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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: MI SPAVENTA IL FASCINO
Genere: Azione, Erotico, Dark, Introspettivo
Rating: Vietato Minori 18 anni
Avviso: One Shot, Lemon, Shounen Ai, Yaoi
Autore: bebedb galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 11/10/2023 20:51:08

Tobirama x Madara; TobiMada. Riepilogo a inizio capitolo. Avvertimenti: Scena BDSM e Non - Con
 
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MI SPAVENTA IL FASCINO
- Capitolo 1° -

Riepilogo

Tobirama detesta essere attratto da Madara, ma non riesce a sottrarsi al suo fascino. Madara gli fa rabbia; nonostante Tobirama gli abbia ammazzato il fratello, Madara non ha mai tradito emozioni. Madara gli sottrae le attenzioni di Hashirama, l’Hokage ascolta di più l’amico piuttosto che il fratello.
Ma chi è Madara per piegare tutti al suo fascino e far strisciare Tobirama come un lurido verme?
Tobirama x Madara; TobiMada




Di questi Uchiha, mi spaventa il fascino. Non ce l’ho con Madara come non ce l’avevo con Izuna.

Per Tobirama era una questione di dignità. Un rimpallo, una lotta continua su chi si accaparrava le attenzioni di Hashirama.
Che poi, Tobirama aveva scoperto di volere bene al fratello maggiore solo dopo che nella loro vita era apparso Madara. Solo adesso che l’Hokage dava più retta a un ex rivale piuttosto che a suo fratello.
No, non era possessività, non era forse vero che il valore delle persone si vede davvero dopo averle perdute?
Mentre si dirigeva a passo svelto verso casa di Madara, Tobirama aveva sbuffato poco convinto. Per Madara era facile soffiargli le attenzioni di Hashirama, ma Tobirama doveva sputare sangue per riavere un minimo di considerazione dal fratello. E non sarebbe mai finita.
Però… non ce la faceva più a stare col cazzo duro tutto il giorno. Ogni volta che Madara gli passava vicino, quando lo guardava muoversi o sentendo il suo odore. Ormai succedeva anche solo pensandolo.
Nonostante gli avesse ammazzato il fratello, Madara era diventato il suo chiodo fisso. La sua ossessione. Gli succhiava la vita, il pensiero di Madara lo costringeva a lasciare le riunioni per scappare a masturbarsi in bagno.
Tobirama aveva il sangue agli occhi, se ora stava per arrivare a tanto era per non impazzire. Ma che diavolo gli aveva fatto Madara? Come si permetteva di ridurlo a un insetto strisciante senza più spina dorsale?
Tobirama aveva bussato, la mano si era mossa da sola. Movimenti lenti dall’altra parte della porta, poco più che fruscii. Nessuno aveva chiesto chi è.
Aveva aperto proprio Madara. Beh, viveva da solo, chi avrebbe dovuto essere? Ma Tobirama doveva ammettere che aveva avuto paura di trovarci Hashirama. Ma chi cazzo era Madara per piegare tutti quanti al suo fascino?
“Che vuoi, Tobirama?” il viso di Madara si era indurito pur senza scomodare i muscoli, gli occhi erano diventati rossi.
Madara aveva davanti l’uomo che gli aveva strappato l’ultimo affetto; Tobirama colui che lo avrebbe odiato per sempre.
Il disegno dello Sharingan era fuso con quello di Izuna. Madara aveva sempre mantenuto immensa dignità nel suo tremendo dolore, Tobirama non lo aveva mai visto piangere, gridare o strapparsi i capelli. Le sue mani non avevano mai avuto un tremito. E gli faceva rabbia, dannazione. Tutti gli facevano rabbia. Questi Uchiha che sembravano non avere emozioni ma erano capaci di generare una devastazione di passione negli altri.
“Ehm…” Tobirama non aveva pensato a cosa dire per convincerlo a uscire di casa. Accidenti a lui, Tobirama non sopportava di essere tenuto in pugno così “Durante dei lavori nel covo Senju è stata trovata una tavoletta con scritte illeggibili. Sembra un frammento della Stele degli Uchiha. Ma solo lo Sharingan è in grado di decifrarla, potrebbe essere un falso.”
“Io non sono necessario, può farlo chiunque.”
Madara aveva spinto la porta per richiudergliela in faccia, ma Tobirama aveva fatto in tempo a metterci un piede nel mezzo. Si era morso il labbro inferiore per trattenere un’esclamazione di dolore, la forza di Madara era stata notevole sia pure muovendosi appena.
“Hashirama è lì, ti sta aspettando” Tobirama stava per perdere il controllo, tremava sempre di fronte a Madara “Vorrebbe tenere la scoperta segreta almeno finché non ne sapremo di più.”
“Arrivo subito” Madara si era chiuso il colletto del mantello e si era stretto la cintura.
Ecco la parola magica: Hashirama. Ora Tobirama tremava di rabbia.

“Abbiamo mandato via gli operai, Hashirama voleva essere certo che nessuno sapesse” Tobirama aveva dovuto inventarsi l’ennesima scusa per giustificare l’assenza di rumori.
Madara guardava l’ingresso del covo sotterraneo. Il vento gli spostava i folti capelli, dopo la perdita di Izuna era apparso qualche filo bianco. Il mantello blu si muoveva sfiorandogli le caviglie, i piedi bianchi, eleganti. Le vene in evidenza erano una caratteristica di chi era fisicamente forte.
Tobirama aveva deglutito a secco. Madara era impassibile, impossibile capire se si fosse bevuto o no le scuse di Tobirama.
Poi Madara si era deciso ad entrare. Tobirama detestava seguirlo come un cane, ma non gli era possibile sottrarsi al fascino di Madara.
“Di qua” Tobirama lo guidava lungo il corridoio di pietra rischiarato dalle torce.
Scendevano in profondità, l’aria era fredda e puzzava di umido. Tobirama doveva essere certo che nessuno sentisse suoni dall'esterno. Ma doveva anche stare attento che il suo respiro accelerato non rimbombasse troppo.
Aveva ceduto il passo a Madara per farlo entrare per primo nella stanza, trovarsi alle sue spalle era una mossa da vigliacchi, ma era necessaria.
Mentre Madara si guardava intorno esaminando la stanza deserta, Tobirama aveva estratto la lunga fune rossa che aveva in tasca e che stava accarezzando da un po’. Madara avrebbe capito in pochi attimi che lo aveva ingannato.
Tobirama aveva stretto la fune al collo di Madara in un istante. Madara era scattato, gli aveva dato una gomitata nello stomaco ed era riuscito a girarsi. Se Madara lo avesse guardato, Tobirama sarebbe stato fritto. Madara stava per voltarsi, Tobirama vedeva già il rosso dei suoi occhi brillare.
Ormai Madara era di tre quarti, Tobirama stringeva la fune di più.
Con un gesto fulmineo, Tobirama aveva sbatacchiato Madara contro la parete spoglia, il suo cranio aveva prodotto un tonfo sordo. Madara ringhiava, digrignava i denti, stringeva il polso di Tobirama e stava per spezzarglielo. Tobirama gli aveva stretto una mano al collo, sentiva la carotide di Madara pulsare. Era lì che doveva premere.
“Bastardo…” la parola si era spenta in un rantolo, e con lei il rosso dello Sharingan.
Madara era stramazzato sul pavimento, Tobirama gli si era inginocchiato accanto.
Madara era bellissimo, Tobirama gli liberava il viso pallido dai capelli. Madara respirava piano dalle labbra socchiuse; con le mani tremanti, Tobirama gli aveva aperto il mantello. Il suo respiro accelerava mentre accarezzava i pettorali di Madara, la pelle chiara era calda, gli addominali si muovevano al ritmo del respiro.
Tobirama lo aveva spogliato completamente, accarezzava le lunghe gambe di Madara. Risaliva su, verso le natiche muscolose.
Madara aveva emesso un gemito e Tobirama era stato attanagliato dalla paura. Si stava svegliando, bisognava agire in fretta.
Tobirama aveva iniziato a intrecciare la fune rossa intorno al corpo di Madara, gli aveva immobilizzato braccia e gambe. Aveva fermato la fune infagottandogli il cazzo in un bozzolo, poi aveva fatto passare la corda restante in mezzo alle natiche.
Un gemito più forte, Madara aveva aperto gli occhi. Tobirama glieli aveva tappati con una benda, non si sa mai.
“Maledetto” Madara aveva ripreso a ringhiare.
Tobirama aveva afferrato Madara dal busto per caricarselo su una spalla, poi si era alzato. Madara era robusto e pesante; la sua pelle era calda ma fresca sulle natiche, Tobirama se la sentiva appoggiata alla guancia. Il cazzo di Tobirama pulsava stretto nei pantaloni.
Madara si dibatteva per liberarsi, strepitava, i lunghi capelli frustavano la schiena di Tobirama.
“Sei un animale, Madara. Ora avrai la trappola che meriti.”
Tobirama aveva trasportato Madara dall’altra parte della stanza, lo aveva issato sulle catene che una volta servivano per tenere fermi i prigionieri. Madara stava appeso con le gambe divaricate e il culo che gli pendeva nel vuoto, si dibatteva furioso, pezzi di muro si staccavano.
“Non sprecare energie, Madara. Nessuno ti troverà.”
Tobirama si era tirato fuori il cazzo, le natiche di Madara tagliate dalla fune lo facevano impazzire. Tobirama si era avvicinato al culo di Madara, con le dita tremanti, gli aveva tolto la fune da in mezzo alle natiche. Aveva iniziato a leccargli il buco del culo, Tobirama avrebbe potuto raggiungere l’orgasmo solo così, con la faccia tuffata tra le natiche di Madara aspirando avidamente il suo profumo speziato. Gli aveva infilato la lingua dentro, il corpo di Madara era incandescente.
“Sei un lurido verme, Tobirama.”
“Sta zitto” Tobirama gli aveva artigliato i fianchi per tirarlo verso di sé “Un verme libero e una tigre in cattività”
Tobirama aveva riso, poi si era liberato degli ultimi indumenti. Aveva preso tra le braccia i fianchi di Madara per calarselo sul cazzo teso. Il culo di Madara gli era ricaduto sul ventre, il cazzo affondato nella sua carne bianca ma bollente. Il corpo di Madara non opponeva resistenza, sembrava avere un lubrificante naturale. Tobirama aveva immaginato di scoparselo un sacco di volte, ma mai avrebbe detto che fosse così.
Tobirama aveva reclinato la testa all'indietro con un grugnito strozzato, le vene del collo gonfie. Si faceva strada dentro Madara, il corpo che gli sobbalzava tra le braccia aumentava il suo piacere. La pelle di Madara schioccava al contatto con la sua. La smania del piacere gli offuscava la ragione.
Ma quella pupilla rossa si era liberata, i forti affondi di Tobirama avevano spostato la benda. Bastava un solo occhio, era bellissimo e Tobirama non aveva potuto fare a meno di guardarlo.

Smettila, Tobirama. Sciogli i nodi e tirami giù.
Va bene.

Le mani di Tobirama avevano smesso di tremare per diventare delicate, il cazzo improvvisamente floscio era uscito da Madara. Con lo sguardo assente, Tobirama aveva slegato Madara e poi lo aveva calato sul pavimento.

Sei bravissimo, Tobirama. Ora spegni le torce e torna qui. Non avere paura del buio, ti guiderò io.
Va bene.


Tobirama era tornato come un automa, Madara riusciva a vedere il suo sorriso ebete attraverso le tenebre.

Tutte le luci si spengono, la mia speranza è distrutta.
No Tobirama, voglio solo ricambiarti il favore.


Tobirama aveva sorriso ancora mentre saliva sulle catene e si legava da solo. Malgrado l’oscurità, continuava a vedere con la mente. Madara che ghignava e si manipolava il cazzo in attesa di lui era una visione divina.

 
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