ACCIAIO - Capitolo 1° -
Davanti a me, un pugnale tra le mani, ti avvicini lentamente guardandomi fisso negli occhi. Poggi la punta della lama sul mio ventre nudo: la sento appena, uno spillo freddo. Mi scalfisce ora la palle e inizia a penetrare nella carne con una lentezza insopportabile e inesorabile, quasi non me ne accorgo e non mi posso opporre. Vinta la prima resistenza, oltrepassata la scorza, affondi il pugnale con facilità e fermezza, stando attenta a procedere piano, in modo da non allarmarmi. Alla fine arriva l’affondo, la lama immersa fino all’elsa, mentre un debole urlo di piacere e lamento esce dalla mia bocca socchiusa e sospirante; i miei occhi ancora incollati ai tuoi, la testa leggermente reclinata all’indietro. Sei arrivata fino al cuore, l’hai trafitto: ora l’acciaio freddo può bere il mio sangue pulsante, che sgorga impaziente, e svelarti ogni mio segreto. È strano come io abbia subito inerme e ignara il tuo lento lavoro, quasi traendo piacere dalla sofferenza che mi hai inflitto per lacerarmi e cibarti di ogni mio pensiero più nascosto. Strano anche questo misto seducente di sensazioni: mi abbandono alla dolcezza della mia ferita, languendo, ammaliata dal suo sguardo e dalla tua perizia: impotente. Non hai nemmeno giocato con me, non hai stuzzicato la carne graffiando la pelle con la lama affilata, non l’hai straziata con una ragnatela rossa cercando un buon punto per affondare: sei arrivata sicura, hai appoggiato l’acciaio gelido e hai iniziato impaziente il tuo lavoro. Ho letto nei tuoi occhi del turbamento; non capivi, eri confusa, stupita da ciò che stavi scoprendo, ma hai continuato senza esitare, avida di svelare ogni cosa e arrivare fino in fondo. Apprezzo la tua fermezza inesorabile.
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