguigne gli rigavano il viso stravolto.
-Ed infine... - disse conficcandogli le grinfie nel cranio e librandosi in volo -questo è per aver stuprato Thanatos, Monaco!-
Lo scagliò nel crepaccio con tutta la sua demoniaca rabbia.

-Lucifero... -
Il Demonio si voltò. La Morte, appena richiuse le ali, gli rivolse un luminoso sorriso.
-La sua anima vaga per gli inferi e soffre. Un altro punto a nostro favore.-
-Dio non potrà mai farcela contro di noi.- disse il Demone. -Andiamo...
Thanatos si chinò, per permettere al cientipedoro di strisciargli lungo il braccio.
-Andiamo.- disse baciando il rettile con riverenza. La serpe si accoccolò intorno al suo collo.
La Morte dispiegò le sue grandi ali nere, e si allontanò, immergendosi nel chiarore dell'aurora.

FIN


 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
jill88 - Voto: 06/02/11 23:12
Incredibilmente favolosa!
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