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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: CAMMINA E LEGGI
Genere: Sentimentale, Romantico, Azione, Avventura, Drammatico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: What if? (E se...)
Autore: strega12 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 08/11/2015 16:55:07 (ultimo inserimento: 09/12/22)

Storia ambientata negli anni '60, in un mondo diviso tra razzismo e speranze calpestate
 
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1. SELINA
- Capitolo 1° -

PRIMO LIBRO
1960. Selina


Ho sempre adorato i girasoli. Sono molto simili alle persone, vivono della luce del sole e dormono durante la notte.
Mi hanno insegnato ad essere come loro, solare di giorno e tranquilla di notte, ma adesso, tutto quello che provo è un immenso dolore dentro il mio corpo e il mio cuore. E dovrò sopportarlo per il resto della mia vita.
Sono tre giorni che non mangio e non dormo.
Tutto quello che voglio è un tesoro che ho perso subito dopo averlo trovato. Non ho potuto tenerlo tra le mie braccia neanche per un momento.
Che i miei occhi siano chiusi o aperti, vedo sempre me stessa nel mio letto, dolorante e piena di sangue e sudore. Howard era fuori dalla nostra camera da letto ad aspettare di vedere il nostro primogenito. Aveva comprato una bottiglia di buon vino per festeggiare l’avvenimento insieme a mio padre.
Nella mia testa rimbombano ancora le due parole che mi aveva rivolto il dottore dopo che il dolore era diminuito e la stanza era come inghiottita da un orribile silenzio: mi dispiace.
Speravo di essere dentro un sogno. Forse avevo le allucinazioni a causa della fatica e della stanchezza. Dopotutto, ero tutta bagnata e sporca, mi mancava il fiato e volevo soltanto riposare insieme alle due persone che amavo di più al Mondo, mio marito e nostro figlio.
“Mi dispiace…”, continuava a ripetermi il dottore.
Mi resi conto di quello che stava succedendo quando lo vidi uscire dalla stanza con il corpo del mio bambino avvolto in una coperta rossa di sangue.
Non mi permise di guardare il suo fragile corpo senza vita neanche per un momento. Fu solo quando Howard, sconvolto quanto me, mi strinse tra le sue braccia che mi lasciai andare ad un lungo e angosciante urlo.
Restammo abbracciati a lungo, dimenticandoci persino della presenza dei miei genitori in casa nostra.
Howard non riusciva a dire niente, cercava di trattenere almeno il suo dolore.
Anche adesso sto urlando, ma non voglio farmi sentire da nessuno. Vorrei che questo campo di girasoli addormentati mi parlasse per far sparire il mio dolore.
Mi lascio cadere a terra.
Non mi sono mai sentita così fragile in vita mia.
Sono ridotta male. Una buona moglie non dovrebbe mai essere sporca di terra, ma anche se mi ritrovassi davanti tutte le mogli di Selma, non m’importerebbe niente dei loro commenti.
Improvvisamente, sento qualcosa nell’aria, come uno strano odore e alzo lo sguardo al cielo. C’è del fumo e sento persino delle urla. Un uomo sta gridando a qualcuno di lasciare andare sua moglie.
Avanzo tra i girasoli per vedere che cosa sta succedendo, ma un rumore improvviso mi blocca. È stato un colpo di pistola.
Sento la donna urlare. C’è anche un bambino, sta piangendo.
Credo di aver capito che cosa stia succedendo.
Avanzo ancora tra i girasoli, nella speranza di non arrivare troppo tardi per aiutare la donna e il bambino.
Intravedo delle figure bianche e del fuoco tra i gambi e le numerose foglie.
Ho capito: sono i seguaci del Ku Klux Klan.
Quel maledetto circolo di diavoli senza cuore e senza cervello.
Ultimamente, si fanno vedere troppe volte, soprattutto di notte. Fanno paura a tutti, soprattutto ai neri, ma quello che provo io per loro, è ben diverso.
Io non tremo di paura ogni volta che sento parlare di loro o me li ritrovo a pochi metri di distanza, perché è un grande e profondo odio che si scatena dentro di me, provocato dal bigottismo in cui l’America si ostina a vivere. Kennedy sarebbe d’accordo con me.
Davanti ai miei occhi ci sono cinque seguaci e hanno appena sparato ad un uomo di colore. È steso a terra, con la testa ricoperta di sangue e un enorme buco sulla fronte.
Vicino a lui c’è la donna con il bambino tra le braccia.
“NO! SIETE DEI MOSTRI! DEI MOSTRI!”, strilla lei a pieni polmoni.
“Zitta, sporca negra!”, grida il più alto del gruppo e colpisce la donna sulla spalla con una frusta. Lei si volta per proteggere il bambino, ma riceve un’altra frustata, questa volta sulla schiena. È talmente forte da farla cadere a terra. Il piccolo continua a piangere, ma il verme colpisce ancora la sua mamma sulla schiena e persino sulla testa senza alcuna pietà. Lei non riesce più a resistere e cade vicino al corpo dell’uomo.
Adesso basta.
“LASCIATELA STARE!”, sbraito sbucando fuori dal mio nascondiglio.
So di correre un grosso rischio, ma non posso restare indifferente ad un’ingiustizia più grave di quella che è capitata a me.
I diavoli bianchi rimangono in silenzio a guardarmi soccorrere la donna. La guardo bene in faccia.
“Jasmine?”, sussurro per non farmi sentire dai cinque mostri.
Lei mi guarda sconvolta.
“Se… Selina?”.
Volgo lo sguardo sul suo uomo. Ha ancora gli occhi sbarrati.
Conosco anche lui. È Brighton.
“ANDATEVENE DAL MIO TERRENO! È VIOLAZIONE DI PROPRIETÀ PRIVATA! ANDATEVENE! ANDATEVENE!”, grido con rabbia e tirando sassi addosso alle orride bestie.
“Ce ne andiamo! Stia calma, signora! Dovrebbe farlo anche lei, prima di essere contaminata dal sangue velenoso di questi scarafaggi!”, esclama uno di loro senza togliersi il cappuccio che gli copre completamente il volto, ma io gli tiro un altro sasso sulla spalla.
“ANDATEVENE! SPARITE!”, grido più forte.
Finalmente se ne vanno senza dire più niente, come fantasmi.
“Il mio… il mio bambino…”, sussurra Jasmine e scopre il suo piccolo. Piange ancora, ma almeno non è ferito.
“Sta bene… adesso vi aiuto io, vi porto a casa mia”, dico con voce tremante.
Jasmine sta perdendo molto sangue. Cerco di attaccarla a me, ma lei mi porge il bambino.
“Selina… ti prego… non ce la faccio… in nome della grande amicizia che ci ha legate prima di stanotte… abbi cura di mio figlio… Peter…”.
Se prima ero sconvolta e furiosa, adesso sono solo spaventata.
“No… no, Jasmine, non posso farlo. Sei tu la sua mamma…”.
“Ti prego, Selina… sei stata una buona amica… e so che sarai anche una buona madre…”, mi supplica lei stringendomi la mano posata sul petto del piccolo Peter.
Non credo di essere abbastanza forte per reggere il peso di questa situazione, dopo tutto quello che abbiamo passato.
 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (1 voto, 2 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 2 commenti
Rif.Capitolo: 1
strega12
19/05/19 19:24
Grazie mille!
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

Rif.Capitolo: 15
sist07 - Voto:
15/05/19 12:54
Ho letto 15 capitoli senza fermarmi!! Complimenti :)
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
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