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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: TO BE
Genere: Sentimentale, Romantico, Drammatico, Erotico, Introspettivo
Rating: Vietato Minori 18 anni
Avviso: One Shot, AU, Lemon, Shounen Ai, Yaoi
Autore: bebedb galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 31/07/2023 22:39:44

ObiNaru Obito x Naruto Modern AU. Essere o apparire? La semplicità di Naruto salva Obito dai suoi mostri nel giorno del suo comppleanno.
 
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TO BE
- Capitolo 1° -

Riepilogo

ObiNaru; Obito x Naruto Modern AU. Dedica per il compleanno di Obito.

“Obito… chi è Obito?”
[…]
“Obito… un mostro.”
“No, Obito e basta” la voce di Naruto era stata un sussurro mentre gli prendeva le mani.
[…]
“Quel ragazzo non c’è più, Naruto. Non ho più fatto vedere la mia faccia nessuno, non la guardo nemmeno io senza questa roba addosso” Obito aveva alzato una mano tremante per mettersela davanti al viso.
“E chi c’è ora? Tobi?” Naruto gli aveva tirato le mani “No, io vedo oltre l’apparire. Vedo che lì c’è ancora Obito, quello che ride e si diverte con un mangianastri scassato. Quello che sa amare, un uomo che si affeziona davvero. Qualcuno ancora capace di meravigliarsi ogni giorno. Essere o apparire? Tobi oppure Obito?”


“Naruto!” il bussare si faceva più frenetico di secondo in secondo “Naruto, apri!”
Il biondo si era lasciato cadere spazientito la matita dalle labbra; dirigendosi verso la porta, si chiedeva che diavolo avesse Kiba per essere così elettrizzato. Insomma, quando mai si piombava in quel modo a casa degli amici da quando era iniziata l’era dei cellulari?
Nonostante Naruto si fosse trovato davanti il viso dell’amico sorridente, lo aveva guardato spazientito, con le braccia incrociate e la testa inclinata di lato.
“Beh, posso entrare?”
“Prego” Fai pure tutto quello che vuoi, demolisci la casa come se fosse tua.
Kiba sembrava aver vinto la lotteria, aveva fatto irruzione e si era lanciato sul divano con un tuffo acrobatico degno di un campione olimpionico.
“Cos’è questa roba?” Kiba aveva aggrottato le sopracciglia sollevando il manuale che Naruto stava studiando, non si era accorto di averlo messo capovolto.
“Narratologia” il biondo gli si era seduto accanto sospirando.
“Allora fai sul serio” Kiba aveva chiuso il volume per posarlo sul tavolo con un gesto di rinuncia “A me le tue poesie piacciono, sarebbe un peccato vederle private del loro fascino verace.”
“Tranquillo, non succederà” Naruto gli aveva posato una mano sulla coscia “Potrò solo migliorare.”
“Una notizia grandiosa, Naruto. Ma la migliore devi ancora sentirla.”
Naruto si era appoggiato con un gomito sul bracciolo, i grandi occhi azzurri avevano chiesto a Kiba di proseguire.
“C’è una festa in maschera sabato, al Limbo. Ci divertiremo, hanno in programma uno spettacolo di cubisti che è la fine del mondo” nonostante Kiba si sforzasse di rimanere serio, non avrebbe mai potuto impedire alla gioia di esplodergli dagli occhi “Verrà anche Sasuke.”
Una festa in maschera, sabato. Sasuke.
Naruto si era sentito cadere la mascella sul pavimento, non sapeva se saltare dalla felicità o correre in bagno a sturarsi le orecchie. I suoi amici avevano smesso di partecipare alle feste di Carnevale dalla prima media. Roba da bambini, dicevano. Ormai siamo troppo grandi. Per non parlare di Sasuke, aveva smesso di fare stupidaggini del genere più o meno a sei anni. Naruto ci aveva sofferto da matti, si era sempre divertito a eventi di quel tipo, tuttavia non lo aveva mai confessato a nessuno per non essere additato come un moccioso. Si era adattato punto e basta. Era tempo di crescere, si era detto.
Stavano per laurearsi e Kiba lo aveva appena inviato a una festa in maschera. E sarebbe venuto anche Sasuke.
“Sasuke…?”
“C’è un dress code, la maschera è obbligatoria” il sorriso di Kiba si era fatto asimmetrico mentre gli assestava una gomitata alle costole.
Il viso di Naruto si era illuminato tutto. Non vedeva l’ora di andare, ovvio.

Caspita quanto gli erano mancate serate così. Tra pochi anni Naruto si sarebbe annoiato a morte anche solo pensandoci a quel mondo, ma ora si divertiva anche stando in fila a cazzeggiare con gli amici. La spessa porta del Limbo non riusciva a tenere a bada il basso martellante, per essere una serata di inizio febbraio era abbastanza mite, le voci dei ragazzi in maschera salivano allegre nella pineta intorno al locale.
“Naruto, si può sapere da che diavolo ti sei vestito?” la domanda di Kiba era arrivata dopo venti minuti che stavano in fila. Aveva cercato di capirci qualcosa per non fare una figuraccia, ma alla fine si era arreso.
“Da volpe, non si vede?”
“A me sembri più un gattino con questi baffetti” Ino aveva allungato un’unghia chilometrica da strega per solleticargli le guance “E poi non capisco perché ti sei messo solo l’ombretto, avresti dovuto pitturarti tutto il viso di arancione.”
“Bah! A me sembra un pigiama” Kiba lo aveva squadrato da capo a piedi con le mani sui fianchi.
Era vero, si trattava di un pigiama, ma Naruto aveva avuto solo tre giorni per mettere insieme un costume. E poi non avrebbe mai confessato che dormiva con quella roba a forma di peluche.
“Senti da che pulpito, tu hai rubato la pelliccia a tua sorella per sembrare un licantropo. Vedrai che sauna quando sarai in pista.”
Sakura si era portata una mano imbottita di rosa al viso per soffocare una risata, Naruto era troppo spassoso quando metteva il broncio. Aveva tirato fuori dall'armadio il costume da coniglietta rimasto a marcire da quando si erano sentiti tutti adulti all’improvviso, per fortuna non le era mai saltato in mente di darlo via.
“Ehi, guarda che figo quello” Ino si era beccata una gomitata nelle costole dall’amica.
“Già, chissà chi è?”
“Lo avvicini tu quando siamo dentro?”
“No, tu.”
Naruto non aveva potuto fare a meno di sbuffare, quelle due già si azzuffavano per un tizio che si era incollato ali di cartone simili a zampe di gallina. Che c’era di tanto speciale in uno che si era messo del rossetto azzurro e disegnato una croce nera in mezzo alla faccia? Si notava da un chilometro che i capelli erano impiastricciati di bomboletta blu, sarebbe stata meglio una parrucca piuttosto che quell’effetto pagliaio.
“Babbei, sono io.”
“Sasuke?”
Naruto non aveva potuto unirsi al coro, la mascella gli era arrivata in terra per la seconda volta.

Sì, una serata perfetta. Kiba si era liberato della pelliccia dopo cinque minuti, Sasuke se ne stava spaparanzato al tavolo sorseggiando i Bloody Mary servitegli una volta da Ino e l’altra da Sakura. Poi le due si rimpiattavano invano in un angolo per vedere lui chi avrebbe scelto per un ballo.
Solo Kiba e Naruto si stavano davvero divertendo, ballavano senza pensieri e si erano goduti i primi due cubisti. Due esagerati il cui unico scopo era stato quello di attirare l’attenzione della sala. Il primo, Kisame, un tipo in costume, gigantesco e fanatico di culturismo. Presentato come l’uomo squalo, si era pitturato di blu su tutto il corpo disegnandosi persino le branchie in faccia e sulle spalle. Non sapeva fare altro a parte le mosse imparate in palestra, boati di esclamazioni si sollevavano dalla pista ogni volta che gonfiava i muscoli.
Il secondo, Madara, eseguiva salti mortali facendo caso solo a dove finiva il metro e mezzo di capelli che si ritrovava. E poi chissà che senso aveva stare mezzo nudo con i guanti di pelle. In pista serpeggiava la voce che fosse il padrone della baracca.
Non era certo questo il metodo di tenere alta l’attenzione di Naruto, lui aveva sempre detestato gli esibizionisti, tutta apparenza per avere una nocciolina al posto del cervello. Così aveva continuato a godersi la musica in compagnia di Kiba e a ridere sotto i baffetti per i numeri di Ino e Sakura.
“E ora ecco a voi Tobi, la creatura della luna!”
Stavolta era stato Kiba a correre in soccorso di Naruto per non fargli cadere la mascella, con una mano sotto il mento gli aveva chiuso la bocca ridacchiando.
L’atmosfera del Limbo era sempre stata sui toni cupi, laser viola e blu disegnavano ombre ovunque facendole scorgere anche dove non esistevano. Ma la creatura della luna emanava luce argentata.
Il mantello bianco era fuso con la pelle, impossibile capire dove finisse l’uno e iniziasse l’altra cosparsa di polvere d’argento. Anche i capelli erano fatti di luna. Il viso etereo brillava di luce notturna, lo sguardo cangiante di viola. Lenti colorate, ma Naruto non ne aveva mai viste di così belle.
La gente in sala aveva smesso di parlare, ballare, bere e qualunque altra azione stessero facendo prima dell’arrivo di Tobi. Congelati, mentre la creatura della luna faceva una piccola sfilata. Niente numeri strani o acrobazie, era arrivato al limite del palco camminando. Li aveva guardati, incantati, solo stando immobile. Impossibile capire dove Tobi rivolgesse lo sguardo, chiunque si sentiva osservato dalla creatura della luna. Era rimasto lì, fermo. Poi si era voltato per tornare da dove era venuto, camminava e basta sospeso della penombra.
Il cuore di Naruto si era fermato, non respirava più e il petto gli faceva male. Non era stato l’effetto dei laser del Limbo, allora. Tobi era senza faccia, ne mancava la metà destra, Naruto non aveva avuto dubbi nel momento in cui si era voltato per andare via, non si era visto nemmeno il luccichio dell’occhio.
“Kiba… ma…” Naruto dovette fare uno sforzo per smettere di balbettare e articolare un discorso comprensibile “Non ha la faccia!”
“Non dire stupidaggini, Naruto” Kiba gli aveva rifilato una pacca dietro la nuca “Indossa una calza, una specie di collant.”
“Un… un collant?”
“Ma sì, quelli che si mettono le donne” Kiba non aveva mai smesso di giocherellare con la dentiera da lupo, odioso, come chi si mordicchia tutto il giorno i piercing “Sei troppo ubriaco per esserti accorto che c’erano disegnate delle fiamme nere, ne aveva altre sui pantaloni, l’effetto delle luci ha fatto il resto. Trucco e costume geniali. Vieni, andiamo a farci una birra e non pensarci più.”
Naruto si era fatto accompagnare docile al bar. Le birre erano diventate due e poi quattro nel giro di dieci minuti. La quinta se l’era scolata da solo, Kiba era andato a sedersi da Sasuke stufo del suo mutismo.
Naruto non poteva farci niente, continuava a chiedersi se Tobi fosse stato reale o no. Ma sì, lo aveva visto anche Kiba, la pista era ammutolita. Ma era umano o davvero era sceso dalla luna? Vernice argentata, glitter e un collant in faccia non avrebbero mai potuto fare un effetto simile nella vita vera.
Le birre avevano iniziato a dare i loro risultati non solo nella testa, per fortuna Naruto se ne era reso conto prima di farsela sotto.
“Vado in bagno” aveva detto a una Sakura sempre intenta a spiare le mosse di Sasuke da un angolo senza mai un accenno di armistizio nella guerra fredda con Ino.
Il trucco da volpe che si era fatto con tanto entusiasmo ormai gli sembrava insulso, Naruto si era lavato la faccia, l’acqua fredda gli aveva schiarito le idee. Prima di uscire dal bagno si era abbassato il cappuccio con le orecchie, non sarebbe bastata una vita per dimenticare la creatura della luna, figuriamoci cinque birre. Tobi non avrebbe mai saputo della sua esistenza. Meglio così, presentarsi con un pigiama a forma da volpe non era il metodo migliore per farsi notare.
Il corridoio dei bagni era ancora più in penombra della pista, accorgersi di qualcuno, per giunta vestito di nero, sarebbe stato impossibile se la persona in questione non avesse avuto un modo particolare di muoversi. Come fare a non notarlo se sembrava fluttuare nell’aria impalpabile come un ologramma?
Era lui. Si era fatto la doccia liberandosi del trucco, i capelli erano neri e umidi, l’occhio sinistro dello stesso colore. Il destro inghiottito dall’oscurità come quel lato del volto.
Naruto aveva fatto qualche passo verso di lui per capirci qualcosa, non gli importava di avere la faccia da ebete, doveva sapere.
Fettine di lime e chiazze di ghiaccio mezzo sciolto erano da sempre le peggiori trappole lasciate sui pavimenti delle discoteche, Naruto si era destreggiato su quella specie di campo minato riuscendo sempre a schivarle casualmente. Fino a ora. Non avrebbe mai pensato che qualcuno avesse la brillante idea di andare a scolarsi cocktail davanti ai bagni, eppure era accaduto proprio quella sera.
Per non finire col sedere per terra e fare la figura del sacco di patate infagottato in un peluche arancione, Naruto si era sbilanciato in avanti sperando di mantenere l’equilibrio. Mai un calcolo era stato così sbagliato, sarebbe finito di faccia sul pavimento se qualcosa non lo avesse trattenuto.
“Tobi?”
La creatura della luna, ora diventata della notte, lo aveva afferrato al volo. Dopo averlo rimesso dritto tenendolo dalle spalle, il moro aveva ripreso a camminare senza più degnare Naruto di attenzione.
Kiba aveva ragione, il lato destro del viso era nascosto da fiamme nere tenute in posizione da un tessuto elastico e sottile, anche l’occhio era velato. Tobi non le aveva tolte, adesso gli donavano ancora di più simili ai capelli e in contrasto con la carnagione chiara.
“Ehi, ma tu ci dormi con quella roba in faccia?”
Naruto, persuaso di essere ancora ignorato, non si sarebbe mai aspettato che l’altro si fermasse per girarsi a guardarlo.
“Ehm… grazie” Naruto era corso a massaggiarsi la nuca imbarazzato “Mi chiamo Naruto, tu? Tobi non può essere il tuo vero nome.”
Il moro gli aveva dato le spalle per continuare la sua marcia verso l'uscita.
“Volevo farti i complimenti” le gambe di Naruto si erano mosse in automatico per corrergli dietro “Sei stato fantastico prima sul palco, non sembravi reale.”
“Buonanotte, Obito.”
L’uomo all’uscita lo aveva salutato dando la tanto desiderata risposta a Naruto. Il biondo, rincuorato, aveva accelerato la marcia.
“Ehi, biondino” il tipo aveva allungato un braccio per bloccarlo “Tu che fai, hai intenzione di rientrare?”
“No, vado a casa” incredibile come certe situazioni facciano sparire qualunque tentennamento.
“Obito, aspetta” Naruto aveva attraversato con due balzi il parcheggio sotto la pineta, Obito era quasi arrivato in fondo “Vai a casa a piedi?”
“Sì, abito vicino. Grazie per avermi apprezzato, Naruto, mi ha fatto molto piacere.”
Obito aveva parlato per la prima volta, un tono suadente ma rassegnato. Naruto, senza fiato per l’ennesima volta, si chiedeva cosa gli fosse successo.
“Se vuoi ti accompagno” Naruto era stato costretto ad accelerare di nuovo, pur procedendo con calma Obito era un fulmine. Quell’uomo aveva bisogno di compagnia, Naruto capiva al volo chi soffriva la solitudine.
“Sei molto gentile, Naruto. Ma sono stanco.”
“Aspetta…” ghiaia e bevute avevano tradito Naruto facendolo inciampare.
Obito era tornato indietro, non poteva restare indifferente davanti al costume da volpe stracciato su un ginocchio e già inzuppato di sangue.
“Fammi vedere” Diversi sassolini erano rimasti conficcati nella pelle rosa di Naruto, Obito si era rialzato afferrandolo da un braccio “Vieni, dovrò disinfettarti.”

Sì, Obito era una persona sola. Il minuscolo appartamento non era per nulla accogliente. Aria afosa e puzzo dolciastro di vecchi tessuti. Penombra ovunque, la carta da parati era viola scuro e le vecchie lampadine a incandescenza non superavano i quaranta Watt.
Niente foto appese alle pareti, né sue e né di altre persone. La cucina sembrava inutilizzata da diverso tempo, Naruto avrebbe scommesso di trovarci delle ragnatele tra i fornelli puliti, sembravano appena usciti dal negozio.
Il divano era ingombro di vestiti, Obito ci aveva lanciato anche il cappotto restando con il dolcevita nero, la maschera con le fiamme sembrava tutt’uno col maglione. Obito non l’aveva tolta, nemmeno dopo aver iniziato a estrarre, usando delle pinzette, i sassolini dal ginocchio di Naruto.
Mai Naruto era stato più felice di essere stato goffo, stavolta gli aveva fruttato ottima compagnia. Era rimasto in boxer, sempre meno imbarazzante che starsene lì ancora combinato da volpe. Chissà forse avrebbe potuto chiedere a Obito di prestargli qualcosa.
Non capiva perché Obito facesse di tutto per infagottarsi così, eppure era un bell’uomo. Spalle larghe, vita sottile e gambe lunghe. La metà di viso scoperta era incantevole.
“Vivi da solo?” aveva chiesto Naruto tra una smorfia di dolore e l’altra.
“Sì” l’unico occhio scoperto di Obito si era sollevato malinconico “Tu?”
“Anche io. Da quando sono nato.”
Obito aveva interrotto di nuovo le operazioni per qualche secondo, aveva guardato Naruto incredulo. Per il biondo quella frase sembrava la più ovvia del mondo.
Non era il bruciore del disinfettante a far tremare Naruto, l’emozione di essere sfiorato dal quell’uomo così bello e afflitto gli aveva mosso le dita sulle fiamme nere, le aveva accarezzate appena. Obito si era ritirato come un cucciolo ferito, una tempesta di disperazione gli era esplosa nell'occhio scoperto: “Che vuoi da me, Naruto?”
“Ehi” Naruto si era fermato ma senza ritirare la mano, sorrideva con la testa inclinata di lato “Cosa c’è di tanto sconvolgente là sotto a parte la tua faccia?”
“Il mondo è dolore, Naruto. La vita non vale la pena di essere vissuta. Vedo ipocrisia ovunque, siete tutti rassegnati a fingere che vada bene così” Obito si era alzato sospirando dopo aver stretto il ginocchio di Naruto in una benda “Ma quello che mi infastidisce di più è capire che tutto questo vi piace, accettate lo schifo che avete intorno e finite per amarlo.”
“Credi che una maschera e uno pseudonimo possano impedire a quello che sei di trovarti?” Naruto si era fatto serio, aveva gli occhi lucidi e la carezza che avrebbe voluto dedicare a Obito era diventata un pugno “Nessuno può fuggire da sé stesso, l’unica strada per essere felici è accettarsi imparando a usare quello che abbiamo.”
“Inutile, Naruto. Nessuno potrà mai capirmi, compreso te” Obito aveva raccolto tutti gli arnesi con cui aveva medicato Naruto per andare a riporli.
“Invece sì” il biondo si era alzato per guardarlo in viso, la voce ora gli tremava. Succedeva sempre quando vedeva qualcuno distruggersi con le proprie mani “Sono esperienze diverse, non esistono due perone che le abbiamo identiche, ma il concetto è lo stesso.”
Obito stava con lo sguardo basso, però si era fermato per ascoltarlo.
“Prima ti ho detto che sono solo dalla nascita. Beh, è la verità” la concitazione aveva lasciato il posto alla malinconia “I miei genitori sono morti in un incidente quando avevo pochi mesi, ma l’uomo che mi aveva adottato non me lo ha confessato per diciotto anni. Lo sai cosa significa questo, Obito? Sono cresciuto nel senso di colpa credendo che mi avessero abbandonato per qualcosa che avevo di storto. Ne ero talmente convinto che ho trasferito questa sensazione sugli altri, mi hanno tutti maltrattato per anni. Spesso mi hanno ammazzato di botte senza che io capissi il motivo. Provavo invano a fuggire da me stesso e dallo schifo che credevo di essere. Alla fine ho capito che, sì, non sono perfetto, ma schifoso proprio no. Solo allora ho trovato degli amici che mi vogliono bene.”
Naruto teneva gli occhi fissi su Obito, le guance morbide rigate di lacrime. Senza dire niente, il moro si era avviato in bagno per riporre bende e disinfettanti, lo sguardo sul pavimento non era vuoto, qualcosa dentro di lui era stato toccato.

***

Non ero solo, avevo degli amici. Quelli che si hanno a dodici anni sono speciali, niente sarà mai più in grado di eguagliarli. Ero convinto che tutto sarebbe durato per sempre.
Kakashi, Rin e me, un trio perfetto in cui non si erano formate le odiose dinamiche chi è innamorato di chi, a quell’età possono accadere, avevo visto molte amicizie finire per questo. Noi andavamo bene così e ci bastavamo. Litigavamo, ci azzuffavamo, ma ci volevamo bene. A dodici anni è tutto magnifico, visitare casolari abbandonati in bicicletta diventava l’avventura più bella del mondo.
Ci meravigliavamo con poco, stavamo ore ad ascoltare musica da un mangianastri scassato divorando patatine e ridendo per ogni scemenza. Pensavo che il mondo fosse quello, che il massimo fosse devastarsi i piedi sulle mattonelle bollenti dei parchi acquatici, che la vita si potesse raddrizzare spostando un poco il timone. Eravamo perfetti.
Però, esistono eventi che ti fanno capire come quella piccola leva sia solo un giocattolo. Un’illusione messa lì per convincerti a venire al mondo.
Come oggi, quel giorno era il mio compleanno. Kakashi e Rin mi avevano sorpreso regalandomi una giornata sullo slittino in loro compagnia. Non potevo crederci, facevo i salti mortali dalla gioia.
Avevo perso il conto di quante volte ci eravamo lanciati sull’ampia pista bianca, quella dritta e senza ostacoli. Non la smettevamo di ridere, provavo piacere persino nella fatica del risalire, presi dalla frenesia lo facevamo di corsa. Sebbene fossimo circondati dalla neve, avevamo caldo.
“Obito, scendiamo l’ultima volta, in fondo c’è una sorpresa per te” Rin mi guardava ansimante e sorridente, le guance arrossate.
“Squisitezze a non finire, cioccolata calda e pasticcini che non hai mai visto” Kakashi mi aveva posato una mano sulla spalla.
Il compleanno più bello che avessi mai avuto.
“Rendiamo un poco più accattivante l’ultima discesa?” Con un cenno del capo, Kakashi aveva indicato la pista più difficile, quella con gli alberi nel mezzo.
“Sì!” Rin saltava dalla gioia, i guanti stretti sotto il mento.
Kakashi era sempre stato un amante delle sfide, per lui ogni occasione era buona per mettersi alla prova.
“Guarda, Obito” mi gridava facendo degli slalom velocissimi tra i tronchi, mi stava sfidando.
“Ora ti faccio vedere io!”
Mi buttai a tutta velocità pestando sulle leve che servivano per sterzare. Lui era sempre qualche metro avanti a me, io ringhiavo mentre Rin rideva divertita.
Purtroppo ero troppo stupido per capire che le leve, se tirate entrambe, fungevano da freno. Ero anche troppo imbecille per comprendere quali fossero i miei limiti. Così, quando ho perso il controllo dello slittino, non ho saputo fare altro che puntare i talloni nella neve illudendomi di poter riprendere il controllo usando i piedi.
Sono riuscito a registrare solo due cose: la neve dentro i pantaloni, fino alle mutande e lo sguardo terrorizzato di Rin quando ho urtato Kakashi.
Il colpo mi aveva deviato, il dolore dei ghiaccioli appuntiti che mi cadevano in testa era stata la prima sensazione; la seconda il bagnato che, colandomi dal viso, mi impregnava il giubbotto passando dal collo, era caldo e puzzava di metallo. Non ci vedevo più dall’occhio destro, le schegge degli occhiali da neve me lo avevano spappolato. Urlavo di terrore e dolore tenendomi la faccia mezza maciullata, ancora non realizzavo cosa fosse accaduto. Non ho mai capito su cosa avessi sbattuto.
Il campo visivo ormai appiattito, mi aveva mostrato lo slittino di Kakashi frantumato su un grosso tronco. Lui era in piedi, non si era fatto niente, ma era pietrificato e aveva il viso più bianco della neve. Rin era là, infilzata dalla plastica dello slittino di Kakashi resa appuntita dall’impatto, l’aveva trapassata conficcandosi nel legno. Aveva gli occhi aperti, grandi e dolci, ma vuoti.
“Kakashi, aiutami!” cercavo di soccorrerla nonostante non avessi più mezza faccia, ma la plastica non voleva saperne di uscire dal legno.
“Kakashi!”
Lo sentivo vomitare, lo avevo trovato già stramazzato a terra svenuto.
La neve era rossa, il rosso era stato l'ultima cosa che avevo visto prima di crollare accanto al mio amico. Non l’ho più visto, ho solo saputo in seguito che ci sono volute due ore per tirare via il corpo di Rin da lì.
Lo ho ammazzati entrambi.

***

“Obito… chi è Obito?”
“Un ragazzo che ha perso dei legami a cui teneva molto” Naruto gli aveva posato una mano sulla gamba, il moro non si era ritirato, non si irrigidiva “ Un uomo che, come me, lotta contro la solitudine. Una persona con il cuore talmente grande da essere invisibile.”
Erano seduti sul letto, uno di fronte all’altro. Lo sguardo di oceano di Naruto traboccava di comprensione, Obito piangeva. Niente singhiozzi o lamenti, solo le lacrime che gli solcavano silenziosa la guancia sinistra.
“Obito… un mostro.”
“No, Obito e basta” la voce di Naruto era stata un sussurro mentre gli prendeva le mani.
Obito aveva sollevato il viso, lo guardava, il mento gli tremava leggermente. Naruto era saldo.
“I mostri sono dentro di te, Obito. Se vuoi che la smettano di dilaniarti non devi dimenticarti di quello che eri. Mi hai raccontato di un ragazzino splendido, un tesoro, smettila di nasconderlo dietro una maschera.”
“Quel ragazzo non c’è più, Naruto. Non ho più fatto vedere la mia faccia nessuno, non la guardo nemmeno io senza questa roba addosso” Obito aveva alzato una mano tremante per mettersela davanti al viso.
“E chi c’è ora? Tobi?” Naruto gli aveva tirato le mani “No, io vedo oltre l’apparire. Vedo che lì c’è ancora Obito, quello che ride e si diverte con un mangianastri scassato. Quello che sa amare, un uomo che si affeziona davvero. Qualcuno ancora capace di meravigliarsi ogni giorno. Essere o apparire? Tobi oppure Obito?”
Naruto si era proteso verso di lui, avanzando sulle mani gli era strisciato in grembo. Obito non si era sottratto quando il biondo gli si era accoccolato tra le gambe.
“Se essere Obito significa distruggere la vita delle persone che amo, preferisco apparire Tobi.”
Naruto si era avvicinato ancora, afferrandogli il polso, aveva costretto Obito a togliersi la mano dal viso: “Così distruggi te stesso.”
“Non è quello che merito?”
“No, hai tanto da dare. Non solo in apparenza, qui dentro” Naruto si era battuto una mano sul petto “Il mondo ha bisogno del tuo amore. Ne ha bisogno il tuo amico Kakashi, come te ha vissuto finora nel dolore. Non meritate la felicità? E poi, ne ho bisogno io.”
Le lacrime si erano fermate, gli occhi di Obito lo guardavano intensi, quel biondino voleva proprio lui. Aveva bisogno di lui.
Obito poteva essere compreso.
La mani di Naruto si era posata sulle fiamme nere, le aveva accarezzate come il gioiello più prezioso del mondo. Sorrideva, occhi azzurri fissi in quelli neri.
Le dita si erano fatte strada sotto la maschera, l’avevano sollevata, Obito non riusciva a sottrarsi alla dolcezza. Era fuggito dall’amore per tutta la vita perché persuaso di non meritarlo.
Ora il suo viso era scoperto, a Naruto non importava la parte sana, ma quella martoriata, era lei la più bisognosa d’affetto. Non gli interessava Tobi, desiderava solo Obito.
Naruto aveva sfiorato l’occhio finto, poi le sua mani erano scese per sfilare il dolcevita. Obito lo aveva lasciato fare, Naruto non temeva quello che era davvero, lo cercava. L’azzurro dei suoi occhi si era fatto sempre più vicino finché le loro labbra si erano toccate. Un contatto lieve, poi il bacio era esploso.
Naruto aveva attaccato il petto a quello di Obito, premeva con la pelle bollente, mentre lo guidava a sdraiarsi gli aveva sfilato i pantaloni. Era dolce ma deciso, Obito aveva chiuso gli occhi arrendendosi alle sue mani. Naruto gli si era sdraiato sopra, gli passava le mani su tutto il corpo, Obito lo aveva abbracciato stringendoselo più forte addosso. Quando le erezioni erano entrate in contatto attraverso la stoffa dei boxer, Obito aveva inarcato la schiena colpito da una scarica di piacere, gemeva nella bocca di Naruto che continuava ad accarezzarlo con la lingua.
A Naruto non interessava il suo passato, tutti ne hanno uno.
Non voleva la sua maschera, ma quello che c'era dietro. Così, incondizionatamente.
Era stato Obito a sfilare l’intimo di entrambi, le sue mani si erano riempite della natiche di Naruto. Il piccoli baci del biondo gli avevano sfiorato il collo, erano scesi sul petto e sul ventre.
Obito ansimava, era in pieno potere di Naruto. Quando il biondo lo aveva fatto entrare nella sua bocca aveva dovuto soffocare un grido. Si contorceva mentre il biondo gli leccava la fessura con una lentezza disarmante, poi aveva iniziato a succhiare forte, Obito lottava contro il bisogno di venire.
Non ce la faceva più, se Naruto avesse continuato così con quella bocca vellutata, Obito sarebbe esploso. Aveva afferrato Naruto per ascelle per farlo risalire, poi lo aveva voltato per adagiarselo in grembo. Obito lo stringeva tremante e sudato, baciava orecchio e guancia di Naruto attraverso i sottili capelli biondi.
Le mani erano scese per agguantare i fianchi di Naruto, Obito era entrato dentro la sua carne morbida piano, con riguardo. Naruto aveva emesso un lungo gemito, si conoscevano da poche ore ma erano in sintonia come se le loro anime fossero legate dall’inizio del mondo.
Si muovevano e respiravano all’unisono, le mani di Obito erano scese lungo il busto di Naruto fino ad afferrargli il pene, era duro ma soffice come bambagia.
Si inarcavano fluenti come le onde, la stanza cupa era piena di sole ora. Naruto era semplice, senza pretese o muscoli esagerati, così sexy. Obito gli aveva affondato il viso nella pelle profumata della spalla, non aveva avuto bisogno di avvertirlo dell’orgasmo, Naruto lo aveva capito dal lieve tremito del suo corpo.
Naruto si era abbandonato sul moro dopo avergli bagnato le mani, ansimavano felici, i loro cuori battevano così forte da far tremare la pelle. Obito si sentiva vivo, oggi, nel suo compleanno.
Aveva baciato la testa bionda sul suo petto, un ringraziamento per aver trovato la chiave della sua anima.
Naruto lo aveva sentito: “Obito, anche se in ritardo di un giorno non importa, domani festeggeremo il tuo compleanno alla grande. Ci saranno tutti, i miei amici che hai visto stanotte e… Kakashi. Voglio vedervi tutti insieme.”
Sebbene Obito avesse mandato un sospiro, non era rassegnato. Aveva posato ancora le labbra sui capelli di Naruto: “Non l’ho più visto, non saprei dove cercarlo.”
Naruto gli si era rigirato tra le braccia per guardarlo in viso, sorrideva: “Lui ti ha aspettato, arriverà appena ti vedrà aprire il cuore. Non ha mai dimenticato il giorno del tuo compleanno.”
“Come fai a esserne così sicuro, Naruto?”
Naruto si era rimesso rilassato sul petto di Obito: “Lo conosco bene, ha cinque anni più di me e ha avuto la santa pazienza di farmi da fratello maggiore. Badava che, in mezzo alla strada, non mi ficcassi troppo nei guai, non sai quante volte mi ha fatto dormire a casa sua e dato da mangiare. Anche se ha sempre cercato di tenerlo nascosto, non mi è mai sfuggito il suo senso di colpa. Non ha mai smesso di volerti bene, Obito.”
Obito aveva battuto le palpebre diverse volte, era senza fiato ma dalla felicità.
“Buon compleanno, Obito” Naruto aveva biascicato mezzo addormentato.
Sì, il migliore della sua vita.
Anche Obito era scivolato nel sonno. Un angelo era arrivato per salvarlo.

 
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