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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Saiyuki
Titolo Fanfic: COME UN ROMANZO
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: kohay galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 19/09/2003 20:14:50

se sanzo avesse insegnato a goku il piacere della lettura...
 
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- Capitolo 1° -

Negli occhi di un confessore

Non ho mai pensato di imporgli la lettura come dovere, figuriamoci.
All'inizio ho considerato solo di fargli imparare qualcosa di diverso dal cercare sempre cibo. I suoi primi anni di vita qui al tempio mi hanno messo in uno stato di novizia e l'assoluto stupore dinnanzi a questa nuova creatura mi ha conferito una sorta di nuova genialità, un talento che non credevo di avere.
Per lui sono diventato narratore. Dal primo sbocciare in lui del linguaggio complesso ho incominciato a raccontargli delle storie. E anche se non avevo la capacità di inventare storie, mi limitavo a leggergliele a voce alta, ma per lui ero il suo prosatore unico, colui che gli conferiva il pigiama del sogno e che lo conduceva nel regno della notte prima che lui si addormentasse.

Il suo piacere mi ispirava, la sua felicità mi dava le ali per narrare ancora.
Insomma, gli ho insegnato tutto del libro all'epoca in cui non sapeva ancora leggere. Gli ho rivelato l'infinita diversità delle cose immaginarie, l'ho iniziato alle gioie del viaggio in verticale, l'ho dotato dell'ubiquità, liberato da ogni concezione del tempo, immerso nella solitudine favolosamente affollata del lettore... Le storie che gli leggevo brulicavano di fratelli, sorelle, doppi ideali, squadriglie di angeli custodi, schiere di amici tutelari che si facevano carico delle sue pene, ma che, lottando tutti contro i propri Inferi, trovavano egli stessi rifugio fra i battiti inquieti del suo cuore.
Era diventato il loro angelo reciproco: un lettore. Senza di lui il loro mondo non esisteva.

Ed ora eccolo, ancora troppo piccolo per essere chiamato uomo e fin troppo grande per essere chiamato adolescente, chino su di un libro come se per lui fosse la prima volta. Ma per lui indifferentemente adesso il libro è come un oggetto contundente ed è un blocco di eternità.
Lungo cinquanta o mille pagine per lui non ha importanza.
Il libro pesa come un'enciclopedia, una di quelle che usavo per sistemarlo all'altezza del tavolo quando si sedeva per mangiare. E il peso di ogni libro è quello che ti tira verso il basso. Si era seduto relativamente leggero su un masso, la leggerezza delle decisioni prese. Ma dopo qualche pagina si è sentito subito appesantito da quella gravezza familiare, il peso del libro, il peso della noia, l'insopportabilità del fardello che non ha portato a niente.
Le palpebre gli annunciano l'imminenza del naufragio. Lo scoglio di quella terza pagina ha aperto una falla sulla linea delle risoluzioni.
Il libro lo trascina, inevitabilmente per evitare di affondare lui lo abbandona.

Cos'è successo fra l'intimità di allora e lui, adesso?
Lui arenato in un libro scogliera e loro che cercano di trovare una qualunque motivazione al fatto che detesti alcune letture, lunghe, prolisse ma infinitamente utili dal punto di vista culturale.
E' colpa di qualcuno? Colpa dell'epoca in cui viviamo, comunque troppo avanzata, se così può essere indicata? È colpa sua, svogliato, pigro o dislessico che sia? È colpa nostra che lo spingiamo verso libri per lui insormontabili, solo per acculturarlo, invece di arrecargli piacere?

Talvolta, riconosco che per accontentare uno spettatore così pignolo dovevo dimostrarmi capace di essere un buon narratore.
E, quando strettamente serviva, ho vergognosamente giocato d'astuzia, barattando come moneta di scambio la storia della sera.
"Se non ti comporti bene, allora niente favola, stanotte!"
Minaccia che raramente attuavo, fare un'urlata o privarlo del dolce la sera non aveva gravi conseguenze, ma mandarlo a letto senza raccontargli una storia significava lasciarlo affondare in una notte buia e senza sogni.
Rimane il fatto che quella minaccia l'abbia già proferita.
Una sciocchezza, un'espressione indiretta di stanchezza, la tentazione di occupare quel quarto d'ora per qualcos'atro, un'altra incombenza domestica o magari un momento di silenzio...unicamente per se stessi.

Mi sarò fatto abbagliare da questo entusiasmo? Ho creduto fino al fondo al fatto che gli bastasse uccidere il suo essere analfabeta per padroneggiare i libri? Un po' come se fosse un'altra capacità del genere umano, saper leggere, come saper camminare in modo eretto.
Qualsiasi cosa, dopo qualche tempo smisi di raccontargli storie.
Era grande abbastanza per frequentare la scuola del tempio, e lì imparava a leggere. Lui imparava con passione, era una svolta nella sua vita, una nuova autonomia, un'atra versione dei primi passi, e tanto l'avvenimento mi sembrò naturale che lo considerai senza troppa enfasi come un cambiamento dovuto.
E lui non smentì le mie aspettative. La sera rubava il libro sacro di Kokoro e se, libro sulle ginocchia, una ruga di concentrazione sulla fronte, leggeva.
Rassicurato da questa pantomima, uscivo dalla sua stanza lasciandolo in intimità con la lettura, ignorante del fatto che lui avesse appreso, più del saper leggere in sé, il gesto dell'atto, e per quanto questa non potrà fargli godere appieno un testo, sicuramente mi tranquillizzò per lungo tempo.

Quel ragazzino, dal primo momento in cui avevo scelto di leggere per lui la sera, adorava la lettura. Al tal punto da buttarsi a capofitto in essa anche quando io non c'ero. S'intrufolava furtivo nella biblioteca, nonostante fosse luogo proibito e riservato alla somma preghiera, e ne raccoglieva i pesanti volumi, poi, tutto chino, lo ritrovavo perso nel libro con gli occhi pieni di meraviglia quando, alla sera, facevo ritorno al tempio.
La cosa strana, è che desiderava lo stesso libro. Sempre.
Rileggeva quello che la prima volta lo aveva annoiato, senza saltare passaggi, oppure rileggeva la stessa storia per il solo piacere di provare la stessa emozione di continuo.
Ed è questa la sua capacità migliore: appassionarsi di una scrittura permanente capace di riempirci ogni volta di nuovi incanti.

E quest'incanto non si può perdere. Solo se si lascia correre il tempo sarà difficile ritrovarlo, ma non andrà mai perduto.
Basta aprire ancora la porta della sua camera, sedendoci di fianco al suo letto e riprendere la nostra lettura comune.
E la sera successiva la stessa scena, e probabilmente la stessa storia, che è prova per lui di non stare immaginando tutto.
Come una nuova intimità fra lui, me e il nostro testo.

"Avanti, leggi!"
"No, ho detto che non ho voglia."
"Ma con il maestro leggi, come lo spieghi?"
"Io leggo solo le storie che sceglie lui."
Incredibile ma vero. Per quanto potessero essere insistenti i monaci e per quanto poco interessanti per un bambino potessero essere i libri che io stesso prediligevo, lui leggeva solo i testi che io gli raccontavo la sera.
"Allora, oggi che vuoi sentire?"
"Ancora la storia di Kokoro, ancora la sua storia!"
"Ancora? Ma sono settimane che vuoi solo quella!"
"Ti prego!"
E come rifiutare, di fronte al suo sguardo intrigante e supplichevole?
Di fronte ai suoi bellissimi occhi dorati?
"Sì! Leggi!"
Arrendendomi al suo volere lessi:
"Kokoro era un robot, costruito da uno scienziato buono per aiutare la gente..."
"No! Hai saltato una riga!"
"Scusa?"
"Dammi qua!"
E togliendomi il libro di mano, indicò vittorioso il pezzo mancato. Quindi lesse a fatica il rigo che avevo saltato.
E la riga successiva, finché non ebbe divorato l'intero paragrafo.
E una sera mi sorprese, dicendomi:
"Oggi leggo io"
E mi privò del libro partendo all'assalto della lettura.
Un leggere sempre difficoltoso, affannato. Ma presto ritrovò la calma e lesse senza timore. E leggerà sempre meglio, sempre più volentieri.
Lo stesso paragrafo, gioia della ripetizione, il suo pezzo preferito, poi un altro e poi testi interi. Brani che conosce quasi a memoria, che riconosce, più che leggere, ma che comunque osserva per la gioia di imprimerli nella sua memoria.
Poco tempo fa gli sembrava incredibile riconoscere la parola "maestro", oggi è un intero racconto a sorprenderlo!
E una volta, per fargli infine piacere, quando si era infilato sotto le lenzuola del mio letto pregandomi di farlo dormire con me al suo fianco, mi addormentai al suono della sua voce narrante.

La lettura per lui è una compagnia che non prende il posto di nessun'altra, ma che nessun'altra potrebbe sostituire. Non gli offre nessuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui. Piccolissimi, segreti taciti consensi che dicono la paradossale felicità del vivere, nel momento stesso in cui illuminano la tragica assurdità della vita. Cosicché le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere. E nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa intimità.
Come del resto nessuno può sentirsi in potere di obbligargli una lettura.
Ne a lui.
Ne a me.

 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
-ranco- - Voto: 08/04/09 00:41
*.* Complimenti davvero, è bellissima!
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