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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Saiyuki
Titolo Fanfic: SOLO UN`ULTIMA VOLTA...
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: trinity-chan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 02/10/2003 23:19:44

sanzo e il suo seguito raggiungono una città priva di demoni da anni. e` proprio dietro la storia di questa città che sanzo ritroverà il suo passato.
 
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PRIMA PARTE
- Capitolo 1° -

A Panssj e CrilinZ, senza di voi tutto sarebbe molto più buio e triste. Grazie di essermi sempre accanto, ragazzi, e grazie di farlo come se fosse la cosa più scontata e naturale del mondo.
Vi voglio bene,
Trinity


© 2000 Kazuya Minekura/Enix · Saiyuki

- * -

~ SOLO UN’ULTIMA VOLTA… ~


“Nessun uomo è un’isola in se stessa rinchiusa. Ogni uomo che muore diminuisce me, perché sono parte dell’umanità.”
John Donne


Un drappello di uomini si avvicinò alla giovane donna che teneva tra le braccia un fagottino urlante. La ragazza guardò atterrita le guardie circondarla, mentre stringeva a sé il bambino piangente. Sapeva che sarebbero venuti da lei, sapeva che lui non l’avrebbe perdonata, ma questo non aveva importanza. L’unica cosa importante era suo figlio. Lui non meritava tutto quell’odio, lui doveva vivere. La donna posò lo sguardo su una delle guardie e i suoi occhi azzurri si riempirono di calde lacrime. « Setsuya… Ti prego…!»
Il soldato esitò per un momento, poi distolse lo sguardo e scosse la testa con un pesante sospiro. « Mi dispiace, Hina… Sono ordini dell’Imperatore…»
I soldati si avvicinarono ancora di più alla donna che indietreggiò fino a trovare dietro di sé solo il vuoto del precipizio. Guardò in basso, sgomentata dalla vista di quel fiume impetuoso che scorreva sotto di lei, poi si voltò a guardare il neonato che stringeva tra le braccia. Alzò gli occhi azzurri sulle guardie mentre una sola lacrima di disperazione le solcava una guancia. « Vi scongiuro…»
« Avanti, Hina… Consegnaci il bambino, e non ti sarà fatto alcun male.»
« No! Lui non ha alcuna colpa!» Gridò improvvisamente la donna, ma i soldati la circondarono e le strapparono bruscamente dalle braccia il bambino. La ragazza si dimenò febbrilmente nella stretta salda delle guardie mentre le urla del neonato le straziavano la mente.
« Forza! Uccidilo!» Esclamò Setsuya rivolto a uno dei soldati.
« NO! NOO! Lasciatelo!» Gridò la donna cercando disperatamente di liberarsi per raggiungere il bambino. « ASSASSINI MALEDETTI! Come hai potuto, Setsuya?! COME HAI POTUTO?!»
Setsuya strinse i denti per non sentire le urla della donna, e sferrò un calcio al soldato che teneva il bambino tra le braccia. « Muoviti!»
Il soldato alzò lo sguardo sull’uomo mentre la mano che impugnava il pugnale tremava. « Si-signore… io non ce la faccio… È solo un neonato…»
Setsuya ringhiò, e spostò bruscamente il soldato afferrando il fagottino urlante con una mano. « Sporco codardo insubordinato…! Sarai giustiziato per questo!»
Il bambino continuava a piangere, mentre Setsuya afferrava l’elsa del gladio e lo estraeva dalla guaina. Appoggiò a terra il neonato per colpirlo più facilmente ed evitare di sporcarsi di sangue, ma quando lo adagiò sul pavimento vide quei suoi occhi inquietanti. Uno sguardo così terribile che sembrava quasi capire quello che stava succedendo intorno a lui, uno sguardo che pareva impossibile appartenere a un bambino così piccolo. Setsuya rabbrividì, e la presa sul gladio vacillò mentre la fronte iniziava a imperlarsi di sudore freddo. Fu così che, mentre guardava gli occhi del bambino e un silenzio sovrannaturale inondava la vallata, Setsuya capì che non avrebbe mai potuto uccidere quel neonato guardandolo in faccia. D’altra parte se non avesse ubbidito agli ordini dell’Imperatore sarebbe stato punito con la morte. Setsuya si guardò intorno alla ricerca di una soluzione, mentre il sudore solcava il suo volto come rugiada fresca. La madre del bambino scrutava la scena con i grandi occhi azzurri spalancati per l’orrore e la bocca socchiusa e arida.
Setsuya posò lo sguardo sui suoi soldati, nessuno dei quali sembrava invogliato a compire quel delitto, e lui si sentì improvvisamente solo e terrorizzato. Poi, come un lampo, ai suoi occhi apparve il precipizio.
Il volto scuro di Setsuya parve rilassarsi lievemente, e il soldato rinfoderò il gladio chinandosi a raccogliere il bambino. Cercò di evitare di incrociare gli occhi di quell’inquietante neonato, e si avvicinò al burrone mentre la madre emetteva un sibilo strozzato e iniziava nuovamente a dimenarsi.
Setsuya allungò le mani che tenevano il bambino verso il precipizio. Come se tutto si svolgesse con una lentezza estrema, lasciò che il fagottino scivolasse nel baratro, e la madre gettò un ultimo grottesco grido di disperazione.


Sanzo aprì fiaccamente gli occhi mentre il sole del mattino svegliava i suoi sensi. Si mise lentamente a sedere mentre sentiva la schiena andare in mille pezzi, come se qualcuno gli avesse appena sferrato una martellata alla spina dorsale. Dormire sulla jeep era decisamente scomodo, e ogni mattina sembrava di invecchiare di dieci anni. Si guardò intorno e vide che il posto accanto al suo era vuoto, Hakkai, infatti, era già sveglio e stava accendendo un fuoco per preparare del caffè. Sanzo smontò dalla jeep e si avvicinò barcollando al falò.
« Buon giorno, Sanzo!» Sorrise Hakkai avvitando la caffettiera. Il bonzo rispose con un roco grugnito, e si mise a sedere davanti al fuoco stiracchiandosi per disincastrare la schiena.
Gli ultimi giorni erano stati massacranti, non solo non incontravano un villaggio – e quindi una locanda – da una settimana, ma erano stati attaccati da almeno una dozzina di demoni ogni santo giorno. Goku e Gojyo iniziavano a dare i primi segni di squilibrio mentale; il mezzo demone per la mancanza del gentil sesso, mentre la scimmietta per astinenza di buon cibo.
Gojyo scese dalla macchina con la stessa espressione di un morto che esce dalla tomba, e Goku lo seguì in condizioni vagamente migliori. Il kappa si avvicinò al fuoco allungando una mano verso il bricco di caffè come se stesse compiendo uno sforzo disumano. « Caffeinaaa…»
« Hakkai… dimmi che non c’è di nuovo la carne in scatola… ti prego…» Mormorò disperato Goku posando gli occhi dorati e lucidi sull’amico. Il ragazzo abbozzò un sorriso e sospirò rassegnato. « Mi spiace, Goku, ma dovremo accontentarci finché non troviamo una città!»
« Voglio morire…» Mormorò Goku osservando la misera scatoletta di latta che Hakkai gli aveva passato. Il demone scimmia affondò il cucchiaio nel contenitore, e mise in bocca la carne che sembrava peggiorare di sapore ogni giorno di più. I quattro compagni fecero colazione in un silenzio teso, come se si aspettassero di essere attaccati dai demoni da un momento all’altro.
Negli ultimi giorni gli attacchi da parte dei sicari di Homura erano aumentati, e loro – oltre a essere a corto di cibo – avevano sprecato un sacco di energie. Gojyo allungò una mano verso l’ultima birra rimasta, quando cinque dita si chiusero intorno alla lattina prima delle sue. Il kappa alzò lo sguardo sul proprietario della mano, e vide il venerabile Sanzo guardarlo con occhi ostili.
I due si fissarono per un momento, entrambi con le mani sulla lattina. I loro sguardi fiammeggiavano, e l’ultima birra rimasta sembrava dire “Sono il premio destinato al migliore”.
Gojyo sorrise lentamente, senza mollare la presa sulla lattina. « Scusa, Sanzo… ma c’ero prima io.»
« E questo chi l’ha deciso?» Grugnì il bonzo mostrando i denti come una tigre in procinto di saltare alla giugulare del nemico.
« Ho allungato la mano prima di te.» Rispose glaciale Gojyo stringendo la presa sulla birra, ma la mano di Sanzo era ben stretta intorno alla lattina. « È l’ultima birra, Gojyo. È meglio non sprecarla.»
« Cosa vorresti dire, bonzo corrotto e fasullo?!»
« Bonzo corrotto a chi, kappa maniaco che non sei altro?»
« Ripetilo, razza di pelato!» Esclamò Gojyo, ed entrambi si alzarono nello stesso istante prendendosi rispettivamente per il bavero.
« Non pretenderai che rinunci all’ultima birra, voglio sperare!»
« E per quale ragione dovrei rinunciarci io?!»
« Alcol e fumo insieme fanno male. Lo dico anche per la tua salute, Gojyo.»
« Ma anche tu fumi!»
« Ma molto meno di te…!»
« Basta con queste idiozie. Quella birra è mia.» Esclamò Gojyo con decisione voltandosi verso la lattina, ma quando il suo sguardo cadde sul terreno notò che la birra non era più là dove era stata lasciata. Il kappa fu attraversato da un brivido, e il bonzo si voltò verso Hakkai che aveva appena appoggiato a terra la lattina vuota.
Sanzo e Gojyo rimasero pietrificati a guardare l’amico che, sorridendo, si puliva la bocca dalla dolce schiuma soffice e candida della birra. L’ultima birra.
Hakkai si voltò verso i due compagni, ancora immobili nella stessa posizione, e poi spostò lo sguardo sulla lattina. « Oh… scusate, ne volevate anche voi?»
Goku si alzò in piedi e si avvicinò a Sanzo e Gojyo che non davano più segni di vita. Agitò la mano davanti allo sguardo inespressivo del kappa, ma questi non batté ciglio. Il demone scimmia sospirò, e scosse la testa voltandosi verso Hakkai. « Mi sa che dovremo caricarli in macchina così, Hakkai…»
Hakkai sorrise e una gocciolina comparì sulla sua testa. « Temo anch’io…!»


Un fruscio leggero come una piuma portata dal vento. « È lui… Finalmente… Dopo venti anni di attesa… Posso rivederlo…»


La jeep arrancava nella frescura del boschetto, e sopra le loro teste le fronde degli alberi formavano una cupola dalla quale filtravano i raggi del sole. Gojyo e Sanzo non si erano ancora del tutto ripresi dallo shock dell’ultima birra andata perduta, ma Hakkai guidava felice e tranquillo sobbalzando di tanto in tanto quando la jeep incontrava le radici sporgenti degli alberi.
Era metà mattina e tutto era calmo e sereno, nessun demone in vista, e il fresco riparo degli alberi rilassava i sensi. Goku sbadigliò rumorosamente e si asciugò una lacrima nell’angolo dell’occhio destro. Aprì lentamente gli occhi e, nel folto del bosco, gli parve di vedere la figura di una persona vestita di bianco.
Goku si strofinò entrambi gli occhi dorati con le mani e li riaprì per mettere a fuoco quello che aveva intorno, ma la donna non c’era da nessuna parte. “Strano… in effetti, però, non sento nessun odore…” Pensò confuso il demone scimmia. « Ehi, Hakkai, tu hai visto qualcosa tra gli alberi?»
Il ragazzo alla guida della jeep gettò uno sguardo indietro e scosse la testa. « No, perché? Vi sono forse dei demoni che ci seguono?» Chiese mettendosi in guardia.
« No, non sento odore di demoni… ma mi era sembrato di aver visto qualcuno… Forse mi sono sbagliato.» Rispose Goku scotendo la testa.
« La mancanza di cibo ti provoca le allucinazioni, scimmia?» Chiese Gojyo.
Goku si voltò furibondo verso di lui. « Nessuno ha chiesto il tuo parere, stupido kappa istupidito dall’astinenza!»
Gojyo rimase a fissarlo per un attimo, sbalordito, poi si accigliò. « Idiota di un primate, credi di essere in condizioni migliori?!»
« Certo! Io almeno durante la notte non mi avvinghio a te come un pervertito mormorando “Ciao bella biondina!”»
« COSA?! Io non ho mai fatto una cosa simile! Che disgusto…! Mi fa schifo il solo pensiero!» Esclamò Gojyo rabbrividendo per il ribrezzo.
« FINITELA!» La voce del venerabile Sanzo echeggiò nella vallata mentre il suono secco dell’harisen immobilizzò Goku e Gojyo, storditi dalla botta.
Hakkai sorrise amabilmente mentre Sanzo si sedeva composto e lasciava il kappa e il demone scimmia tramortiti nei sedili posteriori. « Forse sei stato troppo duro con loro, Sanzo…»
« Razza di idioti…» Si limitò a grugnire il bonzo mentre la jeep sobbalzava sul terreno diseguale.
Avevano percorso molta strada, ma di un villaggio nemmeno l’ombra. Sembrava quasi che fossero finiti in un’altra dimensione, una noiosa, desertica, e rovente dimensione. La jeep aveva proseguito per diverse ore e al cielo terso del mattino si era presto sostituito quello nebuloso della sera, il sole era basso sull’orizzonte e Sanzo e il suo seguito si sentivano quattro uova alla coque. Avevano passato tutta la giornata sotto il sole cocente, e anche il piccolo Hakuryu dava i primi segni di stanchezza. « Dobbiamo fermarci, » Disse Hakkai con tono gentile e allo stesso tempo irremovibile. « Il povero Hakuryu è esausto.»
« Va bene.» Grugnì Sanzo accanto a lui. « Ehi, voi due, » Disse poi voltandosi indietro verso Gojyo e Goku. « Ci accampiamo qui, svegliatevi.»
I due ragazzi si svegliarono mugolando, il caldo soffocante li aveva stremati ed erano riusciti ad addormentarsi soltanto mezz’ora prima. L’unico orizzonte che si vedeva era il deserto, e i quattro amici iniziavano a scoraggiarsi. Due di loro in particolare. Il demone scimmia si avvicinò ad Hakkai che stava accendendo un fuoco così da poter cucinare qualcosa. Carne in scatola ovviamente.
« Hakkai… ho fame…» Sibilò Goku lasciandosi cadere accanto all’amico. Hakkai sorrise comprensivo estraendo dallo zaino le scatolette di carne. A quella vista, gli occhi di Gojyo si oscurarono. « Ora vomito…» Mormorò. « Non ce la faccio più a mangiare carne in scatola…»
Sanzo si accese una sigaretta e si sedette sul terreno arido a poca distanza dai tre compagni. Sentiva nell’aria qualcosa di strano, che non sapeva né spiegare né definire. C’era un tremendo odore di… nostalgia.
Un odore forte che impregnava l’ambiente, e che il caldo opprimente e il tanfo del sudore del suo seguito non riuscivano a coprire. Era una sensazione che non gli piaceva, non gli piaceva per niente. Assomigliava troppo alla… sensazione dei giorni di pioggia. Non riusciva a capire il motivo, il cielo era terso, non c’era niente che potesse ricordargli il suo passato. Il suo maestro…
Poi non voleva ricordare. Ricordare quella notte era troppo doloroso, lo rendeva vulnerabile. E lui doveva essere freddo e distaccato. Nessuno, a parte lui stesso, doveva sapere quanto in realtà fosse debole.
“Non sono forte… Non lo sono mai stato… Dannazione.” Pensò Sanzo gettando il mozzicone di sigaretta e sfilandone un’altra dal pacchetto. Provò più volte ad accenderla ma anche l’accendino sembrava essersi rivoltato contro di lui. “Perfetto, ci mancava solo questo.”
« Ehi, Gojyo.» Grugnì Sanzo voltandosi verso il kappa. Il mezzo demone inghiottì un boccone di carne in scatola e si girò indietro per incrociare lo sguardo del bonzo. « Che c’è?»
« Prestami l’accendino, il mio non funziona più.» Disse atono Sanzo.
Gojyo sbuffò e frugò nella tasca per estrarre la macchinetta, la prese tra le mani e posò gli occhi di rubino su Sanzo. « Lo rivoglio indietro integro e nel giro di dieci secondi, chiaro?» Avvertì il kappa lanciando l’accendino a Sanzo.
Il bonzo grugnì contrariato e lo afferrò al volo portandosi la sigaretta alle labbra. L’accendino di Gojyo scattò al primo colpo e la fiamma rossa accese l’estremità del cilindro di tabacco con un crepitare di carta bruciata. Sanzo inspirò il fumo con avidità, come se non fumasse da mesi e lo espirò con lentezza, per assaporare a pieno il gusto acre del tabacco. Fumare era una magra consolazione, non risolveva certo i suoi problemi ma almeno gli consentiva di distrarsi, di pensare a qualcos’altro. Se la sua attenzione era incentrata sul gustare a pieno la sigaretta, evitava di finire sempre e inevitabilmente sul suo maestro e su quella notte.
« Sanzo, restituiscimi l’accendino.» Disse Gojyo con una sigaretta spenta tra le labbra. Il bonzo si voltò verso di lui e, in quel momento, un boato assordante fece tremare la terra e barcollare i quattro amici.
« Ma che diavolo succede?!» Ringhiò Sanzo restando miracolosamente in piedi, ma il povero accendino scivolò dalle sue mani andandosi a insabbiare nella rena.
Il terremoto cessò improvvisamente, per un lungo attimo Gojyo guardò atterrito la sua preziosa macchinetta poi arrancò per estrarla sana e salva dalla sabbia. « Il mio accendino!!» Mugolò facendolo scattare inutilmente nel vano tentativo di farlo funzionare. « La… La sabbia ha danneggiato la pietrina… Accidenti a te, bonzo corrotto! Mi devi un accendino nuovo!»
Goku, che era caduto a terra, si mise a sedere di scatto e si massaggiò la testa dolorante. « Ahia! Ma cos’è stato?!»
« Non lo so…» Sibilò Hakkai. « Ma purtroppo temo che non sia nulla di lieto…»
Sanzo ignorò completamente le vivaci lamentele del kappa e la terra riprese nuovamente a tremare facendo cadere a terra Goku e il mezzo demone. Il terreno scalpitò per diversi secondi e Sanzo si appoggiò alla jeep per evitare di finire a sua volta a terra.
Quando il terreno si assestò, Gojyo guardò la sigaretta tutta storta che si era spezzata durante la caduta, e una vena iniziò a pulsargli sulla fronte. « Era l’ultima!» Esclamò pieno di sdegno, gettando a terra la sigaretta rotta e alzandosi in piedi per sfidare colui che aveva provocato quel terremoto. « Accidenti a te! Me la pagherai!»
« Calmati, Gojyo. Non penso sia saggio sfidare un nemico di cui non conosciamo nulla.» Disse Hakkai senza guardare in faccia l’amico.
Sanzo si guardò intorno mentre uno strano rumore, come un rombo smorzato, si avvicinava a loro. Riusciva a sentirlo con tutto il corpo, il rimbombare di quello strano suono si ripercuoteva fin dentro le sue ossa, facendogli scorrere un brivido freddo per tutto il corpo. Il rumore si avvicinò ancora e Hakuryu guaì, tornando alle sue sembianze di draghetto e appollaiandosi impaurito sulla spalla di Hakkai.
« Abbiamo visite…» Sibilò Gojyo voltandosi verso destra. Goku balzò in piedi e si affiancò all’amico. « È un demone.» Disse sicuro il ragazzino dagli occhi dorati. « E piuttosto grosso anche…»
« Bene! Avevamo proprio bisogno di un po’ di allenamento…!» Grugnì carico di sarcasmo il kappa. Sanzo estrasse la pistola aspettando che lo strano rombo si avvicinasse di più a loro. Era a poche centinaia di metri, e il terreno sussultava come se stesse passando una mandria impazzita di bisonti, quando ad un tratto tutto cessò. Il rumore assordante che faceva vibrare la terra arsa dal sole si fermò improvvisamente come era iniziato.
Goku strinse gli occhi fino a ridurli a due fessure dorate. « Arriva…»
Gojyo si guardò intorno, non si vedeva niente, tutto sembrava essere tornato tranquillo. Si voltò verso Goku, che continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a sé e a stringere saldamente il Nyoi Bo tra le mani. Gojyo si guardò nuovamente intorno, ma il paesaggio circostante sembrava immerso nuovamente nella quieta calura del deserto. Il kappa posò lo sguardo su Goku. « Scimmia, sei sicuro che quel dem…» Ma non fece in tempo a finire la frase. Una gigantesca colonna di terra e sabbia si alzò dal terreno con un boato spaventoso e, dal pilastro di rena dorata, scaturì un demone drago che ringhiava contro i quattro compagni.
« A noi!» Esultò Goku allargando un sorriso di sfida e lanciandosi verso il drago emerso dalla sabbia. Gojyo ghignò e scosse la testa per l’infinita ottusità della stupida scimmia, poi si avventò a sua volta contro il demone.
Il drago non si fece cogliere impreparato, ruggì una vampata di fuoco che per poco non incenerì il kappa e la scimmia, poi scavalcò Sanzo e Hakkai, strisciando velocemente sul terreno e dandosi alla fuga. I quattro amici lo guardarono basiti, mentre il drago si allontanava a tutta velocità dal gruppo del venerabile Sanzo.
Goku fece scomparire il Nyoi Bo osservando il drago strisciare via alzando una nuvola di sabbia. « Ma… perché scappa…?»
Gli altri tre non risposero, mentre un esaltato urlo di guerra si levava da dietro una duna dorata. « PRENDIAMOLO!»
I quattro compagni restarono immobili osservando due jeep scollinare la duna e gettarsi all’inseguimento del demone tra grida di euforia e impossibili rimbalzi. Il mezzo demone osservò le due macchine arrancare tra scossoni e sobbalzi sulla sabbia a una velocità fulminea. « Accidenti…» Mormorò incredulo. « Quelli sono anche più pericolosi di te alla guida, Hakkai…»
Le due jeep guadagnarono terreno sul demone drago che, ormai raggiunto, si voltò indietro per affrontare il nemico. Un ragazzo dai corti capelli castani eruppe dalla jeep con un arpione saldo tra le braccia, e lo puntò contro il demone.
Il drago, intuito il pericolo, ruggì e alzò una scheletrica zampa artigliata per colpire la jeep. In quel momento l’altra macchina sbucò dal nulla e una decina di corde avvolsero il corpo del drago. Il ragazzo con in mano l’arpione mirò alla gola del demone e questi, notando il luccichio dell’arma, si dimenò furiosamente fino a liberarsi delle corde. Alzò la zampa artigliata e la fece piombare come una scure sulla jeep del ragazzo con l’arpione.
« SHENG!» Urlò una voce dall’altra jeep mentre una colonna di sabbia si alzava dall’impatto della zampa del drago con il terreno. La jeep sterzò bruscamente evitando così di essere schiacciata dal demone, il ragazzo dai capelli castani si alzò in piedi sulla macchina e, mirando con precisione, scoccò l’arpione dritto alla gola del demone. Il drago lanciò un guaito e si disgregò in centinaia di piccoli frammenti che si dissolsero nell’afa del deserto.
Il gruppo del venerabile Sanzo rimase sbalordito a guardare il vuoto dove pochi istanti prima c’era stato il demone drago. I passeggeri delle due jeep restarono per un attimo in religioso silenzio, più per riprendere fiato che altro, poi il ragazzo che aveva ucciso il drago eruppe in un grido di vittoria. Subito anche gli altri si unirono a lui in un’esultanza di euforia generale.
Goku li osservò basito per un attimo, poi afferrò Sanzo per la tunica e un filo di bava gli colò dall’angolo destro della bocca. « Sanzo! Quelli sono uomini…! Quindi c’è di sicuro un villaggio o un accampamento qui nei dintorni!» Sibilò mentre il suo stomaco ricominciava a gorgogliare rumorosamente.
Il venerabile Sanzo si liberò dalla presa del demone con un solo colpo preciso e violento dell’harisen, e Goku crollò a terra tenendosi la testa con le mani. Il bonzo alzò di nuovo lo sguardo sui passeggeri delle due jeep, e li scrutò pensoso.
Il ragazzo che aveva ucciso il demone si voltò a sua volta e incrociò gli occhi di ametista del monaco. Per la prima volta da quando erano sbucati da dietro la duna, gli otto ragazzi a bordo delle jeep notarono il gruppo del venerabile Sanzo che li guardava come se avessero sei occhi e dieci mani. Il ragazzo caricò l’arpione sulla jeep, rimasta miracolosamente incolume, e guidò verso il bonzo e il suo seguito con un sorriso fiero. L’aver ucciso quel drago l’aveva gonfiato di orgoglio.
Il ragazzo si fermò davanti a Sanzo e scese con un solo balzo dalla jeep. « Salve stranieri!» Sorrise spostando lo sguardo sui quattro compagni, e poi si fermò su Sanzo. « Cosa ci fa un venerabile maestro nel bel mezzo del deserto?»
« Siamo in viaggio, cerchiamo una città dove riposare.» Rispose glaciale il bonzo, e il ragazzo dai capelli castani sorrise. « La città più vicina è Sabef, noi veniamo da là.» Spiegò indicando a ovest dove il sole stava scomparendo dietro la linea desertica dell’orizzonte.
Sanzo osservò la direzione indicata dal ragazzo, poi posò gli occhi su di lui. Gli altri compagni del ragazzo si avvicinarono a lui e una giovane dai lunghi capelli scuri gli posò una mano sulla spalla. « Forse dovresti presentarti, Sheng.» Sorrise lei voltandosi a guardare i quattro stranieri.
« Ehehe! Hai ragione, Yang!» Il ragazzo allungò la mano in direzione di Sanzo e sorrise. « Il mio nome è Kyu-sheng, ma potete chiamarmi solo Sheng.»
Gojyo si interpose tra Sheng e il bonzo, immaginando che Sanzo-il-re-dei-ghiacci non avrebbe mai stretto la mano al ragazzo. Sorrise afferrando il palmo. « Piacere, io sono Gojyo. Il musone qui dietro è il venerabile Genjo Sanzo, la scimmia è Goku, e lui è Hakkai.» Disse il kappa presentando i compagni.
Sheng sorrise e circondò le spalle della ragazza mora con un braccio. « Piacere di conoscervi. Lei è Yang, mia sorella.»
« Scusi, signor Kyu-sheng…» Sibilò Hakkai avvicinandosi al ragazzo. « Potreste gentilmente indicarci la strada per raggiungere la città di Sabef? Siamo in viaggio da diversi giorni e vorremmo alloggiare in una locanda.» Spiegò il mite demone.
Sheng allargò un sorriso e fece cenno ai suoi compagni di avviare i motori delle jeep. « Certo, seguiteci. Vi facciamo strada!»
Il seguito di Sanzo sospirò di sollievo all’idea di incontrare una città dopo tanti giorni e, al grido di Goku di “Finalmente possiamo mangiare!”, seguirono le jeep di Sheng attraverso il deserto notturno.


Dopo due ore buone di viaggio ad una velocità sostenuta, le bianche mura di Sabef si stagliarono davanti a loro brillando nell’oscurità della notte. La piccola città non era certamente lussuosa, ma i suoi abitanti erano cordiali e felici e, cosa peggiore di tutte, terribilmente rumorosi. All’ingresso di Sheng e il seguito di Sanzo attraverso i grandi portoni erano saltati su come molle esplodendo in un assordante quanto vano boato di benvenuto. Se il venerabile Sanzo avesse potuto esprimere a parole, senza offendere nessuno, ciò che provava stando insieme a quella marmaglia, sarebbe stato di certo qualcosa di molto simile a “Inutile ammasso assortito di straziante gentaglia chiassosa”.
Al contrario del bonzo Gojyo, Goku e Hakkai, dopo la sorpresa iniziale, si erano trovati piuttosto bene in quell’ambiente cordiale e festoso. La calorosa accoglienza degli abitanti di Sabef li aveva resi gioiosi a loro volta, e il solo che se ne stava in disparte con l’espressione accigliata di un vecchio squalo bianco era il venerabile Sanzo.
Sheng e Yang salutavano con calorosi sorrisi e, posteggiate le jeep, condussero Sanzo e il suo seguito verso la tenda del capo villaggio. L’uomo in questione era tale e quale ad un piccolo e vecchio gufo impagliato; i grandi occhi di ossidiana levigata erano perennemente spalancati e, accovacciato com’era, pareva ancora più scheletrico e minuto di quanto già non fosse. Alzò la testa calva verso Sanzo e, allargando un sorriso sdentato, fece cenno agli ospiti di accomodarsi sui cuscini davanti a lui.
« Venerabile Sanzo… è un onore avervi qui.» Gracchiò con voce rauca e stanca. Sanzo si limitò ad un educato cenno della testa, cercando di non dare a vedere il disappunto che quello sproloquio faceva crescere in lui.
« Mangiate a volontà e riposate tranquilli.» Sorrise loro Sheng prendendo posto accanto a Fu-zong, il capo villaggio. « Qui a Sabef non subirete attacchi da parte dei demoni, quindi pensate solo a rilassarvi.»
« Scusi se mi permetto, signor Sheng, ma come fate a essere sicuri che i demoni non attaccheranno?» Chiese Hakkai versandosi del sakè.
Sheng spostò lo sguardo sul vecchio Fu-zong e le sue labbra si arricciarono in un sorriso vanaglorioso. « Per la semplice ragione che sono più di venti anni che a Sabef non si vede l’ombra di un demone!»
A quelle parole, Sanzo e il suo seguito si scambiarono occhiate significative. Era impossibile, come poteva essere che un villaggio fosse rimasto tanto a lungo fuori dalle grinfie dei demoni, soprattutto in quel periodo durante il quale erano così attivi e pericolosi? Qualcosa non quadrava. Non quadrava per niente.
Il vecchio capo villaggio osservò a lungo i tre compagni del venerabile Sanzo, li guardava con tanta minuziosa attenzione che il bonzo non poté fare a meno di notare i suoi sguardi. I vispi occhi neri di Fu-zong si erano posati più d’una volta sui Dispositivi di Controllo del Potere Maligno di Hakkai e Goku.
Il capo villaggio si voltò verso Sheng e, facendogli un cenno, lo esortò ad uscire e a lasciarli soli. « Avverti Yang, e porta ai nostri ospiti qualcosa da mangiare.»
« Subito.» Rispose Sheng sorridendo e uscendo dalla tenda nella quale si erano riuniti. Una volta rimasti soli, Fu-zong sorrise e si versò una gran dose di sakè in un bicchiere. Sanzo lo scrutava con la consueta fredda obiettività che i suoi occhi di ametista emanavano.
« E così… voi siete demoni…» Mormorò Fu-zong alzando gli occhi neri su Goku, Gojyo e Hakkai. I quattro compagni si osservarono leggermente imbarazzati, ma il vecchio capo villaggio scosse la testa con un vago sorriso. « Non mi stupisce che Sheng e gli altri non vi abbiano riconosciuto… In fondo hanno visto davvero pochi demoni nella loro vita.»
« Come mai a Sabef non avete demoni?» Chiese Sanzo a bruciapelo, posando gli occhi di ghiaccio sul vecchio come se volesse trapassarlo da parte a parte solo con l’intensità del suo sguardo.
« Per una banalissima ragione!» Ridacchiò Fu-zong versando da bere anche agli ospiti. « Più di venti anni fa, Sabef era la capitale di un grande impero governato dai demoni. Io c’ero e me lo ricordo; erano tempi duri e tenebrosi, ma gli uomini si ribellarono scacciando i demoni dalle nostre terre per sempre. È da allora che a Sabef non ci sono spettri. Le squadre di Sheng e altri giovani coraggiosi tengono lontani dalle nostre case la minaccia dei demoni, e noi viviamo tranquilli.»
Sanzo non replicò. Tutta quella storia gli sembrava un’idiozia talmente enorme da non meritare nemmeno una risposta. Se pensavano di poter tenere lontani i demoni ancora per molto, erano soltanto dei poveri illusi. Più il tempo passava e più la minaccia di Gyumao diventava incombente.
« Non vi smaschererò.» Riprese dopo alcuni attimi di silenzio il vecchio Fu-zong. Posò gli occhi su Hakkai, Goku e Gojyo, e il suo sguardo parve indurirsi. « Vedo che indossate dei Dispositivi di Controllo, e che quindi non avete perso la ragione. Tuttavia non posso permettere che dei demoni sostino qui a Sabef. Vi sfameremo, vi prepareremo un degno alloggio in una locanda dove potrete riposarvi, e domani mattina lascerete la città.» Il tono della voce del capo villaggio, nonostante fosse vecchio e stanco, aveva una nota dura e irremovibile. Spostò lo sguardo più volte sui quattro compagni e Sanzo, accendendosi una sigaretta, abbozzò un ghigno.
« È esattamente quello che avevamo intenzione di fare. Domani lasceremo Sabef, non ha di che preoccuparsi.» Disse tagliente il bonzo posando i suoi intensi occhi colore della notte su quelli di carbone del vecchio.
« Bene.» Si limitò a rispondere Fu-zong quando il divisorio di tela si aprì ed entrò Sheng con un largo vassoio carico di vivande. « Ecco servita la cena.» Sorrise il ragazzo posando il plateau tra il seguito di Sanzo e il vecchio capo villaggio. « Tra poco arriverà Yang con il resto della portata, mangiate pure.»

Il pasto fu consumato in un silenzio teso. Sanzo non aveva aperto bocca, mentre Hakkai, Gojyo e Goku si sforzavano di scambiare due parole almeno di tanto in tanto con Sheng che, non capendo quello che succedeva, spostava continuamente lo sguardo sul vecchio capo villaggio. Persino Goku, che solitamente non finiva di mangiare se prima non aveva assaggiato almeno cinque o sei porzioni di tutto, si era interrotto al dolce. Quel clima di nervosismo non gli piaceva per niente e, ad aggravare la situazione, c’era l’onnipresente pesantezza dello sguardo di Fu-zong perennemente posato su di loro.
Sanzo si alzò da tavola posando lo sguardo sui presenti. « Vado a comprarmi le sigarette. Grazie per il pasto, Fu-zong.» Disse sbrigativo. Sheng fece per alzarsi in piedi e seguirlo, così da invitarlo a restare, ma una sola e penetrante occhiata del capo villaggio bastò per fargli cambiare idea.
In breve tempo anche i tre restanti del gruppo ringraziarono per il cibo offerto loro e si allontanarono dalla tenda. Fu-zong non disse niente, si limitò a sorridere in modo tanto gentile quanto falso. Sheng seguì i tre ragazzi fuori della tenda.
« Gojyo, Hakkai, Goku!» Chiamò avvicinandosi velocemente a loro.
I tre si voltarono contemporaneamente e il ragazzo si sforzò di sorridere. « Mi dispiace per quanto è successo… Il maestro Fu-zong non si era mai comportato in modo simile.»
« Non devi preoccuparti!» Sorrise Goku portandosi le mani dietro la nuca. « Non è successo niente di grave, dico bene, Hakkai?»
Il demone gentile sorrise a sua volta piegando lievemente il busto verso l’amico. « Goku ha ragione, non deve preoccuparsi, signor Sheng!»
Il ragazzo sospirò di sollievo. « Meno male… Temevo foste adirati con noi…»
« Di’ un po’, Sheng…» Intervenne Gojyo accendendosi una sigaretta. « Tu sei un cacciatore di demoni, dico bene?»
Sheng allargò un sorriso orgoglioso e annuì. « Proprio così! Me la cavo bene, ma non sono nessuno se confrontato al mio maestro. Lui ha combattuto nella guerra contro i demoni, oltre venti anni fa. Qui non lo vedono di buon occhio, ma lui è certamente il migliore.» Disse Sheng sicuro delle sue parole.
A quella frase, Gojyo e Hakkai si scambiarono un’occhiata piena di significati. Se questo maestro aveva combattuto durante quella guerra, era da supporre che potesse spiegare loro la ragione per la quale non c’era un solo demone in tutta Sabef. Dubitavano fortemente che fosse solo merito delle fantomatiche squadre antidemone guidate da Sheng e i suoi. Avrebbero potuto chiedere a Fu-zong, ma quel vecchio capo non sembrava molto amichevole. Soprattutto dopo aver capito che erano demoni.
Hakkai si voltò verso Sheng e gli rivolse il suo solito sorriso mite e gentile. « Mi scusi, signor Sheng… Potrebbe gentilmente condurci dal suo maestro? Vorremmo parlare con lui, abbiamo alcuni dubbi che desidereremmo chiarire.»
Sheng aggrottò le sopracciglia in un’espressione sorpresa, poi piegò le labbra in un sorriso. « Certo, tanto a quest’ora è sempre sveglio. È un tipo che dorme poco. Da questa parte, venite con me.» Disse facendo cenno ai tre di seguirlo.


Sanzo si accese la sigaretta e trasse una profonda boccata di fumo, riempiendo i polmoni e cercando di allentare la tensione nervosa. “Un villaggio privo di demoni…” Pensò con sarcasmo. “Che razza di idiozia.”
Prese a camminare lentamente lungo le stradine ormai deserte di Sabef, l’aria fresca e limpida della sera si mischiava nei suoi polmoni al fumo delle sigarette che aveva appena comprato, creando un mix a dir poco celestiale.
La settimana appena trascorsa era stata la parodia di un incubo. Oltre ad aver dovuto combattere contro demoni di ogni genere, erano rimasti senza lavarsi e senza cibo decente, costretti a dormire fianco a fianco su una scomodissima jeep che si lamentava del loro peso. “Oltre al danno, la beffa…” Sospirò Sanzo sbuffando una nube di fumo bianco che si perse nel buio della notte.
Aveva camminato senza guardare dove andava e, quasi all’improvviso, si trovò su una stradina sterrata che conduceva all’interno di un piccolo boschetto. Sanzo si guardò attorno per un attimo poi, accendendosi la seconda sigaretta della sera, fece dietro front per tornare da dove era venuto. Stava per andarsene, quando una voce uscita praticamente dal nulla lo fermò.
« Sei nuovo di qui? Non ti avevo mai visto prima a Sabef…» Mormorò la persona alle sue spalle. Era una voce dolce e flautata, che cullava colui che ascoltava il suo tono pacato e gentile. Sanzo si voltò indietro e vide una ragazza, all’incirca della sua età, con lunghi capelli color dell’oro e grandi occhi azzurri e tristi.
Lei gli sorrise, e il venerabile Sanzo fu invaso da un senso di pace così intenso che per un attimo temette che quella donna fosse un demone, e quello che stava provando la conseguenza di qualche maledizione. La ragazza sorrise ancora e avanzò di un passo verso di lui. « Non devi avere timore di me, non ti farei mai del male…» Sussurrò posando quei suoi meravigliosi occhi colore del cielo estivo su di lui. « Il mio nome è Hina…»
Sanzo rimase interdetto. Avrebbe dovuto andarsene, voltare le spalle a quella stupida femmina invadente, invece rimase lì, immobile a guardare quei tratti così dolci del viso di Hina. « Io sono Genjo Sanzo.»
Hina stese un sorriso, uno dei suoi sorrisi caldi e rassicuranti che avevano tanto turbato il bonzo. « Piacere…»


« Lo scoprirà!» Singhiozzò Hina tra le lacrime, abbracciando il suo amante e padre della creatura che portava in grembo. « Quando l’Imperatore lo vedrà, non ci sarà scampo! Quando mio marito Se-jin vedrà il bambino… capirà immediatamente che non è suo figlio!»
Eban strinse a sé Hina cercando di darle un po’ di conforto, poi voltò lo sguardo verso Setsuya, seduto stancamente sulla sedia con la testa tra le mani e il volto nascosto dalla chioma di capelli corvini. « Amico mio… Cosa possiamo fare?»
« Siete degli sconsiderati…» Mormorò esausto Setsuya, alzò gli occhi su Eban e Hina e li fulminò con lo sguardo. « Con il vostro amore mettete in pericolo me, ma con questo bambino… mettete in pericolo tutta la nostra gente!»
Hina soffocò un singhiozzo, e Eban la strinse a sé più forte. « Non intendiamo far del male a nessuno, Setsuya, lo sai bene… Ma quello che proviamo l’uno per l’altra non possiamo cambiarlo.»
« MA CERTO!» Esclamò improvvisamente Setsuya alzandosi in piedi e scagliando a terra la sedia. « Ed è questo che direte all’Imperatore Se-jin quando vedrà che il bambino che sua moglie ha partorito non ha né occhi né capelli rossi, vero?!»
Eban strinse i penetranti occhi viola posandoli sull’amico. « Ora sei ingiusto… Non è stato per suo volere che Hina ha sposato l’Imperatore e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro visto che sei stato tu stesso a rapirla alla sua famiglia e… al suo futuro sposo.»
« Mi sembra di avervi sufficientemente ripagati!» Rispose Setsuya voltandosi a guardare i due amanti. « Non siete i soli a rischiare la vita quando vi incontrate in quella radura! Se l’Imperatore vi scoprisse, sarei coinvolto anche io, e conoscete la pena per i traditori!»
« E di questo ti saremo sempre infinitamente grati, caro amico…» Mormorò Hina slacciandosi dall’abbraccio di Eban per posare una mano sulla spalla di Setsuya.
Il soldato sospirò passandosi una mano tra i capelli. Eban e Hina erano i suoi più grandi amici, e non si era mai perdonato di essere stato costretto a strappare la ragazza ai suoi affetti per portarla in sposa a quel demone che faceva da padrone a Sabef. Aveva rimediato come gli era stato possibile, organizzando incontri segreti tra i due amanti e rischiando di essere scoperto – e quindi rischiando la vita – più di una volta, ma quel bambino rappresentava solo guai. Per tutti.
Posò lo sguardo su Eban, oltre ad essere il suo più caro amico era anche uno delle guardie del Palazzo Reale, e se lui e Hina fossero fuggiti sarebbe stato compito suo spiegare perché un suo subordinato aveva agito a quel modo.
Setsuya sospirò pesantemente, alzando lo sguardo sui capelli nocciola e gli occhi viola di Eban. « Non c’è altra soluzione, amici miei… Per ora faremo credere a Se-jin di essere il padre del vostro bambino… nel frattempo cercheremo una soluzione.»


Sanzo si sentiva stupido come poche volte si era sentito nella sua vita. Come un povero leprotto sprovveduto stava seguendo la volpe nella sua tana e, cosa ancora più grave, la seguiva senza alcun timore. Osservava le spalle minute di quella donna, coperte solo da un leggero scialle sgualcito, e la lunga chioma bionda e liscia che ondeggiava leggera ad ogni suo passo.
Non sapeva esattamente per quale ragione aveva seguito Hina, ma da quando aveva incrociato quegli occhi azzurri come il cielo, non riusciva a decidersi ad andare via. Era come se lui, in quel momento, “dovesse” stare con lei.
Sospirò pesantemente gettando il mozzicone ed estraendo l’ennesima sigaretta dal pacchetto. Stava per chiudere le labbra intorno al filtro quando la presenza di Hina gli fece alzare lo sguardo. Era a pochi centimetri da lui e lo osservava con gli occhi azzurri seri come pareva impossibile potessero essere.
« Fumare ti fa male alla salute, Genjo Sanzo… Non dovresti…» Disse la donna alzando una mano per costringere gentilmente il bonzo a gettare la sigaretta.
Non ci furono contatti tra le loro mani, nessun gesto forzato, ma la presenza della mano candida e minuta di Hina così vicina alla sua gettava Sanzo in uno stato d’animo che non aveva mai provato prima. Si sentiva strano, sentiva che tra lui e quella donna c’era un legame. E questo lo innervosiva parecchio. Chi diavolo era quella femmina? Era una demone, una strega, un’alchimista che l’aveva drogato senza che lui se ne accorgesse?
Gli occhi viola di Sanzo si intrecciarono a quelli di zaffiro di Hina e tutto intorno a loro parve scomparire. Il tempo rallentava, e tutto era smorzato, ovattato, e allo stesso tempo c’era nell’aria una piacevole sensazione di calore. Un calore che il venerabile Sanzo non aveva mai provato prima. Tutto questo provocato da quelle tristi iridi azzurre.
Sanzo si scosse e fece un passo indietro, lontano da quella donna. La fissò con un misto di irritazione e sorpresa, e lei gli sorrise. Di nuovo quel sorriso gentile e disarmante che Sanzo non riusciva a sostenere.
« Gli somigli molto…» Mormorò a fior di labbra.
Sanzo spalancò gli occhi per poi tornare al solito cipiglio di superiore e gelido distacco che sempre mostrava al mondo. « Chi sei? Ti conviene dire la verità se tieni alla tua vita.» Disse puntandole contro la pistola.
Hina, dopo un attimo di sorpresa, iniziò a ridacchiare divertita. Sanzo, confuso, abbassò di pochi centimetri la canna dell’arma e osservò la donna asciugarsi una lacrima mentre tentava di smettere di ridere. « La mia vita, dici?» Ridacchiò Hina.
Sanzo lasciò ricadere il braccio che impugnava la pistola lungo il fianco. Ma chi era quella donna?


Gojyo, Hakkai e Goku seguivano Sheng lungo un piccolo viottolo che portava fuori città. La notte era fredda e il vento spirava impetuoso dal deserto portando con sé l’odore fragrante della sabbia. Il manto nero che faceva da tenda al mondo era tempestato di stelle, come lo zucchero a velo su una torta al cioccolato.
Goku alzò gli occhi al cielo nero, poi si voltò a guardare il villaggio che avevano appena lasciato. La vecchia e cadente catapecchia del maestro di Sheng si vedeva con chiarezza. Non era lontana da Sabef, ed era stata costruita al riparo tra un cumulo di blocchi di pietra battuti dal sole del deserto. Nella sua miseria, quel recinto naturale di rocce poteva quasi essere paragonato alle mura di un castello.
Sheng si voltò verso i tre e fece cenno di affrettare il passo. « Muoviamoci, tanto il maestro ci avrà già visti.»
I tre amici, affondando i piedi nella sabbia fredda, si avviarono verso la modesta abitazione lignea e Sheng si fermò davanti all’entrata. Trasse un respiro e scostò la sdrucita tenda rosso bruno. « Maestro…?»
Goku sorpassò Hakkai e sbirciò all’interno. Si ritrasse prontamente, l’odore di incenso era talmente penetrante che il suo fine olfatto di scimmia ne risentiva. Tutto era buio e le spire candide del fumo si alzavano dal bastoncino di incenso, disperdendosi poi nella stanza e creando una sottilissima nebbiolina.
Il maestro era seduto al centro della stanza dando loro la schiena. Ma quelle che Goku vide non erano le scapole bianche e smagrite di un vecchio saggio come si era aspettato di trovare, bensì spalle larghe e muscolose, possenti tricipiti di chi è abituato a usare armi pesanti o di chi è solito allenarsi nell’arte della lotta.
Osservando quel corpo solido, Goku si rese conto che il maestro era molto più giovane di quanto avesse immaginato. Non aveva più di una cinquantina di anni, mentre il demone scimmia si era aspettato di trovare un altro vecchietto dello stampo di Fu-zong. Spostò lo sguardo sulla nuca dell’uomo, coperta da una folta chioma di capelli neri come la pece e brillanti di riflessi azzurri come il tuono.
« Chi sono le persone che hai portato qui, Sheng?» Domandò il maestro con una voce bassa e roca che fece rabbrividire Goku.
Sheng entrò e si mise in ginocchio a poco più di un metro dall’uomo. « Scusi se sono piombato qui senza prima avvertirla, maestro. Queste persone desideravano parlare con lei.»
Un silenzio pesante attraversò la stanza fino a quando l’uomo non si voltò per fare cenno a Goku, Gojyo e Hakkai di accomodarsi. Il maestro aveva il volto coperto da un’ispida barba incolta, il naso dritto e penetranti occhi neri come una notte senza luna. Li scrutò per un lungo attimo, poi le sue labbra si inclinarono in un sorriso che somigliava di più a un ghigno. « Ma guarda… era parecchio tempo che non ne vedevo in città…»
Goku strinse gli occhi mentre l’opprimente presenza del Maestro gli attanagliava il corpo in una morsa invisibile di soggezione. “Quest’uomo ha già capito che siamo demoni… Inoltre avverto un potere veramente enorme anche se è solo un umano…”
« Scusi per il disturbo, maestro…» Sorrise Hakkai piegando lievemente il busto e cercando di sedersi più comodamente sui talloni.
« Non ha importanza » Grugnì inespressivo fissando intensamente i Dispositivi di Controllo di Goku e Hakkai.
Il demone gentile sentì un brivido corrergli lungo la spina dorsale ma cercò di ignorarlo sfoderano l’ennesimo sorriso. « Io mi chiamo Hakkai, e questi sono i miei due compagni, Goku e Gojyo.» I due salutarono, poi Hakkai riprese a parlare. « Siamo soltanto di passaggio a Sabef, ma siamo molto incuriositi dal fatto che non ci siano demoni. Potrebbe parlarcene se non le crea fastidio?»
L’uomo sorrise e si accese una sigaretta inspirando una lunga boccata. Lasciò il fumo nei polmoni per alcuni secondi, durante i quali scrutò minuziosamente i tre ospiti, poi ghignò espirando una nube candida. « Il mio nome è Setsuya, e se siete interessati alla storia di Sabef posso anche raccontarvela… Non ho problemi di alcun tipo.»
« Ci farebbe un grandissimo favore, signor Setsuya.» Sorrise Hakkai mettendo le mani dietro le teste di Goku e Gojyo, seduti ai suoi fianchi, e costringendoli a piegarsi lievemente in un inchino.
Setsuya inspirò un’altra boccata dal filtro, poi si voltò verso i quattro ragazzi seduti di fronte a lui. Sorrise lievemente osservando l’interesse che si leggeva nei loro occhi, e ricordò come anche lui fosse uguale a quella fresca età sconsiderata. “Sbarbatelli…” Sogghignò Setsuya squadrando i ragazzi. “Hanno ancora la bocca sporca di latte.”
Setsuya sospirò e poggiò le mani sulle ginocchia. « Quando io ero ancora poco più di un moccioso i demoni ci attaccarono, prendendo il controllo di tutta la zona. Colui che li guidava era un demone chiamato Se-jin, un mostro senza cuore e senz’anima. Gli uomini dell’epoca erano tutti miseri contadini dediti al lavoro e non potevano sperare di combattere contro avversari di quel livello. In brevissimo tempo i demoni occuparono le nostre terre e costruirono un castello qui a Sabef. Era una costruzione semplicemente miracolosa…» Mormorò Setsuya mentre ai suoi occhi neri appariva l’immagine dell’antico castello. « Le sue mura erano così candide che la luce del sole rifletteva bagliori argentati, le torri sfioravano il cielo e sovrastano tutta la zona circostante. I beduini che vivevano nel deserto potevano vederle dai loro accampamenti e il riverbero delle loro mura li guidava verso Sabef anche nelle notti più buie. Nonostante tutto, i demoni portarono nella nostra vita il lavoro, il denaro, e il benessere. Eravamo schiavi, dovevamo sottostare alle leggi che Se-jin ci imponeva ma, a dispetto di questo, molti di noi stavano bene, e ritenevano l’arrivo dei demoni una benedizione.» Setsuya sospirò pesantemente e portò la sigaretta alle labbra inspirando una profonda boccata. « I problemi nacquero quando la moglie di Se-jin, Eling, morì. A quell’epoca io avevo poco più di vent’anni ed ero un soldato del Palazzo, ho visto Se-jin perdere completamente la ragione, vaneggiare di un utopistico regno in grado di conquistare l’intero Togenkyo. Il dolore per la perdita della moglie lo distrusse sia nell’animo sia nella mente, varò una nuova legge che decretava che una giovane donna dei villaggi avrebbe dovuto andare in sposa all’Imperatore. Ogni anno.» Setsuya strinse i pugni e spense la sigaretta nel contenitore dell’incenso.
« È per questo che gli umani si sono ribellati, vero?» Chiese Hakkai osservando i profondi pozzi di tenebre che erano gli occhi di Setsuya. L’uomo abbozzò un lieve ghigno e annuì. « Esatto… Ma questo successe molti anni dopo. Per quasi dieci anni Se-jin rapì ragazze alle loro famiglie, povere innocenti che non resistevano a palazzo per più di pochi anni.»


Se-jin si avvicinò alla ragazza che se ne stava nuda e tremante di paura di fronte a lui, i lunghi capelli neri erano raccolti in una treccia mentre l’Imperatore le girava attorno con sguardo critico.
« I suoi occhi sono troppo cupi…» Mormorò con tono strascicato e cullante. Prese in una mano la lunga treccia corvina della ragazza tastandone la morbidezza, poi la lasciò scivolare dal palmo. « Neri…» Disse Se-jin con una strana nota di disappunto nella voce.
Setsuya strinse i pugni sentendo i guanti stirarsi fin quasi rompersi. Se-jin posò una mano sulla spalla nuda della ragazza e le sorrise con così tanta gentilezza che lei tentò di ricambiare timidamente. A quel sorriso forzato, Se-jin le sferrò uno schiaffo tanto vigoroso da farla crollare sul pavimento levigato.
L’Imperatore si avventò su di lei percotendola violentemente, e con una rabbia così folle da non poter essere fermata. « Lurida sgualdrina! Se fossi soltanto la metà di quello che era Eling…! Questi capelli neri! Neri come la morte!»
Setsuya sentì il sangue gelarsi nelle vene e, dopo un attimo di terrore, arrancò verso le altre guardie per intervenire e fermare quel massacro. Il gruppo di soldati si avventò sull’Imperatore cercando di allontanarlo dalla ragazza riversa in una pozza di sangue.
« Sua maestà! Si calmi, la prego!»
« Lasciatemi andare! Non osate toccarmi!»
« Tenetelo fermo, forza! Tenetelo fermo!»
Setsuya osservò le guardie allontanare il demone, e lui si chinò sulla ragazza per accertare il suo stato di salute. La sollevò più delicatamente possibile e la voltò per osservarla in viso. Gli occhi castani della ragazza erano spalancati e immobili in un’espressione di sgomento, una smorfia che non avrebbe mai più abbandonato i tratti di quel volto pallido. Setsuya strinse i denti e sentì la bocca dello stomaco serrarsi mentre le lacrime spingevano per varcare la soglia delle ciglia.
Setsuya trasse un profondo respiro tremulo, poi portò una mano sul volto della ragazza e le chiuse le palpebre. La prese tra le braccia e si allontanò dal salone per onorare quella giovane vittima con un degno addio.


Hina e Sanzo erano seduti sul tronco di un albero e il bonzo, nonostante ne avesse una voglia incredibile, non aveva ancora trovato il coraggio di accendere una sigaretta.
« Tu e i tuoi compagni siete qui di passaggio, vero?» Mormorò Hina con la sua voce dolce e ipnotica. Sanzo aggrottò le sopracciglia e posò i suoi occhi penetranti e sospettosi sulla donna. « Come fai a sapere che non sono solo?»
Hina sorrise. « Vi ho visto nel bosco, a est di qui…»
Sanzo spalancò gli occhi ricordando come a Goku fosse parso di vedere una persona seguirli. Ma era impossibile, quella donna era un essere umano e il demone scimmia avrebbe dovuto fiutare il suo odore. Inoltre anche in quello stesso momento, Sanzo non riusciva a percepire la presenza di Hina. Aveva capito da tempo che quella donna non era normale, però non riusciva ad andarsene o a puntarle contro la pistola. E anche se fosse riuscito a farlo, sapeva che non le avrebbe sparato.
Perché? Cos’era quella sensazione in fondo allo stomaco? Di nuovo la stessa sensazione che aveva provato nel deserto. Quell’insopportabile odore di nostalgia. Il gelido freddo che nasce da dentro il suo corpo, tipico dei giorni di pioggia.
Hina sospirò con un lieve sorriso, e si strinse nello scialle sdrucito. « Ti stai chiedendo perché non avverti la mia presenza, non è così?»
Sanzo non rispose, si limitò a guardarla con quei suoi intensi occhi di ghiaccio, difendendosi e attaccando con la sola forza di quello sguardo. « Esatto.»
Silenzio. Un enorme e insostenibile silenzio attraversò il bosco come un’ondata di gelo. L’intensità dello sguardo di Hina era inversamente proporzionale a quella di Sanzo; se quella del bonzo era fredda e distaccata come una bufera di neve, quella della donna era dolce e calda come l’onda di un oceano tropicale. Uno sguardo talmente sconcertante che il muro di ghiaccio che perennemente circondava l’animo di Sanzo ne risentiva.
Il ragazzo biondo distolse lo sguardo stringendo i denti. Mai in tutta la sua vita aveva chinato la testa di fronte a qualcuno, e ora quella donna che nemmeno conosceva lo metteva così in soggezione da non riuscire nemmeno a sostenere il suo sguardo. “Maledizione!” Imprecò tra sé il bonzo.
Hina sorrise lievemente. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventato così freddo. Sentì una morsa stringerle il cuore. Evidentemente nemmeno la sua vita era stata serena.
Si avvicinò lentamente a lui, attenta a non toccarlo in alcun modo, e alzò la testa per guardare le stelle che illuminavano il cielo scuro con la loro luce pallida.
« Guarda…» Mormorò la donna indicando il manto nero.
Sanzo alzò lo sguardo sulla volta notturna, niente era diverso dal solito. C’era il cielo che sfumava dal nero al blu, e le stelle che brillavano con la solita noiosa monotonia di ogni sera. Le aveva viste milioni di volte durante le notti passate all’aperto a dormire sulla jeep, incapace di prendere sonno. Ore ed ore passate a scrutarle come se potessero rispondergli e cancellare il dolore che non aveva mai smesso di tormentarlo.
Sanzo distolse lo sguardo con fare altezzoso. « Tsk! Che cosa stupida.» Grugnì senza degnarsi di guardare Hina.
La ragazza sorrise lievemente fissando il profilo di Sanzo. Posò lo sguardo su quei capelli colore dell’oro che scendevano su un viso pallido e dal naso dritto, le labbra sottili e ben disegnate che delineavano il mento allungato, e lo rendevano elegante e attraente. Infine… c’erano gli occhi… Quegli occhi dai riflessi viola, due pietre preziose rubate agli dei e regalate a quel ragazzo così che tutti potessero ammirare la loro bellezza.
Quegli occhi… che aveva conosciuto così bene…
« Smettila di fissarmi. Mi dai fastidio.» Ringhiò Sanzo cercando di contenere quel dannato imbarazzo così “non da lui”. Si sentiva a disagio, e allo stesso tempo non era per niente convinto di sentirsi fuori luogo. Quella donna, quel posto, persino quelle stelle che lo scrutavano dall’alto ridendo della sua reazione, gli sembravano tutte cose già vissute. Cose non nuove, che semplicemente dovevano ripetersi. Per quale ragione? Perché sentiva quel fastidioso senso di déjà-vu?
Sanzo alzò lievemente lo sguardo su Hina e le sue labbra si inaridirono. Gli occhi azzurri della donna erano carichi di lacrime mentre continuava a fissarlo con quello sguardo pieno di calore con cui si guardano soltanto persone che si conoscono bene e si amano da moltissimo tempo.
“Che diavolo…?!” Pensò frastornato Sanzo osservando Hina sorridere mentre le lacrime solcavano il suo viso candido. Quella situazione era inconcepibile, doveva andarsene, non poteva vedere quella donna piangere, non sopportava le persone che frignavano, tuttavia… Ancora una volta quella dannata sensazione gli impediva di andarsene.
Hina sorrise e si asciugò una guancia con una mano. Era da tutta la vita che aspettava quel momento. « Sei cresciuto molto… piccolo mio…»
Sanzo spalancò gli occhi viola e si voltò verso Hina completamente sconvolto.


Fine Prima Parte

 
Continua nel capitolo:


 
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