USO NO KISAME - IL DEMONE SQUALO DELLA MENZOGNA - Capitolo 1° -
"Kisame-san." Lo spadaccino dalla pelle azzurra volse l'attenzione alla kunoichi che l'aveva chiamato, Hanako aveva spiccato un balzo più lungo per arrivargli vicino. Era la seconda volta che si distaccava dal resto della squadra crittografica per degnarlo della sua compagnia. "Ascolta, pensavo... quando questa missione sarà finita, mi inviteresti a cena?" Kisame non disse nulla. Non valutò nemmeno il pensiero. L'ultima cosa che poteva avere in testa in quel momento era portare una donna a un appuntamento, per quanto di bell'aspetto potesse essere. Stavano correndo in piena notte saltando acrobaticamente fra i rami più grossi della foresta... e forse lui era l'unico ad aver capito che in realtà stavano fuggendo, inseguiti da ninja cacciatori. Non volle perdere neanche un secondo a riflettere su quella richiesta assurda quanto fuori luogo, pensava alla missione. Avanzò con un salto più lungo e si distaccò di nuovo dal gruppo, senza dire una parola. Poi gridò quell' "Attenti!" che preannunciò la caduta di un kunai proprio davanti a loro, decorato con una scintillante carta-bomba in procinto di esplodere e bloccargli il passaggio. A quel primo attacco ne seguì un'intera scarica, una pioggia di punte di metallo che culminavano in fiori rossi e si espandevano in fiamme e boati. La raffica costrinse l'intero squadrone a scendere a terra, vulnerabili e con solo Kisame fra loro e il nemico. Questo nemico, in atteggiamento intimidatorio, dava sfoggio del suo volto segnato dalla cicatrice trasversale sulla guancia e del coprifronte che recava l'emblema inciso di una foglia. Con la sua voce gli intimava di arrendersi, di non tentare la fuga e di consegnargli i codici custoditi segretamente nelle teste dell'Intelligence. L'arrivo dei suoi sottoposti alle sue spalle non fu necessario per renderlo un uomo dall'aspetto più inquietante di così. Kisame provò a studiare la sua fisionomia, tentando di identificarlo. Poi lo riconobbe, Morino Ibiki, un interrogatore del villaggio della Foglia che non conosceva rifiuti ai suoi interrogatori. La situazione precipitò in un tempo troppo breve. Era partita con solo una piccola provocazione da parte dello spadaccino della Nebbia, finché le due parti in lotta non finirono col collisionare fra loro. Quello spiazzo di foresta notturna diventò una cacofonia di metalli che si cozzavano a vicenda, grida e imprecazioni. Kisame ripeteva lo stesso gesto svariate e svariate volte, menando fendenti ben indirizzati, con la sola variante della direzione dei colpi. Se va a segno, trafiggi il nemico a terra. Se va a vuoto, ripeti finché non lo abbatti. Ma anche fra una ripetizione meccanica e l'altra aveva il tempo di darsi un'occhiata intorno e capire come tutto stesse degenerando. Quattro crittografi erano messi alle strette da due nemici soltanto, un altro era già affaticato e stava cedendo... e quell'Hanako, sciocca com'era, non riusciva a sconfiggere il suo avversario perché cercava di contrastare la sua spada lunga con due semplici kunai, così stava finendo col farsi circondare e sopraffare. A questo punto c'era poco da fare. Scattò un salto verso un albero, schivando anche un assalto, e piantò il piede sul tronco per portarsi ancora più in alto. Raggiunta l'altezza ideale, fece piovere sul campo di battaglia un'intera mano di kunai con allegate carte-bombe di potenza di fuoco ridotta. Le detonazioni sollevarono abbastanza fumo scuro da nascondere il suo atterraggio e la fuga dei crittografi, ma non poterono mascherare anche la sua voce che ordinava loro la fuga. Tornarono a correre fra gli alberi, ovviamente subito rincorsi dagli inseguitori. Un pugnale volante arrivò a sfregiargli la mano, facendogli perdere la presa sulla katana. Con ancora sette nemici in tutto che li tallonavano stretti, non c'era tempo per fermarsi a recuperarla, si sarebbe dovuto accontentare della wakizashi corta. "Kisame-san, sta bene?" "Perché diavolo ti sei fermata? Sbrigati e corri!" Hanako era quella che era partita più velocemente degli altri e si era anche messa davanti a tutti, ma si era fermata lo stesso, anche solo per un momento, per constatare che lui non si era fatto niente. Quanto stupidi bisognava essere per perdere un vantaggio nella fuga in questo modo? I sette inseguitori si avvicinavano costantemente, presto sarebbero riusciti a riprendere i crittografi. Solo chi era più avanti avrebbe avuto qualche speranza di farcela, Hanako fu abbastanza sveglia da capire almeno questo e girare di nuovo i tacchi. Dietro di lei seguiva il resto del plotone, poi Kisame che gli guardava le spalle e, infine, gli inseguitori. La corsa per la sopravvivenza terminò oltre il limitare del bosco, in uno spazio all'aperto. Hanako scoprì di essere l'unica arrivata, almeno fino a quel momento. E fu la prima a scoprire che la fuga doveva per forza fermarsi lì, perché tra lei e la salvezza c'era un crepaccio troppo ampio e decisamente troppo profondo. Non poteva proseguire. "E adesso?" Capì in fretta che l'unica cosa rimasta da fare era aspettare che qualcun altro uscisse dalla boscaglia, sperando profondamente che si trattasse di un alleato e non di un nemico. Per sua fortuna, l'attesa non fu lunga e prostrante, e per una fortuna ancora maggiore, a raggiungerla per primo fu Kisame. Sia la wakizashi e sia l'uniforme erano luride di sangue, ma non era affaticato a seguito del combattimento che doveva aver avuto con i nemici. In ogni caso, rivederlo fu rincuorante. "Kisame-san, allora ce l'hai fatta!" Al contrario, l'uomo-squalo non aveva lo stesso entusiasmo "Che ci fai ancora qui? Devi metterti in salvo!" "Non so come attraversare lo strapiombo. E poi... devono arrivare ancora gli altri." "Non è rimasto nessuno." rispose con tono secco "Gli altri non ce l'hanno fatta." Ci fu un momento in cui la kunoichi crittografa ricevette il messaggio ma fu capace solo per un istante di dare forma al pensiero dei suoi compagni caduti. Quello che più le venne da pensare era che adesso la sua era l'unica testa in cui erano custoditi i codici, che l'esito della missione dipendeva dal fatto che sopravvivesse o venisse uccisa. E Kisame era l'unico capace di stabilire uno di quegli esiti, l'unico che poteva difenderla. I ninja inseguitori della Foglia li raggiunsero, alla fine. Fra loro si fece spazio il jonin che li capitanava, quell'inquietante uomo con la cicatrice. Hanako retrocedette di un passo, intimorita dalla situazione infausta, Kisame parve percepire quella paura dietro di lui. Immaginò che gli fosse nuovamente intimato di arrendersi, di non tentare più di scappare (e non avrebbero potuto fare diversamente, considerato dov'erano finiti). Invece no. "Perché lo hai fatto?" domandò quell'uomo. Hanako non fu sicura di aver capito bene quella domanda strana. Che cosa aveva fatto? Che cosa stava cercando di chiederle? No, non era rivolta a lei. Si accorse che la domanda era rivolta all'uomo che la difendeva. E al contrario suo, questi ne comprese il senso che invece a lei suonava ignoto. "Che me lo chiedi a fare?" gli rispose lo spadaccino "Sei il primo che dovrebbe capirlo, non posso permettere che i codici segreti cadano in mano al nemico. E poi quei molluschi avrebbero ceduto subito ai tuoi interrogatori." "Eh...?" per Hanako quella risposta non fu affatto un chiarimento, anzi, servì solo a confonderle ulteriormente le idee "Aspetta, Kisame-san... ma che cosa vi state dicendo?" Poi capì tutto da sola. Tutto si rendeva chiaro da sé, bastava guardarsi intorno. Kisame-san era coperto di sangue, ma non aveva una sola ferita addosso - eccetto quel piccolo sfregio sulla mano che gli aveva fatto perdere la prima spada - e così anche i ninja della Foglia. In sette si erano gettati all'inseguimento dopo la schermaglia, ancora adesso erano in sette. Allora contro chi aveva combattuto Kisame-san? Ebbe paura solo a porgli la domanda, ma per avere la certezza doveva farlo "Kisame-san... di chi è tutto questo sangue?" Kisame si girò per guardarla giusto con la coda dell'occhio, senza dirle comunque nulla. Invece di parlare, agì. "Catturate viva la crittografa." ordinò Morino "Uccidete l'altro." Quasi nello stesso istante, Kisame afferrò la mano di Hanako e, esercitando tutta la forza del braccio, l'alzò da terra girandosi verso il baratro alle loro spalle. La lanciò proprio in quella direzione, facendola sparire nel vuoto nero. I ninja inseguitori stavano già muovendosi per cercare di recuperarla viva, mentre altri rinforzi erano sbucati dalla boscaglia al fine di affrontarlo e sopraffarlo. Ma lui non poteva permettere né l'una né l'altra cosa. Articolò le mani in modo da posizionarle in una sequenza di sigilli, dopodiché rilasciò il chakra accumulato rigettando a terra una gran quantità di acqua dalla bocca. L'ondata fu improvvisa e violenta a sufficienza da travolgere i ninja nemici facendoli retrocedere, sia quelli che volevano recuperare Hanako e sia quelli che volevano abbatterlo. Terminata l'inondazione, tutto il terreno attorno a loro era diventato una poltiglia di fango, i bordi del crepaccio su cui poggiava Kisame non erano più così solidi e rocciosi e presto avrebbero ceduto. Ciò era comunque un bene, quei pochi secondi guadagnati erano stati utili per far sì che ormai fosse troppo tardi per salvare la kunoichi. "Se il destino lo vorrà, un giorno ci rincontreremo" promise. Dopodiché lasciò che il suolo si sgretolasse e lo facesse cadere giù, sparendo dalla vista dei ninja della Foglia. La superficie del burrone era coperta da un fitto velo di nebbia, perciò, anche se si fossero affacciati, doveva essere oltre la loro portata visiva già dopo i primi dieci metri di caduta. Non poteva biasimarli se pensavano che sia lui che Hanako fossero morti. A un certo punto, mentre ancora cadeva, riuscì a scorgere in basso nella roccia l'apertura di una fessura stretta abbastanza da lasciar passare una persona. Gli fu subito chiaro che non si trattava di una caverna naturale, era stata scavata con l'Arte della Terra. Prese due kunai e legò a essi un filo metallico che fosse abbastanza resistente da reggere il suo peso, poi lanciò le armi in modo che si conficcassero nella parete rocciosa, dandogli un appoggio. Si calò giù, fino a raggiungere l'apertura e ad aggrapparvisi, anche se la sua corporatura grossa gli causò qualche problema a passare in quel buco troppo stretto. L'accesso era ristretto, tuttavia l'interno era ampio almeno quanto un magazzino. Era così buio da scorgere a stento le dimensioni del posto e le conformazioni rocciose sulle pareti, però riuscì comunque a notare la sagoma scura di Hanako rannicchiata nell'angolo più profondo della caverna. Anche quando la raggiunse, fra i due albergò la quiete, nessuno disse niente anche quando Kisame si mise ad accendere un focolare, piccolo quanto bastava per riscaldare due persone e non fare troppa luce che potesse vedersi anche all'esterno; non si sapeva mai se qualcuno dei nemici si fosse calato per cercare i loro presunti cadaveri. Il bagliore del fuoco rischiarò uno spazio di due metri attorno a loro. Kisame vide il kunai con filo metallico che aveva passato di nascosto in mano ad Hanako nell'atto di lanciarla nel burrone, abbandonato a terra accanto a lei. La kunoichi guardava il fuoco agitarsi, ma in realtà non aveva occhi per niente a parte i suoi pensieri astratti. "Avrei dovuto capirlo subito." disse infine "A loro servivamo vivi per estrarci quei codici. Che interesse avrebbero mai avuto a ucciderci?" "Sì, forse avresti dovuto" replicò atono lui, sorseggiando acqua dalla borraccia. La Tecnica della Grande Esplosione Acquatica reclamava sempre una considerevole quantità di chakra da lui, anche se l'inondazione avesse avuto dimensioni ridotte. Poi si accorse che Hanako gli gettava occhiate malinconiche "Che cosa vuoi, delle scuse?" "Solo sapere perché sei dovuto arrivare fino a tanto. Doveva pur esserci un altro modo per proteggere i codici." "Se anche c'era, non avevo il tempo di stare a pensarci su. E per rispondere alla tua richiesta, beh... l'ho fatto semplicemente perché era la mia missione, tutto qui." "La tua missione..." Hanako lo ripeté come se quelle parole le mettessero il veleno sulle labbra "La tua missione era proteggerci!" "Sbagliato. Si trattava di proteggere i codici, non voi. E se l'occasione lo richiedeva, questo includeva anche uccidervi, tutto affinché non poteste spifferare nulla al nemico." Era stato Suikazan-san, portatore della grande spada Pelle di Squalo, ad affidargli quel compito segreto. Lo ricordava bene, parola per parola. "Ascolta, Kisame. Proteggere quel gruppo significa proteggere i nostri codici, ma non lasciare che i ninja della squadra crittografica cadano nelle mani del nemico! Il tuo compito è difendere i nostri codici a ogni costo. Capisci tutte le implicazioni?" "State tranquillo. Non permetterò che nessuno dei crittografi venga preso vivo dal nemico. In qualsiasi missione mi trovi, so bene che uccidere i miei compagni è il mio compito esclusivo." Hanako restò ammutolita al sentire il vero scopo di tutte le sue missioni, e anche quale persona di spicco del villaggio gliele affidasse. "Hai capito, adesso?" fece lui "Dopo questo, vorresti farmi credere che se ti avessero presa, avresti resistito ai loro interrogatori anche fino alla morte?" "Siamo ninja dei Servizi Segreti! Siamo addestrati a proteggere i segreti, anche a costo di morire torturati! Parli come se uccidere sia la soluzione più facile a tutto, mentre non sai niente di noi e di come siamo addestrati." "Sì, ho visto bene come vi hanno addestrati. Due piccoli kunai contro una katana d'ordinanza! Ma veramente? Anche un bambino accademico capirebbe che fra le due armi c'è una certa differenza." "Lo capisci che hai ucciso dei tuoi compagni?" Lo aveva capito, imparato e tenuto a mente già molte missioni prima, e in nessuna di esse si era fatto troppi problemi ad assolvere i suoi compiti, mai nessuna emozione trapelata. Stavolta, però, quell'Hanako riuscì a farlo spazientire. "E allora che cosa vuoi da me? Vuoi vendicarti? Vuoi che ti chieda scusa? Che faccia ammenda? Vuoi dirmi che far fuori i propri commilitoni è una cosa sbagliata? Una qualsiasi di queste cose ti farebbe stare meglio? Puoi dire quello che vuoi, ma sappi che fai solo la figura di quella che parla senza essere al corrente di come stanno veramente le cose. Eppure quest'esperienza dovrebbe averti insegnato la lezione." "Sì, è vero." ribatté lei "Credo proprio di aver imparato qualcosa: che per il villaggio della Nebbia Insanguinata la vita dei suoi subordinati non può essere confrontata con i segreti che deve custodire." "Sbagliato, non è questa la lezione del giorno. Come supponevo, non sai nemmeno la metà di quello che credi di sapere. Bene, ora ti faccio un riassunto generale di come stanno le cose: io sono un ninja del villaggio della Nebbia, tuttavia ho ucciso degli altri ninja del villaggio della Nebbia... e sempre per ordine di un ninja del villaggio della Nebbia. Lo vedi, l'inganno? Dimmi se hai ancora voglia di parlare dopo aver scoperto tutto questo." Non ne aveva. Nell'alterarsi a dare quella sua ultima risposta, la kunoichi era balzata in piedi, ma adesso era stata messa a tacere dall'uomo dall'aspetto così bestiale e simile a quello di uno squalo. Guardò per qualche momento il suo volto attraversato dal bagliore palpitante e arancione del focolare, dagli occhietti acuti, piccoli e rotondi, le minuscole branchie sulle gote, fino a quella fila di denti innaturalmente aguzzi che, in qualche maniera, avevano sempre caratterizzato i ninja elitari dei Sette Spadaccini e chiunque finiva sotto la loro ala. Cosa aveva trovato di tanto attraente in un uomo del genere, al punto da proporgli un'uscita insieme? Forse ora se lo ricordava. Forse ora ricordava di aver visto quell'atteggiamento freddo che lo rendeva così distaccato, preso da qualche irrequietezza interiore che non mostrava mai in superficie ma che lei era riuscita comunque a scorgere. Adesso capiva a cosa pensava l'uomo squalo ogni volta che svolgeva una missione, ogni volta che aveva rifiutato ogni avvicinamento ai suoi compagni di squadra... quando non aveva dato risposta alla sua proposta di andare a cena insieme. Lui sapeva molto più di quanto sapesse qualunque altro ninja del villaggio, persino più di lei che faceva parte dei Servizi Segreti. Anche lei doveva sapere. Anche lei doveva essere informata di cose del genere, di complotti e segreti orchestrati nell'oscurità del villaggio. E l'uomo che ne sapeva abbastanza le stava seduto davanti, così lo raggiunse tornando giù anche lei. "Mi rivelerai tutto." disse "Voglio che mi mostri cosa nasconde il villaggio. Voglio sapere perché viene chiamato il villaggio della Nebbia Insanguinata. Starò con te e seguirò i tuoi passi finché non saprò tutto quello che sai tu." Kisame la osservò mentre prendeva questa decisione. No, osservò la determinazione con cui gli stava dicendo questo, la volontà di non essere più all'oscuro di niente. Non ribadì nulla contro quella sua scelta, ma non ce n'era bisogno, la kunoichi non cercava una sua risposta. Semplicemente, le cose sarebbero andate come detto da lei. Avrebbe scoperto la verità, sarebbe stato Kisame Hoshigaki a dirgliela. Si trattava solo di aspettare. Tutta la cena fu consumata per la maggior parte nel silenzio, con poche parole occasionali scambiate tra i due. Kisame pagò il conto sia per lui che per Hanako, visto che godeva dello sconto per i ninja elitari. Dopo questo, percorsero per un po' le vie del villaggio, avvolto anche di sera da quell'alone perpetuo di nebbia. A vederla, si capiva che non era normale nebbia, avvolgeva tutto il centro abitato attorno al suo perimetro e, fintanto che si restava dentro le mura, la visuale non era poi così ostacolata. Ma chiunque proveniva dall'esterno, e non era originario del luogo, non avrebbe mai potuto scorgere facilmente le mura del villaggio in mezzo a un banco di nebbia tanto fitta da nasconderla a qualsiasi visitatore, opportuno e non. Forse anche questo era uno dei motivi per cui il villaggio si escludeva così tanto dai rapporti con altri paesi e città. Questo non cambiava mai, non era mai cambiato sin dalle origini della Nebbia. Altre cose, invece, cambiavano nel giro di molto meno tempo. Come otto mesi. Otto mesi successivi a una missione fatale che aveva incluso lo sterminio dei propri commilitoni. Hanako aveva abbandonato i Servizi Segreti. Ora era candidata in lista per diventare una degli allievi di uno dei Sette Ninja Spadaccini. Aveva accettato allenamenti brutali, quasi delle torture, pur di essere ammessa in quella èlite così ristretta, in pochi mesi aveva buttato sudore e sangue a non finire, tutto pur di mettersi in pari contro altri candidati rivali e diventare una dei favoriti di Ameyuri Ringo, la padrona delle spade del fulmine Zanne. Ma nonostante questo e tutto quello che aveva sopportato, non era per diventare una Ninja Spadaccina che aveva operato un così grande cambiamento nella sua carriera, anche se il giorno dopo sarebbe stato quello in cui avrebbe potuto essere selezionata per il membro dei Sette che avrebbe seguito e servito. Lo aveva fatto semplicemente perché questa era stata l'unica condizione che Kisame aveva voluto da lei, se in cambio avesse accettato di tenerla con sé fino al momento di rivelarle la verità. Anche l'uomo squalo aveva subìto i suoi cambiamenti. Quasi per via degli addestramenti brutali dei Sette Spadaccini, il suo fisico era diventato più tonico, più alto di statura, le braccia avevano lavorato intensamente sui muscoli e la mascella si era fatta più dura e più squadrata. Era come se in pochi mesi avesse ricevuto l'allenamento e la crescita fisica di anni interi. Tuttavia, in quel periodo così duro e difficile, i due erano finiti spesso per incontrarsi. Poiché ambedue apprendisti elitari, trascorrevano molto del loro tempo a farsi allenare nella speciale palestra dei Sette Spadaccini, osservando l'uno i progressi e i miglioramenti dell'altro: Hanako per guardare e studiare i metodi di progresso di Kisame, mentre Kisame per capire quanto in fretta e quanto strenuamente quella kunoichi, apparentemente debole, riuscisse a maturare, rivelando di avere più potenziale di quanto finora avesse dimostrato. In qualche modo, Kisame e Hanako erano finiti con l'avvicinarsi, ma i loro incontri erano quasi sempre distaccati, senza interesse, con solo qualche frase convenevole di tanto in tanto. Valeva pure durante una serata da trascorrere in compagnia, come in quel momento. Anche se, a dire il vero, quella freddezza proveniva solo da una parte; nonostante questo, ad Hanako non dispiaceva mai trascorrere quei momenti insieme a lui, per quanto freddi fossero. Ma non aveva neanche dimenticato il motivo per cui aveva deciso di intraprendere quella vita. "Kisame-san?" L'uomo squalo le rispose solo con un cenno, dandole segno che aveva la sua attenzione. "Ormai siamo arrivati a questo punto. Domani potrei essere scelta per diventare la nuova allieva scelta di Ameyuri Ringo-san." "Sì. Immagino tu sappia come sono selezionati i nuovi apprendisti." Lo sapeva, era stato Kisame a dirglielo, a raccontarle come lui era diventato il successore di Fuguki Suikazan. Una lotta mortale fra tutti i candidati, tutti contro tutti, finché non ne sarebbe rimasto in piedi uno soltanto. Tuttavia non era questo che voleva sapere dall'uomo squalo "Non mi interessa diventare una dei Sette, lo sai bene anche tu. Quello che voglio sapere è quando finirà questo teatrino. Ho accettato la tua condizione senza ribattere, ho passato gli otto mesi più duri della mia vita e non ti ho mai chiesto quanto ancora avrei dovuto aspettare, anche se ogni giorno ero tentata di farlo." "E ora cos'è successo? Hai esaurito la pazienza?" "Voglio solo sapere quando finirà questa storia." Mentre discutevano e camminavano, un ragazzino finì con l'andare accidentalmente addosso a Kisame, tanto piccolo da arrivargli a malapena alla cintola. "Fa' attenzione a dove vai!" "Le chiedo scusa, signore, mi scusi!" Fece le sue scuse allontanandosi in assoluta fretta, senza neanche alzarsi a guardare in faccia contro chi era andato a sbattere. Hanako rimase a guardarlo andare via a passo affrettato fino a sparire nella folla, dopodiché, voltandosi, scoprì che Kisame era intento alla lettura di un minuscolo foglietto di carta che era stato arrotolato su se stesso. Prima che scorgesse cosa ci fosse scritto, la lettura di Kisame terminò in pochi secondi con un ghigno di compiacimento, tanto largo e sadico da mettere in mostra tutti i trentadue denti bestiali con accenni di gengive. Avvicinandosi per leggere quel messaggio, scoprì cosa desse tutta quell'estasi al ninja azzurro. La rete è stata gettata. Lo squalo è caduto nella pesca grossa. Tornò stupefatta a guardare la direzione in cui era sparito quel ragazzo, così piccolo e così svelto da giocare il ruolo del messaggero segreto che fingeva di urtare contro il destinatario e mollargli il messaggio infilandolo nella cinta. Kisame stracciò il foglio a metà e poi in quarti, lasciando che i pezzi si disperdessero nell'aria. "Al momento giusto. Si direbbe che le tue preghiere siano state esaudite." "Cioè? Intendi dire che..." "Raggiungi il Palazzo dei Sette Spadaccini fra venti minuti, vai nella Sala della Grande Spada. E fai in modo che nessuno ti veda." Le diede solamente queste istruzioni. Dopodiché saltò raggiungendo i tetti, correndo verso la direzione che le aveva detto di intraprendere dopo di lui. La nebbia che avvolgeva il villaggio con i suoi segreti prospettava di diradarsi almeno un po'. La prima volta che aveva messo piede al Palazzo dei Sette Spadaccini, Hanako aveva visitato tutte le sette sale di addestramento in modo tale da decidere su chi far cadere la sua scelta. La Sala della Grande Spada, riservata a coloro che si addestravano nella speranza di possedere in futuro lo spadone Pelle di Squalo, era un enorme sotterraneo che escludeva quasi interamente la luce del giorno, solo dei moccoli di candela conservati in delle nicchie potevano dare una tenue illuminazione quando erano accese, anche se comunque troppo poche per un grande spazio semibuio come quello lì sotto. Un canale di scolo la attraversava a ridosso di una delle pareti, facendo defluire via un torrente di acque, portando con sé anche la nebbia in quel posto interrato. Kisame aveva avuto ben ragione ad avvertirla di non farsi vedere, era un divieto assoluto che l'apprendista di uno dei Sette Spadaccini entrasse nella sala che non gli competeva. Per seguire il loro codice, uno Spadaccino non doveva mai conoscere e saper applicare le tecniche di scherma di uno degli altri, salvo nel caso di Mangetsu Hozuki, l'unico autorizzato a detenere tutte le sette spade speciali per l'intero gruppo e a saper manipolare tutti i loro poteri. Hanako aveva prestato la massima attenzione, si era assicurata che nessuno l'avesse vista avvicinarsi al Palazzo e si era infiltrata nel modo più furtivo possibile nella Sala della Grande Spada. Accovacciata su una delle travi che reggevano il soffitto, aveva assistito all'atto più inaspettato di tutti. Qualcosa che definire tradimento verso il villaggio era poco. Kisame era chino sul grosso cadavere di Fuguki Suikazan, trafitto in più parti da sbarre di ferro legate a delle catene. Lo privò dello spadone bendato che portava sulle spalle e lo caricò sulle sue, autoproclamandosi così nuovo padrone di Pelle di Squalo. Lo aveva visto uccidere senza nessuna esitazione il maestro che lo aveva scelto. "Tutto eseguito. Ora può uscire allo scoperto." Per un attimo pensò che stesse riferendosi a lei e fu davvero sul punto di abbandonare il suo nascondiglio... invece scoprì che l'invito era diretto a qualcuno nascosto nell'ombra del corridoio che sfociava nella Sala. Questi non si mostrò subito, tuttavia la sua voce era evidentemente giovanile. "Bravo, Kisame, ottimo lavoro. Immaginavo che lui non avrebbe mai sospettato di te, e avevo ragione. Collaborava con il nemico, era un traditore doppiogiochista del nostro villaggio, quindi ora lo spadone Pelle di Squalo apparterrà a te. E tu, d'ora in poi, risponderai personalmente a me." Mentre parlava, usciva sempre più allo scoperto, fino a quando anche Hanako fu libera di vederlo. Non era solo giovane, era completamente un ragazzino, doveva avere dodici anni appena. Uno sfregio ricucito fin da sotto l'occhio gli attraversava la guancia sinistra. "Questo varrà finché non deciderete di eliminare anche me..." ghignò Kisame "... Quarto Mizukage, Yagura." Ad Hanako si bloccò il respiro per qualche momento. Lei non aveva mai, mai visto il vero volto del Quarto Mizukage. Come agente dei Servizi Segreti, non doveva mai conoscere l'identità facciale del suo Kage, in modo tale che non potesse essere in grado di rivelarlo al nemico, fosse stato pure contro la sua volontà. E come cadetta dei Sette Spadaccini, non era autorizzata comunque a conoscerlo fintanto che non fosse diventata anche lei un membro a tutti gli effetti del gruppo. Fino a quel momento era stata all'oscuro del fatto che il Mizukage fosse solo un giovincello così? E cosa significava quello che aveva detto? Fuguki Suikazan, uno dei Sette, che giocava il ruolo della spia contro il villaggio della Nebbia! Sembrava tutto rendersi sempre più confuso... e allo stesso tempo, nella testa di Hanako alcune cose acquisivano chiarezza. "Menzogne, falsità... lui le vede ovunque, le ha sempre viste. Sempre. Suikazan-dono che tradisce, Kisame-san che inganna e colpisce. Era questo, allora. Sempre e solo questo che lui voleva farmi vedere. Il villaggio della Nebbia... no, il mondo ninja che basa le sue fondamenta sugli inganni e sui tradimenti. Sul falso." "Tu sei una delle poche persone di cui mi posso fidare." continuava il Mizukage "Hai svolto diversi lavori sporchi per il bene del paese e del villaggio, hai persino accettato missioni che prevedevano il tradimento. Tu lo sai: sai bene che il nostro mondo è pieno di inganni e falsità." "È una cosa di cui sono consapevole fin dal primo momento in cui ho ucciso il mio primo compagno di squadra; era un ninja della Nebbia, praticamente uno come me. Ma ora mi chiedo: io cosa sono? Un alleato o un nemico? Che scopo devo raggiungere? In che direzione mi devo incamminare? Dove devo trovare la pace interiore?" si guardò le mani, come se in esse trovasse le risposte a quelle domande. Invece guardava solo se stesso, ciò che era diventato, ciò che non capiva di dover fare "L'unica certezza che ho è quella di essere intrappolato in un'esistenza che non ha nulla di vero." "Io sono vera." pensò Hanako, desiderosa di volerlo gridare "Da quella notte sono stata vicino a te fino ad adesso, anche questo è vero. Tu non lo vedi?" Una terza voce prese suono in quella sala. Anch'essa proveniva dal medesimo corridoio alle spalle del Mizukage ma, a differenza di questo, la sua sagoma non venne alla luce "Se vuoi liberarti dalla sofferenza che comporta la menzogna, io ti posso aiutare. Devi soltanto fidarti." Stavolta, Kisame stesso era sorpreso di un'altra presenza lì sotto, al punto da mettere mano alla sua nuova arma ed essere pronto a estrarla "E tu chi saresti?" chiese allarmato. Ma l'uomo misterioso non rispose a quella domanda, continuò solo con i suoi oscuri discorsi. "Cominceremo da questo villaggio. Finora hai avuto il compito di eliminare i tuoi compagni, d'ora in avanti potrai lavorare al mio fianco in modo leale." "A quanto pare ti fidi molto di te, anche se non capisco come sia possibile. Io, invece, non conosco nemmeno la tua identità." Poi qualcosa apparve da quel buio. Era piccolo, luminoso e scarlatto come il sangue, locato all'altezza in cui una persona di taglia media avrebbe avuto gli occhi. Era davvero un occhio, Kisame lo capì immediatamente. Nemmeno lui aveva visto occhi tanto rossi capaci di far raggelare il sangue persino a uno del suo genere "No, aspetta un momento... ma quello sguardo..." poi trasse un profondo respiro nel tentativo di calmarsi. Funzionò, lasciò anche la presa che aveva sulla spada. "Bene, adesso mi è tutto chiaro: dietro tutte le decisioni di quello che ho sempre considerato il Quarto Mizukage, in realtà ci sei tu. Dev'essere stato facile manipolarlo con il potere dello Sharingan. Tsk... il mondo è veramente un posto pieno di menzogne. Dunque hai il potere di controllare il Mizukage, che in realtà è anche la forza portante del Tricoda." La kunoichi non pensava che nell'arco di una notte fosse possibile scoprire così tanti segreti. Che il governo dell'attuale Mizukage era stato lo spettacolo di un burattinaio nascosto da sempre nel buio. Che il Mizukage stesso possedeva un potente demone conservato dentro il suo corpo, anch'esso controllato dalla medesima persona che manipolava la sua forza portante. Stava cominciando a grattare via solo la superficie della maschera indossata dalla verità... e già questo le faceva paura! Doveva fermarsi ora, andarsene, non sapere un'altra sola cosa in più. Ma non si mosse, il suo corpo e la sua volontà furono due cose nettamente distinte in quel momento; questo a causa degli allenamenti che le erano stati inculcati per imparare a essere così immobile da non sentirsi nemmeno esistere, insegnamenti che tutto il suo essere fisico ormai ripeteva senza la coscienza mentale. Così restò. Restò e scoprì qualcosa di cui, ne era sicura, si sarebbe pentita per sempre. "Prima di decidere" chiese Kisame "posso almeno sapere chi sei?" "Madara Uchiha." Svolta di non ritorno. Se anche fosse tornata indietro, non sarebbe mai stata capace di convivere con un segreto tanto grande. Forse poteva farlo con l'identità segreta del Quarto Mizukage e del fatto che fosse una forza portante, anche col doppiogioco di Fuguki Suikazan. Ma l'uomo che stava dietro alle fila di tutto, considerato uno degli shinobi più leggendari della storia? Impossibile, irrazionale, al di fuori di ogni logica, Madara Uchiha doveva essere morto e sepolto da anni. Chi altri, però, aveva il potere di infondere, con quel suo sguardo rosso chiamato Sharingan, la sensazione di avere la morte davanti a sé? Anche Kisame, a modo suo, era stupefatto dalla cosa, ma aveva ancora difficoltà a crederci e manifestò il suo scetticismo "Non è possibile, dovresti essere morto da un pezzo. Questa potrebbe un'altra menzogna. Ti chiedo di mostrarmi il tuo volto." "D'accordo... così deciderai se fidarti di me oppure no. Prima, però, sarà il caso che quel topolino nascosto lassù venga tolto di mezzo. Vuoi pensarci tu?" Hanako trasalì. La paura divenne così opprimente a livello fisico da causargli un blocco in gola, che mandò giù deglutendo. Non era scappata fintanto che aveva avuto la possibilità di farlo... e ora le conseguenze erano tutte per lei. "Ti aspetterò fuori." disse l'uomo misterioso chiamatosi Madara Uchiha "Se sarai ancora della stessa idea quando uscirai, non avrai che da parlarne con me. Ma visto che anch'io voglio una tua prova di fedeltà, dovrai portarmi il cuore sanguinante di quel topolino che ormai sa troppo. Farai meglio a sbrigarti, fintanto che non si decide a scappare" e sparì nell'oscurità insieme al Quarto Mizukage. Trascorsero due interi e lunghi minuti dopo che se ne furono andati, finché Kisame non la esortò a scendere da lì "Avanti, Hanako, vieni giù." Per qualche motivo, il suo corpo si decise a rispondere solo al richiamo dell'uomo squalo. Lo guardava incerta e ancora intontita da tutte le verità scoperte in quei così pochi minuti, mentre lui la osservava in cerca di una sua reazione a tutto questo... ma nemmeno lei sapeva cosa dover dire o fare di fronte a tante rivelazioni. "Lo capisci, adesso?" domandò lui "Lo vedi in quale tipo di esistenza sono costretto a vivere? Non c'è un solo spiraglio di verità in tutto quello che vedo con i miei occhi, scopro nuovi inganni dietro ogni angolo, io stesso devo entrare a far parte di quegli inganni per sopravvivere. Dimmi, tu riusciresti a sopportare una vita del genere?" "...no." Kisame maneggiò la Pelle di Squalo staccandola dalla cinta attorno alla schiena "E se ti si presentasse l'occasione per liberarti da tutto questo, tu non la prenderesti immediatamente?" "Sì..." "Dimmi se hai un'ultima richiesta, prima di andartene." La donna sorrise mestamente. Era un'idea strana, decisamente "Io... ecco, sembrerà stupido, però... quando mi estrarrai il cuore, vorrei che lo conservassi." "Perché lo vorresti?" "Rideresti di me se ti dicessi che..." alla fine, le lacrime sfuggirono in quella breve pausa "... che ti apparteneva già da molto tempo?" No, non rise, ma non accennò nessun'altra reazione, né disse qualcosa. Si limitò ad alzare la spada per preparare il colpo terminale. Hanako chiuse gli occhi ancora piangenti e attese. Come gli era stato detto, Kisame trovò ad aspettarlo fuori dal Palazzo l'uomo che fino a quel momento era stato nascosto nell'ombra. Adesso l'unica oscurità a proteggerlo era quella della notte, ma non abbastanza da celare il suo volto. Era alto e con dei lunghi capelli ispidi cadenti sulla schiena, ma la prima cosa che balzava agli occhi era la metà destra della sua faccia del tutto butterata, con la pelle piena di pieghe cicatrizzate. E, naturalmente, lo Sharingan acceso in ambedue gli occhi. Non sapeva chi fosse quell'uomo ma, a pensarci ora, non aveva mai nemmeno saputo che faccia avesse avuto Madara Uchiha. Per quel che ne sapeva lui, quell'uomo poteva benissimo esserlo o non esserlo... ma questo non importava, in fondo. Mostrò la mano che grondava sangue e reggeva quel cuore che non pulsava più. La sua vista sembrò soddisfare il presunto Madara. "Bene. Con questo, posso essere certo che sarai un mio ottimo subordinato." "Ciò che mi hai detto prima è vero? Oppure sei solo pazzo?" "Affatto. Il progetto dell'Occhio Lunare è un obiettivo concreto." spalancò le braccia, mostrando tutte le promesse che contenevano "In questo modo, il mondo sarà libero dalla menzogna." Gli fu spiegato tutto, ogni dettaglio che costituiva il cosiddetto piano Occhio Lunare e tutto ciò che ne avrebbe conseguito la riuscita. Era irreale, una cosa quasi impossibile a immaginarla, eppure Kisame ci riusciva. Ci riusciva e ghignava per questo, provando a vedere quale mondo sarebbe venuto fuori da tutto questo. Decise che doveva assolutamente farne parte, decise di seguire Madara e decise di non voltarsi mai più indietro. Lo fece solo una volta, nel momento di andarsene, quando gettò un ultimo sguardo al Palazzo dei Sette Spadaccini, pensando a quello che stava lasciando lì dentro. Fece cadere a terra quel cuore morto, abbandonandolo lì a perdere le sue ultime gocce di sangue e a marcire. "Mi sarebbe piaciuto farti vedere quel mondo." La mattina dopo, il cadavere di Fuguki Suikazan fu ritrovato in uno dei canali del villaggio. Aveva perso la sua Pelle di Squalo e nel petto, oltre a diversi solchi dovute a molteplici trafitture, ce n’era uno grosso di sangue rappreso da cui era stato strappato via il cuore. The End |
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