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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: L'ERESIA TIRANNIDE
Genere: Azione, Avventura, Erotico, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: ucciola galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 22/04/2018 00:24:49

Linda e gli affascinanti stregoni guerrieri, in un turbinio di passioni e morte contro i Tirannidi il cui unico desiderio è veder bruciare il mondo.
 
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PROLOGO
- Capitolo 1° -

"Linda non sa che un segreto si cela nel suo passato. Un segreto di cui è pienamente consapevole l’affascinante uomo chiamato da tutti Hollywood, uno degli ultimi stregoni guerrieri. Travolta da una passione che il suo corpo non ha mai provato prima, Linda non ha scampo davanti a quest’uomo irresistibile con un’ombra negli occhi. Le sue storie tenebrose la spaventano, ma il suo tocco accende un desiderio che minaccia di consumarli entrambi nella eterna lotta tra gli stregoni e i Tirannidi il cui solo desiderio è veder bruciare il mondo".



--Prologo--
Non vedi stelle, né Luna.
Solo buio.
Riesci a immaginare le nubi addensarsi sopra di te?
Prendono la rincorsa inseguendosi furiose oscurando un infinito cielo scuro color petrolio.
La loro rabbia ulula in un verso assordante, un soffio tremendo che si scontra contro gli alberi che ti circondano facendoli scuotere frastornati e facendo cadere le bagnate foglie secche.
Il rombo lontano di un tuono ti fa vibrare le viscere e tremare le ginocchia, la paura ti assale. La gelida pioggia d'inverno ti infradicia, ti appiattisce i capelli e appesantisce i vestiti.
Ormai non ti senti più i piedi e hai freddo, molto freddo.
I tuoi respiri si fatto accelerati e una nuvoletta di condensa ti esce dalle labbra e dal naso. Ma non riesci a muoverti.
Resti in ascolto.
La notte ti aveva chiamato a correre fuori ad osservare la rabbia del mondo, quel genere di tremendo cambiamento sulla quale l'uomo non può nulla ma... ora ti senti perso.
Solo.
Almeno una volta deve esserti capitato.
Questa storia comincia proprio in una notte come questa, fra i secolari fusti di un bosco di montagna.
Immagina l'odore di terra bagnata e muffa, l'odore stesso della pioggia.
Nascosto dietro un cespuglio e con il fango fino le caviglie, se ne stà in agguato un uomo.
Quell'uomo odia essere li, preferiva starsene in un bar del centro a morire dentro a una birra e poi andare avanti tutta la notte a ordinare tutto il menù fra alcolici, toast, pizze e digestivi.
Vuole trovarsi un vero lavoro, uno di quelli magari senza prospettiva né felicità per poi tornare al bar e lamentarsi per ore che non lo pagavano abbastanza.
Non vuole impegnarsi con qualche relazione ma a del buon sesso non aveva mai detto no.
Non c'era puttana nella città vicina che non lo conoscesse e di questo se ne era sempre vantato. Il suo più grande obiettivo era quello di 'salvare' ogni dolce donzella del mondo.
"Sì", disse in un sorriso amaro. Il suo sussurro che si perse immediatamente nel vento.
"Devo andare al bar".
D'improvviso tutto perse di significato, davanti a lui si era appena mosso un enorme pino. Non si era curvato dal vento, sembrava essersi proprio... spostato.
Qualcosa di assurdo, una pianta non metteva le gambe d'improvviso per decidere di cambiare aria.
L'uomo si mosse in fretta, infilò la sua grossa manona destra sotto il cappotto e strinse forte l'arma.
Scartò subito a destra sollevando una ondata di fanghiglia e con una bestemmia partì all'inseguimento del pino in fuga.
Era stato attento, come una cacciatore si era appostato sotto vento e aveva dovuto attendere fortunatamente solo una manciata di minuti prima che quel stupido bestione decidesse di uscire allo scoperto.
Tuttavia stava perdendo terreno, cinque delle sue falcate non valevano un passo della sua preda tanto grossa quanto sorprendentemente agile a schivare tronchi, arbusti e massi.
Nelle precipitose discese l'uomo riusciva a recuperare ma nelle salite la bestia lo seminava nuovamente.
L'uomo maledisse il mal tempo, il casino delle fronde, lo scrosciare della pioggia, il freddo e per l'ennesima volta il suo 'lavoro'.
Molto più avanti si udirono le famigliari urla maschili dei suoi compagni, ancora l'uomo non riusciva a vederli ma sapeva che avrebbero tagliato la strada alla sua preda sbarrandogli le vie di fuga.
Lampi accecanti di luce azzurra cominciarono a balenare sopra le fronde boschive, si udirono scoppi e imprecazioni.
La battaglia era cominciata e l'uomo si infuriò per non esservi partecipe.
Quando credette di essere ormai prossimo allo scontro, di colpo la battaglia parve spegnersi. Le urla si erano spostate, il fracasso di alberi divelti e rocce spaccate si fece ancora più lontano e l'uomo cercò di orientarsi fermandosi un attimo al riparo del diluvio sotto un abete.
Poco più in là, alla sua sinistra in basso, correva la statale 34 e a quell'ora della notte non passavano molte automobili. In quel momento pareva silenziosa, una lunga striscia d'asfalto illuminata a chiazze aranciate dei lampioni.
C'era puzza di fumo però e ... benzina.
L'uomo si spaventò, individuò un'auto capovolta a venti metri da lui più avanti. Sembrava un bizzarro enorme scarafaggio nero messo sotto sopra, con le ruote che ancora giravano schizzando gocce di pioggia come delle nevrotiche zampette.
Questo non era previsto, nessuno doveva farsi male men che meno un civile che incrocia per sbaglio un Tirannide in fuga.
Con un balzo mozzafiato si buttò in strada da una altezza di almeno sette metri, per poi atterrare con solo una semplice flessione delle ginocchia. La puzza di benzina si faceva più forte mano a mano che si avvicinava all'automobile, il vento gli sferzava in faccia l'acre odore di sangue.
Lo percepiva. Lo sapeva.
C'era qualcuno dentro.
"Ehi!", urlò attraverso il finestrino chiuso dal lato guidatore.
La donna al volante era ancora agganciata alla cintura di sicurezza e penzolava inerte a testa in giù con gambe e braccia molli.
In una sola fulgida fiammata il fuoco divampò dal retro del veicolo, una colonna di fumo nero si addensò tutta intorno scossa e riassestata dal vento.
"Signora!", chiamò. "Niente paura ci penso io!".
La signora non si mosse, non aprì gli occhi e non emise nessun gemito.
Il viso gli sgrondava sangue però e all'uomo venne il dubbio se fosse ancora viva.
L'automobile appariva ammaccata e graffiata, i finestrini crepati. Doveva essere rotolata come una palla per un bel pò prima di fermarsi a testa in giù.
L'uomo doveva prendere una decisione, il fuoco avrebbe presto raggiunto il serbatoio e allora persino lui avrebbe rischiato la vita.
Doveva scardinare la portiera correndo un grave rischio per una persona che forse era già spacciata o proseguire nella sua missione?
"Merda, signora c'é qualcun'altro?"
L'aveva sentito, non era stato il ruggito del fuoco o il fischiare del vento.
Un pianto.
Si buttò a sbirciare dal finestrino posteriore e lì, intrappolato nel seggiolino, si dimenava un terrorizzato bimbetto biondo. Era paonazzo dal pianto, il visino sconvolto e i pugnetti stretti in una richiesta d'aiuto istintiva.
L'uomo non perse tempo, schiaffò una manata alla portiera posteriore del vicolo.
Un piccolo bagliore azzurro e la portiera balzò in dietro di due metri ruzzolando in un stridore di lamiera sull'asfalto.
Liberò dalle cinghie il pargolo e se lo strinse al petto, ebbe solo il tempo di dare una occhiata alla madre prima che con una esplosione l'automobile saltasse per aria.
Uomo e bimbo furono gettati all'indietro ma le fiamme non li parvero sfiorare, anzi, dirottarono curiosamente in un angolo retto di lato senza nemmeno ustionarli.
L'uomo precipitò in scivolata con la schiena lungo la corsia opposta della statale.
L'urlo disperato del bambino fu molto rassicurante per l'uomo, quando con un digrignare di denti si tirò a sedere.
L'aria si era fatta irrespirabile, puzzava di gomme bruciate e benzina ma le fiamme illuminavano a giorno come un faro nella notte.
Ormai uomo e bambino erano zuppi e sconvolti, l'uomo che ancora lo stringeva. Lo sentiva tremare e urlare e lui si sentiva con la schiena graffiata e sanguinante.
Ma stavano bene.
Rimasero fermi lì in quel modo, seduti sul gelido asfalto a fissare il fuoco per minuti che parvero protrarsi in ore quando finalmente arrivò un auto proprio davanti a loro.
L'uomo si coprì gli occhi accecati dai fanali e quando vide una figura scendere dal mezzo si costrinse ad alzarsi in piedi.
"State bene?".
Sembrava un ragazzo. Non si riusciva a capirlo.
Le orecchie fischiavano e gli occhi non riuscivano a mettere insieme delle figure che non fossero una cozzaglia di macchie colorate fluttuanti.
"Prendi il bambino", ordinò burbero il nostro uomo salvatore.
L'altro parve rispondere in automatico allungando le braccia quando si vide porgere un bambolotto frignante e sporco.
"Stà bene? Cos'è successo?".
"Chiama una ambulanza o la polizia, o chi ti pare. Io devo andare".
L'uomo fece per andarsene quando si accorse che il bimbetto gli aveva afferrato il cristallo che aveva legato al collo, sentì la cordicella tirare e si voltò a fissare in cagnesco quel cucciolo mucoso.
Il bimbo strinse il pugnetto sul cristallo e poi diede con forza uno strattone.
La cordicella tirò ancora per poi spezzarsi, con la scivolata sul ruvido asfalto si era sfilacciata e da bagnata non aveva opposto molta resistenza.
Prima che l'uomo riuscisse ad attivasi per riprendersi il ciondolo, il bimbetto emise una agghiacciante risatina e il cristallo si illuminò timidamente di rosso.
"C-cosa v-vuol dire?", balbettò il ragazzo che teneva in braccio il bambino.
Il nostro uomo non rispose, incrociò solo per un lungo momento un intenso sguardo carico di significato con il bambino per poi voltarsi e scomparire nel buio della tempesta.
Il cristallo, ancora nella manina, si spense con un ultimo sfarfallio scarlatto per diventare poi di un intenso rosso rubino.
Il cristallo ora ha un nuovo padrone.

 
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