torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Shin Seiki Evangelion (Neon Genesis Evangelion)
Titolo Fanfic: L`AVVENTO DEGLI DEI DELLA GUERRA
Genere: Fantascienza
Rating: Per Tutte le età
Autore: dave2k2 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 05/06/2002 23:10:01 (ultimo inserimento: 14/06/02)

questa è la storia di max rafe, un ragazzo di 15 anni coinvolto suo malgrado nella guerra tra umani e angeli.
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   

- Capitolo 1° -

ADVENT OF THE WAR GODS

PRIMA PARTE : Stranger in a Strange Land
"Stanger in a strange land
Land of Ice and Snow
They left me in this place here
Lost and far from home"

Max Rafe alzò gli occhi grigio ferro al cielo e sospirò per l'ennesima volta.
Il vento che faceva veleggiare pigramente le nuvole qui e là come pecore al pascolo
gli gettò in faccia una ciocca ribelle di capelli corvini e appiccicò una cartaccia
ai suoi piedi mentre, con passo incerto, si dirigeva verso il grigio edificio che
sarebbe stata la sua nuova scuola.
"Che diamine" si disse, "valeva proprio la pena farsi tutto il viaggio da Glasgow
fino a qui. Vento, nuvole, e la possibilità di finire ammazzato ogni mattina. Ma che
gioia, ma che goduria.".
Sbuffò, scrollando le spalle in maniera sgraziata, un gesto brusco e familiare che
da sempre accompagnava i suoi tentativi di postporre un problema a tempi -sperava-
più lontani e più tranquilli.
Se c'era una cosa che lo consolava, era che almeno uno dei suoi genitori -suo padre-
aveva appoggiato a pieno la sua strenua opposizione a trasferirsi dall'altra parte
del globo in quella che era -a detta di molti amici e colleghi di sua madre- una zona
di guerra. Ma a nulla erano valse le proteste di suo padre o le sue: alla fine avevano
fatto armi e bagagli e avevano seguito il terzo membro della famiglia in quella che
a loro era sembrata una delle imprese più folli in cui quel grumo di genio, sregola
tezza e tenera disorganizzazione che era 'Steph' (così, affettuosamente, erano soliti
chiamarla) li aveva mai cacciati.
Sua madre era una ricercatrice: per quanto avesse un registro disciplinare lungo quanto
l'Enciclopedia Universale, aveva lo spirito dell'esploratrice nel sangue... tant'è che
il Governo delle Nazioni Unite l'aveva spedita nel posto dove poteva fare meno danno e
forse ammassare qualche risultato utile. La cibernetica non dava da vivere nel campo
della produzione di massa, suo padre diceva sempre con la solita flemma.
"Bell'affare, Pa'", brontolò ancora al ricordo di quelle parole. "Bell'affare davvero."
Stufo di quei ragionamenti che giravano in circolo, Max allungò il passo: oltretutto
si stava pure facendo tardi.

La campanella squillò secca e decisa quando il giovane varcò la soglia della classe,
col fiato leggermente corto per le due rampe di scale fatte di volata: molteplici
paia d'occhi lo stavano scrutando...no..._frugando_.
"Eccovi la novità, gente. Prendete e mangiatene tutti, almeno finchè non vi annoierete
abbastanza.", pensò amaramente senza sforzarsi nemmeno di abbozzare un sorriso.
Il professore si alzò in piedi per ricevere il nuovo venuto.
"Ragazzi, questo è il vostro nuovo compagno: Maximilian Jonathan Rafe. Si è appena
trasferito a Neo Tokyo-III e studierà con noi fino a fine del ciclo scolastico!",
annunciò allegramente alla classe. Era un tipo gioviale, sulla quarantina, ben vestito
e con spessi occhiali da vista. Sembrava genuinamente amichevole.
Come già sua madre gli aveva detto di fare, Max scrisse il suo nome sulla lavagna,
e si voltò verso il gruppo di ragazzi che sarebbero stati i suoi compagni per un bel
po' di tempo: "Salve!" annunciò, sorridendo con le labbra ma non con gli occhi.
"Io sono Max. Lieto di conoscervi.". Aveva pronunciato le ultime parole con la stessa
enfasi con cui si sarebbe pronunciata una formula di rito per la millesima volta, ma
il professore parve soddisfatto, e il resto del branco era troppo occupato a guardarlo
per _ascoltarlo_.
"Bene, Rafe. Và pure a sederti laggiù, a fianco di Ikari.". Il professore indicò
un ragazzetto che aveva tutta l'aria di un pulcino nella stoppa con una mina
sotto i piedi: la sua espressione sorpresa era accentuata dai grandi occhi marroni,
e da due mani magre magre che si muovevano nervosamente sopra la superficie del
banco.
Con una leggera scrollata di spalle, Max si avviò con le mani in tasca verso il posto
a lui designato, e si sedette praticamente lasciandosi cadere giù, accennando solo
col capo a 'Ikari' in segno di saluto.
Chiuse gli occhi per un istante. "Forza, coraggio, e duro lavoro. Qui sei e qui devi
rimanere." si disse, più per abitudine che per convincersi, e iniziò a tirare fuori
roba dalla cartella.
Sarebbe stata la prima di una serie di lunghe giornate.
"Salve." fece una voce alla sua sinistra. Più per cortesia che per la voglia effettiva
di iniziare una conversazione, Max si voltò.
Ikari sorrise. "Spaesato?".
Un angolo delle labbra sottili di Max si piegò in su quasi involontariamente.
"Beh, un po'. Mai stato così lontano da casa... anche se a rigor di logica adesso questa è la mia
casa.". ("Bell'aggrovigliamento, ragazzo" si disse)
"Di dove sei?"
"Glasgow, Regno Unito d'Inghilterra"
Ikari appoggiò il mento sul palmo di una mano, fissando un punto imprecisato oltre la lavagna nera.
Per un attimo gli parve quasi che si perdesse in un vuoto più grande di lui e stava per voltare
la testa quando il suo interlocutore, in tono stranamente pensoso, replicò : "Dev'essere bello
potersene andare.". Aveva parlato, gli sembrò, più a se' stesso che a lui.
Trasse un respiro profondo, reprimendo l'istinto di dirgli che se fosse dipeso da lui non sarebbe
certo partito per venire a vivere agli antipodi, ma si trattenne. Se non altro, Ikari aveva
fatto uno sforzo per farlo sentire a suo agio, e non era certo il caso di bistrattarlo.
"Beh", borbottò in tono sbrigativo, "dipende.".
Il professore iniziò pazientemente la sua lezione.

****

Stephanie si cacciò le mani nella folta chioma castana, masticando pensosamente la matita.
Qualcosa nei calcoli non andava ancora...se solo avesse potuto trovare la famosa chiave di volta,
probabilmente....probabilmente....
"Ah, diamine!" strillò frustrata, e con un secco gesto del braccio spazzò via la montagna di carte
appallottolate che avevano radicalmente cambiato la geografia della sua scrivania da una regolare
e liscia pianura a una frastagliata catena montuosa giallo-bianca. Paziente, lo schermo del
computer alla sua destra attendeva l'inserimento dei dati.
Suo marito Jonathan sbirciò cautamente dalla soglia. "Steph", si azzardò, "Magari se usassi il
computer..."
Lei lo fulminò con un'occhiata che avrebbe incenerito un peso massimo. "Il giorno in cui affiderò
a una stupida macchina i calcoli che posso benissimo fare io, sarà il giorno in cui gelerà
l'inferno, _caro_!"
L'uomo sentì il familiare rizzarsi dei corti capelli brizzolati sulla nuca, e reprimendo un
sorriso per non irritare ulteriormente la consorte, si ritirò di nuovo in biblioteca a finire in
santa pace il suo libro. Stephanie sapeva quel che faceva, si disse più per rincuorarsi che per
effettiva convinzione: in effetti più di una volta si era preoccupato per le tendenze della
donna a perdersi nel suo mondo.... ma in fondo non faceva mai nulla di veramente pericoloso....
almeno...per ora.
Gli occhi di John scorrevano le righe, e la preoccupazione cresceva.

****

Max lanciò un'ennesima occhiata torva alla sua destra. Quella tipa coi capelli rossi
gli aveva piantato gli occhi addosso da quando era entrato in classe, e il modo in
cui la stava guardando non gli piaceva affatto. Era uno di quegli sguardi carichi di
sfida e disprezzo che immediatamente facevano venire prurito alle mani....
Oltretutto, quando non guardava lui, laciava occhiate ancora più sprezzanti ad Ikari,
che insaccava la testa nelle spalle come se avesse ricevuto uno schiaffo ad ogni sguardo.
Piegò leggermente la testa di lato.
"Ehi, Ikari. Ma chi diavolo è la testa-rossa?" bisbigliò nel mormorante silenzio
degli allievi intenti a ripassare gli appunti.
L'interpellato sospirò profondamente. "E' Asuka Souryuu Langley. E' arrivata qui pochi
giorni prima che arrivassi anche tu. E'...uh...una pilota.". L'ultima parte della
frase fu detta con tono appena intelligibile.
Le sopracciglia di Max formarono una "V" marcata.
"Pilota? E di che? Di un monopattino sperimentale?", sghignazzò impietosamente.
"No", bisbigliò Ikari di rimando, tradendo uno strano nervosismo, "E' una pilota di
EVA. E parla più piano o ti sentirà!"
Max soffocò a stento un'alta sghignazzata ancora più sguaiata della precedente.
"Sai quanto m'importa se mi sente o meno... come se dovessi aver paura di una ragazzetta!
Che vuoi che faccia, che mi schiacci con la sua macchina da guerra?"
L'altro lo guardò male. "Credimi, _sarebbe_ capace di farlo."
Max si strinse nelle spalle. "Baf. Non per dire, ma già mi riesce difficile pensare
che quella lì possa guidare un motorino, figuriamoci un robot....."
Ikari si strinse nelle spalle. "Non è così difficile."
"Prego?"
"Sì. E' come...come...essere lì, fare le cose come le faresti tu. Non so come spiegarlo."
Il giovane inglese assunse un'espressione a metà tra lo sbigottito e l'incredulo.
"E TU come fai a saperlo?"
"Beh..." mormorò il suo interlocutore con tono quasi colpevole "Anche io sono...sono
un pilota di EVA."
Max si grattò la testa, indeciso se ridergli direttamente in faccia o meno.
"Che diavolo", pensò, "Il fato di un'operazione militare messo in mano a uno scricciolo
e a una che ha tutta l'aria di essere una rompiscatole di prima categoria. Bell'affare!"
"Uh...però..." fu tutto quel che gli venne da dire.
Dopo un po', ruppe di nuovo il silenzio: "Com'è pilotare uno di quei cosi?" chiese.
Shinji abbassò leggermente il capo, ma non rispose: solo il leggero incupirsi dei
suoi occhi gli indicò che certe domande, almeno per il momento, era meglio tenersele
per sè; così ritornò a concentrare la sua attenzione sulla lezione.

***

Il comandante Gendo Ikari scorse lo sguardo sulla cartella protetta dalla busta trasparente
che il suo secondo, Fuyutsuki, aveva discretamente fatto scorrere sulla superficie
della sua scrivania.
Dopo qualche minuto, chiuse gli occhi, assorto.
"E così", disse, "stanno per completare il primo prototipo. Non è così?"
"Sì" fu la risposta dall'angolo in ombra che nascondeva le fattezze dell'altro occupante
della stanza.
Gendo sorrise freddamente, senza scomporsi. "Vedremo quanto sarà disposta a sacrificare
per vederlo muoversi. Puoi andare, Fuyutsuki."
"Sì."
Un leggero rumore di servomeccanismi, e Gendo Ikari rimase di nuovo solo. A pensare.
Il Progetto Tesla avrebbe potuto rappresentare un problema.

***


 
Continua nel capitolo:


 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: