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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Film, Telefilm, Teatro
Dalla Serie: Doctor Who
Titolo Fanfic: THE MAN IN THE BLUE BOX
Genere: Romantico, Commedia, Azione, Avventura, Fantascienza
Rating: Per Tutte le età
Autore: paradise92 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 07/12/2013 02:06:12

Il futuro di Miriam appare incerto, fino a quando, un pomeriggio di primavera,una cabina blu piomba giù dal cielo.
 
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SOMETHING OLD, SOMETHING NEW, SOMETHING BORROWED, SOMETHING BLUE
- Capitolo 1° -

Ancora ricordo la mia vita prima che arrivasse lui. Non vedevo nessun futuro chiaro davanti a me. Vivevo alla giornata, mettevo un po' a posto casa e uscivo con gli amici. Non ero sicura di quello che avrei fatto più avanti. Adesso mi è tutto chiaro. So qual'è la mia casa e qual'è il mio scopo. Ed stato grazie all'uomo venuto da Gallifrey, che mi ha aperto gli occhi.

Era un giorno di aprile. Ero in camera mia stesa sul letto a fissare il soffitto. Cercavo di sbollire la rabbia che in quel momento mi impadroniva, avevo avuto il solito litigo con mia madre sul fatto che non riuscissi a trovare lavoro e su come i miei amici avessero trovato occupazione facilmente. Pensavo ai sogni che facevo sul mio futuro quando ero piccola. Sognavo che avrei fatto l'Università, che mi sarei laureata, avrei trovato lavoro e mi sarei sposata. Invece non riuscivo a trovare da lavorare manco se mi fossi messa a supplicare qualcuno. Avevo lasciato gli studi universitari durante il primo anno, e non avevo un ragazzo. I litigi con mia madre erano sempre più frequenti, e non solo per il fatto che non trovassi da lavorare. Contestava tutte le mie scelte, quello che facevo e quello che dicevo. Non vedevo l'ora di andarmene da quella casa, andare a vivere per conto mio. Sapevo che mia madre sarebbe tornata alla carica poco dopo, così mi misi una maglietta, i jeans, presi la borsa ed uscì di casa.
Fu quasi un sollievo sentire il rumore dei clacson appena aperto il portone del mio palazzo. Almeno tutto quel rumore era giustificato. Guardai l'orologio sul mio telefono che segnava quasi le 17:30. Decisi di andare al parco vicino casa e di rimanerci almeno fino all'ora di cena. Almeno non avrei sentito la voce di mia madre per un paio d'ore.
Era bello il parco dietro casa mia. Non era tanto grande e c'erano due o tre panchine. C'erano sempre dei bambini che giocavano sull'altalena oppure si inseguivano salendo sullo scivolo. C'erano pochi alberi, ma erano grandi e donavano sollievo durante le giornate troppo calde e assolate. Mi stesi proprio sotto uno di quegli alberi. Le foglie larghe impedivano il passaggio della luce, e il vento tiepido rendeva veramente piacevole quel momento di pace. Chiusi gli occhi per sentire meglio il rumore degli uccellini, e mi addormentai. Non so per quanto tempo dormii, però fui svegliata all'improvviso da un rumore insolito. Era come un botto di tanti petardi accesi all'unisono, e proveniva dal cielo. Aprii gli occhi e mi misi a sedere, fissando il cielo in cerca di qualcosa. Il sole se ne stava per andare, e il colore azzurro stava lasciando il posto al giallo e alle sfumature tipiche del tramonto. Presi la borsa e mi alzai lentamente, senza staccare lo sguardo dal cielo. Ed ecco che lui arrivò. All'inizio era solo un piccolo puntino nella volta celeste. Poi cominciò a diventare sempre più grande. E si dirigeva proprio verso il parco. Quella cosa scendeva a grande velocità e non accennava a frenare. Poco prima che si schiantasse al suolo, riuscii a nascondermi dietro a un albero e mi rannicchiai. Il rumore che creò l'urto fu fortissimo, un boato che durò per qualche secondo. Le orecchie mi fischiavano, non riuscivo a sentire niente. Si era creata una nube di polvere, era impossibile vedere quello che c'era intorno. Il polverone mi prendeva alla gola, e cominciai a tossire. Aspettai che quella nube marroncina fosse svanita per poter capire cosa fosse caduto dal cielo. La visibilità tornò quasi normale quindi decisi di lasciare il mio piccolo rifugio e di lanciarmi all'esplorazione. Davanti a me c'era una cabina blu fatta di legno, con due finestrelle. Sono la finestrella sinistra c'era un cartello non tanto grande tutto scritto in inglese, e vicino ad esso, una maniglia. Poco sopra la porta era posizionata una striscia nera con la scritta bianca e in stampatello Police Public Call Box. Sul tetto c'era una piccola lanterna che emanava una luce bianca ad intermittenza. Fortunatamente era caduta verticalmente e non sembrava si fosse danneggiata. Pensai che qualche aereo avesse perso il carico. Mi avvicinai sempre di più, quella strana cabina mi attirava. I miei genitori mi hanno sempre detto di tenermi lontana dalle cose che non conoscevo...ma quella cosa mi attirava. Era quasi come se qualcosa mi chiamasse a lei. Un po' titubante, la toccai. Rimasi meravigliata nel sentire che era calda, quasi come se fosse viva. Ci girai intorno un paio di volte, quasi per studiarla. Notai che c'era una serratura che sembrava essere usata molto spesso.
Quasi d'istinto, bussai. Mi sentii molto stupida all'inizio. Mi girai per andarmene, quando udii un cigolio. La porta della cabina blu si era aperta. Provai un misto di sorpresa e di paura. Se la porta si era aperta, questo significava che dentro c'era qualcuno. Se fosse stato così, allora avrei dovuto soccorrere chiunque fosse stato lì dentro. Entrai con passo deciso, mentre nelle orecchie riuscivo sentire il battito del mio cuore che aumentava sempre di più. Rimasi scioccata nel ritrovarmi in quella che sembrava una sala di controllo. Ed era enorme. Incredula, corsi fuori controllando l'effettiva grandezza della cabina. Fuori era di dimensioni normali, dentro era gigantesca. Rientrai a bocca aperta, guardandomi meglio intorno. Alle pareti erano posizionati dei pannelli di qualche strano materiale, e su ognunao di questi c'erano quattro solchi esagonali con all'interno dei cerchi. C'erano quattro contrafforti curvilinei, due davanti e due dietro, che finivano sul soffitto. Davanti a me, su una struttura esagonale di vetro con uno scheletro d'acciaio, c'era una console tonda, tutta piena di leve e bottoni. C'era uno schermo, probabilmente serviva per le coordinate o per altro. Questa console era sormontata da un dotto di vetro con all'interno altri tubi trasparenti più sottili, che emanavano una flebile luce verde. Sopra questa conduttura partivano svariati fili di diverse dimensioni. Dall'altra parte c'era una sedia fissata a terra e in un lato della lastra esagonale c'era una balaustra con avvolto intorno della gommapiuma per facilitarne la presa. Mi accorsi che in fondo alla stanza c'era una porta d'acciaio, probabilmente lí dietro c'era uno sgabuzzino. La luce giallastra rendeva l'ambiente piuttosto cupo. Dopo aver studiato attentamente quel posto, ricordai il motivo per il quale ero entrata.
-Ehi!- gridai -C'è qualcuno?
La mia voce echeggiò, ma nessuno rispose. Probabilmente tutto quello che stavo vedendo era solo un'illusione creata dall'emozione di tutto quello che era successo. Doveva essere così, non poteva essere altrimenti.
-Sì, ho bisogno. Mi servono un cacciavite e una brugola.
Ero talmente assorta nei miei pensieri che non mi ero accorta che da dietro alla console era sbucato qualcuno. Era un uomo alto e magro, con la faccia un po' quadrata, il naso adunco, la bocca sottile e con grandi occhi castani. I capelli, che sui lati del volto erano tagliati in modo da fare due lunghe basette, erano marroni, corti con un ciuffo disordinato sparato in avanti tenuto insieme da del gel. Addosso aveva una camicia azzurro chiaro con le maniche alzate, e al collo portava una cravatta bordeaux con delle decorazioni floreali che si vedevano leggermente di colore rosa. I pantaloni blu scuro erano lunghi, con delle piccole righe grigio scuro. Ai piedi aveva delle Converse rosso acceso.
-Da dove sei sbucato?- gli domando un po' impaurita.
-Sono sempre stato qui- disse lui guardandomi dall'alto in basso -sei tu che non ti sei mai accorta di me.
-Oh, impossibile. Ho studiato questo luogo da cima a fondo, e fidati...tu non c'eri.
-Cavoli, mi sa che si sono rotti anche i circuiti di sicurezza- fece l'uomo sbuffando -ma nessun problema, li riparerò anche se ci metterò un po'.
-Fermati un secondo!- esclamai -Tu chi sei?
-Dimmi prima chi sei te- disse lui appoggiandosi con un gomito alla console.
-Io sono Miriam, e te?
-Io sono il Dottore.
Furono queste le quattro parole che cambiarono il mio futuro per sempre.

 
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