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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: VITE SEGREGATE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: yary galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 05/09/2003 21:25:39 (ultimo inserimento: 18/09/03)

all`interno di un desolato edificio, vari ragazzi faranno i conti con gli errori del loro passato.
 
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I PRIMI INCONTRI
- Capitolo 1° -

Nel cuore della magica città di Venezia, sorgeva un imponente struttura dall’aspetto inquietante, presente in quel luogo da più di due secoli.
Costruito su solide fondamenta, questo edificio di cemento e pietra ospitava al suo interno vari ospiti…
Clienti indesiderati dalle stesse persone che li avevano alloggiati lì.
Signori che, contro la loro volontà, dovevano soggiornare in quello stabilimento per un certo periodo di tempo.
Giorni…
Mesi…
La maggior parte anni…
E alcuni…
L’eternità.

“Ehi, capo, ha sentito l’ultima novità?”
Un alto ragazzo dai folti capelli castani si voltò:
“Quale novità?”
“E’ in arrivo un nuovo –ospite-” raccontò un baldanzoso giovane di piccola statura “uno tosto!”
L’alto individuo ricominciò a camminare: “Qui sono tutti –tipi tosti-…”
“Si, ma questo è molto particolare…” sussurrò con uno strano sorriso.
“Cioè?” chiese seguitando a camminare, dando le spalle al compagno.
“Questo tizio verrà sistemato nel braccio 6”
L’alto ragazzo si immobilizzò.
“Il braccio 6?
Ma nessuno è mai stato collocato in quel posto fin dall’inizio!”
L’altro maschio rise divertito: “Te l’ho detto:
Questa non è una persona qualunque…”

FLASH!
“Bene, dolcezza, ora ancora una a destra e abbiamo finito…”
In un buio stanzino, il –fotografo- di quell’ambiente stava scattando delle foto ad un nuovo arrivato…
Che sicuramente non sarebbe passato inosservato, data la sua algida bellezza:
Corporatura snella ed atletica.
Bellezza incantatrice ma tagliente.
Profondi ed incisi lineamenti.
Sguardo fiero e deciso…
E occhi blu. Blu chiaro.
Molto belli, ma…
Freddi.
Raggelanti.
Inespressivi.
Strano…
Molto strano.
Solitamente, gli ospiti del luogo assumevano quell’espressione glaciale dopo alcuni anni passati lì dentro.
Mai alcuno sfoderava un simile atteggiamento prima di entrare.
Spaventati
Sorpresi
Intimoriti
Di quelli n’erano presenti a milioni, ovviamente.
Altri rabbiosi
Cattivi
Dannati…
Si, ce n’erano anche così.
Alcuni tranquilli…
Eh, si, strani anche quelli, ma erano capitati.
E individui così, specie quelli, si imprimevano facilmente nella memoria.
“Ok, caro, adesso abbiamo finito. Puoi rilassarti.”
Il moro alzò distrattamente lo sguardo sul suo interlocutore, fissandolo con espressione neutra.
[Idiota…io sono rilassato.]
L’anziano fotografo raccolse un leggero pacco da un balcone, porgendolo al giovane uomo: “Ecco qua, tesoro, la tua nuova divisa. Spogliati e indossala.”
Il ragazzo prese tra le mani gli indumenti, osservandoli pensieroso. Dopo qualche secondo, ritornò a guardare lo sconosciuto.
“Beh? Che c’è? Perché mi guardi così?
Oooohhh, forse ho capito…Vorresti essere lasciato solo, vero?”
Nessuna risposta.
“Ho capito, darling, ma sono spiacente: non mi nuovo da qui. Devo tenerti d’occhio…e inoltre…
Ti ci dovrai abituare.
D’ora in poi non sarai più solo, neppure durante le docce…se si possono chiamare così…”
Sghignazzò divertito, accendendosi una sigaretta e aspirandola lentamente.
Dopo pochi secondi, proruppe in una violenta tosse, causata sicuramente dal troppo fumo assimilato.
Nonostante ciò, seguitò a sfoderare sul volto un’espressione divertita e baldanzosa.
Era sicuro che il giovanotto avrebbe desistito, quindi non sarebbero state necessarie le maniere forti. Con certi tizi le aveva dovute adoperare nel passato, purtroppo. D’altronde alcuni erano delle vere testacce dure…
Però in quel caso non sarebbero servite, quindi poteva stare tranquillo.
Aspirò intensamente, pregustandosi il meraviglioso spettacolo di quel seducente corpo nudo.
Invece qualcosa non andò come i suoi piani avevano previsto:
Le due pozze gelide continuavano a fissarlo con aria indifferente, facendogli capire senza tanti preamboli il fastidio suscitato dalla sua presenza.
L’anziano signore si passò la sigaretta dall’altro lato della bocca, osservando attentamente il moro. Infine scoppiò a ridere, battendosi una mano sul ginocchio: “Però, sei cocciuto, ragazzino…
Auw…
E va bene…” pronunciò alzandosi “questi nuovi arrivati…Ti lascio svestire in santa pace, non mi va di litigare con un bel ragazzo come te. Ma bada bene:
Questa è l’ultima volta che i tuoi desideri vengono esauditi. Qui dentro non si possono fare i capricci…tienitelo bene a mente.”
Il giovane non proferì parola.
Il vecchio si diresse verso la porta: “Io vado a portare queste all’archivio…” spiegò indicando le fotografie “così, se tenterai di scappare, potremo facilmente rintracciarti distribuendo vari volantini con la tua effige sopra. Anche se credo proprio che saresti subito notato, senza bisogno di volantini…Ad ogni modo, tu stai tranquillo fino al mio ritorno, d’accordo?
Non credo che te n’andrai, vero? Mi sembri un tipo piuttosto quieto…”
Il moro gli diede le spalle, cominciando a sbottonarsi la giacca silenziosamente.
“Ok! Ok! Recepito il messaggio, ti lascio solo…Ah, non affaticarti tanto per i tuoi abiti…” gli comunicò notando con quanta premura stesse piegando i suoi vestiti “…quelli verranno spiegazzati in qualche scatolone assieme a tutti i tuoi averi e li potrai riavere solo quando uscirai da qui.
Ammesso che tu ci riesca…”
Si udì la grossolana risata risuonare per tutta la stanza e i rumorosi passi allontanarsi per un corridoio.
[Pezzo d’idiota!] pensò rabbioso gettando malamente la giacca a terra.
Sospirò.
Con ritrovata calma, raccolse l’indumento, ripulendolo dalla polvere accumulatasi sopra.
[Calmo…Devo stare calmo…
Tanto, oramai…non ho più alcun motivo per arrabbiarmi.]

“Detenuto numero 911!”
“Età?”
“Sedici anni.”
“Nome?”
“Kaede Rukawa”
“Crimine commesso?”
“Omicidio”
“Fantastico, ancora un altro…”
Le ultime parole furono pronunciate con un fil di voce dall’alto uomo che tutti chiamavano –capo-, dopo aver chiesto le normali domande di procedura. Si avvicinò al ragazzo, fissandolo da capo a piedi.
“Bene, Kaede Rukawa, ti do il benvenuto nella prigione principale di Venezia, nonché la migliore di tutta l’Italia.”
[Migliore in cosa? Per la crudeltà o il numero dei morti?] pensò ironicamente il giovane, preferendo non esternare quelle sue riflessioni ad alta voce.
“Siamo di poche parole, eh? Atteggiamento piuttosto saggio…e utile, soprattutto in una prigione…
Statini!”
Una giovane guardia si fece avanti: “Comandi, signore!”
“Accompagna il nuovo detenuto al sesto cerchio. Cella 171”
“Si, signore. Andiamo!” ordinò all’arrivato, afferrandolo per un braccio e trascinandolo con sé.
“Cella 171, eh? Gli hanno dato un buon compagno di stanza, non c’è che dire.” osservò divertito il basso individuo con cui il capo aveva conversato precedentemente.
Il castano lo guardò di sottecchi, ritornando poi a fissare dritto davanti a sé: “Già…
E’ stato fortunato.”

“Bene, moccioso, sappi che nel carcere esistono solo questi tre tipi di persone:
Cieche.
Mute.
Sorde.
Ognuno qui pensa agli affari suoi e non s’immischia in quelli degli altri, chiaro? Se ti comporterai secondo le regole, -sconterai- tranquillamente la tua pena. In caso contrario, la tua vita subirà un accorciamento…
Molto drastico.
Sono stato abbastanza chiaro?”
Il moro annuì silenzioso.
“Bene, sei un tipo coscienzioso e soprattutto silenzioso…Andrai d’accordo con il tuo compagno di cella. Neanche lui parla molto…” raccontò seguitando a camminare “…lo sapevi?”
L’interpellato scosse la testa negativamente, per nulla interessato a scoprire la personalità del suo nuovo –vicino-.
Ad un tratto il suo corpo fu scaraventato contro un muro, schiacciato dal peso del corpo della guardia.
Uno sgradevole aroma di alcol misto a fumo s’alitò sul suo viso, procurandogli una sensazione di malessere.
“Stammi bene a sentire, moccioso…” lo intimò l’uomo con voce minacciosa “quando parlo con qualcuno, ho il piacere che questi mi risponda, subito! Sono stato chiaro?”
Il giovane dall’algida bellezza non proferì parola, continuando a squadrare con astio la spregevole guardia.
“Rispondimi!” gridò sferrandogli un devastante pugno sul volto, facendolo cadere a terra.
Sangue…
Quante volte aveva assaporato quella sostanza…
E dire che aveva giurato che non avrebbe mai più provato un sapore simile…
“Rispondimi, ho detto!”
La gamba di quel lurido individuo sferrò un violento calcio allo stomaco di Rukawa, facendolo gemere dal dolore.
“Rispondimi! Parlami, maledizione!” urlò furente, continuando a scalciare con inaudita ferocia sul povero ragazzo.
Schizzi di sangue si dipingevano sul pavimento, mentre il malmenato corpo del prigioniero veniva percosso sempre più velocemente.
La sua vista cominciava a farsi sempre più appannata, mentre sentiva le sue forze venirgli meno…
Lasciarsi andare…
Abbandonarsi del tutto…
Forse era quella l’unica soluzione possibile…
In quella maniera, almeno, sarebbe riuscito a dimenticare…
“Che diavolo stai facendo?!”
L’arrivo della sua fine fu bloccato da una voce, dal tono molto autorevole e severo.
Si sentì afferrare da sotto le spalle e sollevato da due forti braccia: “Stai bene?” gli chiese con premura unita a preoccupazione il suo salvatore. Volle alzare lo sguardo, così, per curiosità. Desiderava vedere il volto di chi gli aveva impedito di raggiungere la morte e dirgli: “Non potevi impicciarti dei cavoli tuoi?”
Ma le parole gli morirono in gola quando si trovò faccia a faccia con quell’uomo:
Non si trattava di un ragazzo particolarmente bello…Oddio, non era neppure brutto. Anzi, possedeva un certo tipo di fascino…molto particolare…
E misterioso…
Con quegli occhiali dalla montatura nera, poi…
Molto carino…
Però quella non era il tipo di bellezza che Rukawa cercava…
Lui desiderava un altro tipo di beltà…
Ma non importava…
Non più, almeno.
“Vieni, ti accompagno io nella tua cella. Stanza?” chiese aspramente alla rissosa guardia oramai calma ma adirata ancora contro il disturbatore del suo sfogo.
“STANZA?” domandò alzando notevolmente il tono della voce e minacciando il collega con lo sguardo.
Quest’ultimo sbuffò, arrendendosi: “Cella 171, sesto cerchio.”
“Sesto cerchio…?” mormorò sorpreso l’alto ragazzo, tornando ad osservare il prigioniero “tu sei il nuovo arrivato, vero?”
Il giovane non rispose, cercando di sopprimere il dolore lancinante che avvertiva per le botte ricevute.
“E’ inutile che cerchi di parlargli: quello è muto per davvero. Gli stavo giusto insegnando l’educazione e…”
“I tuoi compiti non prevedono quel tipo di mansione, Statini, men che meno a suon di botte.”
L’interpellato alzò con noncuranza le spalle: “Tutti fanno così, qui dent…”
“Io no. E non intendo sopportare un simile atteggiamento da altri, chiaro?”
“Ma che cav…”
“Ricordati che sono un tuo superiore, Statini. Non osare mancarmi di rispetto”
L’autorevolezza di quella voce e, soprattutto, il significato di quelle parole, ebbero il merito di zittire l’insolente guardia e far sorridere mentalmente di soddisfazione Kaede, compiaciuto nel vedere quel fottuto bastardo con la coda tra le gambe.
“Andiamo, noi” gli ordinò incamminandosi e trascinando il malandato ragazzo con sé.
“Non riuscirai ad averla sempre vinta, Hanagata…” gli gridò dietro il suo subordinato quando furono abbastanza lontani “in questa prigione vigilano delle regole a cui tu stesso devi attenerti!
Non riuscirai a cambiare le cose, qua dentro.
E’ sempre stato così e sempre lo sarà…”
Il secondino continuava a gridare, ma oramai erano troppo distanti per riuscire a sentire le sue parole.
Rukawa, dal canto suo, si trovò incuriosito: il carcere si stava rivelando più interessante di quanto avesse immaginato. Chissà quanti intrighi ed inganni albergavano in quelle mura…
“Mettiamo subito una cosa in chiaro…”
I pensieri del bel moro furono interrotti nuovamente dall’occhialuto.
“…non ti aspettare il mio aiuto ogni volta che ne avrai bisogno, va bene? Non sono la tua balia, quindi i tuoi prossimi casini te li dovrai sbrigare da solo, chiaro?”
“Mm…” diede come unica risposta Kaede.
“Io non posso neanche sbilanciarmi troppo…rischio già abbastanza…ma lasciamo perdere. E’ inutile parlarne con te. Uno che ha –l’onore- di entrare subito nel braccio sei. Complimenti. Devi aver davvero compiuto un crimine atroce per essere stato piazzato subito in quel cerchio. Saliamo…” ordinò poi iniziando a risalire delle scale.
“Adesso dovremo camminare per un bel pezzo. Il braccio sei è l’ultimo in cima. O per essere più chiari, quello che si affaccia maggiormente al mondo circostante. Sono solo otto piani, coraggio…” gli assicurò continuando a camminare, preoccupato che le ferite procurategli da quell’idiota di Statini potessero rallentare il moro.
Ma Rukawa non diede il minimo segno di dolore o stanchezza, assecondando i passi del secondino con naturalità.
Seguitarono ad avanzare in completo silenzio, fino a quando non arrivarono a destinazione. Riposarono un attimo, cercando di riprendere fiato dopo la lunga salita, in cui ognuno aveva pensato ai suoi casini. L’uno inquieto e agitato, l’altro insofferente e freddo.
Ripresero a camminare, imbucando poco dopo un lungo corridoio sulla destra.
“Sai…” dedusse improvvisamente l’alto ragazzo “…penso ti troverai bene con il tuo compagno di stanza. Nonostante alloggi in questo posto, è una brava persona.”
[Brava ad uccidere?] pensò ironicamente il prigioniero, mostrando il più completo disinteressamento nei confronti del suo –coinquilino-
“Ehilà, Yasuda.” esclamò salutando allegramente un suo collega “è arrivato il nuovo prigioniero, Kaede Rukawa.”
“Bene…” disse il ragazzo avvicinandosi e prendendo il prigioniero per un braccio “la sua brandina è già pronta….”
“Se si può chiamare così una simile tortura…Vabbè, ti saluto, io ritorno al mio girone…”
“D’accordo, ciao. Allora, Rukawa…” raccontò al nuovo arrivato “…come dicevo prima, il tuo letto è pronto, solo che non potrai fare la conoscenza del tuo compagno di cella. E’ giù nel -cortile- per la sua ora d’aria.”
[La sua ora d’aria?] pensò sorpreso il ragazzo, mentre il secondino lo conduceva nella sua nuova –dimora-.
Quando una porta si aprì, l’anima imperturbabile di Kaede ricevette un duro colpo:
Un minuscolo stanzino di pochi metri quadrati era illuminato da una fioca luce, provocata da una semplice lampadina malamente attaccata al soffitto.
Stracci logori e coperte ammuffite avvolgevano due scalcinati materassi che fungevano da letti. Così vicini che i loro ospiti avrebbero potuto toccarsi esponendo leggermente la mano.
Inoltre un rugginoso lavandino e un lurido water alla destra della porta conferivano un aspetto ancora più sgradevole alla stanza.
Per completare l’opera, lerciume e sporcizia sparsi sulle pareti e sulla paglia, che fungeva da pavimento, risaltando maggiormente la decadenza di quella stanza.
[I topi vivono meglio, mi sa…] pensò disgustato il giovane prigioniero.
Ma proprio in quell’istante un’enorme pantegana dalle grandezze di un gatto gli passò davanti.
[Come non detto…]
“Io ora devo andare. Il mio turno di guardia è terminato, ciao…” mormorò Yasuda chiudendo la porta e lasciando Rukawa all’unica compagnia della solitudine…
E dei topi..
Il moro sospirò, sedendosi lentamente sul letto.
Letto…
Chi aveva osato definire un simile groviglio di molle e lenzuola rattoppate un letto?
“Augh!”
Improvvisamente avvertì una specie di morso sulla coscia sinistra, il quale lo fece balzare in piedi.
“Fantastico!” ringhiò fra i denti per non farsi sentire “ci mancavano solo le pulci…mancano gli scarafaggi e parrà di essere ad uno zoo!”
Scosse la testa rassegnato.
Non ci poteva fare niente, lo sapeva…tanto valeva che ci si abituasse subito.
Un debole raggio di luce illuminò il suo serio viso, costringendolo a socchiudere gli occhi.
[Toh, c’è una finestrella…con sbarre, naturalmente, per abbinarla al restante… In mezzo a tutto questo lerciume non l’avevo notata.]
Vi si avvicinò, desideroso di poter respirare delle pura e genuina aria.
Il sole lo investì con tutta la sua potenza, riscaldandolo completamente.
[Calore…
Da quanto tempo…
Da quanto tempo non ricevevo questa energia…
sotto qualsiasi forma…]
“Passa, passa!”
“Insomma, me la volete ridare?!”
Grida selvagge e allegre interruppero quel magico momento, scatenando una profonda seccatura in Kaede.
Abbassò lo sguardo, notando varie persone collocate proprio sotto quel piccolo quadratino che era la sua finestra. Si trattava di alcuni ragazzi, prigionieri come lui, ovviamente. Dovevano avere più o meno la sua stessa età.
Si trattava di…uno, due…tre ragazzi…ah, no, quattro, uno era seduto a terra vicino a una colonna.
Ma cosa stavano combinando quei due prigionieri che si stavano passando una strano oggetto viola sopra la testa di un giovane dai lunghi capelli neri?
“Falla finita, brutto spauracchio e ridammi la fascia!” urlò colui che cercava in ogni modo di riprendersi l’oggetto –volante-
“Ehi, non osare chiamarmi in quel modo, capito moscerino?!” rimbeccò un tizio dalla stramba capigliatura rossa, lanciando al contempo la fascia ad un compagno.
“Dai, Kyota, vediamo se riesci a prenderla…” lo provocò il bel giovane che aveva afferrato la fascia e ora la stava sventolando con aria spavalda.
“Ridammela!!” urlò il povero ragazzo tentando di riappropriarsi dell’oggetto.
Ma invano…
L’affascinante detenuto dai corti capelli era dotati di ottimi riflessi, allontanandosi sempre in tempo per schivare i colpi dell’amico.
Il tizio chiamato Kyota continuava intanto a saltare e imprecare contro il suo avversario, mentre gli altri due ridevano divertiti.
“Insomma, Mitsui, adesso basta: ridai a Nobunaga quella fascia.”
L’interpellato in questione si girò in direzione di quella voce con sguardo affranto e occhioni luccicanti: “Ma come, Kimi-kun…perché mi chiami così?”
Il ragazzo in questione sfoderò un sorriso divertito, pulendosi al contempo gli occhiali che indossava: “E’ il tuo cognome o sbaglio?”
“Si, ma tu non mi sempre chiamato Hisashi!” si lamentò con voce lacrimevole il seducente uomo, abbassando al contempo la guardia e permettendo così al legittimo proprietario di riprendersi l’oggetto ambito.
“Quando compi qualche gesto che non mi piace, uso il tuo cognome, lo sai…” gli ricordò l’altro, che ha quanto pareva doveva essere il suo amante.
“Allora a letto lo chiamerai sempre ‘Mitsui’, quattrocchi!”
Hisashi si girò con furia omicida divampante negli occhi verso l’artefice di quella battuta, ovvero il rossino.
“Cosa vorresti insinuare, Sakuragii?!” sussurrò con tono minaccioso, diminuendo al contempo la distanza con l’amico.
“Dico solo la verità, Mitchy: che a letto sei un disastro”
“Come osi?!” tuonò l’altro, pronto a farlo a pezzi in un colpo solo, se non fosse intervenuto Kiminobu a separare i due rissosi.
“Caaalma, ragazzi, non litigate, eh? Sapete che è molto rischioso…” li pregò a bassa voce guardando con preoccupazione il suo compagno.
“Non me n’importa niente! Nessuno può permettersi di mancarmi di rispetto” esclamò furioso Mitsui “soprattutto un idiota come questo qui.”
“Cos’hai detto, baciapiselli?!”
“Ahhhh, basta ragazzi, cercate di calmarvi…” cercò di tranquillizzarli l’occhialuto.
“E’ inutile, Kogure…” esclamò improvvisamente il bel ragazzo dai lunghi capelli neri, rigirandosi nel frattempo un sasso tra le mani “…con certe scimmie non si può ragionare”
Tuoni, fulmini e saette si scatenarono attorno ai corpi dei due accusati, mentre Kiminobu si ritirava indietro spaventato.
“Tu sei l’ultima persona al mondo che può rivolgere al grande genio dei ladri un’offesa simile, sottospecie di babbuino effeminato!”
“Che cosa?!”
“Si, hai capito bene. Chi indosserebbe una simile fascia color prugna appassita?”
“Che branco d’idioti…” commentò aspramente Rukawa dall’alto della sua stanza, sul punto di girarsi e tornare ai suoi affari.
“Non ti permettere!” ringhiò furioso Nobunaga a Sakuragi “questo è un regalo molto prezioso!”. Dalla sua mano partì il sasso che reggeva in direzione del rosso, con una velocità inaudita.
Rendendosi conto del pericolo in avvicinamento, Hanamici si abbassò di scatto, riuscendo ad evitare il colpo: “Ah ah! Non sei riuscito a colpirmi, nobuscimmia!”
“Maledizione!” sibilò contrariato.
“Attenzione!”
Il grido di Kogure mise tutti in allarme, anche il nuovo prigioniero:
Si girarono in direzione del sasso scansato da Hanamici che ora, non essendo riuscito a colpire il bersaglio desinato, si stava dirigendo contro un vetro degli uffici delle guardie, poste un piano sopra cui stavano loro.
“Spaccherà quel vetro!” gridò in preda alla disperazione il ragazzo con gli occhiali, sentimento che ogni persona, ad eccezione di Rukawa, provava in quell’istante.
Il loro animo era invaso dalla paura e dal terrore, consci della punizione che sarebbe stata loro assegnata per il guaio che stava per accadere.
Niente era perdonato senza scontare una penitenza dentro quel carcere.
Neppure a loro…
[Si sono fregati con le loro stesse mani…] pensò freddo e indifferente Kaede, scotendo la testa.
All’improvviso un’ombra sbucata dal nulla spiccò un salto in alto, tendendo il braccio verso il cielo. Una mano si aprì, afferrando con notevole prontezza e agilità il sasso procuratore di rovine, impedendone così la collisione con il vetro.
“Grande, Aki!” trionfarono felici Nobunaga ed Hanamici, mentre gli altri due compagni emettevano un sospiro di sollievo.
La misteriosa figura, intanto, atterrava agilmente sul pavimento, girando le spalle agli amici.
Corporatura muscolosa e carnagione chiara.
Aveva davvero un bel corpo quell’uomo, lo riconobbe persino Rukawa, il quale osservava lo svolgersi degli eventi con maggior interesse di prima.
“Sei una forza, Sendo. Come diavolo hai fatto a saltare così in alto?” gli chiese Mitsui quando lui e gli altri si furono avvicinati al loro salvatore.
Rukawa sentì il respiro smorzargli in gola quando un volto paradisiaco, rappresentante la personificazione della bellezza, si voltò verso quella banda di scalmanati.
I suoi capelli, i quali gli conferivano un aspetto più che appariscente, erano ritti in piedi, come degli aghi. Sfoderavano un bel colore rassomigliante alla pece nera, con qualche riflesso bluastro, il che rendeva la sua capigliatura ancor più intrigante.
Possedeva lineamenti delicati e ben disegnati, che gli conferivano un aspetto angelico e delicato al tempo stesso.
Le sue labbra, carnose e rosee, erano curvate in un lieve sorriso, dolcissimo e assolutamente irresistibile.
Ma quello che aveva catturato fin dal primo istante l’attenzione di Rukawa erano i suoi occhi:
Due stupende pozze blu, più scuro del suo…
Più profondo…
E più magico…
Sembravano due stelle del firmamento, sempre brillanti di una luce calda e determinata, con cui catturavano l’attenzione di chiunque.
Mai, nella sua vita, Rukawa aveva visto un uomo più affascinante di lui…
“Sei davvero un fenomeno, Aki! Non mi stupisce che tu fossi il miglior ladro di Venezia!”
[Il miglior ladro di Venezia?] pensò stupito Kaede [quello sarebbe…]
“Se fossi stato veramente il migliore, non mi avrebbero catturato…” costatò il paradisiaco giovane.
Il nuovo prigioniero riuscì a cogliere nel tono di Sendo una sfumatura di amarezza…
Eppure, nonostante questo fattore, il suo lieve sorriso incantatore continuava ad albeggiare su quelle morbide labbra…
Fingeva davvero molto bene…
“Oh, non ti deve angustiare, Akira: sono riusciti ad acciuffare anche il grande genio dei ladri…”
“E di questo il mondo gliene sarà grato per sempre…”
“Come osi, maledetto babbuino?!”
Iniziò una schermaglia tra la scimmia rossa e quella mora, avvenimento che, se per Kaede appariva un avvenimento insolito e ridicolo, per gli altri tre prigionieri ciò rappresentava la consueta routine.
[D’accordo che non sono mai stato in una prigione, ma ero convinto che i prigionieri di un carcere fossero più tristi e taciturni…
Questi sono dei veri e propri scalmanati!]
“I soliti casinisti…” esclamò sconsolato Kogure riferito ai due litiganti.
“Già…” concordò Mitsui “i normali fatti del giorno…Solo vorrei conoscere l’identità di quel tizio che ci sta fissando da un quarto d’ora!”
Quattro paia d’occhi seguirono lo sguardo di Mitsui, individuando attoniti il nuovo venuto. Questi, accortosi di esser stato scoperto, si scostò rapidamente dalla visuale dei carcerati, spiaccicando la schiena contro un muro.
“Ehi, ha ragione Mitsu…c’era qualcuno là dietro!” esclamò sorpreso Kyota.
“Magari era l’acchiappacani venuto a prenderti, nobuscimmia!”
“Maledetta scimmia-rossa!”
“Buoni…” cercò di quietarli Sendo frapponendosi tra i due.
“Akira, ma le finestra alla quale era appoggiato quel tipo non è quella della tua cella?” chiese pensieroso il giovane con gli occhiali.
“Ehi, è vero.” esclamò il suo compagno ritornando a fissare il punto in cui era scomparso il misterioso individuo.
“Ahhhh, ti sei trovato un amante, eh Aki? Vuoi coinvolgerlo nelle nostre orge collettive?” gli chiese maliziosamente Hanamici.
“Fossi in te escluderei Sakuragi, Aki, altrimenti rischi di perderlo al primo colpo”
“Oseresti affermare che sono un cesso?!”
“Ma no…
Offenderei la categoria dei cessi!”
Ricominciarono a tempestarsi di pugni e cazzotti, mentre gli altri continuavano a discutere su quello strano personaggio.
“Ora ricordo!” esclamò improvvisamente Sendo “mi avevano annunciato l’arrivo di un nuovo detenuto…”
“E lo alloggiano subito nel braccio sei?!” domandò impressionato e incredulo Mitsui.
“Così mi hanno detto…”
“Ho sentito anch’io questa notizia” annunciò Kogure “sembra che sia un tipo molto pericoloso e violento”. Rabbrividì. “Un tizio di cui avere paura.”
Un braccio cinse le sue spalle in un abbraccio affettuoso: “Tranquillo, Kimi, ci sono io qui a proteggerti”
“E questa dovrebbe essere una rassicurazione?” domandò Kyota.
“Caso mai è una minaccia” gli diede corda l’altro.
“Io vi disintegro!” urlò prima di lanciarsi contro i due spiritosi.
“Avrò un nuovo compagno di stanza.” si rallegrò il fascinoso ragazzo.
“Fossi in te non sarei così allegro. Ho sentito tante…”
“Ne ho sentite anch’io di dicerie sul suo conto.” lo interruppe l’amico “ Ma la maggior parte sono tutte fanfaronate, come sempre. Prima di giudicare una persona, è bene conoscerla, no?”
“Sarà…ma non vorrei che oltre a fare la sua conoscenza, incontrassi anche la morte.”
“Ah, stai tranquillo, non mi succederà nulla. Spero solo di andarci d’accordo. E’ da parecchio tempo che non condivido la mia –stanza- con qualcuno…Già non è un salone, con un’altra persona dentro, si starà comodissimi.”
“Se vuoi posso chiedere che venga trasferito in un’altra stanza.” lo informò Mitsui estraniandosi dalla battaglia che ancora seguitava a svolgersi.
“No, ti ringrazio. Chiederò il tuo aiuto per faccende più urgenti”
“Non me lo chiedi mai! Fai sempre tutto da solo!” sbuffò.
“Eh eh! Quando sarà il momento ti cercherò, non temere”
“E’ finito l’intervello, signori! E’ ora di rientrare!”
L’ordine della guardia procurò un malcontento generale…meno accentuato in Sendo però, ansioso di fare la conoscenza del suo nuovo compagno di cella.
S’incamminarono verso l’uscita, quando qualcosa lo bloccò. Si voltò, incontrando i dolci occhi marroni di Kogure, che lo fissavano preoccupati.
“Akira…”
Annuì, sorridendogli rassicurante e staccandosi dalla sua stretta: “Starò attento.”

“Se già al corrente della novità, Sendo?”
L’interpellato si girò verso Fukuda, annuendo lievemente: “Si, la nuova –recluta-…”
“E’ davvero un bel tocco di ragazzo, lo sapevi?”
“Ah, si? Anche più di me?” gli chiese maliziosamente facendogli l’occhiolino.
A quel gesto Fukuda arrossì di colpo, balbettando confuso qualche parola priva di senso.
[Non fai più tanto il gradasso, non è vero?] pensò con piacente soddisfazione l’irresistibile diciassettenne.
Ma un profondo senso di colpa gli fece perdere tutta la baldanza: [Che sto facendo! Kitcho è una delle poche guardie che rispettano noi detenuti…Non ha senso che me la prenda con lui…Non è un maniaco come tanti altri schifosi, se ha detto quella frase significa che l’arrivato è davvero uno schianto. Hum…questa novità non mi dispiace molto!].
“Dai, Fukuda, stavo scherzando. E’ davvero così bello?”
Il secondino, rincuorato da quelle parole, gli sorrise sicuro: “Oh, si. Un vero angelo nero!”
Akira si immobilizzò. Incrociò gli occhi divertiti di Fukuda, osservandolo sorpreso. Poco dopo l’incredulità sparì, lasciando il poto ad un espressione divertita e curiosa: “Ah si?”

Maledizione!
Si era lasciato scoprire.
Come un vero novellino.
Sospirò pesantemente, sedendosi sullo scomodo letto popolato da pulci.
Ormai la frittata era fatta.
Pregò solo, in cuor suo, di non incontrare mai più uno di quei quattro scalmanati.
All’improvviso la porta della cella si aprì, lasciando ad una luce di una lampada di investirlo con tutta la sua potenza, impedendogli la visuale dei nuovi arrivati.
“Salve, Rukawa. Ti presento il tuo compagno di stanza.”
Quella voce la conosceva, era di quella buffa guardia con i labbroni che aveva preso il posto del secondino senza pupille. Quello di cui ignorava l’identità era l’altro. Che aspettava quello stupido d’un guardiano a chiudere la porta?
Ma non ce ne fu bisogno: il suo nuovo –coinquilino- colmò la distanza tra loro, posizionandosi di fronte a lui.
E fu allora…
Fu allora che il giovane moro lo vide…
E lo riconobbe.

Continua…



 
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