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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Videogiochi
Dalla Serie: Dragon Age
Titolo Fanfic: IL LEONE DEL FERELDEN
Genere: Sentimentale, Drammatico, Fantasy, Song-fic
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Spoiler, One Shot, What if? (E se...)
Autore: amara galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 02/02/2018 14:03:18

ASCOLTATE LA MIA STORIA. FORSE QUESTA É L'ULTIMA OCCASIONE...
 
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IL LEONE DEL FERELDEN
- Capitolo 1° -

IL LEONE DEL FERELDEN



"Ascoltate la mia storia. Forse questa è l'ultima occasione..."
Camminava scalzo con i piedi doloranti e rovinati dalla mancanza di scarpe, vagava senza una meta per le strade di Val Chenvin con la sola compagnia dei suoi incubi e dei fantasmi di un passato che nemmeno lui si ricordava a di cui non poteva attribuire loro pur volendo un nome o associarvi un volto.
Non si ricordava nulla, nè il suo nome, ne la sua vita e ne chi era prima di ridursi cosi. Non aveva nemmeno più una casa a cui far ritornate. Ma infondo un posto da chiamare casa gli sembrava così privo di senso.
La sua pazzia era tutto ciò che gli restava, che potesse definirlo. Sentiva voci che nessuno poteva udire anche pur volendo.
Voci che lo terrorizzavano spaventandolo terribilmente, era ora mai un uomo distrutto dalla sua stessa vita.
Aveva subito molti soprusi da balordi senza scrupoli che per puro divertimento si accanivano spesso su di lui, senza un apparente motivo. La cui unica giustificazione era che la "sua vista era inaccettabile" per un rifiuto come lui.
Nessuno interveniva quando questo accadeva e nemmeno lui poteva difendersi, inerme subiva ogni sorta di abuso verbale e fisico.

Buona parte degli abitanti di Val Chevin provavano pietà per costui, lui era uno di quelli il cui uso del Lyrium aveva portato via ogni cosa. Nessuno averebbe mai voluto per se una simile sorte.
I lunghi capelli biondi scomposti e selvaggi, la barba spessa e incolta conferivano al mendicante un aspetto ancora più miserabile di quanto non fosse già la sua vita. Sporco e ricoperto di stracci, l'uomo era in preda ai morsi della fame e dalla astinenza da Lyrium, non mangiva da alcuni giorni, l'ultima volta si era visto rovistare tra i rifiuti di una locanda, scacciato poco dopo dal proprietario di questa.
Era affamato, sudicio e stanco, estremamente debilitato fisicamente dalla sua condizione . La poca carità che riceveva non era sufficiente a placare il suo desiderio sempre più intenso provocato dal Lyrium.

Sembrava non avere più interesse per nulla, i suoi occhi ambrati erano sempre spalancati e spiritati tanto da spaventare i passanti che lo guardavano per strada, o quando se ne stava seduto da qualche parte sul ciglio della strada o in un vicolo tra la sporcizia e il sudiciume.

Il suo sguardo metteva paura anche a quelle poche persone che gli si avvicinavano per fare la carità. I suoi scatti improvvisi erano quelli che più la gente temeva da lui, aveva paura che potesse far loro del male. Una volta una donna si era vista afferrarsi il polso improvvisamente da quel uomo, trovandosi il viso di lui a una spanna dal suo.
Il mendicante era sporco e i suoi vestiti logori e ridotti a brandelli, maldestramente rammendati, i piedi scalzi e neri, le grandi mani screpolate e sporche ricoperte da calli. Con se portava una sacca in telo di yuta, molto grezza per essere una normale sacca da viaggio, sembrava più essere uno di quei sacchi dove si conservava il grano durante la mietitura.

La sacca conteneva i pochi avere del uomo, alcuni stracci tra essi solo un oggetto meritava l'attenzione, un elmo a forma di leone un po rovinato ma ancora in buone condizioni. Quello era l'unico oggetto di valore che l'uomo ancora possedeva e che per qualche misteriosa ragione non aveva venduto per comprarsi un po' di Lyrium.
Con molta probabilità non si ricordava nemmeno più a che ricordo fosse legato quel l'elmo cosi particolare.

Le sue giornate passavano tutte uguali, sempre nello stesso modo. Se era fortunato riusciva a racimolare qualche cosa appena sufficiente a sfamarlo, se no la sua giornata poteva essere un vero calvario. Non aveva nemmeno pace nel sonno oltre ai suoi terribili incubi che gli provocavano urla inquietanti per chiunque l'avesse visto dormire.
Nei suoi incubi più oscuri tal volta il poveretto aveva la fortuna di vedere visi di persone, frammenti di scene di cui nemmeno lui sapeva spiegare la provenienza, immagini di simboli apparentemente tutti senza un significato.
Poi il ricordo di una voce, una voce che gli procurava un dolore infinito ed insopportabile, nella caos di quel delirio.

Sentiva la voce del Lyrium cantare per lui e per "loro".
Anche volendo non averebbe potuto dare alcuna spiegazione logica a quel fenomeno, di razionale c'era ben poco.
La sua condizione andava peggiorando sempre più, e nessuno poteva o voleva aiutarlo. Era lasciato solo al suo destino.
A Val Chevin era conosciuto per la sua triste sorte, col tempo la sua presenza era diventata un fastidio per molti, soprattutto per quelli più benestanti.
Lui era qualcosa che definivano inquietante. La gente prendeva ad evitarlo, convinta che un individuo del genere portasse solo guai oltre l'orribile e disgustoso tanfo che emanava.

Dormiva sotto un ponte, all'aperto senza un posto che effettivamente lo riparasse dal freddo e dalle varie intemperie, in particolar modo quando arrivava la stagione fredda. L'unico vantaggio di quel giaciglio di fortuna e che si poteva osservare il cielo e le sue stelle, unico conforto di quel uomo.
I suoi occhi ambrati per quanto la maggior parte delle volte fossero spiritati o persi a fissare il vuoto, qualche volta se pur per breve tempo i suoi occhi acquistavano uno sguardo più umano, come se vi fosse al suo interno ancora un briciolo di dolcezza ed umanità, che infondeva a chiunque lo guardasse una pena infinita.
Lo sguardo dolce e tenero di qualcuno che ora mai era morto da tempo. Non si ricordava più nemmeno il suo nome se non una voce che lo chiamava. "Cul...!" e poi il nulla.

Una anima perduta la sua in un mondo altrettanto allo sbaraglio. La cui pietà che quest uomo suscitava avrebbe richiamato colei che fra tutti in futuro sarebbe stata la più misericordiosa, restituendolo a ciò a cui lui esso apparteneva.
Egli era come un bambino sperduto e impaurito, mentre ogni persona che lo incontrava era solamente disgustata dalla sua presenza definendola un parassita.

Nessuno a Val Chevin conosceva niente di lui se non il modo in cui si era ridotto. Era un uomo molto bello e prestante, abbastanza appariscente, i capelli biondi corti accuratamente acconciati e un modo di fare molto affabile soprattutto distinto.
Egli era sempre in compagnia del suo mabari, Folke.
Folke era un mabari di grossa taglia dal manto grigio con qualche macchia bianca sul manto ed una grossa sul petto, aveva un indole dolce e fin troppo giocherellona.

Il fereldiano dall'espressione che riportava sul suo viso non sembrava affatto essere l'uomo più felice del mondo ansia era visibilmente distrutto e sconfortato. Nessuno delle persone che lo guardavano sapeva dare una risposta ben precisa a quel suo stato.
L'uomo sembrava in preda all'ansia e alla disperazione più totale, dentro di se viveva l'angoscia costante affiancata alla paura di subire una sorte gli sarebbe toccata. Mentre guardava con profonda disperaizione la piccol ampolla di Lyrium che stringeva tra le sue grandi mani.
Di quella droga non ne poteva fare a meno, col tempo la sua dipendenza da essa stava crescendo e non vedeva nessuna più alcuna alternativa al suo problema, non ne aveva più le forze.

I suoi incubi che da più di dieci anni lo tormentavano, non gli davano pace nemmeno nelle poche ore che riusciva a dormire e nonostante i continui e forti dolori per tutto il corpo. Ai suoi incubi e alla sue paure poteva dare un nome e un volto, ma voleva solo disperatamente cancellarli dalla sua testa se ne avesse avuta anche solo l'opportunità ma aveva anche il costante timore di perdere tutte le cose belle che negli anni aveva costruito.
I sui incubi sapeva bene il soldato lo avrebbero accompagnato per sempre. Era un uomo distrutto e fatto a pezzi, stanco di quella vita e di quella condizione. Aveva dato tutto senza risparmiarsi ed aveva ancora continuato a dare ora che,non gli era rimasto più nulla.

Dopo che l'Inquisizione fu sciolta per lui accettare ciò fu un duro colpo, ma non l'ultimo.
L'ultimo colpo inferto al cuore era stato dato dalla persona che lui credeva lo amasse e la sua frase "Restiamo amici..." dopo aver rifiutato la sua proposta. L'effetto che tale frase aveva avuto su di lui in quel momento distrusse quelle poche certezze che egli aveva. Si sentiva usato e preso in giro.

Ora non aveva uno scopo, niente per cui vivere. Si era fatto prendere ed appassionare dalle sue belle parole quando lei gli aveva promesso che avrebbe trovato una soluzione al problema del Lyrium. Gli aveva creduto in tutta la sua buona fede.

Ma porca miseria, era passati ben due anni. In tutto quel tempo non era fatto nulla... e poi quella decisione così inaspettata di lei, il suo rifiuto. Distrutto tutto non rimanevano che macerie.
La rabbia si era impossessato di lui, così come la paura,lo sconforto e la disperazione. Aveva preso la decisione di sparire all'improvviso così di punto in bianco, senza lasciare alcuna traccia dietro di lui. Voleva stare sa solo, alla ricerca di una serenità che difficilmente uno nelle sue condizioni avrebbe trovato.

Gli incubi incessanti dominavano le sue notti ed i suoi sogni, pur usando il Lyrium che in qualche strano modo attenuava tutto ciò, ancora non era abbastanza. A lungo andare il Lyrium avrebbe corrotto la sua mente.
Lui che più di tutti aveva una volontà ferma e decisa, che gli aveva fatto valere il soprannome Il Leone del Ferelden, di cui ora mai non ne rimaneva più nulla.
Non era nemmeno più l'ombra di se stesso, chiedendosi tra se l'ex comandante del nulla, cosi si riferiva a se stesso. Il solo pensiero della triste fine che avrebbe fatto lo terrorizzava ed era veramente sconvolto.

Nella notte Cullen temeva il ritorno dei suoi demoni che da sempre lo terrorizzavano, non solo stava notando come i suoi attacchi di panico stessero sempre più peggiorando, insieme ai frequenti e forti mal di testa e i vari dolori alle articolazioni. E il costante senso di nausea.
Si ritrovava nei suoi sogni a dover rincorrere i delle misteriose figure insieme a ciò che rimaneva dei suoi ricordi, sparsi qua e là apparentemente privi di senso e di qualsiasi logica. Tutto ciò si riconduceva sempre al suo passato e alla sua identità che col tempo stava venendo meno.

Figure ed ombre che appartenevano ad un oscurità nera e senza tempo, attraverso la sua mente ormai compromessa. Inquietanti e tremende figure che avevano lasciato il segno, forte ed indelebile.
Del forte ed impavido leone non rimaneva più nulla, il cui rugito assordante risuonava per tutto il Thedas. Più forte la sua voce si sarebbe sentita, ma quando?
Tutto ciò che si poteva sentire era la sua disperazione e l'inesorabile canto del lyrium, ipnotico che ormai aveva assoggettato la sua volontà.

La sua intera esistenza era per sempre segnata, distrutta e lacerata da chi senza alcun riguardo si era preso gioco di lui usandolo. E tutti in nome di un ideale che rappresentava il nulla più assoluto. Una fede cieca per un cieco.
Ora cosa poteva fare? Cosa avrebbe potuto pretendere?
Avrebbe dovuto reagire? Combattere ancora una volta e stavolta per cosa? Anche se la guerra era stata vinta, la sua guerra personale invece no.

Con la spada e lo scudo in mano dove sarebbe potuto andare? Aveva rifiutato tante offerte di lavoro... ogni cosa per lui era priva di qualsiasi significato, si stava lasciando andare. Stanco di quella esistenza.
Non poteva vedere e non voleva la sua anima, dietro quegli d'ambra dove nascosta alla vista si celava una supplica silenziosa.
Soffriva silenziosamente come aveva sempre fatto, trascinando con se gli ultimi pezzi della sua vita. Sopportava tacendo in silenzio il peso del suo dolore, un cuore distrutto e profondamente ferito. Lentamente Cullen si lasciò sprofondare nella sua disperazione, fredda, buia e terrificante.

Ma una figura femminile ammantata di mistero si avvicinò, un giorno per strada di fronte a ciò che rimaneva di Cullen. La donna aveva visto qualche giorno prima una nana dai capelli rossi, il viso di lentigini fare la carita a quell'uomo. Aveva letto il cuore di entrambi.. e ciò che i loro pensieri celavano.

Mossa dalla pietà la figura si avvicino al pover uomo. Gli si inginocchiò per vederlo meglio avvicinandosi cautamente, nonostante il parere contrario delle persone che la guardavano, sorpresi nel vedere il gesto di quella misteriosa donna finemente vestita.
Con una mano la misteriosa figura accarezzo il volto del uomo pronunciando misteriose parole.

-"Distendi la tua anima e calma il tuo passato... Riposa poichè ora dormirai sogni tranquilli. Lascia che la paura si abbassi... Non importa quanto tu sia perso. Non nasconderti a me! Templare inginocchio che lotti per essere libero... Rialzati di nuovo per essere l'uomo per cui dovresti essere...perchè una è la via che conduce alla verità."Noi tutti abbiamo perso qualcosa di prezioso... Casa, sogni, amici...Unendo le forze, avremo una nuova casa..e nuovi sogni. Il viaggio sarà duro, ma abbiamo tempo! Una nuova stradaci aspetta. Iniziamo a percorrerla da oggi. Un' ultima cosa: i compagni persi... I sogni svaniti... Non dimentichiamoli mai...."Le disse la strana donna le misteriose parole ebbero l'effetto di ricondurre alla ragione quel poco che ormai rimaneva di Cullen, i suoi occhi ambrati riacquistarono quella luce di un tempo. Agli occhi di Cullen quella donna gli parve avvolta da una strana luce che in qualche modo solo lui poteva notare.

Impresse nella mente a fuoco il volto di quella bellissima donna, notò gli occhi dorati e i lunghi capelli argentei. Lui la identificò con Andraste... anche se non era certo, qualcosa dentro di lui ne era rimasto molto colpito da quel suo sorriso enigmatico ma molto dolce.
Ricordava ancora il tocco gentile e calmo della sua mano e le sue misteriose parole. Capì subito che gli era stata data una seconda possibilità. Un nuovo viaggio lo aspettava.


Piccola storia legata a Dietro quegli occhi d'ambra... ho voluto scrivere questa one-shot perche ormai essendomi letta tutte le storie che riguardavano Cullen in tutte le salse, presente o no. Mi ero stancata del finale felice soprattutto perchè non c'è molta scelta, se c'è sempre di mezzo l'inquisitrice che puntualmente è umana o la solita elfa.
Cosi ho voluto trattare il finale che nessun fan vorrebbe per Cullen. Crudele? Non credo... originale si! Perche questa è l'unica storia che tratta di questa cosa, in questa sezione e volevo assolutamente essere la prima a scriverci qualcosa.
Le due frasi che potete leggere all'inizio e alla fine sono delle frasi di Yuna e Tidus FFX... le ho volute applicare a questa breve storia, per introdurre quella che sara poi la storia di Cullen e della sua ripresa.
Ho preso spunto da queste frasi per scrivere questa storia applicandola ad uno dei finali riguardante Cullen.

FOLKE= nome celtico che significa Soldato. Visto l'impiego che gli abitanti del Ferelden fanno di questi cani.
 
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