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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: INCUBI
Genere: Drammatico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, AU
Autore: doubleskin galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 25/07/2013 00:25:09

Il personaggio di Sasuke mi è sempre piaciuto. Sia per via del suo passato, sia perchè mi ricorda molto un mio amico, per cui gliela dedico. In quest
 
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INCUBI
- Capitolo 1° -

Incubi.


E cadere giù, sempre più giù, fino a farsi male, cadere e non avere voglia di alzarsi.
Rimanere lì a fissare quella che per te è una delle persone più importanti della tua vita. Vederla diversa, cambiata.
Arrivare a pensare che non sarà più quella di una volta.
Guardarla negli occhi, gli stessi che tante volte ti hanno abbracciato con lo sguardo, ti hanno tirato su di morale, ti hanno amato. Gli stessi che ora hanno perso tutta la loro luce, svuotati dal male che ha lacerato l’anima.
Scende una lacrima. Silenziosa, s’infrange su di lei.
Chiudi gli occhi, ecco, ora la vedi. Ti saluta e ti sorride. Non vuoi più pensare a ciò che accade, non vuoi più pensare a ciò che sarà dopo, non vuoi più vedere quelle lacrime.
Ti lanci in una corsa disperata contro il destino per poterla riabbracciare, una volta sola, l’ultima.
Tu stesso capisci che non ce la puoi fare, ma la tua mente ha smesso di pensare ormai e sei così vicino a lei che quasi la puoi toccare.
Stai arrivando, manca poco, un salto. Manca la distanza di un solo soffio.
Riesci a malapena a sfiorarla con le punte delle mani. Svanisce, così com’era apparsa.
E tu cadi giù.
Apri dolorosamente gli occhi e lei è ancora lì, davanti a quello specchio. Sola. E piange.
Ti rifletti, e vedi un bambino che non sopporta più tutto questo. E ti fai schifo. Maledettamente schifo. Inutile, incapace di aiutarla, incapace anche solo di toccarla, di sfiorarla.
Con lo sguardo trasmette il dolore che prova.
Altre lacrime, amare, che bruciano. Fanno maledettamente male. Ognuna di esse è un pezzo di cuore che si stacca, ed è così che ti senti svuotato, poco a poco.
Un singhiozzo.
Una mano tesa, uno schiaffo.
“Ti voglio bene, mamma”.


Sasuke si sveglia di scatto nella notte, un altro incubo, il solito incubo. Controlla l’ora e gli sfugge un qualcosa simile ad un gemito constatando che sono solo le tre del mattino.
La sua dose notturna di sonno si sta riducendo completamente. Di solito dopo questi sogni, incubi, non chiude più occhio. Imprecando nel buio, decide di alzarsi dal letto, non avrebbe più senso stare lì.
Ha ancora gli occhi offuscati, ma nonostante ciò vede ancora il suo viso che aleggia nell’oscurità della stanza, con sua grande fortuna piano piano sbiadisce fino a dissolversi del tutto. Ogni volta è la stessa storia.
Rassegnato si sposta nel bagno. Rabbrividisce incontrando il suo rifletto allo specchio. L’immagine di quel bambino, lo stesso che odia fino alla morte, gli si presenta davanti. Così come era entrato, esce da quella stanza per non pensare, questo genere di incubi lo costringono sempre ad arrovellarsi il cervello, e lui non vuole più farlo. Vorrebbe non avere più la facoltà di farlo.
Si trascina stancamente, di pessimo umore (più del solito), in cucina e già sente quella familiare pesantezza pervadergli l’anima, che si appropria della sua testa. Stancamente si domanda semmai riuscirà a liberarsene, a stare bene. Ad essere felice. Probabilmente no.
Nel cammino passa davanti alla credenza dove è esposta la foto di famiglia, come sempre, come è abituato a fare, non la degna di uno sguardo. Non ne ha bisogno.
“Io non ho bisogno di loro.” Si ritrova a pensare. E’ sempre così.
O almeno è quello che desidera.
Chiuso nella sua campana di vetro, è isolato dal mondo, perché “non può capirmi”, non può immaginare il demone che porta dentro di se.
“Ti voglio bene, mamma”. Una smorfia di fastidio gli increspa le labbra senza che se ne rendesse conto, lui che da tutti è visto come una lastra di ghiaccio, lui che vive nell’impassibilità, ora si era lasciato andare ad una smorfia che rompe la sua maschera. Così non va bene, Sasuke.
Dopo tutti questi anni ancora quella parola era difficile da pronunciare.
“Ti voglio bene, mamma”. Al solo ricordo la guancia comincia a far male, ma non di un dolore fisico. Quello sarebbe sopportabile, Sasuke riuscirebbe a sopportarlo. No. E’ un dolore psicologico, più intenso, più frustrante. Piano piano un’amara consapevolezza prende possesso di lui, comincia a capire che Naruto, quello che con coraggio e audacia si autodefinisce come suo migliore amico, ha ragione, e l’ha sempre avuta.
-Sas'kè sei proprio un coglione.-
Gli ripeteva sempre la stessa cosa, tra le risate.
"Mamma, mamma, mamma, mamma.." L'aveva mai vista tale? Lui che non aveva bisogno di legami, ora perchè non riusciva ad accettare una cosa simile?
Nel buio inspira ed espira profondamente tentando di allontanare quella figura dalla testa, ogni volta risultava dannatamente più difficile. Ad ogni incubo era come se lentamente si stesse marchiando a fuoco nel suo cervello. E faceva male, tremendamente male.
La disperazione comincia ad invadere la mente togliendogli lucidità, avrebbe voglia di urlare, di rompere qualcosa, anche la faccia di Naruto… Avrebbe voglia di piangere.
Un sorriso amaro, a cui lui ormai si lasciava andare solo quando la sua compagna era la solitudine, nasce sulle sue labbra.
“Da quanto non piangi eh?” si trova a chiedere a se stesso.
“Da quel giorno? Da quando l’hanno portata via in quella bara?”
Con orrore capisce di non ricordarlo più, e forse non è più capace di farlo.

Quella sera, quella maledetta sera.
“Perché lo hai fatto?”

Un bambino correva svelto in camera sua, quasi maledicendosi. Era andato a giocare fuori con Naruto quando la mamma non aveva fatto altro che dirgli di stare fermo. Ed ora i fiori che tanto piacevano a mamma erano stati brutalmente distrutti dalla potenza della palla. Correva nella casa che anche per un adulto risultava essere fin troppo grande, i suoi genitori avevano molti soldi ma lui non aveva mai capito molto di queste cose.
-Capirai tutto quando sarai più grande.- gli diceva spesso il padre di fronte ad una delle sue facce più confuse sul tema denaro.
Ora aveva 23 anni, e del valore dei soldi non gli fotteva nulla, non gli importava proprio. Neanche si interrogava più sulle parole di quel bastardo. Non aveva senso.
Prima di filare nella sua camera, decise di sbirciare nella stanza dei suoi per vedere se la mamma era dentro. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, insomma stava scappando da lei che senso aveva? Si sarebbe fatto inevitabilmente beccare.
Era un bambino, e i bambini non seguono un filo logico, sono solo comandati dalla curiosità e dalla spontaneità.
Si diede dello sciocco più volte nel mentre si affacciava, se lo avesse visto ricoperto di fango lo avrebbe costretto a fare un bagno e lui non voleva proprio.
Di certo non si aspettava una scena simile.
Un urlo si propagò per tutta la casa.
E dopo il buio.


Sasuke non ricorda più nulla di quel giorno, solo il corpo della madre senza vita, appeso.
Impreca una seconda volta, dannazione perché stava pensando a queste cose adesso?! Velocemente sente mancare il respiro ed una fitta al cuore lo porta a chiudere gli occhi con forza. Quasi da sperare di non esistere, di morire, di scomparire. Eppure, Sasuke è lì. Seduto su quel divano, alle 03:45 del mattino con la testa fra le mani.
Quasi come una punizione divina, il suo eterno castigo, la vita.
Ti voglio bene, mamma.”
 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
mosterdragon - Voto: 25/07/13 04:30
io Sasuke lo detesto ma questa storia è bellissima.
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