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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: HOLD ONTO ME
Genere: Sentimentale, Romantico, Azione, Drammatico, Erotico, Introspettivo
Rating: Vietato Minori 18 anni
Avviso: OOC, AU, Lemon, Shounen Ai, Yaoi
Autore: bebedb galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/01/2023 21:55:00 (ultimo inserimento: 21/05/23)

NaruIta Naruto X Itachi Modern AU. Accenni di Zabuza X Itachi; Jugo X Itachi. Violenza e abusi. Altri temi forti.
 
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EMPATIA E RESA
- Capitolo 1° -

Naruto non era uno che si arrendeva facilmente, prima che si fosse deciso a gettare la spugna erano trascorsi anni. Aveva iniziato a combattere dalla nascita ed era dovuto arrivare in quarta liceo per capire che era tutto inutile.
Solo ora la gente aveva iniziato sul serio ad apprezzarlo, adesso che le lacrime sembravano essersi prosciugate sul fondo delle sue iridi azzurre. Sorridevano, avevano smesso di deridere il suo dolore, sembravano comprenderlo, lo ascoltavano e qualcuno arrivava addirittura a stimarlo. Nessuno si era più sognato di affermare che i problemi li inventava solo per attirare l’attenzione.
Erano finite le lotte, i pianti e le grida fino a perdere il respiro sperando che qualcuno lo abbracciasse. Erano terminati i silenzi confidando che qualche anima buona e comprensiva arrivasse per chiedergli cosa aveva. Aveva anche smesso di fare scherzi e battute, la strategia della simpatia a tutti i costi era stata l’ennesima strada senza uscita.
Accadeva tutto ora che la sofferenza aveva scelto di tenersela per sé visto che mostrarla agli altri era inutile.
Naruto si domandava il motivo di questo cambiamento accadutogli intorno, perché era iniziato a piacere alla gente solo dopo essersi rassegnato.
Ce l’aveva messa tutta per uscire dalla trasparenza in cui era finito in seguito alla morte dei genitori, i mezzi che aveva dovuto usare erano stati discutibili, ma erano anche stati gli unici a sua disposizione.
Era ancora traumatizzato dalle maschere inquietanti che si era visto interrottamente davanti agli occhi per tre giorni a causa dei semi di stramonio mandati giù per farla finita, prima aveva perso di proposito venti chili. Ennesimo tentativo di dimostrare che soffriva andato a vuoto.
Niente aveva funzionato, il bullismo a scuola era continuato così come la solitudine a causa della gente che lo scartava da quando era venuto al mondo. Non si era fatto avanti nessun amico, nessuna persona speciale era arrivata al suo fianco per restare.
Tutto inutile, come sempre. La gente gli aveva voltato ancora di più le spalle non prendendolo sul serio. Naruto non aveva mai capito i reali motivi per cui tutti sembravano tendere naturalmente a escluderlo, era giunto alla conclusione che non li conoscessero nemmeno gli stessi bulli.
Motivazioni come: non capisci niente, sei uno scherzo della natura, sei brutto, sei ignorante, erano decisamente troppo vaghe, non spiegavano niente e non reggevano nemmeno se messe insieme con il mastice.
Il suo dolore era stato invisibile e invalidato per tutta la vita, non aveva senso lottare ancora sperando che qualcuno lo vedesse. Il mondo era marcio senza rimedio, bisognava adattarsi e basta.
Magicamente gli altri sembravano essere diventati empatici nell’esatto momento in cui lui aveva perso fiducia nel prossimo.
Ma questa non è empatia, è resa.
Qualche amico si era fatto timidamente avanti, come quel Konohamaru che aveva iniziato a considerarlo il suo idolo.
“Naruto, perché non mi insegni a guidare la moto?”
“Perché hai diciassette anni, cazzone.”
“Senti da che pulpito, tu ne hai solo uno più di me. Dimmi la verità, Naruto, hai paura che io possa diventare più bravo di te e soffiarti il posto di primo in classifica.”
Naruto espirò il fumo con un gesto plateale delle labbra, inutile che Konohamaru gli rivolgesse quello sguardo da cucciolo implorante. Poteva scordarsi di toccare la moto come non gli avrebbe più passato nessuno spinello fino all’indomani. Punto.
“Dove credi di andare, Naruto? Te l’ho pagato quello, è mio.”
Il biondo gli rispose senza voltarsi e continuando a scendere le gradinate del campo di calcetto ora deserto: “Hai una faccia che sembri uno zombie, Konohamaru. Non posso rischiare che tiri le cuoia quassù, questo lo finisco io e ci vediamo domani.”
“Ehi!” Il castano protestò mettendosi in piedi per lanciarsi all’inseguimento dell’amico, peccato che ricadde con il sedere a piombo subito dopo: “Va bene, Naruto, facciamo una pausa. Domani andiamo a scolarci una bottiglia della tua grappa in riva al mare, ti va?”
Naruto si voltò di scatto facendo all’amico il gesto del pugno, anche se tra le varie cose illegali che gestiva la grappa era il male minore, non era il caso di gridarlo ai quattro venti.
Il rancore durò comunque poco, Naruto era già tornato a sorridere inforcando il casco e accendendo la sua moto. Quel ragazzino gli stava davvero simpatico, nonostante all’inizio avesse pensato che Konohamaru si fosse attaccato a lui solo per rimediare spinelli, alcol, mance per la sua assistenza durante le gare in moto, film e videogiochi piratati e giornate divertenti, ben presto Naruto si era reso conto che il suo attaccamento era sincero.
Naruto ci teneva a lui, per questo ancora cercava di tenerlo a distanza dalla moto. Non gliene importava niente di essere il primo in classifica e di ricevere soldi, abbracci e l’ammirazione delle ragazze, se avesse potuto avrebbe lasciato tutto questo più che volentieri a Konohamaru. I guadagni delle gare gli servivano per campare così come tutti gli scambi illegali che faceva.
Ma Naruto non voleva che Konohamaru diventasse come lui, la vita di strada è crudele e quel ragazzino lo doveva capire e smetterla di vedere tutto così irresistibile. Konohamaru la famiglia l’aveva, non aveva bisogno di mettersi in mezzo a un inferno del genere.
La strada faceva schifo.
La moto su cui viaggiava era sporca di sangue, Naruto l’aveva ottenuta gratuitamente da un certo Danzo che ci aveva falciato diverse persone guidando ubriaco. Due di loro erano morte e lui, invece di soccorrerli, era fuggito. Naruto si era offerto di riciclarla facendo sparire la targa, il numero del telaio e cambiando il colore. Konan, una donna molto più grande lui, era un’autentica fuoriclasse quando c’erano documenti, soldi e scartoffie da falsificare. A Naruto andava bene così, non le aveva mai chiesto il cognome e nulla della sua vita, non sapeva nemmeno se avesse un marito e dei figli.
Danzo non si era fatto nemmeno un giorno di carcere e lui aveva ottenuto il suo mezzo gratis.
Faceva tutto schifo, ma Naruto aveva dovuto piegare la testa tante volte se voleva vivere. Pura necessità, niente di più.

Le gabbie possono avere sbarre reali, invisibili o dorate.
Per Naruto la vita di strada rappresentava la prigione dorata, era ormai il suo mondo e la sapeva gestire alla perfezione. Lo rispettavano, ragazzini come Konohamaru lo ricoprivano d’ammirazione, ma lì non poteva essere sé stesso. Aveva dovuto allontanare con un calcio il bambino che aveva dentro e che ancora piangeva tutte le lacrime del mondo. Era stato costretto a metterlo in punizione in un angolo, lo sgridava perché ancora tentava di esternare il suo dolore. Lo rimproverava duramente solo perché aveva bisogno di essere compreso e consolato. Tutto questo lavoro era faticoso, così a Naruto capitava di sentire il bisogno impellente di rientrare nella sua gabbia dalle sbarre invisibili.
La sua casa, immersa nel silenzio. La bolla in cui poteva piangere quanto voleva e dove nessuno si sarebbe fatto beffe del suo dolore.
Si chiuse il portone alle spalle appoggiandocisi con la schiena. Si avviò al lavello della cucina per sciacquarsi la faccia, era l’unica fonte di acqua calda che gli era rimasta in casa dopo che non aveva avuto più voglia da fare manutenzione alla caldaia.
La foto dei genitori dentro una cornice sul frigorifero, l’unico angolo davvero pulito e ordinato.
Ad ogni rientro era la stessa storia, si sciacquava la faccia e poi i suoi occhi azzurri cadevano inevitabilmente sull’immagine. Un bambino biondo di quattro anni che adorava andare a visitare le chiuse della diga sul fiume Naka. Alle spalle della famiglia l’impetuosa cascata appena liberata, il piccolo Naruto sorrideva eccitato stretto nell’abbraccio della mamma, la giovane donna non aveva potuto fare a meno di posare con il segno di vittoria alzato. Il papà che si sforzava di allungare il braccio il più possibile per scattare la foto. Quel momento era costato ai genitori più di un’ora d’attesa, ma il piccolo Naruto ci teneva così tanto che immortalarlo era stato obbligatorio.
Una delle rare foto che li ritraeva tutti e tre insieme, la più bella in assoluto. L’ultima.
Ogni volta la stessa storia, la splendida immagine avviava la processione dei ricordi e la mano di Naruto si spostava automaticamente sulla maniglia del frigo. All’interno c’erano solo bottiglie di birra e vaschette di crema di riso alla vaniglia, per il resto la lampadina illuminava solo desolazione.
Nonostante Naruto si fosse preso qualche secondo di tempo togliendosi il giubbotto di pelle che usava in moto, c’era poco da scegliere. Sempre gli stessi gesti, prelevava una bottiglia e subito dopo faceva saltare il tappo con l’accendino. Il pavimento era ormai ricoperto da uno strato di metallo.
Nessuno lo avrebbe accusato di essere un piagnucolone falso, ora. Le lacrime presero scendere ma non aveva importanza, l’effetto dell’alcol le avrebbe fermate presto.
Dopo aver scattato la foto, la famiglia era voluta restare ancora un po’ sulla riva del fiume a godersi la bella domenica di primavera. I genitori si erano seduti sui grossi ciottoli bianchi levigati dall’acqua. La mamma aveva iniziato a intrecciare una ghirlanda con i fiori selvatici che amava tanto, mentre il papà osservava il suo bambino giocare nell’acqua bassa. Naruto si era tolto le scarpe e tirato su i calzoni.
“Tesoro, fammi vedere se sai far rimbalzare i sassolini sull’acqua come ti ho insegnato.”
Naruto sorrise raggiante iniziando a cercare delle pietruzze adatte, non vedeva l’ora di mostrare al papà quello che sapeva fare.
“Naruto, non ti allontanare troppo che la corrente è forte.”
“Va bene, papà.”
Non gli sembrava di essere andato così lontano, un sasso più scivolo degli altri lo aveva tradito facendolo cadere con il viso nell’acqua fredda. Erano bastati pochi secondi per vedere l’immagine dei genitori farsi sempre più piccola. Il panico lo assalì, gridò chiamandoli. Loro stavano già correndo nella sua direzione prima che lui potesse essersi accorto di qualcosa.
La mamma si immerse pochi istanti prima del papà, la gonna a fiori galleggiava sulla superficie. I visi distorti dalla paura mentre avanzavano tendendo le braccia verso di lui, voleva andare da loro ma l'acqua era molto più forte dei suoi piccoli muscoli.
Furono loro a raggiungerlo in un battibaleno, velocissimi come se fossero stati spinti da un razzo.
“Ce l’avete fatta!” Naruto rise contento.
Loro non gli risposero, il viso della mamma era diventato bianco all’improvviso, gli occhi vuoti. Il petto le esplose con uno scricchiolio sinistro per fare spazio alle radici appuntite di un grosso tronco. Naruto si sporse lateralmente per guardare il papà dietro di lei, un rivolo di sangue gli scendeva dalle labbra. Anche l’acqua intorno a loro si stava colorando di rosso.
Si sentì afferrato dalle mani di entrambi.
“Naruto, sali sul tronco e percorrilo fino a terra.”
Le parole più importanti del papà, l’ultimo sorriso della mamma. Il boato dell’acqua non gli aveva concesso il tempo di pensare.
Con le ultime forze, riuscirono a issarlo sul grosso albero su cui lui corse senza più voltarsi indietro. Balzò sulla riva, poi continuò a perdifiato e con i piedi scalzi fino a casa, la stessa in cui si trovava adesso.
Non era più tornato alla diga, non aveva più nominato il fiume Naka.
Passandosi la manica della camicia sul viso, si asciugò gli occhi. Nessun problema, erano solo residui, le vere lacrime si erano già fermate da diversi minuti.
Con i muscoli intorpiditi dalla birra, si alzò per andarsi a buttare sul letto eternamente sfatto. Tutto a posto, ora poteva fissare tranquillamente le regnatele e i travi di legno che si gonfiavano all’interno del muro a causa dell’umidità.
Avrei avuto bisogno dei vostri consigli, davvero. Mi servirebbero anche adesso.
 
Continua nel capitolo:


 
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