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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Film, Telefilm, Teatro
Dalla Serie: Supernatural
Titolo Fanfic: HOPE IS THE LAST TO DIE
Genere: Romantico, Comico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Spoiler, One Shot
Autore: pandistelle galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 12/04/2013 11:28:56

"E poi alla fine...Dean Winchester è entrato nella mia vita."
 
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HOPE IS THE LAST TO DIE
- Capitolo 1° -

° PICCOLO DIZIONARIO ITALIANO/SPAGNOLO:

- Ilamas que vuelan: Fiamme volanti
- Hola: ciao


° I dialoghi scritti in corsivo, fanno parte di un flashback ovvero qualcosa, che è accaduto nel passato o nelle ore precedenti, l'azione che si sta svolgendo.





* * * *



La storia della mia vita?
Davvero a qualcuno interessa?
Vi devo però avvertire, che quella che vi apprestate a leggere non è la “classica storiella” strappalacrime di una cacciatrice di demoni bella e impossibile, che gira per il mondo solitaria e ribelle. Magari in sella ad una harley davidson con il vento tra i capelli, il cui unico scopo nella vita è quello di uccidere, esorcizzare e bruciare ogni genere di immonda creatura sopranaturale presente sulla faccia della terra.

Nessun demone ha ucciso mia madre o mio padre.
Nessun vampiro ha morso me o i miei fratelli.
Non sono diventata una cacciatrice per inseguire una vendetta.
Sono diventata cacciatrice di demoni, perché era ciò che desideravo.
Nessuno me lo ha imposto.
Quindi da questo momento in avanti, potete anche dimenticarvi di tutti quei miei colleghi cacciatori, che hanno scelto la caccia per vendetta o a causa di assurde tradizioni famigliari, oppure perché non avevano altra scelta in quanto figli a loro volto di cacciatori.

La mia storia è differente.
Ve lo dimostrerò cominciando a raccontarvi, da dove tutto ebbe inizio.
Ovvero con la mia nascita.

Non so, chi siano i miei veri genitori.
Da quel poco che sono riuscita a scoprire sul loro conto, erano originari di Tallahassee – Florida.
Brave persone.
Ottima istruzione.
Un felice matrimonio.
A cui purtroppo mancava qualcosa, per potersi definire tale: un figlio.

Decisero di ricorrere alla fecondazione in vitro.
Ed è proprio li, in quel laboratorio perfettamente asettico e puzzolente di disinfettante, che la mia storia o come preferisco chiamarla io “la mia grande avventura” ha avuto inizio.
Sapete meglio di me come funziona la fecondazione in provetta.
Quindi non starò certo qui a raccontarvi tutti i dettagli...usate un po' di immaginazione, che diamine!

Sono stata desiderata.
Sono stata amata.
Ho dato molto “calci” al ventre di mia madre, per farle capire che presto sarei venuta al mondo e che non desideravo altro, se non di essere stretta tra le sue braccia ed essere amata e coccolata da lei e mio padre.

Una cosa meravigliosa vero?
Peccato che ne mia madre, ne tanto meno mio padre mi strinsero mai tra le loro braccia una volta venuta alla luce.
I miei nonni, zii, cugini non vennero mai a vedermi da dietro il vetro della nursery, congratulandosi con i miei genitori per aver messo al mondo una creatura tanto meravigliosa.

Perché, vi state chiedendo?
Intendiamoci, io non avevo nulla che non andasse.
Ero una neonata forte e in perfetta salute.
Mangiavo.
Dormivo.
Riempivo quintali di pannolini di cacca e pipì.
Piangevo, o meglio strillavo forse più degli altri bambini presenti con me nella nursery.
Dunque, quale è stato il motivo che ha portato i miei genitori a rifiutarmi pochi secondi dopo la mia nascita?
Elementare!
Sono nata con la coda, una coda di scimmia leonina per essere precisi.

I miei veri genitori non mi vollero.
Avevano chiesto una bambina e invece era nato loro un mostro.
Con la testa color fiamma e la coda di scimmia per di più!
I medici avrebbero voluto risolvere il “ mio problema” con un intervento chirurgico; purtroppo però non fu possibile, in quanto la mia coda è “collegata” al mio cuore, al mio cervello e alla colonna vertebrale attraverso una fitta rete di nervi e vasi sanguigni.
Avrei potuto non camminare più.
Rimanere cieca.
Avere dei ritardi a livello mentale.
O peggio ancora, sarei morta.


Fu così che venni “scaricata” in un orfanotrofio, dove trascorsi i miei primi sei anni di vita...nella speranza che qualche famiglia, mossa a compassione per quella “povera bambina con la coda di scimmia” mi adottasse.
Nessuno mi volle mai nella propria famiglia.
E come dargli torto?
Agli occhi di queste persone, io non ero altro che un mostro!
Uno scherzo della natura.
Un ibrido metà umana-metà scimmia.

Ebbene si, devo proprio ammetterlo.
Da piccola ero una vera peste.
Non che le responsabili dell'orfanotrofio mi picchiassero o facessero morire di fame.
Il vero problema ero io, che ne combinavo di tutti i colori insomma...una scimmietta dispettosa, nel vero senso della parola.

Avevo sei anni.
Un bel giorno decisi che ne avevo abbastanza dell'orfanotrofio, delle sue stupide regole e di finire sempre in punizione anche quando non era mia la colpa.
Così scappai.

Non potevo certo immaginare che con quella fuga, la mia vita di li a poco sarebbe cambiata...in meglio.
Ero seduta in riva al mare intenta ad ammirare l'oceano, stanca, sporca e affamata, quando all'improvviso la donna più bella che avessi mai visto,mi si avvicinò sorridendomi con dolcezza.

Disse di chiamarsi Esperanza, che in spagnolo significa speranza.
Era una gitana. Una zingara.
Aveva la pelle olivastra e i capelli neri come la notte.
Mi chiese quale fosse il mio nome.
Ed io glielo dissi.
Il nome con cui mi avevano battezzata all'orfanotrofio: Wilhelmina.

Esperanza mi prese per mano, invitandomi ad andare con lei.
Mi portò nel circo in cui lavorava insieme a suo marito Julio, un uomo originario di Buenos Aires (Argentina) ed i loro tre figli: Pedro Luis, Alejandro e Ignacio.
Potevo rimanere con loro se lo desideravo.
Da quel momento in avanti, loro sarebbero stati la mia famiglia.
Il circo sarebbe divenuta la mia casa.

Secondo voi, come andò a finire?
Inutile dire che accettai di rimanere insieme a tutti loro.
Il circo divenne la mia nuova casa.
Esperanza e Julio mi adottarono.
Mentre Pedro Luis, Alejandro e Ignacio diventarono i miei fratelli maggiori.
Ed io da quel momento in avanti, fui conosciuta come Wilhelmina Ramirez detta Mina, terzogenita dei coniugi Ramirez.

Lo ammetto.
All'inizio non fu per niente facile, soprattutto per la mia famiglia riuscire a tenere a freno il mio carattere ribelle.
Del resto sono nata il diciannove Agosto del 1992, sotto il segno zodiacale del leone, il cui elemento naturale è il fuoco.
Per cui potete ben immaginare, quanto fu difficile per me capire, che nel circo c'erano delle regole da rispettare e che se volevo continuare a far parte della famiglia, dovevo imparare a rigare dritto perché altrimenti sarei stata cacciata.

C'è voluto del tempo.
Molto tempo.
E molta. Molta pazienza.
Alla fine però gli sforzi di mio padre, mia madre e della mia povera nonna Consuelo vennero premiati; il mio carattere ribelle fu domato, anche se una certa dose di impulsività e testardaggine nel mio modo di fare rimase sempre “in agguato” pronta a saltare fuori al momento opportuno.

Mio padre mi insegnò a ballare il tango.
Passione che condivido tutt'ora con mio fratello Alejandro, “l'artista” della famiglia.
Venni iscritta ad una famosa scuola circense in Francia.
Diventai un'acrobata, specializzata nel numero del trapezio e insieme ai miei tre fratelli, formammo il quartetto delle “Ilamas que vuelan”.
E come nome d'arte, scelsi Fiamma.

La mia coda?
Una volta entrata a far parte della grande famiglia del circo, smisi di preoccuparmene anche perché nessuno del cast ci faceva molto caso.
Però, onde evitare che qualcuno per sbaglio la schiacciasse (e vi posso assicurare, che fa davvero male), o che io stessa vi inciampassi durante le prove; presi l'abitudine di arrotolarla dentro le mutande oppure attorcigliarla intorno ai fianchi o le gambe.
In fin dei conti, non l'avevo chiesto io di nascere con la coda di scimmia, e che il mio DNA venisse “mescolato” a quello di un animale no?

La caccia.
Fin dal mio primo giorno al circo, capii che la mia famiglia adottiva e l'intero cast degli artisti, non si limitava semplicemente ad intrattenere il pubblico al interno di un tendone o per le strade, con acrobazie e gag da clown.
Erano cacciatori di demoni.
Stanavano quante più creature sopranaturali potevano, come per esempio vampiri, demoni, spiriti e li uccidevano, decapitavano, esorcizzavano o bruciavano a seconda della necessità.
Il circo non era altro che una copertura.

Anche io sono diventata una cacciatrice di demoni.
Non perché qualcuno me lo abbia imposto.
Ma perché lo desideravo.
E vi posso assicurare che io, a differenza di altri miei “colleghi”, non sono affatto pentita di questa mia scelta.

Sei anni-dieci anni.
Mi sono limitata a piccole mansioni da cacciatore, come riempire proiettili con il sale per allontanare gli spettri, oppure preparare siringhe con il sangue di uomo morto, un ottimo rimedio per stordire un vampiro, senza però ucciderlo.
Ovviamente vengo istruita da mio padre o mia madre su tutto ciò che riguardava il mondo del sopranaturale, però solo ed esclusivamente attraverso i libri.

Undici anni – sedici anni.
Vengo iniziata da mio padre all'uso delle armi da fuoco, nel lancio dei coltelli e su come decapitare un vampiri con un machete, in modo da non lasciargli scampo.
Accompagno i miei genitori e fratelli maggiori durante le loro “battute” di caccia, limitandomi ad osservarli, ma senza mai intervenire direttamente, se non espressamente richiesto.

Diciassette anni.
Sono diventata una cacciatrice di demoni a tutti gli effetti.
Come “prova di iniziazione” ho dovuto decapitare una vampira del tutto fuori controllo, che da tempo seminava il terrore a Boise nel Idaho.
Ho superato la prova a pieno titolo.
E volete sapere una cosa buffa?
Nel uccidere quella vampira, non provai alcun tipo di rimorso ma solo tanta soddisfazione.

Ho viaggiato moltissimo, nei tre anni successivi.
Cacciato ogni sorta di creatura sopranaturale esistente.
Stupito il pubblico di tutto il mondo con la mia agilità di acrobata.
Ho aiutato mia madre a dare alla luce Ramiro e Marisol, rispettivamente il mio fratellino e sorellina minore (gemelli).
Se ora sono felice è solo ed esclusivamente per merito della mia famiglia adottiva; siamo molto uniti tra di noi, una sorta di “branco”, anche per quanto riguarda la caccia al sopranaturale.
Cacciamo insieme.
Raramente da soli.

Sono diventata acrobata.
Sono una cacciatrice di demoni.
Sono andata a scuola.
Sono riuscita anche a diplomarmi...nonostante la vita che faccio.
Ho tanti amici.
Mi sono innamorata.
Ho fatto l'amore per la prima volta e mi è anche piaciuto.
E poi alla fine...Dean Winchester è entrato nella mia vita.

- TIN!

Sobbalzo, quando il timer del forno suona annunciando la più “sublime” delle notizie: la torta è pronta.
Finalmente!
Corro verso il forno, apro lo sportello ed aiutandomi con due enormi guantoni da cucina di colore blu acceso, tiro fuori la teglia su cui ancora “sfrigola” una crostata fatta con la marmellata di albicocche.

Che profumo!
Porto la teglia vicino al naso e mi riempio le narici dell'odore a dir poco sublime e meraviglioso, che solo il cibo caldo appena uscito dal forno è in grado di darmi.
Ho sempre amato cucinare.
Non a caso al circo, sono io che mi occupo del “rancio” per l'intera troupe.
Mi piace cucinare.
Adoro (soprattutto) mangiare.
A qualsiasi ora del giorno e della notte.

Tutta colpa della mia parte di DNA “scimmiesco”?
Forse.
Una cosa però è sicura: adoro i frappè alla banana.
Le noccioline mi mandano letteralmente in visibilio.
Sul comodino accanto al mio letto, ho sempre un sacchetto di patatine alla paprika.

Ho un sogno nel cassetto.
Vorrei iscrivermi ad una scuola alberghiera e realizzare il mio più grande sogno, ovvero diventare chef ma...con il mio lavoro di acrobata al circo e la caccia, avrei pochissimo tempo per studiare o peggio ancora frequentare con regolarità le lezioni.
Però, mai dire mai!
In fin dei conti come si dice, la speranza è l'ultima a morire o no?

Ora però basta con sciocchi e inutili pensieri sentimentali.
Non sono più una verginella, che diamine!
Quella che ho appena finito di cucinare, è una crostata molto particolare oltre che molto buona, si intende.
Mi serve per chiedere scusa ad una persona molto importante per me.
Quale modo migliore per farlo, se non con qualcosa che entrambi abbiamo in comune: la passione per il cibo?

ALT!
Vediamo di mettere subito in chiaro le cose.
Se pensate che tra me e Dean Winchester sia stato amore a prima vista, il classico “colpo di fulmine” da soap opera zuccherosa, dove lui guarda lei e lei guarda lui fino a consumarsi gli occhi, sappiate che vi state sbagliando e pure di grosso.
Se lui non è tipo da simili smancerie, figuriamoci io.

Ma partiamo dal principio.
Fino a poco tempo fa, ne io ne tanto meno i miei fratelli sapevamo chi fossero Dean e Sam Winchester; non li avevamo mai incontrati di persona, l'unica cosa di cui eravamo a conoscenza,era che nostro padre in passato aveva lavorato a un caso con John Winchester.
Il loro padre.
Quattro giorni fa mia madre, decise di ricorrere alla lettura dei tarocchi, per guardare nel futuro e scoprire cosa esso ci avrebbe riservato. Disse che gli equilibri stavano per rompersi un'altra volta, la nostra famiglia sarebbe stata coinvolta con qualcosa, che aveva a che fare con un “vecchio amico” di nostro padre e che tutto questo avrebbe avuto inizio a Sioux Falls nel South Dakota.

Detto fatto!
Due giorni dopo, il circo si era fermato a pochi chilometri di distanza da Sioux Falls per un periodo di riposo. All'improvviso il cellulare di mio padre, aveva iniziato a squillare e tra me ed i miei fratelli maggiori, era cominciata una vera e propria battaglia per stabilire chi fra noi quattro si sarebbe aggiudicato il cellulare di nostro padre e avrebbe risposto alla chiamata.

Fu una lotta estrema, all'ultimo sangue! Nel verso senso della parola...
Inutile dire che nessuno tra Pedro Luis, Alejandro e Ignacio riuscì (come sempre del resto) nell'impresa, in quanto io lo sottrassi a quest'ultimo servendomi con l'inganno della mia coda.
A volte essere per metà una scimmia, ha i suoi vantaggi no?

Mio padre esasperato di fronte “all'infantilità dimostrata dai suoi quattro figli maggiori”, intervenne riappropriandosi del suo cellulare, strappandomelo letteralmente di mano un attimo prima che io potessi rispondere al posto suo.
Che guastafeste!

Il “vecchio amico” che mia madre aveva visto leggendo il futuro attraverso le carte, era niente meno che Robert “Bobby” Singer un cacciatore di demoni come la nostra famiglia, che in passato aveva aiutato nostro padre con un caso ed ora chiedeva aiuto per un “grosso casino”.

A quanto pare un angelo del Signore, era andato fuori di testa.
Con un semplice schiocco di dita, uccideva tutto coloro che osavano ostacolarlo.
Andava fermato.
Quindi la parola d'ordine era: più siamo, meglio è.

Cosa mai potevamo fare secondo voi?
Dopo averne parlato a lungo tra di noi per decidere cosa fare, siamo partiti, ognuno con la propria automobile alla volta di Sious Falls, destinazione casa di Bobby Singer ovviamente.
Noi Ramirez non neghiamo il nostro aiuto a nessuno.
Men che meno ad un amico.
E' la regola.

Arrivati a casa di Bobby, si è svolto il solito “rituale” delle presentazioni.
Mio padre, mia madre e Bobby che si salutano.
Io e i miei fratelli, che veniamo presentati al cacciatore “padrone di casa”.
Noi “giovani” cacciatori ci presentiamo tra di noi.
Una grandissima rottura, insomma!

Gli Spencer.
Thomas e Susan, rispettivamente fratello e sorella, naturalmente entrambi cacciatori di demoni.
Padre americano.
Madre giapponese.
Entrambi dotati di strani poteri, derivanti dal sangue demoniaco di un certo demone con gli occhi gialli.
Thomas mi è piaciuto subito sia fisicamente che come persona, peccato sia felicemente sposato e in attesa del suo primo figlio, dalla moglie Alicia.
Susan invece è la classica “ragazzina timida e sottomessa” da romanzetto rosa, che prima di agire pensa ad ogni possibile ed inimmaginabile conseguenza che ogni sua azione comporta.
Tutto di lei è noioso.
A cominciare dalla sua relazione con Sam Winchester.
Povero ragazzo.
Io al posto suo, mi sarei già puntato una pistola alla tempia e avrei fatto fuoco seduta stante, uccidendomi pur di liberarmi una volta per tutte di una simile “depressa cronica”, che arrossisce ad ogni minima parola, specie se riguarda il sesso.

Sistemo la torta sul ripiano alle mie spalle , in attesa che si raffreddi .
Il mio sguardo cade in automatico fuori dalla finestra del prefabbricato, costruito da Ignacio e adibito a cucina per il nostro circo; sorrido nel vedere Dean intento ad armeggiare con il motore del mio povero maggiolone color blu elettrico.

Quel vecchio rottame!
Io e Ignacio lo abbiamo salvato dalla demolizione, comprandolo da uno sfascia-carrozze a Portland in Oregon, durante una delle tante tournée invernali del nostro spettacolo circense.
Lo abbiamo rimesso in sesto e da quel momento è diventata la mia automobile.
Purtroppo il motore, ogni tanto si ribella e non vuole collaborare.
Come adesso.

Potrei benissimo lasciar perdere questa torta, uscire dalla cucina e andare da Dean per aiutarlo ma c'è un accordo tra di noi.
Lui mi sistema il maggiolone.
Io gli cucino una crostata, come ricompensa.
Abbiamo entrambi qualcosa di cui farci perdonare, e ho deciso di risolvere la questione alla “vecchia maniera di nonna Consuelo”: ovvero con un baratto.

Mi viene da sorridere.
Fin dal primo momento in cui i nostri sguardi si sono incontrati, sapevo che io e Dean saremmo andati subito molto d'accordo.
Abbiamo molte cose in comune.
La stessa passione per il cibo, specie per quello spazzatura.
Ci piace lo stesso genere di musica. (Anche se io a differenza sua, ascolto anche altri generi)
Odiamo le cose estremamente sdolcinate.
Ci piace la birra.
Abbiamo (più o meno) lo stesso carattere.
E se vi dicessi che è stata proprio la “piccola e innocente” Susan Spencer, la molla che da dato il via alla nostra (anche se appena agli inizi) amicizia?
Ci credereste mai?
Credeteci, perché è la verità.

“ - No! No! No! Ti prego dimmi che stai scherzando Dean! Vuoi farmi credere, che la “piccola e dolce” Susan ha impiegato ben otto anni della sua vita, per capire di amare tuo fratello? Ma dove vive quella ragazza? Con gli omini verdi sul pianeta Marte? - Esclamo io tra le risate e lo stupore, seduta a gambe incrociate su una vecchia carcassa di automobile nell'officina di Bobby, sgranocchiando patatine al gusto paprika. -

- Ti assicuro che è tutto vero! E dovevi vederla quando le chiedevo come andava il sesso tra lei e Sam. - Afferma Dean con un sorrisetto maligno, seppellendo la testa all'interno del motore della sua adorata Impala -

- Per favore risparmiami i dettagli. Il solo pensare a Susan Spancer in preda ad un orgasmo mi fa venire la pelle d'oca. Otto anni...a me se un ragazzo piace lo capisco subito e non me ne sto certo rinchiusa in una stanza a sospirare o scrivere nel mio diario segreto pensierini zuccherosi e romantici. - Replico con pungente sarcasmo, scendendo con un agile balzo da sopra la carcassa e avvicinandomi a Dean, tenendomi però a debita distanza con il sacchetto di patatine onde evitare che qualche briciola finisca dentro al motore-

- Una vera cacciatrice, non c'è che dire! - Esclama Dean alternando il suo sguardo da me, al sacchetto di patatine che ho in mano, ed io sorrido in quanto essere adulata è una delle cose che mi piace di più in assoluto, specie se a farmi dei complimenti è un ragazzo -

- Sono nata sotto il segno del leone, e la donna leone è di fatto una cacciatrice. Quando individua la sua preda, difficilmente se la lascia scappare. - Mormoro con tono di voce sommesso, premendo la mia gamba sinistra contro quella destra di Dean, per attirare su di me tutta la sua attenzione -

- Dimmi una cosa, ma è vero che voi acrobate del circo indossate quei bei costumi aderenti che...- Trattengo a stento un sorriso di puro trionfo, nel vedere Dean smettere di dedicarsi alla sua macchina, e avvicinandosi maggiormente a me riducendo al minimo il contatto tra i nostri corpi -

- Perché non vieni ad un nostro spettacolo e lo scopri da solo? - Domando sorridendogli con fare seducente, muovendo languidamente la testa e gettando indietro i miei capelli castano-rossiccio racchiusi in parte dentro un bandana -

- Ci stai provando con me? - Chiede Dean facendo un altro passo verso di me, ed io non mi allontano, anzi sorrido ben felice della vicinanza fisica che è venuta a crearsi tra noi -

- Hey, cosa stai insinuando? Io sono una brava ragazza cosa credi! Patatina? L'alcool a stomaco vuoto non è certo un toccasana per il fegato lo sai. - Esclamo io ponendo fine a tutto, e allungando ad uno sconcertato Dean il mio sacchetto di patatine, con un sorrisetto che va da una parte all'altra della faccia - “

Lo so, che cosa state pensando.
Che io sia una ragazza facile.
Una ninfomane.
Che flirta con tutti i ragazzi che le capitano a tiro.
E che va a letto con il primo che passa.
Ma vi posso assicurare, che io non sono niente di tutto questo.
Flirto con i ragazzi mi piacciono.
Mi piace e mi diverte.
Però non vado a letto con loro, se prima tra me e il ragazzo in questione non si instaura una relazione seria.

Dean mi piace.
Mi piace molto.
Non ho problemi ad ammetterlo e non me ne vergogno.
Mi piace sia fisicamente.
Ma anche e soprattutto come persona.
Siamo molto simili, entrambi abbiamo un carattere forte, che però spesso usiamo come “maschera” per evitare di mostrarci deboli o preoccupati, agli occhi delle persone che amiamo ed a cui teniamo.
Però a lungo andare si sa, anche le maschere più resistenti si incrinano fino a spezzarsi e infine cadere.
Io lo so bene.

Siete liberi di crederci come no.
Ma io e Dean alla fine, siamo usciti insieme per davvero, o per meglio dire il nostro è stato un “primo appuntamento a metà”.
Ho dovuto prendere io l'iniziativa, perché mi ero stancata di vedere Dean, sempre di pessimo umore, che se la prendeva con suo fratello o con Bobby perché le loro ricerche su “l'angelo fuori di testa” non avevano portato ad alcun risultato.

Che colpa ne avevano loro, se il mondo stava andando in malora per la seconda volta?
Nessuna.
Così fregandomene altamente di cosa Dean avrebbe potuto fare o pensare e degli insulti che sicuramente mi avrebbe “vomitato” addosso, andai a stanarlo nell'officina di Bobby; dove da un paio di giorni a questa parte si dedicava a tempo pieno alla riparazione della sua adorata automobile.

Nessun movenza sensuale.
Nessuno sguardo ammiccante.
Nessuno sfarfallio di ciglia.
Ne tanto meno scollature vertiginose.
O costumi da acrobata attillati.
Indossavo un semplice maglione in simili-lana, a righe rosse e nere a maniche lunghe, che mi arrivava fino a metà coscia lasciando scoperte appena le spalle. Un paio di leggins neri e delle scarpe modello pump rosso acceso con un bel tacco dodici, le mie preferite in assoluto; inoltre avevo raccolto i capelli in una coda di cavallo alta ed ero (stranamente) struccata.
Ero normale.
Ero semplicemente Mina, il cui intento era quello di aiutare Dean a rilassarsi e dimenticare, anche se solo per qualche ora tutti i problemi che lo angosciavano, rendendolo intrattabile e di pessimo umore con tutto e tutti.

“- Hey, che cosa ci fai qui? Ammettilo:non potevi stare senza di me.- Esclama Dean convinto più che mai della sua affermazione, sollevandosi da sopra il motore della sua adorata impala e squadrandomi da capo a piede, con un sorrisetto divertito-

- Forza! Levati quella tuta da meccanico puzzolente e datti una ripulita. Usciamo. - Replico io di rimando, ignorando completamente le sue parole e agitando in aria la mano destra con fare sbrigativo e un sorriso a trecentosessantacinque denti -

- Toglimi una curiosità tesoro, da quando io e te usciamo insieme? - Chiede Dean appoggiato con entrambe le mani ai lati del motore della sua automobile, guardandomi tra l'esasperato e l'incredulo-

- Da adesso. Questo è il nostro primo appuntamento, ho preferito saltare la parte del corteggiamento e passare direttamente alla fase successiva. Hai bisogno di altri dettagli per soddisfare la tua curiosità, oppure possiamo andare? - Affermo convinta più che mai, avvicinandomi a Dean, incrociando le braccia al petto e osservandolo, battendo con impazienza il piede destro sul pavimento dell'officina -

- Quante bottiglie di birra ti sei scolata Mina?

- Neanche una. Sono perfettamente sobria e tu hai bisogno di uscire da questo buco di officina, altrimenti rischi di andare fuori di testa. Allora, ci stai?

- Forse tu non hai ancora ben chiara la situazione, funambola da quattro soldi ma...la fuori il mondo sta andando a puttane, c'è Dio incazzato con tutto e tutti, che uccide la gente schioccando le dita. - Esclama Dean al colmo dell'esasperazione, la sua voce riecheggia all'interno dell'officina, mentre i suoi occhi verdi sembrano due pezzi di vetro mi scrutano con durezza, quasi a volermi ferire -

- Lo so bene. Però visto che il mondo rischia di collassare, se proprio devo andarmene, preferisco farlo senza rimpianti e due di questi sono: aiutare un amico e uscire con un bel ragazzo. Tu rappresenti entrambe le cose e quindi...è come prendere due piccioni con una fava. - Replico io di rimando, sempre senza smettere mai di sorridere e decisa più che mai a non darmi per vinta con Dean; se voleva andarsene dall'officina, avrebbe dovuto spararmi.-

- Tu sei completamente fuori di testa! - All'affermazione di Dean sorrido, come a volergli dire “ si lo so”, mentre lui scuotendo il capo si incammina verso il tavolo da lavoro posto a poca distanza dalla sua “bambina”, dandomi le spalle -

- No, sono semplicemente ottimista-realista. Allora vieni? - Per niente intenzionata a darmi per vinta, raggiungo Dean affiancandolo davanti al tavolo da lavoro in modo da poterlo guardare in faccia -

- Non ho la macchina. - Replica seccamente Dean, cercando ogni scusa possibile pur di rimanere chiuso in quell'officina a rimuginare su quanto ingiusta e triste sia stata la sua vita fino a quel momento -

- C'è il mio maggiolone. .- Esclamo io, entusiasta più che mai lanciando a Dean le chiavi della mia automobile, a cui è appesa una scimmia di peluche che mangia una banana -

- Dovrei guidare quel rottame? Scordatelo! - Afferma Dean, afferrando le chiavi che gli lancio alquanto disgustato all'idea che il suo bellissimo e prezioso di dietro, debba posarsi su un sedile diverso da quello della sua automobile. Mi lancia nuovamente le chiavi ed io le afferro -

- Facciamo così. Tu guidi ed io ti pago la cena. - Lancio nuovamente le chiavi a Dean, conscia del fatto che il mio interlocutore sta per cedere. Purtroppo se lui è ostinato, ha avuto la sfortuna di avere incontrato me, che sono peggio di lui quando decido di mettermi in testa una cosa -

- Non ho scelta vero? - Chiede Dean sospirando, ormai rassegnato e alternando tristemente lo sguardo tra me, l'Impala e le chiavi della mia macchina -

- No, non ce l'hai. Ti aspetto fuori, sbrigati! -Esclamo felice come una bambina a cui è stato comprato il gelato del suo gusto preferito, mentre con gli occhi che brillano esco dall'officina orgogliosa della vittoria finalmente ottenuta.- “

Povero Dean.
Sicuramente uno come lui, abituato a corteggiare e portarsi a letto ragazze con un bel corpo e pochissimo cervello, mai avrebbe pensato, nella sua vita, di incontrare una ragazza “assurda” come me.
Con un cervello.
E che non ha paura di prendere l'iniziativa quando si tratta di chiedere a un ragazzo di uscire, invertendo in maniera così “sconvolgente” i ruoli.
Avere qualche anno in meno del ragazzo che ti piace, a volte ha i suoi vantaggi no?

Alla fine siamo usciti.
Dico sul serio!
E per tutta la durata del nostro viaggio in macchina, Dean non ha fatto altro che lamentarsi (o per meglio dire, lagnarsi) perché la “sua bambina” aveva bisogno di lui, il suo posto era accanto a lei; mentre invece era costretto a fare da baby sitter ad una piattola-sanguisuga come me.
Io ho sorriso.
E l'ho rassicurato, dicendogli che da “brava fidanzatina”, lo avrei riportato a casa prima di mezzanotte, e addirittura lo avrei accompagnato fino alla porta di casa, per assicurarmi che non gli accadesse nulla di male e che la sua “immacolata virtù” non fosse compromessa da chissà da quale vile marrano.

Ho guardato Dean.
Lui ha guardato me.
Io ho distolto lo sguardo.
Lui ha fatto altrettanto.
Entrambi sorridevamo.
Nonostante Dean mi abbia definito “ una piattola-sanguisuga”, stare in mia compagnia gli è piaciuto molto; vederlo sorridere, mi ha fatto battere forte il cuore per l'emozione, non mi vergogno ad ammetterlo.

Abbiamo parcheggiato davanti ad una tavola calda di Sioux Falls, che stando al cartellino appiccicato sulla porta, rimaneva aperta fino alle quattro del mattino.
Erano appena le undici di sera, quindi perché non approfittarne?
Siamo entrati.
Abbiamo ordinato ogni genere di cibo spazzatura, presente sul menù.
E della birra, naturalmente.

Poi Dean ha cominciato a parlare.
Forse, complice il cibo
O a causa della birra.
So solo che Dean ha iniziato a raccontarmi di tutte le cose orribili e non, che gli erano capitate in quegli ultimi anni.

Perché lui e suo fratello erano diventati cacciatori.
La morte di suo padre.
Il patto stretto con un demone dell'incrocio, per far tornare in vita Sam.
La sua morte.
Il suo ritorno all'inferno.
Sam che si getta nella gabbia infernale insieme a Michele, per scongiurare la venuta dell'Apocalisse sulla terra.
Il ritorno di Sam.
Sam senza la sua anima.
Il suo tentativo fallito, di vivere una vita normale insieme a una donna di nome Lisa e al figlio di lei, Ben.
Sam e le allucinazioni.
Il tradimento di Castiel.

Dean parlava.
Ed io lo ascoltavo, in silenzio.
Senza interromperlo mai.

Ogni volta che Dean parlava, dando sfogo a tutta l'angoscia, la paura e la rabbia che lo tormentavano; era come se il macigno che aveva nel cuore, lentamente diminuisse di volume fino a rimpicciolirsi e infine sparire.
In quel momento capii di avere davanti a me una persona a dir poco meravigliosa e che dietro quella maschera da “duro”, si celava in realtà una persona che ne aveva davvero viste tante nella sua vita e che l'unica cosa che voleva era...un po' di pace.
Per se stesso.
E le persone che amava.
Dean aveva solo bisogno di qualcuno su cui poter contare, che lo sostenesse,e gli impedisse di dare di matto.
Soprattutto ora il mondo, rischiava di andare in malora per la seconda o terza volta.

Poi fu il mio turno di parlare.
Dean mi chiese di raccontargli della mia vita da “funambola giramondo”.
Ed io lo accontentai.
Raccontai a Dean della mia nascita.
Dei miei genitori, che non mi vollero tenere con loro.
Gli anni passati in orfanotrofio.
L'incontro con i miei genitori adottivi.
La scuola circense.
La caccia.

Dean ci rimase davvero molto male, quando gli rivelai che in realtà i costumi che noi acrobate indossiamo durante gli spettacoli, non erano affatto trasparenti come lui credeva ma era tutto merito delle luci.
Un'illusione ottica, insomma.
Non gli parlai della mia coda.
Perché?
Non conoscevo Dean, al punto tale da rivelargli una cosa così importante e “delicata”.
Era pur sempre un cacciatore di demoni e trovandosi davanti a ibrido umano-animale, avrebbe potuto considerarmi un mostro in piena regola e spararmi.
Vi posso assicurare che i proiettili di sale nel sedere, fanno davvero un gran male.
Esperienza personale-diretta.

Bobby è a conoscenza del mio segreto.
Mio padre gliene ha parlato tempo fa.
Ma chiedere un consiglio a lui è fuori discussione.
Avrei parlato a Dean della mia coda.
Ma non adesso.

Una serata bellissima.
Tutto perfetto.
E avrebbe continuato ad esserlo, se io non avessi deciso così, di punto in bianco, senza pensarci due volte di rivelare a Dean la verità, ovvero, che mi piaceva e anche tanto.
Lui stava bevendo la sua birra.
Io ho parlato proprio in quel momento, cogliendolo (probabilmente) di sorpresa.
Il risultato?
La birra che Dean stava bevendo, gli andò completamente di traverso facendolo (quasi) soffocare.

Io mi sono arrabbiata.
Un altro ragazzo al posto suo, si sarebbe sentito indubbiamente lusingato di fronte ad una simile rivelazione.
E lui invece...reagiva così?
Assurdo!
Mi sono alzata e furibonda me ne sono andata, dando prima una manata sulla schiena a Dean per farlo tornare a respirare in maniera normale.

Lui mi ha chiamato, dicendomi di aspettare e di tornare indietro.
Io però non l'ho minimamente ascoltato.
Ero furiosa, cos'altro potevo fare?
Me ne sono andata, ovvio.
Sono salita a bordo del mio maggiolone e sono tornata al circo, che nel frattempo aveva finito di allestire l'accampamento “da riposo”.

Andai a cercare mio fratello Ignacio nel suo caravan.
Lo trovai intento a “smanettare” con uno dei suoi assurdi marchingegni.
Come al solito.
Avevo bisogno di parlare con qualcuno.
E lui era da sempre il mio “consulente sentimentale” preferito.

“ - LO DETESTO! MI AUGURO CON TUTTO IL CUORE, CHE QUELLA BIRRA GLI VADI NUOVAMENTE DI TRAVERSO! - Esclamo furiosa entrando nel caravan di mio fratello, sbattendo rumorosamente la porta e facendo tremare pericolosamente le pareti e gli oggetti presenti sulle varie mensole -

- Hola sorellina! E' sempre un piacere per me ed i miei timpani vederti...- Mio fratello mi saluta sospirando, ormai abituato alla mia irruenza ma con una leggera punta di sarcasmo nella voce, mentre tiene fermo con entrambe le mani il suo tavolo da lavoro onde evitare che le sue “invenzioni geniali” si rovescino, finendo a terra -

- CREDEVO CHE LUI FOSSE DIVERSO. CHE MI PRENDESSE SUL SERIO! - Urlo completamente fuori di me per la rabbia, camminando avanti e indietro per l'intero caravan, e prendendo a pugni la parete di fronte a me -

- Posso sapere di chi stai parlando sorellina cara? - Chiede mio fratello mentre si aggira nervosamente in quella che è la sua casa, cercando di mettere al sicuro dalla mia furia distruttiva, tutte gli oggetti e le cianfrusaglie da lui ritenute fragili -

- Dean Winchester. Ecco di chi parlo! - Esclamo al limite dell'esasperazione, mentre mio fratello mi invita a sedermi davanti al suo tavolo di lavoro, porgendomi un bicchiere di succo di mela per calmarmi -

- Ah ma allora è tutto vero...lui ti piace. - Ignacio torna a sedersi dietro al suo tavolo da lavoro, rivolgendomi un'occhiatina maliziosa ben sapendo di aver centrato in pieno il suo bersaglio preferito: i miei sentimenti.

- Si mi piace, e allora? Scusa, ma tu come fai a saperlo? - Sbalordita guardo mio fratello, mentre porto alle labbra il bicchiere bevendo un sorso di succo di mela e facendo poi due respiri profondi nella vana speranza di tranquillizzarmi, onde evitare che mi venga un infarto -

- Anche i muri hanno le orecchie sorellina, ormai dovresti saperlo fin troppo bene no? Ma dimmi, cosa ti ha fatto quel povero ragazzo, per farsi detestare così tanto da te? - Chiede mio fratello, armandosi di un cacciavite con la punta quadrata e tornando ad occuparsi del suo ultimo marchingegno e alzando gli occhi al cielo in quanto io tendo spesso a dimenticare, che viviamo in un circo che le notizie corrono alla velocità del vento -

- Gli ho detto solo la verità, ovvero, che mi piaceva e molto anche.

- E lui?

- Ha rischiato di soffocarsi con una birra. Assurdo! - In preda ad una delle mie solite “esplosioni di rabbia” sbatto il bicchiere con dentro ancora buona parte del succo di mela, facendo traballare pericolosamente il tavolo su cui mio fratello sta lavorando. Il bicchiere per fortuna rimane intatto, ma Ignacio mi lancia un'occhiataccia come a dirmi “smettila o ti butto fuori da casa mia a calci nel sedere” -

- Lo hai colto di sorpresa, che ti aspettavi? Un bel sorriso e magari un bacio? - Chiede mio fratello con il suo solito velato sarcasmo, invitandomi però gentilmente a passargli una grossa pinza rosso sangue -

- Certo che no! Però...pensavo che la cosa gli avrebbe fatto piacere. Oppure poteva semplicemente dirmi, che non gli piacevo punto e basta. -Mormoro in un sussurro carico di tristezza, distogliendo lo sguardo da mio fratello e rivolgendolo altrove, in un punto indefinito della stanza -

- Dubito che potesse risponderti sorellina, stava soffocando.

- Insomma! Si può sapere da che parte stai? - Mi infiammo nuovamente di fronte all'aria saccente di mio fratello, di chi pensa di saperla tanto lunga, quando in realtà non sa un emerito accidenti di niente. Sono così furiosa, che avverto chiaramente le guance prendermi fuoco e colorarsi di un bellissimo rosso pomodoro-

- Dalla parte di nessuno dei due. Però devi capire una cosa Mina, ovvero, che di solito siamo noi uomini a prendere per primi l'iniziativa quando ci piace una ragazza e non il contrario. - Afferma mio fratello con il suo solito tono calmo e pacato, ben sapendo di toccare un tasto per me molto dolente, ovvero, quando è la donna in campo amoroso a prendere per prima l'iniziativa con un uomo -

- Ma per favore! Ha parlato il grande seduttore, Rodolfo Valentino. Che devo fare Ignacio? - Domando io dopo la mia ennesima esplosione di rabbia, guardando mio fratello con occhi supplichevoli, in quanto non voglio perdere Dean a causa del mio pessimo carattere -

- Chiedetevi scusa a vicenda. - Dichiara mio fratello alzando le braccia al cielo in segno di resa, come dire “ devo sempre dirti io quello che devo fare?” -

- Chiedergli scusa? Mi spieghi perché deve essere sempre la sottoscritta a fare il primo passo? - Non potendo credere alle parole che sono uscite dalla bocca di mio fratello, lo guardo alzandomi di scatto dalla sedia e questa cade a terra schiantandosi rovinosamente sul pavimento osservando spazientita Ignacio con le mani sui fianchi -

- Perché sei impulsiva, non pensi mai prima di agire ecco il motivo! Inoltre lo farai perché quel ragazzo ti piace sul serio, non è una semplice cotta e tu non vuoi perderlo. - Il tono di mio fratello da esasperato si è fatto stranamente dolce, così come il suo sguardo ben sapendo di aver colto nel segno - "

Odio Ignacio, quando ha ragione.
Ho un pessimo carattere, non lo nego.
Sono egocentrica.
Orgogliosa.
Impulsiva. Terribilmente impulsiva.
Dico sempre ciò che penso sempre e comunque.
Non mi interessa minimamente di ferire i sentimenti delle persone che ho di fronte a me.

Odio chi non è sincero.
Questo Dean lo ha capito fin dal inizio.
Ecco perché adesso è la fuori, e cerca di rimettere in sesto il motore del mio povero maggiolone.
Chissà se anche lui prova qualcosa per me?
Non lo so.
Io non voglio certo affrettare le cose o peggio ancora illudermi, che il mio interesse prima poi venga ricambiato.
Dean mi piace. E' vero.
Però è ancora troppo presto per parlare d'amore; sto bene con lui, mi è simpatico e andiamo abbastanza d'accordo ma questo non è sufficiente, almeno a me non basta per cominciare a parlare di “innamoramento”.

La crostata si è raffreddata.
Aiutandomi con una spatola la sistemo su un piatto piano di ceramica nera, infine la avvolgo dentro ad un grosso tovagliolo, annodando i quattro lembi in un bel fiocco.
Nulla di troppo appariscente, naturalmente.

Guardo fuori dalla finestra.
Dean è ancora alle prese con il motore della mia automobile.
Sylvie, una mia collega del circo con la puzza sotto il naso, reputa Dean un “rozzo villico”, ma per me non è affatto così.
Lui per me è...semplicemente adorabile.

Con la torta in mano, apro la porta del prefabbricato adibito a cucina, ed esco fuori all'aria aperta.
E' stato molto difficile per me, mettere da parte il mio orgoglio, andare da Dean e scusarmi.
Mi ha stupito. Devo ammetterlo.
Invece di arrabbiarsi o peggio, coprirmi di insulti, Dean mi ha in un certo senso “ripagato” con la mia stessa moneta.
Il baratto.
Lui rimetteva in sesto il mio “vecchio rottame” come lui affettuosamente aveva definito la mia automobile.
Io in cambio, per farmi perdonare, gli avrei cucinato una crostata.

Ha finito.
Lo guardo con un sorrisetto divertito stampato in faccia, mentre getta una chiave inglese piuttosto grossa dentro la cassetta degli attrezzi producendo un fracasso a dir poco infernale, e si lava le mani dentro ad un vecchio bidone di plastica blu adibito a lavandino per ripulirle dal grasso del motore.
Con la mano libera dalla torta, gli allungo un asciugamano color carota.
Lui lo afferra e mi ringrazia, mostrandomi un sorrisetto tra il divertito e l'ironico.
Valli a capire gli uomini!

Si volta ed io gli metto davanti agli occhi la sua “ricompensa”, sorridendo di fronte all'espressione a dir poco sbalordita che si palesa sul suo viso e al barlume di felicità che vedo passare nei suoi occhi verdi.
Basta così poco per vederlo sorridere.
Ed io voglio renderlo felice.
Ogni qual volta mi sarà possibile.

- Fa attenzione! E' ancora calda. - Affermo con convinzione, porgendo a Dean il piatto con dentro la crostata, e sorridendo di fronte all'espressione a dir poco disgustata che compare sul suo viso alla vista del fiocco -

- Sul serio l'hai cucinata tu? - Chiede Dean con fare sospettoso, tenendo il piatto con la mano destra mentre con la sinistra cerca di sbirciare attraverso il tovagliolo per sincerarsi che quella sia una crostata fatta in casa e non comprata in qualche negozio o stazione di servizio-

- Potrei offendermi lo sai? Io sono un'ottima cuoca, chiedi pure agli altri artisti del circo.- Fingendomi irritata, allontano la mano di Dean con un leggero schiaffetto mentre quest'ultimo osserva la sua ricompensa con sguardo cupido, tipico di una persona affamata -

- Accidenti, ma come siamo permalose. - Esclama Dean sospirando deluso, di dover rimandare la sua abbuffata a più tardi ma rivolgendomi un sorrisetto divertito, in quanto farmi innervosire sembra essere diventato uno dei suoi passatemi preferiti -

- Come sta il rottame? - Chiedo io, indicando il mio maggiolone e cambiando argomento in modo da distrarre Dean, dai suoi propositi “mangerecci”. -

- Cade a pezzi. Prima o poi dovrai sbarazzartene e scegliere un altro rottame con cui portare il tuo bel culetto a spasso per l'America. - Afferma Dean fiero di se stesso per essere riuscito ancora una volta a far ripartire la mia automobile, quanto altri meccanici al posto suo mi avrebbero consigliato già da tempo di farla demolire -

- Lo so, ma finché ho dalla mia parte un meccanico bravo come te, c'è ancora speranza no? -Mentre faccio questa domanda a Dean, allungo la mano destra e accarezzo il cofano sotto cui riposa il motore del mio maggiolone; il solo pensiero che un giorno dovrò dire addio a questo vecchio rottame è tale da farmi rattristare come non mai. -

- Sei troppo ottimista per essere una cacciatrice Mina. - Afferma Dean con velato sarcasmo, intuendo forse quali fossero i miei pensieri in quel momento, mentre osservavo con aria assorta il maggiolone -

- No, semplicemente non mi piace gettare la spugna senza prima combattere. - Distolgo lo sguardo dall'automobile e torno a guardare Dean, sorridendo convinta più che mai delle mie stesse parole -

Dean si appoggia all'impala.
Io rimango in piedi di fronte a lui.
Lo torta lasciata sul tetto dell'automobile, in attesa che si raffreddi del tutto.
I suoi occhi sono tristi, stanchi e pieni di dolore.
E' preoccupato per suo fratello.
Come dargli torto?

Vorrei abbracciarlo.
Dirgli che tutto, prima o poi si risolverà.
Ma stranamente non lo faccio.
Dean non è certo tipo da abbracci e altre smancerie simili.
O forse è solo paura di essere respinta.
Ed io...ci rimarrei male, lo so.

- Come sta Sam? - Domando all'improvviso, rivolgendomi a Dean e ponendo fine una volta per tutte a quell'assurdo silenzio che si era venuto a creare tra noi. Mi sistemo al suo fianco, vicino all'Impala poggiando il sedere sulla carrozzeria ma non in maniera eccessiva onde evitare di danneggiarla con il mio peso -

- Dice di stare bene. - Risponde Dean con tono stranamente calmo e pacato, incrociando le braccia al petto e osservandomi per un istante con fare “sospettoso” prima di riportare la sua attenzione su di me

-E tu gli credi? - La mia voce è ridotta a poco più che un sussurro, mentre facendo leva su tutto il mio coraggio, allungo la mano destra e la poso sulla spalla di Dean, in modo tale da fargli sentire per quanto possibile la mia vicinanza. -

- Vuoi la verità? No. - Replica Dean con amarezza ed io sobbalzo sia per l'emozione che per la sorpresa, quando avverto la sua mano posarsi alcuni istanti sulla mia, come a farmi intendere, che è grato di avermi al suo fianco in un momento così difficile per lui -

- Non devi perdere la speranza Dean; ora più che mai tuo fratello ha bisogno di te, di me, di tutti quanti noi e anche di Susan Spencer la “verginella. Sai, mia madre ha visto il futuro di Sam nelle sue carte. - Dean toglie la sua mano da sopra la mia ed io faccio la stessa cosa con la sua spalla, anche se con una certa riluttanza. Nel udire la parola tarocchi, vedo Dean alzare gli occhi al cielo, in quanto (come al solito) avevo fatto di testa mia, immischiandomi in qualcosa che mi riguardava solamente in parte -

- Lo sai benissimo, che io non credo alle cazzate che i medium da quattro soldi come tua madre dicono di vedere leggendo delle stupide carte. -Afferma Dean alquanto irritato da questa mia rivelazione, e infischiandosene altamente del fatto che stava insultando la donna che mi aveva in pratica salvato la vita -

- Hey modera il tono, stai parlando di mia madre! Invece dovresti, anche perché se proprio vuoi saperlo, mia madre è una vera medium, ha il dono della preveggenza e tutto ciò che scorge attraverso la lettura dei tarocchi “stranamente” si avvera”. - Esclamo io, cominciando subito a “prende fuoco” di fronte all'ostilità che Dean mi sta dimostrando; io e la mia famiglia stiamo facendo il possibile per aiutare lui e Sam, ed ecco il ringraziamento -

- Si certo, come no! Il futuro del mondo è in mano alla fata turchina e al mago di Oz.

- Tuo fratello ha davanti a se un cammino lungo e tortuoso, dovrà superare una grande prova forse la più dura della sua vita. - Affermo io con ferrea convinzione, recitando quasi a memoria le parole pronunciate da mia madre; e Dean mi osserva con uno sguardo tra l'esasperato e il furioso. -

- Tutto qua? Fantastico! - Replica Dean con crudele sarcasmo, appoggiando la fronte contro il palmo della sua mano sinistra e sospirando -

- Le carte non hanno sempre tutte le risposte, a volte mostrano tutto e altre volte niente. - Decisa più che mai a non darmi per vinta, affronto Dean senza mai distogliere un solo istante lo sguardo da lui, decisa più che mai a convincerlo che “il dono” che mia madre possiede è autentico e non è una ciarlatana-

- E io dovrei credere alle parole di una mege... - Esclama Dean aprendo la bocca, pronto ad insultare per l'ennesima volta mia madre. So che in altre occasioni, non si permetterebbe mai di fare una cosa del genere; è la preoccupazione e la rabbia a farlo parlare così. Questo però non gli da certo il diritto di insultare mia madre affibbiandole epiteti che di certo non le appartengono -

- Si dovresti. Tieni. - Prima che la situazione degeneri, metto sotto agli occhi di Dean un bigliettino rettangolare di colore fucsia, tenendolo tra l'indice e il medio -

- Che cosa è? - Chiede Dean afferrando con un rapido movimento il bigliettino che gli porgo, e rivolgendomi un'occhiata fintamente sospettosa e un sorrisetto divertito che va a riflettersi anche nei suoi occhi. -

- Il mio numero. Si sa che noi cacciatori, dobbiamo sempre tenerci in contatto per ogni evenienza no? - Affermo io con un sorriso raggiante che va da una parte all'altra del mio viso, mentre vedo Dean sorridere, ormai “forse” rassegnato al fatto di avere davanti a se, una cacciatrice completamente fuori di testa...forse più di quanto lo sia lui -

Sono troppo ottimista, per essere una cacciatrice di demoni?
Forse.
Però è anche vero che sono molto ostinata e finché c'è ancora una speranza, io continuo a lottare con le unghie e con i denti fino allo stremo delle forze.

E' a questo che penso, mentre poco dopo, guardo Dean allontanarsi a bordo della sua Impala per tornare a casa di Bobby.
Una nuova guerra sta per cominciare.
Non sappiamo se il nemico da combattere sia questo nuovo Dio di nome Castiel.
Sam, con il muro nella sua testa che piano piano sta crollando?
Oppure qualcosa di nuovo e terribile, che si agita nell'oscurità?

Si avvicinano tempo oscuri.
Così mia madre ha visto, grazie al suo dono della preveggenza.
In mezzo a tanta disperazione però ha scorto anche un barlume di speranza, in grado di dissipare anche il male più oscuro.
Devo crederle?
Io si ci credo e prima o poi anche Dean finirà con il crederci.
Ne sono certa.
 
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