UN TIPO STRANO - Capitolo 1° -
“Questo dovrebbe essere un covo?” Kisame sottolinea il sarcasmo con il colpo sordo di Samehada lasciata cadere a terra di punta “Settimane senza acqua corrente e un fornello, non ricordo neanche più l’ultima volta in cui ho fatto un pasto decente.” Ruota solo i sensibili occhi da squalo per sbirciare, di sottecchi, Itachi. È lì, al suo fianco, avvolto nella palandrana di Akatsuki da cui emerge solo con la parte superiore della testa, il pallore del viso contrasta col nero del tessuto e dei capelli. Nonostante Itachi sia tutt’altro che loquace, Kisame sa che le sue parole non andranno perse al cospetto del fenomenale ascoltatore. Non sta parlando con un muro, malgrado l’evidenza. “Giusto, dimentico sempre che per te mangiare è superfluo” Kisame raccoglie Samehada per riagganciarsela dietro la schiena, l’arma non si contraria di essere usata a mo’ di enfatizzante per le frasi del suo padrone. Anche lei, ormai, è abituata all’algidità di Itachi e ai vani tentativi attuati da Kisame per scalfirla “Altrimenti non finiresti a nutrirti di soli dolcetti per giornate intere. Sei proprio un tipo strano.” “Non divagare, Kisame” Itachi è immobile, la risposta monocorde. Il mantello cela ogni forma del corpo al limite della denutrizione, comprese le mani. Fissa ostinato l’entrata della grotta segnalata loro da Pain come rifugio senza trasmettere uno straccio di opinione in merito. “Visto che sei così bravo a trasformare ogni tua parola in un sermone, perché non sfrutti quest’abilità per farci riconoscere un briciolo di decoro dai piani alti? Non basta la paga a rendere dignitoso un lavoro” Itachi sta rilevando al volo il suo disappunto, tuttavia Kisame non può trattenere la stizza dinnanzi al tramonto ormai inoltrato e al vincolo di dover trascorrere lì la notte. “Il tuo lagnarti con me non ti servirà a essere redento da Kirigakure, Kisame.” “Lo vedi che le prediche sono il tuo forte?” Kisame archivia l’orgoglio per voltarsi verso il compagno “A differenza tua, io ho dovuto uccidere i miei compagni per una giusta causa, affinché non rivelassero informazioni ai nemici.” Niente. Itachi non tentenna neanche al ricordo della strada lastricata di morte da lui scelta. Kisame sospira rassegnato, ma nemmeno poi tanto. Non avrebbe mai smesso di guardare Itachi con rispetto e di considerarlo uno con credenziali e mentalità adatti a fargli da compagno. Sebbene discordi negli scopi, hanno vissuto gli stessi drammi e commesso le medesime nefandezze. Itachi può anche non essere d’accordo, ma la vicinanza con un altro individuo costretto a vegetare nel mondo in attesa della morte come ultima liberazione, rende più sopportabili a Kisame ferite emotive e magagne passate. Per questo aveva sfoggiato tutto il tatto di cui è dotato durante il loro primo incontro, con i tipi strani come Itachi non si sa mai come approcciarsi. Un’eccezione davvero, per Kisame, armarsi di cotanta pazienza; ormai ha perso il conto di quante volte si è represso per evitare di torcere il collo a quel moccioso gelido e inamovibile. La prima reazione di Itachi non è rivolta a Kisame. Normale amministrazione. L’uomo squalo è come trasparente mentre Itachi gli sfila davanti per immergersi nell'ombra generata dalla nuda pietra all’interno del tugurio. Scena ripetutasi decine di volte, Kisame non lo segue subito giusto per non dargliela vinta. Già, per quanto a Itachi possa interessare. “Kisame Hoshigaki. Maledetto disertore!” Sebbene minacciosa, la voce è ben lontana dallo spaventare Kisame. Gli imprevisti sono all’ordine del giorno per due ricercati come loro. Il solito pivello che si millanta come salvatore del mondo. Oppure l’arrogante di turno il cui unico desiderio è riscuotere la taglia. Che differenza fa? È degradante essere visto come un individuo facilmente liquidabile o una mera saccoccia di soldi. “Hai una minima idea di chi hai davanti, novellino?” la mano sull’impugnatura di Samehada, al momento, è solo una proforma. Kisame si concede il lusso di voltarsi con calma e sogghignante. Si palesa un secondo uomo, entrambi hanno già le mani posizionate, indossano maschere con lo stemma di Kirigakure. “Arte dell’Acqua. Tecnica dei Proiettili d’Acqua!” Kisame molla l’impugnatura di Samehada, non serve con queste mosse che conosce a menadito. E poi, sottrarre il chakra di due avversari esibenti una simile pochezza equivarrebbe a cibarsi di una caramella. Non si preoccupa minimamente di celare la sua smorfia furbetta in espansione: “Poveri stolti, godetevi i minuti che vi restano poiché sono l’ultima concessione che la vita vi fa.” “Tecnica della Prigione Acquatica!” I proiettili precedentemente scagliati dal primo uomo, vengono fusi in una consistenza più solida fino a formare una bolla intorno all’uomo squalo. “Bene, ora Kisame è sotto controllo.” Kisame non tenta neanche di soffocare la risata che i due sprovveduti gli suscitano mentre si appresta a ingurgitare l’intera gabbia liquida. Ha intenzione di espanderne la quantità al fine di travolgerli con una gigantesca ondata. Calcola che dovrebbe bastare per toglierseli di torno una volta per tutte. Ma qualcosa incespica, Kisame non ingrana col proprio corpo e con l’ambiente circostante. Il suo elemento non gli risponde più, l’orrenda sensazione dei comandi che partono dal cervello per poi smarrirsi lungo la strada cancellano il sorriso dal volto dell’uomo squalo. Il suo sguardo risentito si scontra con quello, carico di soddisfazione, degli avversari. L’incendio della collera invade la valle sconfinata del contropiede. “Itachi!” Kisame è costretto a capitolare ancora una volta, l’ammissione del bisogno di aiuto è l’esperienza più umiliante del mondo “Dammi una mano, dannazione!” “Quante volte ti ho ripetuto di non sottovalutare gli avversari e di non strafare, Kisame?” Itachi ha abbandonato la specie di covo in un silenzio assoluto, Kisame è certo che il suo udito sopraffino non abbia captato nulla. Avverte, però, il segreto gongolare di Itachi sotto il consueto tono piatto. “Stavolta ti sbagli, Itachi” l’impegno per non perdere il controllo è massimo, con un tipo strano come Itachi è meglio non sbilanciarsi “Hanno applicato una specie di sigillo, o qualcosa del genere. Non riesco a muovermi.” L’attenzione nei confronti di Kisame decade mentre Itachi avanza di qualche passo verso i due. Le mani sempre lungo i fianchi, ancora infagottato come un salame. “L’arroganza sbiadisce dinnanzi a questo sguardo” mormora pacato Itachi al cospetto dell’uomo che ha ingabbiato Kisame “E infine sparisce.” Nonostante non sia trafitto da armi tangibili, l’uomo a cui Itachi ha rivolto la breve frase stramazza a terra con un grido agghiacciante. Tende una mano alla cieca verso il compagno, poi è sopraffatto dalle convulsioni. Kisame capisce, a colpirlo è stato lo Tsukuyomi, la sua mente adesso è slabbrata da atroci torture. La bolla intorno a Kisame svanisce all’istante e lui torna a sentirsi integro, raggiunge Itachi di fronte al nemico annichilito dallo sharingan. Itachi può ammazzare senza alzare un dito, lo stupore di Kisame si rinnova ogni volta con l’intensità del primo momento. “Non è da te distrarti così, Kisame” l’osservazione flemmatica di Itachi non varia mentre, con un calcio deciso, fa saltare via la maschera dal viso dell’uomo colpito. È orrido, Kisame si sorprende nauseato davanti ai suoi occhi ribaltati simili a uova sode. “Non è stata distrazione, Itachi. Qualcosa ha interrotto il flusso del mio chakra, però adesso mi sento come nuovo” basta la sola vicinanza di Itachi a placare Kisame. “Nii – san” la mano dell’uomo colpito si protende tremante “Dove sei, Nii – san?” Itachi si ferma di scatto. Addirittura rinfodera il kunai che stava per destinare al petto dell’avversario. A quanto pare, sono fratelli. Kisame si guarda bene dal rinverdire i traumi del collega, checché la gente ne dica, è ben lungi dall’essere il mostro da tutti descritto. La mano si ferma insieme all’intenzione di ridurre a brandelli quello ancora in piedi. Approfittando del momento di sosta, il fratello maggiore afferra la mano dell’altro. Lo trascina via maldestro a causa del panico, senza badare agli urti tra rami, pietre e terreno sconnesso, pensa solo a confondersi lesto nella notte appena scesa. Gli occhi di Itachi tornati neri e innocui, si alzano assorti sulla luna sorta da poco: “Hanno eretto una barriera prima di farsi vivi, l’ho sentita sgretolarsi. Non eri l’unico a cui puntavano Kisame, probabilmente meri cacciatori di taglie.” “Il tuo sharingan è andato a segno, però” non è invidia, piuttosto curiosità. Quegli occhi sono speciali sul serio, hanno ingolosito Orochimaru fino a spingerlo a un confronto senza speranza con Itachi; e condotto Deidara sulla strada della follia autodistruttiva. “Colpendo il fratello più giovane con lo Tsukuyomi, ho individuato una piccola falla nella tecnica” senza scollare lo sguardo dalla luna, Itachi si sfiora il coprifronte sfregiato col palmo della mano. Le dita leggermente tremanti smentiscono l’usuale freddezza delle parole. Il lieve tentennamento non sfugge a Kisame. La crepa nell’incrollabile autocontrollo di Itachi è la prima che vede in oltre sette anni, cioè da quando lo conosce. Perciò, decide di sfruttarla: “So che adori comunicare per enigmi, Itachi, ma stavolta potresti sforzarti di essere più chiaro. Riguarda Kirigakure e, di conseguenza, me. Non ho mai visto nessuno fare combinazioni del genere finché sono stato là.” Kisame abbassa gli occhi appena terminata la frase, nasconde mezzo viso nel mantello, sposta il peso da una gamba all’altra. Disagio. Sì, perché lui non è abituato a mentire. La sua priorità non è studiarsi la tecnica nei dettagli, bensì cogliere l’occasione per conoscere meglio Itachi. Finalmente, per quanto possa essere un tipo strano, Itachi è affascinante. Kisame si sorprende sollevato. “La falla è l’affetto” ora gli occhi di Itachi guizzano su Kisame, rossi e taglienti “Il fratello più giovane, quello colpito da me, non ama abbastanza il maggiore. Anzi, lo odia per qualche motivo. Questa tecnica avrebbe avuto bisogno di un affiatamento totale per risultare completa.” “Affetto?” Kisame riemerge dal colletto per abbozzare un sorriso “È strano sentire un argomento simile da te.” Gli occhi di Itachi si perdono meditabondi nella notte, fa sempre così quando non ritiene l’interlocutore in grado di capire. Per la prima volta, Kisame avverte la sconfitta per aver fallito l’intesa col compagno. Non è potente, ma è lì che gli punge il cervello ostinata e prepotente. L’uomo squalo si schiarisce la gola per riprendersi: “Dovremmo andarli a cercare, non credo siano potuti andare tanto lontano. Quello colpito dalla tua illusione morirà, vero? Il fratello potrebbe tornare alla carica in cerca di vendetta.” “Non è detto” Itachi borbotta apatico “L’amore del maggiore è sincero, a volte è sufficiente seguire un legame emotivo per uscire dallo Tsukuyomi. Non posso prevedere gli effetti di un eventuale slancio emotivo.” “Calcoli sempre tutto, ma stavolta ti affidi alla sorte. Ragionamento degno di uno intricato come te.” Molto dell’anima di Itachi sfugge ancora a Kisame, tuttavia è ben conscio della malinconia scatenata in lui dalla parola fratelli. Non è difficile indovinare l’invidia che prova verso chi può ancora esprimere l’amore fraterno. Kisame non replica quando Itachi sparisce di nuovo nel rifugio lasciandolo lì, sa che si è già spinto molto oltre il suo limite di sopportazione. Chi è stato educato a soffocare le emozioni è destinato a essere compreso solo da amici speciali. Un'eventualità che forse potrebbe non verificarsi mai.
Dannati tuoni, sembra che il tempaccio tipico di Amegakure sia finito per estendersi in tutto il mondo. Kisame si rotola sulla dura roccia col collo indolenzito, gli ultimi scampoli di sonno sono costellati di incubi. Gli occhi di Pain che lo seguono ovunque. Kirigakure. Le innumerevoli colpe gli bruciano, ancora non ha rinunciato a riprendersi la vita a cui era destinato, tendere una mano per riappropriarsi di quel futuro che gli spettava. E Itachi. Il suo sguardo cupo gli rimprovera l’egoismo, poi si volta per andarsene. Se morisse prima di lui lascerebbe un vuoto. “Itachi…” Il fulmine illumina l’angusto rifugio trapassando la mano che Kisame ha teso inconsapevolmente, la luce si infrange sul fondo rivelando che è vuoto. “Itachi?” ormai sveglio, Kisame schizza a sedere. Itachi è sparito. Forse ha cambiato idea sul proposito di cercare quei due, o magari è andato a smaltire l’inquietudine in disparte. In ogni caso, è meglio sincerasi della situazione. Il consueto gesto di Kisame appena sveglio non cambia mai: recupera Samehada per agganciarsela al cinturone. La tempesta non riesce più a occultare il sole e si intuisce che ormai è mattina, a Kisame non resta che rassegnarsi all’ennesima giornata da portare a termine trascinando il fardello del sonno insufficiente. Si scherma gli occhi contro le raffiche di pioggia, la vista eccellente capta macchie rosse che si agitano al ritmo del vento. Sono le nuvolette del mantello di Itachi, è appollaiato sulla cima di una grossa roccia poco più avanti. Immobile sotto la burrasca, un tipo strano davvero. Kisame si incammina per raggiungerlo consapevole della vanità di eventuali richiami, non funzionerebbero, Itachi li ignorerebbe. Niente di logico funziona mai con Itachi. Il temporale scivola indifferente su Itachi. La sua immagine prende forma nelle pupille di Kisame mentre completa l’arrampicata. La palandrana gronda copiosa acqua, schizzi si sollevano come proiettili dai lembi sbatacchiati dal vento. Le raffiche gelide riducono i lunghi capelli neri a una matassa informe e aggrovigliata di nodi. Kisame non osa immaginare quanta pioggia gli stia penetrando nel colletto per andare a infradiciargli gli stracci troppo larghi che indossa sotto. Kisame si accoccola silenzioso accanto al compagno, fa caso alla differenza tra il proprio corpo e quello di Itachi. Sebbene il ragazzo sia sempre stato magro, ultimamente è peggiorato. Le clavicole sporgenti e i polsi troppo sottili sono le uniche parti di Itachi che sfuggono al mantello. Sembra troppo gracile per contenere il potere di cui fa sfoggio, Kisame lo nota davvero solo adesso. Forse solo a lui è consentito scorgere la debolezza segreta della famigerata leggenda Itachi Uchiha. “Temi che io me la svigni alla chetichella, ma non consideri che tu saresti il primo ad andartene se Kirigakure ti rivalutasse.” “Non ero qui per questo, Itachi. Non è un’idea brillante, per te, stare fuori con questo tempo. Se ti ammalassi qui, nel bel mezzo del niente, ti trasformeresti in una bella grana.” Itachi sbuffa una risata amara: “Dov’è finita la tua voglia di ammazzarmi per ricoprirti di gloria nel caso io tradissi Akatsuki?” è difficile separare rassegnazione e ironia in quegli occhi ora puntati su Kisame. “Era solo un modo di dire.” Kisame abbassa lo sguardo, la sconfitta per non essere riuscito a sostenere quello di Itachi stavolta nemmeno lo punge più di tanto “Entrambi abbiamo i giorni contati, il nostro solerte impegno per raccontarci frottole a vicenda ormai è futile. Ti sei unito all’Akatsuki con l’intento di fornire informazioni a Konoha, l’ho intuito da tempo. Hai dimenticato la mia istruzione da spia?” Per quanto sia opinabile l’infedeltà di Itachi nei confronti del piatto in cui mangia, Kisame ammira il suo incrollabile patriottismo verso villaggio che lo ha annientato. “Nelle ultime ore sono stato disdicevole come non mai” Itachi torna apatico, le ciglia ridotte a mazzetti a causa dell’acqua. Il sospiro che esala si evince solo dal movimento del petto. Ecco i segnali per indurre Kisame a guardarlo di nuovo “Mi sono fatto irretire dalla tentazione di giudicare. Chi sono io per condannare una persona che non ama abbastanza il fratello maggiore quando io stesso sono stato disumano col mio? Non seguire i miei pessimi esempi, Kisame, quando…” Sarai solo. L’esitazione di Itachi fa trasalire l’uomo squalo ancora di più della frase lasciata a metà. I suoi neonati timori si stanno concretizzando, è sempre meno sicuro di saper reggere la mancanza di Itachi. Le sopracciglia gli si aggrottano controvoglia, deglutisce a secco senza riuscire a racimolare una risposta sensata. Il silenzio autorizza Itachi a procedere: “Che tu ci creda o no, anche io avevo una giusta causa quella notte.” Kisame si concede un secondo per smaltire l’impreparazione: “Non mi permetterei mai di insinuarlo. Quale stolto agirebbe senza uno scopo?” “Escludi davvero la validità di altre alternative? La presunzione di essere nel giusto ha anestetizzato il desiderio di confrontarmi con qualcuno, ho barricato l’intero mondo fuori dalla mia vita. La pretesa di agire da soli conduce sempre al fallimento.” “La tua fama ti ha sempre preceduto” Kisame si agita a disagio sulla roccia, elargire sviolinate non è mai rientrato nel suo modo di fare. Eppure, adesso non prova repulsione nell’ammettere il suo pensiero “Tutti sanno che eri il genio del tuo clan. Se non sei riuscito a elaborare altre soluzioni, significa che non erano possibili. Mi dispiace, Itachi.” “Ha avuto senso indirizzare Sasuke su un percorso fatto d’odio? È un ragazzo di buona indole disposto a rischiare la sua vita per il bene dei compagni, ma tutto ciò rende l’animo fragile e potrebbe cancellargli le ambizioni.” Itachi chiude gli occhi e rivolge il viso al cielo. Sembrerebbe stia piangendo anche se la certezza assoluta non c’è, le eventuali lacrime sarebbero cancellate dalla pioggia torrenziale. Che sia un trucco estremo per occultare le emozioni traditrici? Il dubbio attanaglia Kisame appena Itachi ingolla qualcosa, forse un inopportuno groppo di dolore. Kisame avverte l’impellenza di rassicurare Itachi circa le sue scelte: “I valori di Sasuke non saranno intaccati. L’intera Konoha ti considera un rivoltoso assassino, non solo Sasuke. Lui sta guardando il fratello maggiore che continua a macchiarsi di crimini, non si pentirà di aver riscattato il nome del clan. Il marchio infame che ti sei addossato proteggerà la sua coscienza.” “Gli resteranno comunque le lacune per essere cresciuto da solo” nonostante il calibro delle parole, Itachi appare leggermente rincuorato, osserva Kisame pacato. La tranquillità di chi non ha più niente da perdere. “Durante gli scarsi confronti che ho avuto con lui, mi sono accorto che non sa riconoscere le emozioni che prova. Nessuno gli ha mai insegnato i loro nomi, spiegato cosa provocano e come governarle. Come comportarsi nel mondo. Gli ho rubato parte del futuro.” “Tu non ha rubato il futuro di Sasuke, piuttosto lo hai fatto con te stesso.” Itachi incrocia le gambe in una posa più rilassata, il tempo asseconda i minuti di silenzio che seguono facendo a meno dei tuoni. Anche l’intensità della pioggia è scemata. “Dovrò ancora terrorizzarlo, Kisame. Mentirgli, imbrattarlo con la vernice nera dell’odio. E, infine, costringerlo a vivere nella convinzione di essere un fratricida” lo sguardo di Itachi è limpido e fermo, il primo sprazzo di sole gronda sul suo viso, enfatizza i segni con cui è nato accentuati da magrezza e tormenti. Lacrime eterne scolpitegli in faccia dal destino. “Sarà proprio in quest’ultima menzogna che Sasuke dovrà credere affinché possa ottenere un potere superiore. Io so com’è la sofferenza che si prova a uccidere qualcuno che si ama. Il mio obiettivo prevede che Sasuke non provi compassione mentre si macchia le mani del mio sangue, ma la verità, prima o poi, verrà a galla. Sasuke sarà assalito dai seni di colpa.” “Sasuke sarà perfettamente in grado di accollarsi i suoi compiti e di portarli a termine senza rimpianti. Lo sai perché, Itachi?” il sorriso di Kisame non è beffardo, gli occhi tondi ardono, finalmente può comunicare con una persona affine “Il terrore che hai di aprire le porte del tuo cuore si sgretolerà di fronte a Sasuke. Non so esattamente in quale momento succederà, ma Sasuke avrà chiaro il tuo intento e quello che provi per lui.” “Una sorta di confessione, insomma” gli occhi di Itachi dardeggiano di una voglia di vivere ritrovata, non ne aveva mai dimostrata un briciolo in sette anni. Il lieve innalzamento degli angoli della sua bocca, impercettibili a chiunque, non scappano a Kisame. “Non mi meraviglierei se tu sottoponessi a Sasuke uno dei tuoi enigmi sulla soglia dell’epilogo. Magari sarà troppo sconvolto per decifrarlo subito, ma prenderà i suoi contorni col tempo.” Kisame ride per dissimulare l’annodamento dello stomaco. Itachi adesso ha i denti scoperti in un sorriso, assottiglia i suoi occhi. Ha colto il consiglio. “Rientriamo, dobbiamo asciugare questa roba prima di proseguire” Itachi si alza in piedi, il mantello stilla ancora acqua, ma il sole gli spende alle spalle. “Magari anche fermarci da qualche parte per mettere qualcosa sotto i denti.” “Certo.” Inaspettatamente, Itachi attende l’amico per affrontare la discesa insieme. |
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