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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: E VISSERO TUTTI FELICI E CONTENTI
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: ladyofshadow galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 03/09/2003 11:38:33 (ultimo inserimento: 27/05/04)

cenerentola riveduta e corretta, per i personaggi di harry potter, che si trovano in uno scenario nuovo ma allegorico, fra amore e guerra, bene e male
 
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CENERENTOLA - CAP.1
- Capitolo 1° -

CENERENTOLA


Cast:

Cenerentola – Ginny
Principe – Draco
Re – Lucius Malfoy
Famiglia di cenerentola – i Weasley
Dio sanguinario – Voldemort (solo citato)
Sacerdotessa del dio e maga di corte – Pansy Parkinson
Fondatori del movimento reazionario – Harry, Hermione

Comparse:
Tiger, Goyle, Hagrid, Peter Minus



Come ogni fiaba che si rispetti, comincia con…

C’era una volta, da qualche parte in Gran Bretagna, un piccolo regno di cui ormai si è persa memoria. Se anche un tempo era stato un luogo pacifico e felice, nei giorni della nostra storia il malcontento serpeggiava tra il popolo, a causa del re tirannico che governava la regione.
Ma prima di occuparci di questo, dobbiamo tornare indietro ancora di qualche anno, quando, in un freddo giorno di Marzo, due poveri genitori si vedono costretti a separarsi dalla loro unica figlia femmina.

********

Spifferi di freddo penetravano i poveri, consunti stracci di Ginny, che sonnecchiava accucciata su un mucchio di paglia in un angolo. I suoi fratelli dormivano della grossa, rannicchiati intorno a lei nell’unica stanza della casa. Il fuoco nel camino si stava ormai spegnendo e niente pareva più in grado di tenere lontano il freddo della notte. La ragazza sbirciò nell’oscurità, fino a trovare le sagome dei due genitori, che parlottavano seduti al vecchio tavolo. Cosa ci facevano ancora svegli?
Tese l’orecchio e chiuse gli occhi, fingendo di dormire. Il rumore del vento copriva le parole dei due, ma lei colse ugualmente un brandello di conversazione:
- Arthur, no, non la mia Ginny – diceva la madre con voce stridula
- Molly, lo sai che non possiamo… siamo troppo poveri… vedrai, starà bene – sussurrò il padre in modo quasi incomprensibile, accarezzandole i capelli rossi
La donna scoppiò a piangere
- ma così, tutta sola… è ancora così piccola, avrà domani dieci anni -
- tesoro, non possiamo fare più niente per lei… calmati adesso. È l’unica cosa da fare. Anche a me dispiace, lo sai –
- lo so, Arthur… ma la mia bambina… se penso che potrei non rivederla mai più! –
La sua voce tremava dai singhiozzi. Arthur le prese una mano e strinse con dolcezza.
- ma no, amore, cosa dici… è solo per poco tempo, poi potrà tornare –

“Tornare? Starà bene? Tutta sola? Non rivederla mai più??” Una morsa di paura si chiuse sul cuore di Ginny, facendola tremare ancor più violentemente. La sua mamma, il suo papà, volevano mandarla via. Era solo un peso per loro.
Calde lacrime presero a scendere sulle sue guance. Incapace di fermarle, incapace di pensare ad altro, Ginny pianse silenziosamente fino a scivolare tra le braccia di Morfeo. Quella notte sognò di svegliarsi, la mattina dopo, con la sua famiglia. Bill e Charlie, i suoi fratelli più grandi, erano tornati dalla città per festeggiare il suo compleanno, e i suoi genitori le promettevano che non l’avrebbero abbandonata mai. E sognò che sarebbero vissuti tutti insieme, per sempre felici e contenti, nella piccola casa con una stanza sola.

La mattina dopo partì con sua madre alla volta del palazzo reale, dove sarebbe diventata una delle tante servette sfruttate e sottopagate. Erano partite all’alba e la piccola non aveva neanche potuto salutare i suoi fratelli, già al lavoro nei campi. Per tutto il tragitto non spiaccicarono una parola.
Poche ore dopo il tramonto, finalmente, giunsero alle porte del castello, così splendido e maestoso che pareva brillare di luce propria.
“Beh, buon compleanno, Ginny” biascicò la ragazza, sorridendo tristemente.

********************************************************

E da quel giorno sono passati cinque anni. Il palazzo era così grande da poter ospitare, oltre alla corte, centinaia e centinaia di servi, che abitavano pidocchiose cuccette sotto le cucine. Ma per ora lasciamo la piccola Ginny dov’è e spostiamoci altrove: ai piani più alti, sopra i grandi saloni e i giardini fioriti, sopra gli alloggi delle dame e dei cavalieri, sopra la Sala del Consiglio del Re, nella torre più alta e sfarzosa, i sovrani discutevano un problema pressante.
- Il ragazzo ha già sedici anni, Narcissa. È ora che prenda moglie – diceva il Re misurando a grandi passi la stanza
- Ma Lucius, finora ha rifiutato ogni ragazza che gli abbiamo proposto – gli fece notare lei
- Appunto! – nervoso, batté un pugno sul tavolo. – Sto perdendo la pazienza! –
- Su, su, caro, calmati. Perché non gli diamo un’ultima possibilità? Organizziamo un ballo invitando tutte le ragazze di sangue blu del regno e di quelli vicini –
- E va bene. Ma è l’ultima possibilità. Se non si decide, sarò io a scegliere per lui. –

Intanto, vicino alla pozza artificiale dello splendido giardino, un principe annoiato lanciava sassi nell’acqua, increspando con ampi cerchi la calma superficie del lago.
- Mio principe – una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.
- Ah, Pansy – disse voltandosi verso la ragazza – cosa ci fai qui? –
- Passeggiavo in giardino. È una giornata splendida, non trovate? –
- Si… -
“splendida, come ogni cosa qui. Non ne posso più di cose splendide”
- …perfetta – aggiunse, con una nota sarcastica nella voce.
Se anche lei se ne accorse, non lo diede a vedere. Pansy Parkinson, Somma Sacerdotessa e Maga di Corte, era innamorata persa del principe. Si sedette accanto a lui sull’erba, stando bene attenta a non spiegazzare l’abito di seta rosa pallido, gentile dono della regina.
- Avete sentito? Vostro padre ha organizzato un ballo in vostro onore –
- Già… - “un altro pallosissimo ballo, a fare da premio in palio per decine di ochette tirate a lucido”
- Ci sarai anche tu al ballo, Pansy? – la ragazza arrossì leggermente
Certo che sarebbe venuta. Era l’erede di un’importante famiglia nobile, e vantava un’alta carica come Maga di Corte. Invece di rispondere, si fece piccola piccola e disse sottovoce
- Se vi compiace, mio principe –
- Nulla potrebbe rendermi più felice – disse cordialmente, come voleva il galateo, ma con voce piatta e annoiata.
A queste vuote parole, gli occhi della ragazza si illuminarono
- Grazie mio principe –
- Pansy, ci conosciamo da sempre. – sospirò – Perché non mi chiami Draco? –
- M-ma siete il principe, non posso chiamarvi per nome, siete di rango superiore – balbettò
“E ti pareva” – Va bene Pansy, come vuoi –
Si alzò e si allontanò verso il castello, lasciandola sola coi suoi pensieri.
“Riuscirò a farmi amare da te, Draco. Dopo il ballo, convincerò tuo padre a sposarci. E tu mi amerai, te lo prometto”. Sorrise al pensiero del filtro d’amore che bolliva lentamente nel suo bagno privato. Poi si alzò e si sistemò la gonna, e, gettando un’ultima occhiata al lago, si avventurò tra i cespugli di rose rosse. Mancava ancora qualche ingrediente, spina di rosa e gocce di rugiada, più alcune erbe che aveva in dispensa. “Presto” pensò, euforica “Presto”.

********************************************************

Harry passeggiava furtivamente per le vie della capitale, mescolandosi nel fiume di gente che attraversava il mercato. Ogni tanto un carro di passaggio alzava un nugolo di polvere, offrendo un effimero riparo dal sole cocente.
Era molto imprudente da parte sua, uscire allo scoperto così; Hermione non glie lo avrebbe perdonato. Ma tanto, non l’avrebbe mai saputo.
- è vergognoso! – stavano discutendo due donne accanto a lui – i prezzi sono aumentati ancora! Come faremo a pagare le tasse, dobbiamo pur vivere! –
- pensi che al re e a quegli altri schifosi là glie ne freghi qualcosa? Vogliono solo più potere, che importa se poi il popolo muore di fame? –
- mica possiamo farci niente – intervenne un omone dal banco della frutta. Harry lo conosceva fin da piccolo, era un tipo a posto. Nonché un sostenitore della loro causa. Il ragazzo e la sua amica Hermione, infatti, erano i fondatori del movimento reazionario, ma solo pochi amici lo sapevano. Il loro intento era di scatenare una rivoluzione, facendo leva sul malcontento popolare, e rovesciare la monarchia.
- la merce d’importazione ci costa anche a noi mercanti, e il nostro Stato è troppo piccolo per bastare a se stesso – spiegava ora con foga alle due passanti
Harry sapeva che avevano ragione tutti e tre.
- Hagrid, che mi dici dei Finnigan? È un po’ che non li vedo in giro – chiese tanto per cambiare discorso
- Ah, Harry, mica ti avevo visto! Come va? – sorrise il gigante dandogli una potente manata sulla spalla. Poi, sottovoce, aggiunse – non dovresti stare qui, Harry, è pericoloso. Se ti prendono… -
- Stai tranquillo. Allora, che mi dici? –
Hagrid scosse la testa – tempi infami, Harry, per tutti. I Finnigan, li hanno presi l’altro giorno. Non avevano soldi per pagare le tasse, e li hanno rinchiusi… - non riuscì a finire la frase. Harry rabbrividì, malgrado la cappa di caldo opprimente. Con un cenno della mano, indicò un’imponente torre grigia che si stagliava contro il cielo limpido del mattino. Era lì che venivano rinchiusi i condannati, senza alcuna distinzione fra i criminali, i debitori o i prigionieri politici. Perché tanto, erano comunque tutti destinati al Rito.

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Continua nel capitolo:


 
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