torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Fumetti e Cartoni non giapponesi
Dalla Serie: Tartarughe Ninja (Teenage Mutant Ninja Turtles)
Titolo Fanfic: ORANGE HURRICANE
Genere: Sentimentale, Azione, Drammatico, Avventura, Dark
Rating: Per Tutte le età
Avviso: OOC
Autore: darkshell galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/12/2015 09:22:34

Come può muoversi un ninja con una disabilità specifica?
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   
LA STORIA COMINCIA
- Capitolo 1° -

Anni e anni. Minuti, ore. Settimane, mesi. Questo è il tempo e può essere crudele.
Può far soffrire, può devastare, può invecchiare. Può cambiare.
Il tempo è sempre quel tempo che trasforma chiunque, umano o non.
Fa crescere, fa morire, fa spezzare di netto la vita.
Com’è infinito il tempo...
Il tempo non esiste. E’ un’illusione.
Esattamente come nella nostra vita.
Mi chiamo Raphael Hamato e sono un guerriero ninja mutante tartaruga. Troppo lungo o confuso? Beh, sì.
Quello che ho in mente di raccontare, per quanto non sia molto bravo con le parole, rappresenta principalmente un membro della mia famiglia a cui tengo davvero tanto. Michelangelo, mio ultimo Otouto di soli quattordici anni.
Lui è speciale. E non lo dico con acidità o amaro in bocca… no, no… lui è davvero speciale. Il sensei ci ha sempre spiegato che dobbiamo essere molto pazienti con lui, perché anche se vorrebbe, non può essere come noi altri.
Lui non ci vede. E’ cieco dalla nascita.
Fa male dirlo, ma è così…

Sedici anni prima…

Era una notte buia e fredda quando un piccolo topolino grigio si era trovato testimone di un incidente sventato grazie alla prontezza di riflessi di un ragazzo di colore. Un vecchio cieco aveva iniziato ad attraversare la strada quando un autocarro bianco a velocità elevata rischiò quasi di investirlo; nel momento del salvataggio miracoloso, però, un contenitore volò letteralmente fuori dal retro del furgone e finì in un canale di scolo.
Il topolino…

Bah! La storia la conoscete tutti quanti, vero? Non ho voglia di raccontarla ancora, quindi, facciamo un bel salto temporale…

Sedici anni prima (più avanti..!)

Splinter non era mai stato più orgoglioso quando si sporgeva sullo scatolo rivestito di stoffe colorate che fungeva da culla e ci guardava amorevolmente. In quel nido, c’entravamo io, Don e Leo. Mikey no.
Lui era stato più fortunato, in verità: durante le escursioni in superficie del maestro, questo aveva trovato un vecchio cestino di vimini e l’aveva adoperato come piccolo giaciglio per una mini tartarughina come Mikey.
Sembrerà strano ma a differenza di noi tre birbantelli, il nostro Otouto era grande appena quanto una patata lunga, per intenderci e per attirare la attenzione emetteva striduli acuti che ricordavano i giocattoli per i cani.
Sensei diceva sempre che questo dipendeva dalla lentezza con cui il mutageno aveva impiegato a riconfigurare cellula per cellula del corpo di Michelangelo.
Il maestro Splinter aveva scoperto poco tempo più avanti i colori dei nostri occhi, abbinati perfettamente alle diverse sfumature della pelle e in merito a questi fattori, un altro dubbio lo aveva assalito numerose volte.
Mikey non aveva mai aperto i suoi occhi… o meglio, qualche volta, ma era come un riflesso e poi li richiudeva immediatamente.
Eppure, in una notte in cui Donnie piangeva perché aveva bagnato il pannolino, grazie alla fiamma di una candela con la quale nostro padre si faceva luce durante le controllatine sul nostro sonno nella notte, scoprì dolorosamente una terribile cosa.
Gli occhi di Mikey erano azzurri come il cielo, sì, ma le iridi normalmente corvine e vivide erano sbiadite, segno inequivocabile di una cecità prematura e definitiva.
-No…- espirò il sensei.
Picchiettato sul guscetto del nostro fratellino per farlo svegliare e ricevuti i suoi occhi ciechi, Splinter mosse lentamente un dito davanti a lui. Quando Mikey rimase perfettamente immobile, senza sbattere le palpebre o muovere la testa a ritmo di quel movimento, la risposta apparve più che chiara.
Cieco per sempre.
-Figlio mio…- sussurrò il sensei, con due lacrime agli occhi: -Non preoccuparti. La tua vita non sarà una sofferenza…-.
Lo raccolse tra le mani e lo portò verso il calore del petto, per trasmettergli tutto il suo amore; Mikey emise un piccolo squittio e si accoccolò contro il suo pelo…

Anni più avanti…

Da qualche tempo, ormai, grida felici e vivaci riempivano la tana per gran parte della giornata: eravamo bambini, in fondo e anche di circa sette anni e mezzo.
Eravamo eccitati, in un giorno apparentemente semplice; non era una questione di compleanni o feste da vedere, bensì il primo giorno di allenamento per ninja pulcini.
-Ninja! Ninja!- gridai raggiante, quella volta.

Non so dirvi se fosse domenica, lunedì o giovedì perché l’ho scordato ma quello che davvero conta è solo il ricordo.

Il maestro ci aveva sempre raccontato che anticamente i ninja erano protettori delle povere vittime prese di mira dai malvagi, operanti nel sentiero silenzioso delle ombre. E del Bushido, un vero codice d’onore.
Quindi volevamo assolutamente diventare tali e finalmente era giunto il fatidico giorno dell’apprendere! Tutti quanti ci trovavamo nel dojo, ad aspettare il maestro chissà dove e intanto ci pregustavamo il bello di essere qualcuno.
-Chissà se useremo le armi…- aggiunse piano Donatello.
-Altroché!- risposi, pavoneggiandomi: -Io prenderò le più forti!-.
-Non sarai tu a decidere ma il maestro Splinter!- riprese solenne Leo, sempre a fare il moralista del mio guscio.
Sbuffai sotto forma di pernacchia e senza un motivo preciso mi voltai di scatto verso le scale che conducevano alla zona notte. Di colpo, tutta la mia foga di cominciare il corso svanì come fumo nelle nubi.
Un po’ incerto, c’era Mikey, all’epoca solo di cinque anni, che scendeva pian piano un gradino dopo l’altro, aiutandosi con il muro portante. Sembrava abbastanza teso ma era la sua determinazione a spronarlo.
Passo dopo passo, raggiunse l’ultimo gradino e superato anche questo, Mikey continuò a toccare il muro per una guida ma non appena il nostro vociare si fece più alto, girò la testa verso di noi e si avvicinò, sempre tenendo le mani alzate in difesa.
Numerose erano state le sue cadute per le scale, i colpi contro le porte o i capitomboli giù dal letto ma nessuno di noi aveva mai riso.

Sì, beh… tecnicamente il sottoscritto una volta sì.
Ricordo di una volta in cui ero in cucina a divorare i miei cereali quando vidi Mikey cercare a tentoni la sua sedia ma anziché raggiungerla, vi inciampò mettendo un piede fra le gambe di essa. Fece un tale rumore quando cadde in terra, trascinandosi anche la sedia addosso.
Mi scappò una fragorosa risata ma lo schiaffo che assaggiai e il rimprovero in giapponese di papà mi fecero rimpiangere di averlo fatto.
-Raphael! Come puoi ridere di tuo fratello in questo modo? Come puoi essere così insensibile? Vai in camera tua e non uscire fino a quando non lo deciderò io, chiaro?- tuonò in giapponese.
Con le lacrime a rischio di caduta, non emisi una sola sillaba e obbedii. Solo in quel momento mi resi conto di quanto crudele ero stato e mi ripromisi di non deridere mai più Michelangelo.
Intanto Mikey piangeva disperato, con una macchia rossa giusto sul suo piccolo naso: si era fatto piuttosto male ma era la paura di per sé a farlo quasi gridare.
-Va tutto bene, Michelangelo…- sussurrò il sensei, un po’ meno teso, mentre lo raccoglieva tra le braccia.
Che ne poteva sapere un bambino di tre-quattro anni della cecità?
-Bua…- fece Michelangelo.
Il maestro gli baciò la zona arrossata, poi gli consegnò un bicchiere con del succo…


-Bravo, Mikey!- esultò Donatello, accarezzandogli la testa, come suo solito.
-Sei venuto da solo?- formulò meno felice Leo, teso.
Il nostro Otouto annuì e protese la mano verso di me, l’unico a non aver ancora detto nulla al riguardo. Mi sentivo un po’ a disagio; in verità lo schiaffo ricevuto un anno prima mi aveva creato un certo nervosismo nell’interagire con Mikey.
-Sono stato bravo?-.
Mi morsi un po’ le labbra e annuì ma Leo mi riprese con una leggera gomitata al fianco; avevo scordato che Mikey non poteva vedere, così, schiarita la mia voce, risposi: -Sei stato veramente in gamba, bravo!-.
Un sorriso genuino crebbe sulle sue labbra e mi abbracciò con immane foga.
Improvvisamente, vedemmo il sensei correre a velocità sostenuta giù le scale, con certi occhi spiritati da spaventare.
-Dov’è…- esclamò ma non appena vide Mikey sano e salvo, si ammorbidì: -Oh, figliolo… mi hai fatto quasi venire i peli bianchi…-.
-Mi dispiace, papà… però, avevo sentito parlare e sono sceso-.
Per la prima volta vidi una grande curiosità sul volto del maestro, legata alla frase del mio fratellino felice; le sue parole gli avevano sicuramente acceso qualche idea da sviluppare sempre in un apprendimento più mirato per il ninjitsu.
Avevo capito che anche Mikey sarebbe entrato a far parte di questo mondo segreto.
-Michelangelo, dimmi, come sei arrivato fino a qui?- domandò.
-I muri aiutano, maestro Splinter- ammise l’altro, naturale.
Il maestro lo prese per mano, con aria molto pensierosa in positivo e ci indicò con l’indice di distribuirci in fila orizzontale nel piccolo dojo. Accompagnò anche Mikey vicino a Donnie, poi ci si piazzò fieramente davanti.
-Molto bene- cominciò, con le solite mani dietro la schiena: -Sapete che vi ho sempre parlato del Ninjitsu, giusto?-.
Annuimmo come pecorelle.
-Oggi cominceremo il percorso. Questa non è stata una decisione facile; questo mondo è talvolta angusto ma anche necessario per noi che siamo diversi. E’ il nostro aspetto che ci rende disuguali alla superficie. Ricordatevi sempre, figli miei, che nessun umano vi aprirà mai il suo cuore e guarderà nel vostro, segno del superare la terribile barriera dell’apparenza-.
Seguì un attimo di silenzio ma poi Donnie alzò una mano e parlò: -Maestro, quindi non avremo amici umani?-.
-E’ un discorso sottile, Donatello ma non posso certamente negarvi che una su cento persone sia disposta ad accettarvi-.
Donnie annuì un po’ sgonfiato della gioia legata alla menzione della superficie: eravamo piccoli, in fondo, e non sapevamo niente di questo fantomatico mondo parallelo al piano di sopra.
-Ci sono altre domande?-.
Alzai io la mano e cominciai: -Papà…-.
-Quando siamo nel dojo, Raphael, io sono il vostro maestro- mi corresse.
-Oh, giusto…- farfugliai: -Sensei, prenderemo le armi?-.
Mi sorpresi di vedere un mezzo risolino sulle sue labbra che durò pochi secondi ma subito la sua espressione mutò, divenendo terribilmente seria.
-Non è il caso di affrettarci. Avrete le vostre armi, ma molto, molto più avanti. Siete piccoli, inesperti e potreste ferirvi. Meglio cominciare con le basi-.
Fu il mio turno di sgonfiarmi un po’.
Il maestro Splinter cominciò a spiegarci in termini molto semplici cosa avremmo dovuto imparare d’ora in avanti, come muoversi, però con un non so che di strano. Guardava solo noi tre, tranne Mikey.
Forse non voleva farlo partecipare.
-Ovviamente tutto questo che vi ho spiegato rappresenta la prima fase del ninjitsu, figli miei e va seguito alla lettera- disse, poi si rivolse a Mikey: -Per te, Michelangelo, il corso sarà leggermente diverso-.
Il mio fratellino annuì e protese la manina verso di lui; un lampo di dolore attraversò lo sguardo di nostro padre nel momento stesso in cui gliela strinse.
-Va bene- cinguettò.
-Michelangelo, adesso ti metterai comodo sul divano. Il tuo turno sarà tra poco- istruì ancora il maestro, accompagnandolo.
Gli baciò la fronte, poi tornò a noi, cominciando a impartirci i primi movimenti del corpo, la postura, le angolazioni degli arti per attaccare facilmente con qualche mini-pugno.
Donatello si sbilanciò talmente tanto con un calcio che scivolò con il guscio in terra.
In altre occasioni sarei scoppiato a ridere ma mi bastò uno sguardo a Mikey seduto buono buono sul divano a farmi rimanere neutrale.
Leo aiutò il nostro goffo genio e ricominciammo.

Dieci minuti dopo eravamo… come dire… delle pozze verdi di sudore e stanchezza!
A malapena riuscivamo a gattonare e non volevamo altro che lavarci, mangiare e andare a letto! Era stato tutto così forte, nonostante tutto!
-Molto bene. Michelangelo, vieni qui- chiamò nostro padre.
A differenza nostra, il nostro Otouto venne fatto sedere sul pavimento a gambe incrociate e occhi fissi nel vuoto.
-Michelangelo, anche se mi duole dirlo, il sentiero che ti accingi a intraprendere è ancora più arduo di quello dei tuoi fratelli. Ci sono molti ostacoli ma ho fiducia in te e so che riuscirai a eluderli tutti quanti con tenacia. So che non puoi contare sulla vista ma ricordati sempre che hai a disposizione altri quattro sensi e un grande dono chiamato Empatia-.
Il nostro Otouto chinò la testa un lato e chiese: -Cos’è l’empatia, maestro?-.
-E’ la capacità di immedesimarsi negli altri o di percepire che tipo di persona è, detto in termini più semplici…-.
Michelangelo batté le manine e si concentrò.
-Sensei, che tipo di allenamento è questo?- domandò Leo, interessato.
Al piccolo Fearless sarebbe interessato anche la più complicata disciplina ninja!
-Guardate e fate silenzio. E’ fondamentale-.
Il sensei cominciò a camminare in tondo a Mikey, guardandolo sotto diverse prospettive, poi, fulmineo come un autentico ninja, gli sferrò un colpo, o meglio, avvicinò in pochi attimi il suo indice alla testa del nostro Otouto.
Quest’ultimo cercò di sbilanciarsi verso destra ma sbagliò: il maestro era alla sua sinistra.
-Di riflessi ci siamo. Dobbiamo lavorare molto sul tuo udito, figliolo. E’ importantissimo-.
-Va bene!- esclamò Michelangelo.
E il loro allenamento continuò ancora per quindici minuti…

Da allora ci siamo resi conto che tipo di ninja sarebbe diventato Michelangelo ed è qualcosa di straordinario perché a differenza nostra, ha sviluppato gli altri quattro sensi alla perfezione.
A volte noto una leggerissima gelosia in Leonardo che viene immediatamente soppressa dal suo istinto di fratello maggiore e protettore.
Io non invidio Mikey, io lo ammiro…

 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
mikiturtle - Voto: 18/12/15 09:24
Oh-oh! Prevedo guai a non finire, mia cara! E così il piccolo Mikey ha una disabilità e anche abbastanza grave per un ninja, si sa. Sono proprio curioso di scoprire come svilupperai quest'altra storia!
Ehi, come sei veloce ad aggiornare o creare, mi ricordi tanto me stesso! eheheh!
Dai, continua così!
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: