torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Fumetti e Cartoni non giapponesi
Dalla Serie: Tartarughe Ninja (Teenage Mutant Ninja Turtles)
Titolo Fanfic: ONLY YOU
Genere: Sentimentale, Azione, Drammatico, Dark
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: darkshell galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 04/12/2014 22:39:01

Quattro maledetti mesi di sofferenza. Proprio tanti e difficili da sostenere, barricati in un mondo ancora vivido nell’azzurro dei suoi occhi.
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   
ONLY YOU
- Capitolo 1° -

Basato su Soul Surfer e un gattino randagio che ho cresciuto io (a furia di lasciargli il piattino con il cibo!) che ha perso una zampa...


Quattro maledetti mesi di sofferenza. Proprio tanti e difficili da sostenere, barricati in un mondo ancora vivido nell’azzurro dei suoi occhi. Mio fratello minore, Michelangelo è molto speciale. Lui riesce a fare ciò che per gli altri è normale solo con un braccio.
Sì, esatto.
Perché, direte voi. Ha subito un’amputazione per un’infezione da una ferita quasi mortale inflitta da un maledetto mutante chiamato Rahzar.
E da allora è diventato ancora più speciale…

....

4 mesi prima…

Fino a quel primo di settembre, non avevo mai dato tanta importanza al mio sesto senso di genio perché ero sempre stato troppo preso dalla tecnologia che mi avvolgeva quotidianamente.
Quella sera, dopo la consueta cena a base di pizza, avvertivo una strana sensazione galleggiante nell’aria. Volevo semplicemente convincermi che era solo qualche residuo di feromoni emessi dai corpi di Raphael e Leonardo, ancora una volta entrati in uno scontro durante il pomeriggio, ma non riuscivo a crederlo del tutto.
Mentre ascoltavo con aria del tutto assente ciò che Leo ci ricordava sempre di fare prima di ogni pattuglia, io non potevo fare a meno di chiedermi cosa non quadrasse. Bastasse che guardassi Mikey per avvertire il formicolio sinistro nelle mie budella.
-Ehi, D! Che fai? Dormi in piedi?-.
Sbattei gli occhi un paio di volte, analizzando piano la buffa frase che mio fratello quindicenne mi aveva detto. Io, dormire in piedi?
-Ahm, no, no, ascoltavo!- farfugliai con leggero imbarazzo.
-Andiamo, Brainiac!- sogghignò Raph. Mi diede uno scappellotto sul guscio che per poco non mi fece inciampare sulle scale dell’uscita e andammo…

In superficie l’aria era fresca e piacevole, ma la luna non brillava come suo solito nel blu notturno, cosparso di stelle. Giocava a nascondersi dietro soffici nubi brune, facendo capolino di tanto in tanto con la sua aurea candida.
-Che notte…- mi sfuggì dalle labbra. Mi guadagnai subito l’attenzione dei miei tre fratelli.
-E’ inutile che continui a nasconderlo, Donnie. Sei un romanticone nato!- esclamò Mikey, punzecchiandomi sul braccio.
-Cosa? Ma la smetti, che non è vero?!-.
Scoppiammo presto a ridere, però. I miei fratelli mi mettevano spesso e volentieri il buonumore, anche se talvolta sarebbe stato meglio non esserci imparentati.
-Allora, Fearless, qual è la meta di stasera?- chiese Raph, a braccia conserte.
-Il vecchio ripetitore a nord ovest-.
Raphael ghignò semplicemente, gettando un'occhiata su Mikey, di spalle, con le mani appoggiate sul parapetto del terrazzo. Sembrava piuttosto sconnesso con i nostri discorsetti e aveva un debole sorriso che increspava le labbra. Qualcosa sicuramente non quadrava nei suoi pensieri.
-Ehi, che ti prende, Mikey?- domandò. Gli accarezzò la testa con dolcezza, mentre ci faceva segno di avvicinarci.
-Non lo sentite anche voi?- chiese piano, senza guardarci.
-Cosa dovremmo sentire?- biascicò Leo. Era abbastanza preoccupato per lui e non avrebbe smesso di esserlo fino a quando non avrebbe individuato il problema.
Mikey fece le spallucce e saltò sul parapetto, guardando verso il basso. Non avrebbe sicuramente risposto con ciò che percepiva dentro il suo cuore ma avrebbe semplicemente sorriso, calandosi nelle tenebre in basso. Esattamente come aveva già fatto nel mio brevissimo momento di catalessi.
-Forse è un errore preoccuparsi costantemente per quella pallina. Mikey è sempre Mikey, no?- punzecchiò Raphael, imitandolo subito dopo. E infine, anche io e Leo, dopo uno sguardo d'intesa, ci calammo nelle tenebre per ritrovarci nel vicoletto sottostante.
-Mosci nati!- ridacchiò subito Mikey, accovacciato su un cassonetto dell'immondizia.
-Ma va! Tu sei partito prima di tutti noi messi insieme!- sbuffai giocosamente. Mikey annuì con la testa e mi avvolse le braccia intorno al collo, inclinandomi verso di lui per essergli all'altezza. -Piano, piano! Rischi di rompermi così!-.
Mikey mi strofinò il naso sulla guancia ma ben presto sbiancò, guardando davanti all'uscita del vicolo, alle spalle mie, di Leo e di Raph anche.
-Che succede, fratello? Sembra tu abbia visto un fantasma!- mormorò Raphael.
Mikey deglutì, tirando fuori le kusarigama. Avevamo capito. E ci voltammo con scatto felino. C'erano quasi venti Foot Bots, TigerClaw fieramente sul cornicione dell'edificio alla nostra destra e Rahzar al suo fianco. Un'imboscata, quindi?
-Ragazzi, stasera si balla- fece piano Mikey.
Annuimmo e immediatamente quattro Foot Bots si avventarono su di noi. Svoltai rapidamente a sinistra, guscio contro guscio con Leonardo e attaccammo due nemici con delle ginocchiate unisone allo sterno. I Foot si schiantarono pesantemente contro il muro, con delle piccole scintille di malfunzionamento di circuiti andati al petto. E due K.O!
-MIKEY!- richiamò subito Raph.
Il mio fratellino gettò subito il suo avversario dentro al cassonetto, di peso e si fiondò subito verso nostro fratello, afferrandogli le mani. Raphael lo utilizzò come giavellotto mutante, scagliandolo pesantemente contro cinque Foot che rovinarono sparsi al suolo come birilli.
Mikey ridacchiò, volteggiando un po' al forte capogiro e alzò il pollice.
Sfortunatamente, la nostra facile vittoria su quegli avversari insignificanti, attirò TigerClaw e Rahzar, i cui volti erano stati scolpiti dall'odio più bruciante.
-Il Maestro Shredder vuole almeno uno di loro. Vivo- ringhiò piano la tigre senza coda.
-Allora tutti gli altri li faremo fuori- sogghignò Rahzar, facendo tintinnare gli artigli sul cemento.
TigerClaw sguainò prontamente la sua Tanto e agilmente scelse la sua vittima: Leonardo. Gli arrivò alle spalle, alzando la lama scintillante sulla sua testa. Ma Leonardo se ne accorse prontamente: le sadiche intenzioni si erano materializzate in un riflesso sulle sue katana incrociate sull'alabarda di un Foot.
-Donnie!- gridò.
Capii totalmente: scagliai quattro kunai con innata bravura e misi fuori uso il nemico, con un corto circuito alla tempia. Leonardo colpì via il Foot con una ginocchiata allo stomaco e s'incurvò per incontrare la lama della Tanto contro le sue katana.
-Sei molto agile- sottolineò atono la tigre, premendo.
Leonardo increspò un piccolo sorriso e per fortuna intervenne Raphael con un micidiale calcio rotante alla schiena. TigerClaw sbatté contro il muro e Leonardo poté tirare un respiro sollevato. Eppure, non avevamo preso in considerazione la macchia nera alle spalle di un ignaro Mikey. Rahzar si era tranquillamente posto dietro di lui, con un luccichio tenebroso nelle iridi ristrette.
-Dì addio, piccolo credulone- sussurrò nel suo orecchio.
Michelangelo s’irrigidì, sbiancando e un suo urlo fu la colonna sonora della tragedia che fummo costretti ad assistere...

....

Confusione.
Il dolore era una sfocatura sbiadita, incisa nel suo volto cadaverico. Posto sul lettino del mio laboratorio, Michelangelo era stato perfettamente curato ma ancora nuotavo nel dubbio della gravità della ferita al braccio sinistro, inferta da Rahzar...


-B... buongiorno...-.
Stavo ancora annotando i miei ultimi pensieri riguardo al tanto atteso risveglio di Mikey, dopo quasi un'intera settimana di sonno non stop, sul mio diario quando il mio fratellino si risvegliò. Non aveva la sua maschera sul viso pallido: il che sfoggiava tutta la sua fanciullezza da quindicenne. Gli baciai la fronte amorevolmente e non mi preoccupai di correre come un matto ad avvisare gli altri. Erano già sull'uscio della porta, con volti sollevati.
-Ciao, pallina- gli dissi. -Come ti senti?-.
Mi sentivo proprio come un padre in quel momento. Differenze d'età non riscuotevano un grande problema, dopotutto. Io e Mikey avevamo solo tre anni di differenza. Leo e Raph avevano già i loro diciannove anni d'età, rispetto a noi. Mikey era il bambino di famiglia. Ecco il motivo della mia sensazione di paternità.
Il nostro Otouto non mi aveva ancora risposto: stava strofinandosi sotto la sua coperta gialla alla ricerca di eventuali dolori sottovalutati. E fu allora che notò il bendaggio che ricopriva la spalla sinistra, correndo fin giù il palmo delle dita, lasciando scoperte le dita leggermente più fredde e cianotiche rispetto al colore del suo corpo.
-Solo il braccio, forse-.
-Beh, è comprensibile. Rahzar non ci è andato certamente giù leggero quando ti ha inflitto il colpo- rispose Raphael. Era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate e uno sguardo denso di sensi di colpa.
Mikey annuì stancamente e riprese a parlare. -Che cosa è accaduto in tutto questo tempo? Anzi, come avete fatto a sfuggire a quei due miserabili?-.
Mi lasciai sfuggire un respiro tagliente. Michelangelo non aveva mai parlato con tanta serietà velenosa, neanche con le ferite mortali. C'era l'odio bruciante nei suoi occhi e un senso infinito di dolore anche, che non ci restò sconosciuto.
-Michelangelo-.
Il maestro Splinter era finalmente giunto con una scodella in mano, non certamente con qualcosa da mangiare dentro. Sicuramente, dubito che la piccola birbantella Ice Cream Kitty avrebbe accettato di finire nella pancia di qualcuno, nonostante l'aspetto appetitoso!
-Papà...- rispose Mikey. Definiva in quel modo il maestro solo quando voleva aggrapparglisi al kimono e piangere.
-Michelangelo, va tutto bene. Sei al sicuro, adesso- riprese il maestro, appoggiando la scodella sul mio banco da lavoro. -Eravamo tutti in pensiero per te, figlio mio. Perfino Ice Cream Kitty-.
Mikey fece un piccolo sorriso acquoso ma non poté frenare le lacrime silenziose quando nostro padre lo abbracciò dolcemente, dondolandolo un po' come quando eravamo piccoli.
-Non si sono fatti scrupoli ad attaccarmi a tradimento... soprattutto Bradford- sussurrò.
-Mikey, in quell'essere schifoso non avresti mai potuto trovarci una vera amicizia. Pensa a quanto siano diversi April e Casey da quell'essere infame- replicò arcigno Raphael. In realtà, stava cercando di non cedere al dolore di vederlo in quello stato fragile.
-Hai ragione e me ne ero fatto una ragione, ma quando lo vedo, spero ancora che possa esserci del buono in lui...-.
-Forse in Slash. Ma non in Bradford- commentò ancora Raphael. Questa volta, fu il suo turno di tenerlo strettamente al petto. -Non ci pensare. Anzi, appena ti sentirai meglio, lo prenderemo a calci nel sedere per una vendetta-.
-La vendetta non porta mai a niente, Raph. La collera non è altro che un mostro pronto a divorarti se mal controllata- ricordò saggiamente Leonardo.
Raph sbuffò, guardandolo storto. -Non ho bisogno delle tue perle di saggezza, Fearless. Se non hai capito, sto cercando di confortare Michelangelo!-.
Era una catena inesorabile. Quando era Michelangelo a star male o in condizioni migliori come febbre o raffreddore, la nostra famiglia subiva una svolta negativa. Leonardo si allenava di più, diventando più scontroso e carico di sensi di colpa inesistenti; Raphael era decisamente più lunatico e massacrava maggiormente il manichino da combattimento o il sacco da box. Io mi rintanavo in laboratorio, perdendo la cognizione del tempo. E quando le nostre tre auree turbinanti di negatività si scontravano, accadevano litigi che spesso sfociavano in vere lotte sanguinarie.
Nemmeno il sensei poteva impedirci di punirci.
Questo perché era Michelangelo la candela brillante alla fine del tunnel. La nostra piccola e ignara guida. Il nostro collante speciale. Era sempre lui a fare mille moine e scherzi da goolfball a trascinare Leo fuori dal dojo e a incollarlo per un po' di svago davanti alla tv a vedere spettacoli o cartoons. E sempre lui a far esplodere la miccia di Raphael per farlo sfogare, magari in una corsa gatto-topo sfrenata per tutta la casa. Vedevo sempre un ghigno di sfida sulle labbra di Raph in quei momenti di grida fintamente di terrore.
E infine con me, Michelangelo trovava sempre il modo di rompere uno dei miei esperimenti o a portarmi il cibo dimenticato per spegnere il mio continuo pensare. Parlavamo insieme in quei momenti: lui mi mostrava un grezzo progetto e lasciava a me tutta la parte tecnica, mettendomi addosso l'adrenalina della continua sapienza e voglia di imparare.
Ora, però, in queste 168 ore di buio e rabbia, avevamo perso tutto questo senza che ce ne rendessimo conto.
-Vuoi mangiare qualcosa?- domandai piano.
Mikey mi guardò, sbattendo gli occhi rossi di pianto e annuì piano. -Mi piacerebbe una pizza con doppia mozzarella e prosciutto-.
Raphael fu il primo a scoppiare in una risata contagiosa e a dargli un giocoso noogie sulla testa. Mikey era tornato e il mondo era tutto più leggero.
Ma... le cose sarebbero continuate a degenerare ad un ritmo allarmante...

2 settimane dopo...

-Donnie...-.
Misi subito giù il saldatore, girandomi verso la porta dove il mio fratellino si appoggiava stancamente allo stipite, con occhi spenti e il respiro pesante.
-Che c'è, Mikey? Come ti senti?- farfugliai in apprensione, aiutandolo subito. Lo coricai sul lettino e gli tastai la fronte. -La febbre che ti stai portando dietro da quasi cinque giorni è aumentata. Tieni per qualche istante questo termometro sotto l'ascella e confermeremo la mia ipotesi-.
-Non riesco più a stare bene... e in più il braccio mi fa male...-.
Mi fermai un attimo dal prendere il kit del pronto soccorso da un ripiano del mio scaffale: Mikey mi preoccupava da un po', in realtà. Da quando si era ripreso dalla sua convalescenza dopo i sette giorni di sonno, aveva cominciato a star male. Tutte le mattine era stato soggetto a febbricola che spariva durante il resto della giornata. Aveva poco appetito e la sua energia era costantemente scarsa. Inoltre, si stancava facilmente e si lamentava continuamente del braccio ferito. Ma lo avevo sottoposto a ogni check-up possibile ed era risultato tutto in perfetta guarigione.
-Mikey, cerca di riposarti un po' di più e dare del tempo al tuo braccio- gli dissi piano.
-Tempo? Quale tempo!- scattò. -Più tempo avanza, più peggioro!-.
Indietreggiai, mordicchiandomi le labbra. Sfortunatamente lo sospettavo. Questa sua guarigione inesistente era un tarlo fisso nella mia testa che andava assolutamente analizzato.
-Almeno, come lo senti il braccio?- domandai ugualmente.
Fu il turno di Mikey di distogliere lo sguardo. -Non lo sento così bene. A dire il vero, non sento nemmeno le dita... ma questo è... normale, vero?-.
Normale? No, assolutamente no! Avevo ricucito perfettamente tendini e tutto il resto, malgrado non fossi un medico bensì un ingegnere! Ciò che mi stava elencandomi adesso alimentavano un dubbio atroce! Avrebbe almeno dovuto sentire la contrazione delle dita o almeno la torsione del polso!
-Mikey, devo toglierti subito le bende- dissi frettolosamente. Afferrai subito gli attrezzi necessari e lo tenni fermo sul lettino.
Cominciai a tagliare il primo strato di bende e a srotolarle a spirale, mentre un odore nauseante cominciava a esalarsi tutt'intorno, in uno spettacolo che ci diede il voltastomaco. Spalancai la bocca scioccato, facendo cadere silenziosamente in terra le bende sporche di un liquido giallognolo e chiazze rosate sparse in ordine sparso. Il mio cuore batteva ferocemente nel petto, avvampando le mie guance con l'innalzamento della pressione sanguigna.
Avrei voluto gridare per ciò che stavo vedendo e punirmi per la mia superficialità. Avevo commesso un errore gravissimo che stava pagando il mio piccolo fratello.
-Donnie...- sussurrò Michelangelo. Aveva gli occhi spalancati e il respiro veloce. Era in iperventilazione!
-Mikey, non preoccuparti- gli dissi.
-I... il mio braccio...- continuava a mormorare, respirando sempre più affannosamente. -Il mio braccio... n... no... no!...-.
Fui costretto, mio malgrado, ad approntare immediatamente una siringa con un sedativo per calmarlo. E non appena il contenuto vi si riversò nella sua vena sul braccio, le sue palpebre si chiusero lentamente, facendolo sprofondare nel sonno profondo.
-Mikey... oh, Mikey...- sussurrai, incapace di smettere di versare le lacrime.
Definire braccio ciò che avevo davanti sarebbe stato incorretto.
Michelangelo aveva dal polso fino al bicipite sinistro un colorito bordeaux, quasi sul violaceo. La ferita di Rahzar era rosso vivo, profonda, circondata da un liquido giallognolo, residui di sangue secco e strati marroni. Potevo vederne l'osso incrinato, spezzato in alcuni punti da lesioni alquanto superficiali. I muscoli erano informi, trasudanti di liquami nauseanti.
Cancrena umida!
-L'infezione...! Ecco perché aveva la febbre... ecco perché era stanco! Il suo dolore...! NO!- gridai, indietreggiando sempre più. Urtai malamente verso la mia scrivania, cadendo di guscio in terra.
Ciò fece, allora, accorrere il resto della famiglia.
-Donnie!- esclamò subito Leonardo, aiutandomi a rialzarmi.
-L... Leo, gu... guarda qui...- soffocò Raph, rivolto verso Mikey.
-Il suo braccio è in uno strato avanzato di cancrena...!- gemetti. Non mi trattenni: mi chinai e rigettai tutto in terra, disgustosamente.
-Va tutto bene. Meglio fuori che dentro- fece Leo, accarezzandomi il guscio.
-No, non è così! La ferita si è infettata in tutto questo tempo! La mia piccola operazione chirurgica ha proliferato batteri, portando la carne a putrefarsi! Ho sbagliato tutto!- urlai, tremando a quella visione nauseante. -Il braccio è bollente rispetto al resto del suo corpo! Io n... non posso trattarlo...!-.
-Donnie, devi fare qualcosa!- scattò Raphael, trattenendo a fatica le lacrime. -Sei tu il medico!-.
-Non sono il medico! Se ho portato una semplice ferita a marcire sotto forma di cancrena, indica che potrei addirittura ucciderlo!-.
-Devi avere fiducia, figlio mio-.
Scossi energicamente il capo, singhiozzando pesantemente con la testa fra le mani. Non credevo a una sola parola di mio padre, né dei miei fratelli. Era solo e soltanto colpa mia! Non ero stato capace di pensare a una possibile proliferazione di batteri! Come avevo potuto sottovalutare il danno! Come avevo potuto essere così cieco!
-Donnie! Ci servi! Mikey sta morendo, non è vero?- ruggì Raphael. -Che cosa dobbiamo fare con il suo braccio?!-.
Lo guardai in confusione e barcollai verso il lettino, chiudendo gli occhi a quell'immagine terribile. Poggiai una mano sul petto, cercando di non crollare in terra, a causa del tremolio alle mie gambe.
-DONNIE!- urlò ancora Raphael, scrollandomi per le braccia.
-E' inutile prendersela con tuo fratello, Raphael!- rimproverò il maestro, sbattendo il bastone in terra. Poi, continuò in tono più pacato. -Donatello, che cosa dobbiamo fare?-.
-L... la ferita è troppo infetta... dal colore scuro dell'arto, posso chiaramente dire che se non interveniamo rischiamo davvero di perderlo- spiegai, deglutendo. -L'unica cosa da fare è... am... amputargli il braccio fino al bicipite...-.
Raphael soffiò pericolosamente, curvandosi su Mikey con fare protettivo. I suoi occhi verdi brillavano di lacrime di pazzia e collera intensa e da come stringeva i denti scoperti, mi stava incolpando di tutto. E non aveva tutti i torti. Feci un passo indietro, distogliendo lo sguardo.
-E' l'unica soluzione....- sussurrai ancora.
-Non puoi amputargli il braccio! Mikey è mancino! Sai che trauma avrà?! Non potrà più usare due nunchaku, né disegnare, né... essere... normale...- gridò, rallentando alla fine per un eccesso di lacrime che copiose rigavano il suo viso, cedendo sul naso di Mikey, ignaro di tutto.
-Vuoi vederlo in una bara, allora?!- scattai.
La prossima cosa che sapevo erano macchie nere danzanti davanti alla mia vista e un dolore lancinante sul naso sanguinante copiosamente. Raph mi era davanti, io seduto contro al muro, un po' stordito. Il suo pugno era chino lungo il suo fianco: mi aveva colpito.
-Non dire mai più una cosa del genere! Mikey si salverà, chiaro?! Quindi, cerca di trovare una valida alternativa o sarai tu a giacere in una bara!-.
Due lacrime rotolarono lungo le mie gote pallide, mischiandosi al sangue caldo che stava penetrando tra la linea orizzontale delle mie labbra. Mi aveva ferito peggio del pugno contro il mio naso. Detto ciò, Raphael tornò a guardare Michelangelo, accarezzandogli timidamente la fronte calda.
-Piccolo fratello...- sussurrò.
Mi alzai in piedi, strofinando sangue e lacrime con il dorso della mano. Mi sedetti alla mia scrivania e aprii il browser, digitando qualcosa inerente all'amputazione. Se dovevo salvare mio fratello, avrei dovuto prima documentarmi al meglio. Non più errori. Non più sbagli. Nulla.
-Non preoccuparti, Mikey. Non potrò salvare il tuo braccio, ma non permetterò che la tua vita venga spezzata- dissi piano.
Il maestro Splinter mi fece un cenno con il capo, in segno di ringraziamento e fissò addolorato Raph che tremava, di guscio. Mikey era tutto per noi...

....

A malincuore, il mattino seguente, con il petto dolorante per ogni boccata d'aria che inghiottivo nel compiere quell'atto ignobile verso mio fratello minore, attuai finalmente ciò che in medicina veniva definito "Amputazione". Non mi ero mai sentito così male nel vedere Mikey sul lettino, intubato e me nei panni di chirurgo, aiutato dal sensei, con gli attrezzi giusti insanguinati.
Semplicemente mi odiavo. Io, che mi ero sempre imposto di salvare la mia famiglia a qualunque costo, nel limite delle mie possibilità anche, avevo portato via il braccio in cancrena di Mikey, rimanendogli solo un moccolo tondo alla spalla.
Troppe lacrime versai quel giorno. Troppo dolore nelle mie mani tremanti sporche del sangue di mio fratello, che nemmeno sapeva quale simile destino era andato incontro.
Però di una cosa ero certo: non era solo colpa mia. No... ma soprattutto di Rahzar, quel bastardo schifoso e se c'era una cosa che con Raph concordavo era la vendetta. Mikey ne aveva bisogno. Quel mostro doveva pagarla cara!


Sedevo nella mia stanza, al buio, con lo sguardo spento e una coperta sul mio corpo infreddolito. Adesso non sentivo più niente. Né il dolore, né la tristezza. Nemmeno il pulsare al naso violaceo che aveva ancora impresso il pugno di Raphael. Volevo solo che mio fratello si risvegliasse una volta per tutte e... beh, non lo sapevo nemmeno io cosa volevo davvero.
-Donnie?-.
Spostai pigramente lo sguardo alla porta chiusa. Era Leo che stava bussando piano. Non ero in vena di parlare o vedere nessuno. Ma lui entrò lo stesso, perché non avevo chiuso a chiave.
-Donnie, vieni. Mikey si è svegliato- mi disse.
Abbassai la testa, fissando i miei piedi. Due giorni erano trascorsi da quella maledetta amputazione e fortunatamente, la febbre era scomparsa, così come l'infezione. Mi alzai lentamente, seguendolo piano nel freddo corridoio, raggiungendo quella maledetta stanza. Il laboratorio.
Mikey aveva lo sguardo un po' spento e fissava il soffitto. Era attorniato sia dal sensei, sia da Raphael che non appena mi vide, abbassò lo sguardo in colpevolezza.
-Il piccolo paziente si è svegliato?- dissi piano, afferrando subito una pila dal cassetto della scrivania. Gli controllai le pupille: si dilatavano/restringevano molto bene. -Controlliamo i parametri vitali-.
Tutto nella norma, eccetto un livello abbastanza basso di ossigeno nel sangue. Mikey avrebbe dovuto usufruire per un po' della maschera d'ossigeno.
-Come ti senti, pallina?- domandai.
Lui mi guardò, sorridendo stancamente. -Il dolore è andato via... grazie, Donnie-.
Grugnii. Stavo forzando il sorriso, ma mi stavo miseramente tradendo con le mie lacrime. Mikey non poteva guardarmi con quegli occhi così! Non poteva nutrire una fiducia sfacciata nei miei confronti! No! Perché!
-Mikey... mi dispiace così tanto...- soffocai, scoprendogli finalmente la coperta.
Il mio fratellino guardò la fasciatura al moccolo di ciò che rimaneva del suo braccio e mi volse lo sguardo confuso. Poi, di nuovo fissò l'arto fantasma e me.
-Allora se n’è davvero andato...- mormorò piano, sfiorando la liscia fine del moccolo. -Grazie lo stesso, Donnie. Avrei potuto rimetterci, non è così? Però mi hai salvato lo stesso...-.
-No... non è vero!- gridai con tono incrinato e crollai in ginocchio, aggrappandomi alla veste del sensei che lasciò fare.
-Mikey...- sussurrò anche Leo. -Ti aiuteremo, vedrai...-....

....

Mesi seguenti...

Leonardo era entrato in cucina, annusando il profumino gradevole nell'aria. Il sensei stava cucinando sicuramente dei pancakes, rivolto ai fornelli, mentre un Mikey senza maschera era di guscio a fare chissà cosa.
-Buongiorno- salutò.
Entrambi ricambiarono, ma ben presto una metà di un'arancia scivolò giusto accanto al piede di Leonardo. Mikey imprecò sottovoce, guardando il pasticcio di succo d'arancia che aveva fatto sul top della cucina e sul pavimento. Impugnava ancora il coltello nella mano destra e un premi-agrumi gli era accanto, intatto.
Voleva fare una spremuta d'arancia.
-Lascia che ti aiuti- si offrì Leo, mentre io e Raph entravamo proprio in quel momento.
Michelangelo annuì e si spostò verso un'intercapedine fra il mobilio culinario e il frigo per strappare un po' di carta per pulire. Afferrò il bianco foglio e tirò per lo strappo... ma, sfortunatamente, si ritrovò circa otto fogli non strappati in più.
-Faccio io- fece subito Raphael.
Il mio fratellino dagli occhi lucenti si sedette a tavola, deglutendo piano, mentre il sensei porgeva a tutti le scodelle con latte e cereali e poggiava al centro del tavolo i profumati pancakes. C'era perfino la glassa e lo sciroppo d'acero su!
-Buon appetito- ci augurammo.
Non volevamo guardare direttamente Mikey ma ormai, senza più la sua fasciatura, il liscio moccolo di ciò che rimaneva del suo braccio ci attirava. Una convalescenza molto sofferta, purtroppo. Il nostro fratellino, però, non era stupido e sbatté duramente il cucchiaio nel latte, facendoci subito distogliere lo sguardo. Mangiava lentamente i suoi cereali, con il cucchiaio che scomodamente impugnava nella mano che non era abituato a usare. Ma il problema giunse al momento dei pancakes.
Mikey ne prese uno e ci premette su la forchetta per spezzarsi un boccone più piccolo. Ma essendo gommosi, i suoi tentativi andarono a vuoto, tanto che, bonariamente, mi venne dal profondo di aiutarlo. Gli feci il pancakes in minuti pezzettini, sorridendogli amorevolmente ma lui, invece, si alzò dal tavolo, correndo in camera sua. Ci guardammo piano e fu Raph a seguirlo.
Salì piano le scale, avvicinandosi cautamente alla porta socchiusa dove Mikey si era fiondato sul letto per singhiozzare tutta la sua frustrazione.
-Mikey...- chiamò Raphael, avvicinandoglisi.
-Non mi sono nemmeno potuto legare la maschera sul viso, o la cintura o mettere i pad di protezione. Non ho potuto tagliare l'arancia, mangiare i pancakes...- singhiozzò.
Raph lo abbracciò strettamente, baciandogli la tempia. Nemmeno un abbraccio completo e tutto a causa di Rahzar!
-Mikey, a volte, è difficile accettare la realtà- gli disse, asciugandogli le lacrime con i pollici. -Purtroppo, dobbiamo farcene una ragione. Prendi il sensei, ha sofferto moltissimo la morte di Tang Shen e di Miwa, anche se poi ha scoperto che era viva e vegeta-.
-Ma... il mio braccio... ero già un fallimento prima e adesso anche di più. Raph, sto male... non posso vivere così!-.
-Certo che puoi farlo, Mikey!- replicò Raphael, stringendogli la mano e accarezzandogli la guancia. -Tu non sei da solo, hai capito? Hai tutti noi con te-.
Mikey negò debolmente. -Come farò con i nunchaku? Dovrò usare solo la kusarigama?!-.
-Perché non ci proviamo? Sono sicuro che riusciremmo ad aiutarti, vedrai!-...
A volte mi affascinava il modo in cui Raphael convinceva le persone a provare qualcosa in cui nutrivano il terrore. Era un forte pilastro per la nostra famiglia e faceva davvero tanto per tutti noi.
E adesso, io, Leo e il sensei lo guardavamo spiegare con calma ciò che doveva fare Mikey, un po' meno in lacrime e con dei piccoli sorrisi sulle labbra di tanto in tanto.
-Allora, hai capito? Appena senti dolore da qualche parte, fermati. Lo scopo di questo esercizio non è combattere. E' imparare a fidarsi del proprio istinto-.
Michelangelo annuì, impugnando la kusarigama nella mano destra. Raph gli diede un cenno e cominciò con un pugno facile diretto al suo viso. Mikey alzò istintivamente il braccio sinistro ma solo quando ebbe il dolore materiale contro la guancia si rese conto che mai più avrebbe potuto affidarsi all'arto mancante.
-Va tutto bene. Stiamo solo provando!- ricordò subito Raphael, stringendogli le spalle. Mikey aveva già cominciato a respirare in iperventilazione, singhiozzando.
-Forse abbiamo affrettato un po' le cose- espresse addolorato Leonardo.
Raph concordò e mi guardò: in un gesto brusco mi tirò a sé, abbracciandomi fortemente. Rimasi completamente spiazzato ma capii e tirai Mikey al nostro centro, seguito da Leo e il sensei. Era così caldo l'amore familiare che ci circondava e così morbido. Mai e poi mai avrei permesso un simile destino al resto della mia famiglia...!

Tempo più avanti...

La resa dei conti. Avevamo finalmente l'opportunità di riscattarci!
Una semplice pattuglia si era mutata in un'imboscata come mesi addietro. Però, stavolta, c'era una differenza: eravamo preparati!
-Mi meraviglio di rivederti vivo- sogghignò Rahzar, accanto a TigerClaw che, al contrario, scrutava Mikey attentamente. -Buona cosa. Potrò distruggerti un'altra volta-.
Michelangelo socchiuse gli occhi, stringendo duramente le dita intorno alla sua kusarigama. Mesi di addestramento avevano dato i suoi frutti. Mesi di convalescenza lo avevano aiutato a essere di nuovo normale. Ci aveva stupiti. Era riuscito a fare tanto. Con un solo braccio.
-Aspetta a cantare vittoria, Rahzar- richiamò piano TigerClaw. Fece ciondolare le braccia lungo i fianchi, con una strana espressione.
-Perché?-.
-Perché quel cucciolo non sembra quello che dimostra essere- rispose. Aveva l'abitudine di definire cuccioli tutti quelli più giovani di lui e non si capiva se quest’appellativo era del genere dispregiativo o altro.
-Mi hai tolto un braccio ma non la vita!- rispose Mikey, davanti a noi. Fece ruotare la kusarigama e l'avvolse intorno alla caviglia di Rahzar, scaraventandolo ironicamente in terra.
Il cagnaccio ringhiò e si rialzò in piedi ma noi altri eravamo già cimentati nella notta.
Piombò un tuono su di noi. Ben presto la pioggia inumidiva tutta New York, raggelando l'aria circostante.
-Tu... sei cambiato!- soffiò Rahzar, tremando davanti agli occhi gelidi di Mikey, davanti a lui.
Aveva un aspetto inquietante, a dire il vero. Dietro la sua piccola sagoma, il rosso faro di un hotel sfumava i suoi bordi, oscurando il lato frontale. Il suo azzurro era tinto dal rosso dell'odio profondo. Michelangelo fece scattare fuori dal legno della kusarigama la lama segreta e si avvicinò a Rahzar, bloccato supino in terra con un piede sullo stomaco.
-Tu mi hai portato via il mio braccio. Non sai quanto abbia sofferto. Il dolore. La frustrazione di essere diverso. Ma sai, ho scoperto il mio potenziale. E con la mia famiglia, sono riuscito a riscattarmi dal tuo mondo di dolore che mi aveva imprigionato. Adesso tocca a te soffrire-.
Rahzar tirò indietro la testa, deglutendo. -Aspetta! Non farmi del male, ti prego! Noi siamo amici, ricordi?-.
Michelangelo si oscurò ulteriormente e lo zittì con un pugno contro il muso. Il cagnaccio picchiò duramente il cranio contro il cemento, in una pozza cremisi che inumidiva il suo pelo bruno. I suoi occhi svolazzavano con macchie nere e il suo respiro si tramutava in nuvolette gelate.
-U... uccidimi, allora! E' la vendetta che vuoi, non è vero? Ma sappi che non riavrai il tuo braccio!-.
Michelangelo ruggì, alzando la lama umida contro il cielo. Rahzar chiuse istintivamente gli occhi ma il peso sul suo stomaco svanisce.
-Non mi sporco le mani con te- replicò atono mio fratello, rinfoderando la kusarigama nella cintura. -Hai ragione solo su una cosa. La vendetta non mi farà riavere il braccio-.
Rahzar allargò un ghigno oscuro, rialzandosi in piedi, pronto per affondare i suoi canini violenti contro l'altro braccio, come la prima volta, ma stavolta, qualcosa d'inaspettato sarebbe accaduto.
-Sei senza onore. Quel cucciolo ne ha molto più di te. Foot Bots, ritiratevi!-.
Guardammo stupiti TigerClaw bloccare le spalle Rahzar, mentre i Foot svanivano l'uno dopo l'altro, eccetto quelli malfunzionanti sul tetto. La tigre senza coda s’inchinò davanti a noi e svanì dietro un fumogeno nero, lasciandoci soli, sotto la pioggia, ad ascoltare i tintinnii fantasma della lotta nel silenzio umido.
-E'... è finita davvero...- mormorò piano Raphael.
Michelangelo, di guscio, annuì e crollò in ginocchio, grugnendo un po'. Ci fiondammo verso di lui, spaventati ma le sue lacrime ci misero in attesa.
-Non riavrò il mio braccio indietro, è vero... ma oggi ho dimostrato che, anche se l'ho perso, posso ancora essere un ninja. Ed è tutto merito vostro...-.
La prossima cosa che sapevamo era un caldo abbraccio di gruppo. Non ero mai stato così felice come in quel momento e orgoglioso del mio piccolo Otouto.
Aveva dimostrato di essere superiore a quel sacco di pulci di Rahzar.
Era stato un vero ninja rispettoso.
Un fratellino speciale.
La nostra piccola pallina di sole.
Ed io, fino a quando avrei avuto fiato nel corpo, lo avrei sempre protetto fino alla fine.
-Chi ha voglia di una pizza?-.
-Sei sempre il solito!- rise Raphael, felice più che mai.
-Ehi, combattere mette fame, no?-.

Già... Mikey è sempre Mikey. Con il sorriso o l'espressione torva, troverà sempre un modo per stupirti. Che sia nella gioia o nel dolore. Per questo è speciale e sono sicuro che, prima o poi, questo mondo gli aprirà grandi porte. Lo so...

Arigatou gozaimashita, Michelangelo Hamato.

 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: