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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto Shippuden
Titolo Fanfic: STRIGOI - THE BLOODY MOON
Genere: Sentimentale, Romantico, Horror, Erotico, Soprannaturale, Dark
Rating: Vietato Minori 18 anni
Avviso: OOC, AU, Lemon
Autore: omega91 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 11/06/2012 22:09:54 (ultimo inserimento: 19/07/14)

Sakura ha fatto una scelta: è una Vampira, sa di appartenere al Diavolo. Ed arriverà fino all'impensabile: sfidare il Regno dei Cieli!
 
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DALLE TENEBRE E COL SANGUE
- Capitolo 1° -

Prima fanfic: https://www.manga.it/fanfic/view.php?c=131433

Freddo.
Non ricordava che a Londra ce ne fosse mai stato così tanto, si pentì di non aver approfittato un di più della diligenza tassista solo per un piccolo risparmio. Adesso la strada che lo separava da casa doveva essere percorsa a piedi, breve ma gelida. Si rassegnò a intraprenderla, stringendosi quanto più possibile nel cappotto, non abbastanza pesante da alleviare di molto il sentore del gelo che attraversava il tessuto e arrivava fino alla pelle. Decise che, appena arrivato a casa, prima di riposare avrebbe trovato un po' di caldo conforto davanti al camino... non certo nel letto con quell'indisposta di sua moglie.
Trovò un modo per accorciare il percorso, gli sarebbe bastato attraversare il vicolo in fondo alla strada e avrebbe tagliato considerevolmente. Certo, in un buio che non incuteva poca soggezione, la luce del lampione era già lampeggiante per un suo difetto e arrivava a malapena a sfiorare gli spigoli degli edifici. Il timore di incontrare un borseggiatore, o peggio, lo indusse momentaneamente a esitare; poteva esserci gente molto pericolosa in giro. Come quell'assassino, il famigerato carnefice Van Helsing, che, a detta dei media, dopo diverso tempo dal giorno in cui era scivolato via dalle mani delle autorità di Venezia non era stato ancora catturato ed era ancora libero in giro per l'Europa. Si diceva che l'ultimo avvistamento fosse stato a Berlino, ma questo già risaliva a circa sei mesi addietro... e da allora non si era più sentito parlare di lui né di suoi altri delitti. Alcuni presumevano fosse morto. Sperando che fosse davvero così, si decise a imboccare il vicolo, esortato dall'intirizzimento che prometteva di fargli presto perdere sensibilità nei piedi. Arrivò in fondo alla strada e si addentrò nel vicolo, accolto dal buio e dal puzzo di sporcizia (a circa metà del vicolo pensò persino di aver sentito l'odore della putrefazione mortifera di un cadavere, ma accantonò subito la possibilità e il pensiero), per non parlare della presenza di ratti. Cominciando a dubitare che fosse stata una scelta saggia, affrettò il passo per uscire in fretta da quella via angusta.
A un certo punto sentì il freddo intensificarsi improvvisamente, tanto che persino il fiato si raffreddava in una condensa che prima non emetteva. Ancor più del gelo, ebbe il sentore che in quel vicolo non fosse completamente solo, presentimento che fu scaturito dai ratti nel vicolo che, a giudicare dai versi e dal collettivo zampettare, si erano stranamente agitati e cercavano di nascondersi dalla causa di quel turbamento. Si domandò se dovesse imitarli e allontanarsi in fretta da lì, nutriva seri dubbi che fosse stato il suo passaggio a spaventare così tanto quegli animali di fogna. I dubbi divennero certezza quando sobbalzò al sentire qualcosa che si era mosso all'interno del vicolo, come un rapido e rumoroso movimento nell'aria che lo fece istintivamente voltare per scoprirne la fonte. Se questa c'era, doveva essere completamente immersa e invisibile nell'oscurità della via, oppure non c'era affatto.
Si diede un contegno e ritrovò il dominio di sé, assicurandosi che si lasciava soltanto suggestionare dalla tetra atmosfera del posto. A pensarci bene, però, quando mai era stato un tipo così facilmente suggestionabile? E perché, se tutto ciò era solo un'impressione, quel gelo era aumentato al punto da dargli un'inquietante sensazione di macabro? Stabilì che sarebbe stato molto meglio non cercare risposte a questi interrogativi, ancor più lo sarebbe stato darsi una mossa e riprendere a camminare. Questo fece, avanzando di alcuni passi verso lo sbocco nell'altra parte della strada, per poi fermarsi nel notare che, come aveva percepito, non era proprio solo e che una figura silenziosa stava in piedi proprio alla fine del vicolo. La luce che giungeva fino a lì non permetteva di scorgerne subito i particolari, tuttavia i suoi contorni femminili erano piuttosto identificativi, come il rigonfiamento della gonna che svelava, sotto di essa, una crinolina signorile, per non parlare del cappello evidentemente largo. Si vedeva che era girata in modo tale da averla di fronte, quasi sembrava attendesse solo che si avvicinasse. Seppur titubante, l'uomo fece così, pensando di andare avanti e oltrepassare la signorina limitandosi a un educato saluto serale. Tuttavia, man mano che si avvicinava, cominciò a pensare che accontentarsi di quello sarebbe stato un vero peccato, perché il viso e l'aspetto della fanciulla si facevano più nitidi e mostravano una bellezza surreale e raggiante che, inconsciamente, fermarono i suoi passi e lo fecero rimanere a guardare con rapimento. Sotto quel cappello vi era il volto di una donna che le sorrideva così lascivamente da dare l'impressione che si trattasse di una giovane dea della bellezza, la pelle così liscia e splendente da far pensare che fosse vellutata al tocco, occhi che erano di un intenso colore verde e che parevano capaci di catturare lo sguardo di una persona proprio come fossero smeraldi luccicanti, le labbra sorridenti erano boccioli di una rosa rossa che lasciavano intravedere denti perfettamente bianchi, i capelli erano di un delicato rosa incantevole e poggiavano con grazia sulle spalle.
E il corpo... neanche quello mancava di una grazia voluttuosa celata sotto un vestito moiré color rosso, con uno stretto collo alto di merletto che incorniciava un decolleté alquanto audace, mostrando i principi di due linee curve separate dalla nuda conca dello sterno, esposte in buona parte e poi celate sotto il tessuto. Pensò anche che la pelle, di un chiarore così intenso da potersi vedere anche nel buio, avesse una luminescenza propria... ma poi concluse che fosse un effetto ottico derivato dalla luce proveniente dalla strada di fronte.
"Buonasera."
Il saluto della donna lo aiutò a riprendersi, resosi conto che tutto quello splendore lo aveva incantato, e non fu da meno la voce che gli parlava dandogli lo stesso rapimento infuso dal canto di una sirena. Per lunghi istanti non fu capace di elaborare una risposta, non uscì nulla dalla bocca rimasta schiusa.
Nel sorriso della giovane era compreso anche il compiacimento nell'essere ammirata così e nel causargli tanto piacevole stupore. Anch'ella guardava la persona che aveva davanti ma con un interesse diverso, studiandone la figura per capire ad intuito qualcosa in più su di lui, oltre al fatto che, nonostante fosse già in mezza età, vigoroso e, sicuramente, di aspetto attraente sotto quegli strati di camicia, panciotto e giacca scura. E quel così irresistibile odore proveniente da ancor più in profondità: l'odore del fiume rosso sotto la pelle...
"Oh...!" l'uomo riprese padronanza di sé, seppur dopo un istante imprecisamente lungo "Buonasera a voi."
La ripresa era resa ancora incompleta dall'incapacità di togliere del tutto gli occhi da quello splendore surreale. Solo gli occhi erano capaci di tanta attrazione, più di tutto il resto del corpo, di un verde così chiaro, acquoso e particolarmente nitido anche nell'intensa penombra. Fece qualche tentativo per non fissarla di continuo in viso e con maleducazione, seppur prevaricasse maggiormente il desiderio di mettere da parte i concetti educativi e non smettere di guardare quegli occhi così splendidi. Senza far venir meno quella mezzaluna che era il suo sorriso suadente, lei giunse a una certa distanza fittizia e gli parlò con voce vogliosa.
"Lei ha tutta l'aria di essere molto provato dalla giornata, mio caro signore. Sono certa che un po' di buona compagnia non potrà che giovarle."
L'atteggiamento di lui divenne di un improvviso imbarazzo. Nonostante lo sgomento causato dall'approccio che andava molto oltre la confidenza, cercò di mantenere un contegno ma ottenne per lo più l'effetto di far risaltare di più quanto fosse impacciato.
"Siete... siete cortese a offrirmi tanto, signorina, ma non posso davvero trattenermi. Mia moglie mi attende a casa e..."
"Non da sveglia, questo è indubbio." lo interruppe, leggermente divertita dall'atteggiamento goffo del suo adescato "E ancor più sicuramente, non ben disposta ad accogliervi col caldo che meritereste nel vostro letto... e fra le sue gambe."
Ridacchiò per la sua stessa battuta ardita che invece colse nel segno il signore, colpito da come lei riuscisse a vedere così bene la frustrazione dovuta al pessimo rapporto che aveva con la coniuge nel talamo nuziale. Lei cambiò approccio, smettendo di dilettarsi, seppur solo lievemente, di quelle sue sfortune e avvicinandosi al suo volto, la voce quasi ridotta a sussurri soffusi emananti caldi respiri che lo accarezzavano. A quella vicinanza dalla quale non aveva la forza di ritrarsi, tornò a essere sottomesso sempre più al magnetismo di quegli occhi, tanto prossimi che parevano ingrandirsi e occupargli quasi interamente il campo visivo.
"Ti darò io ciò che ti è così tanto negato solo per la negligenza di una donna che viene meno ai suoi doveri di moglie. Tutto ciò che devi fare..."
Cominciò a dare segni di cedimento, piccoli sospiri che emanavano il suo bisogno di abbandono e di ricevere ciò che gli veniva proposto.
"... è lasciarti andare."
Lo fece con gioia. Con un sospiro che mostrò la sua felicità di potersi liberare da ogni inibizione, prese possesso di quella labbra così invitanti, baciandole senza freni e senza più pensare al vincolo matrimoniale. In fondo, come poteva sua moglie pretendere che le rimanesse sempre fedele quando lei stessa non si prestava ad appagarlo? Mosse le mani dappertutto sulla giovane, che fu compiaciuta dall'ardore che la sua ipnosi aveva risvegliato, piegò la bocca in un sorriso di gioco e malizia mentre era ancora baciata. Avrebbe voluto deliziarsi ancora un po' per quel contatto, tuttavia sapeva che, se non l'avesse momentaneamente fermato, si sarebbe spinto parecchio oltre; ancora non era il momento e men che meno il luogo adatto. Si ritrasse dal bacio e tenne a freno la bocca del compagno poggiandovi due dita, essendo egli confuso e contrariato dall'interruzione improvvisa dopo essere stato tanto tentato e avendo cercato di riappropriarsi di lei.
"Si calmi. Non vorrà consumare tutto così in fretta, spero."
La notte era ancora lunga, questo era ciò che assicurava con lo sguardo colmo di promesse. Gli diede le spalle e fece per uscire dal vicolo, certa che sarebbe stata immediatamente seguita. Fu così, l'uomo le andò dietro nell'ansia di provare le sue grazie. Aveva compreso che voleva portarlo in un altro posto per mantenere quanto promesso, per questo fu perplesso quando la vide fermarsi sul ciglio della strada e guardare qualcosa che stava alla sua destra, verso il muro dell'edificio.
"Signor Hopkins, scusate l'attesa." disse "Mi avete reso un grande favore inviandomi il vostro notaio fino in Transilvania, è tempo che vi ripaghi come si deve."
Il signor Hopkins da lei menzionato era un signore che stava in piedi sul marciapiede, fermo in posizione neutra. Era un uomo di età portata piuttosto avanti, segno di una lunga esperienza nel suo lavoro di rilevante importanza e che, qualunque fosse, aveva appagato pienamente la donna e questa assicurava un pagamento molto simile a quello promesso a lui. La sua espressione, però, era assente, persa a fissare il vuoto. Avrebbe detto che stesse dormendo in piedi e a occhi aperti, tuttavia rispose al richiamo e anch'egli si accinse ad andar dietro alla giovane, che sembrava avere il comando sull'uomo per mezzo della stessa magia suadente utilizzata su di lui.
Quindi avrebbe dovuto condividere quella giovane così graziosa e seducente con qualcun altro, pensò. Ne fu leggermente contrariato, avrebbe preferito che una tale bellezza fosse soltanto sua ma, per qualche motivo insondabile, non trovava la forza di contestare questa decisione; la sua stessa volontà sembrava esser stata soppiantata dal desiderio, si scoprì anche disposto ad assecondare la sua fantasia perversa di ricevere due uomini in una sola volta.
Si lasciò portare avanti dalla sua guida, sia lui che Hopkins; andarono a piedi, stranamente, senza attendere alcuna diligenza. Non disse loro nulla su quale fosse il posto in cui intendeva portarli e che riteneva più adatto a trascorrere il loro incontro, né uno dei due lo chiese. Tutto quello che fecero fu camminare seguendo solo la direzione dei suoi passi, aveva afferrato un braccio accompagnatore a tutti e due e le stavano affiancati, pur sembrando che fosse lei ad accompagnarli anziché il contrario.
Mentre camminarono immersi nel buio e nel gelo autunnali, cominciò a essere più evidente che stessero allontanandosi sempre più dai quartieri più popolati della città, raggiungendone uno meno frequentato. Sul ciglio della strada, un palo era debolmente illuminato dalla luce intermittente del lampione, permettendo di scorgere le lettere incise sul metallo che assegnavano il nome al distretto: Purfleet.
Non era certo noto per avere qualcosa di così particolare che valesse la pena di visitare, non vantava neanche molte costruzioni decentemente abitabili o comunque adibite a uso civile. Solo entrando nel quartiere, sulla sinistra si scorgevano i cancelli e le inferriate di un cimitero, oltre le quali le sagome nere delle edicole funerarie risaltavano appena contro il cielo buio. A diversi passi più avanti, in fondo al viale, vi erano ben poche costruzioni, solo due di esse erano site in proprietà affiancate: la prima di esse sembrava un vecchio mulino fatiscente, le assi di legno sul portico e sulle pareti portavano i segni dell'abbandono e dell'usura del tempo, si poteva vedere anche come l'erba del cortile mancasse a lungo di adeguate cure botaniche e fosse lasciata a rinsecchire fino a divenire un prato di sterpaglie.
La seconda casa era di più recente costruzione, il cortile separato da quello vicino tramite un muro di mattoni e siepi. Avrebbe avuto l'aspetto di un'agiata dimora molto più adatta a viverci, se solo le finestre più alte non fossero state chiuse con delle sbarre che identificavano chiaramente il posto come un manicomio. Molto più probabilmente, era il posto dove la donna intendeva condurli, magari accogliendoli in una stanza calda.
Invece, con una certa sorpresa, deviò il cammino e fece per avvicinarsi al cancello di ferro ossidato dell'abitazione adiacente, che si aprì con un lamento metallico. Li condusse dentro, attraverso il cortile incolto, fino alla porta di legno grigio e marcio. Prima che l'aprisse gli liberò il braccio per afferrare una lanterna a olio appesa a un apposito gancio sullo stipite, pur mostrando di non aver nulla per accenderla; fece comunque passare una mano sopra l'apertura del coccio, come se l'accarezzasse senza toccarlo veramente... e in un modo che trasgrediva ogni logica, la fiamma interna si accese! Il fenomeno gli tolse il fiato per un lungo momento, durante il quale cercò di dare a se stesso una spiegazione razionale a quella stranezza. Non ci riuscì e si arrese sospirando.
L'alone di luce emanato dalla fiammella rischiarò la porta, mostrando che su di essa vi erano delle lettere d'ottone che, insieme con alcune altre che erano cadute ed erano andate perdute, formavano il nome della proprietà, ora illeggibile. Quando la loro ospite ebbe infilato la chiave e aperto la porta, accolse i due in un ingresso così ampio da occupare quasi interamente il piano terra, colmo di un'oscurità che una cupa atmosfera tetra regnava sul posto. Non si era mai vista tanta polvere raccolta in un solo posto, copriva anche il tappeto sul pavimento insieme a uno spesso strato di sporcizia. Davanti all'entrata si presentavano delle scale conducenti al piano superiore, di legno consumato come tutto il resto, delle lampade logore erano poste sul corrimano, proprio sull'angolo dove la rampa girava a destra per portare sul pianerottolo superiore, aventi un tempo il compito di dare luce insieme al lampadario di cristallo impolverato pendente dal soffitto. Le finestre erano state sprangate con delle assi, ma anche attraverso queste il rumore del vento penetrava fino all'interno, tanto sembrava molto più a lamenti inumani così che era come se la casa stessa sospirasse in modo così sofferente per la sua solitudine spezzata da quei tre intrusi. Eppure - pensiero che rese il tutto più inquietante - fuori nella notte da cui venivano finora non aveva soffiato un alito di vento.
Fra tutti i posti infinitamente migliori e più accoglienti che vi erano a Londra, era proprio lì che lei intendeva trascorrere la perversione del loro incontro? Così dimostrò di volere, si diresse verso le scale esortandoli a continuare a seguirla, invito che neanche stavolta ebbero la forza di contestare. Salirono sotto i gemiti del legno sotto i loro piedi, quasi c'era da temere che il prossimo gradino non potesse reggere e si sarebbe spezzato. Il piano superiore non era meno lugubre di quello terreno, il pianerottolo conduceva unicamente a una porta sulla parete di sinistra... no, la porta non esisteva nemmeno, il battente era stato staccato dai cardini e il passaggio era completamente aperto e accessibile. Oltre la soglia vi era una camera con un grosso letto dalle coperte velate dalla polvere, come il pavimento, il comodino in fondo alla camera e lo scrittoio a destra. La carta da parati era staccata dai muri in diversi punti e pendeva arrotolando su di sé, le pareti erano ornate di fitte e antiche ragnatele, alcune rotte dal peso della polvere accumulata.
Lo squallore non era da meno a quello già riscontrato finora, eppure non fu nulla che si dimostrò in grado di distogliere il signor Hopkins dalle sue brame. Preso da un improvviso impulso, si avventò sulla donna prendendola per i fianchi, come se stesse liberandosi dopo essersi trattenuto fino a quel momento. Lei non provò alcuna repulsione né fece qualcosa per allontanarlo, invece ridacchiò divertita da quell'intraprendenza, dalla voglia senza freni con cui l'uomo si era gettato a baciarle il collo, la toccava e cercava di armeggiare per privarla del vestito, quasi tentando di fare tutto quanto insieme... purché potesse immediatamente godere di quel corpo dalle grazie femminili così invitanti e così proibite. Quasi prevaricata dal peso del disperato amante, indietreggiò fino al letto e vi sprofondò sopra con tale getto da alzare due sbuffi di polvere disperdendo i granelli nell'aria già viziata. Afferrò i lembi del decolleté e, con uno strappo brutale, lo aprì rendendo la scollatura ancora più audace a scoprire i seni che, per quanto non fossero particolarmente rigogliosi, lo attirarono allo stesso modo di un fiore con l'ape: li baciò, quasi succhiando sulla pelle e sui capezzoli, con una tale foga da divertire di più la sua compagna. Le tolse via il vestito attraverso le gambe, scoprendo che i suoi segreti non erano protetti dalla biancheria vittoriana, rimase come ipnotizzato ad ammirare lo spettacolo di nuda bellezza che gli veniva presentato.
Oh, le forme non erano prosperose, ma che curve sublimi le disegnavano il corpo, sui fianchi e alle gambe! E la pelle, così vellutata al tatto, splendeva di una fosforescenza angelica propria, capace di catturare ogni suo osservatore come fosse una falena, dando ancor più la convinzione di trovarsi davanti a bellezza e graziosità sovrannaturali. Lasciandosi guardare in quel modo, rendendolo incapace di distoglierlo da questo, la ragazza ridacchiò e aprì le gambe mostrando il suo segreto roseo, ne diede la visione anche al secondo amante, finora rimasto ancora incerto sul posto. Lo guardò con degli occhi e dei sorrisi emananti un invito che non poteva rifiutare, ansiosa di accoglierlo... ma Hopkins pretese di essere il primo a prenderla per sé. Senza perdere tempo a levarsi completamente gli abiti, sfilò la cinta e abbassò i pantaloni quanto bastasse a rivelare un membro innegabilmente eretto; lo avvicinò al triangolo pubico e, in un solo colpo, lo dilatò penetrando completamente, facendo gridare la partner dal piacere e dalla sorpresa.
"Aah!"
Solo dopo un momento necessario ad abituarsi alla presenza che l'avvolgeva, afferrò i fianchi e prese a spingere, con tale convulsione da far credere che stesse sfogando tutti gli istinti di un animale.
[lì dentro l'animale non era lui]
A ogni affondo i bacini premettero l'uno sull'altro, generando suoni regolari di pelle contro pelle e gemiti non trattenuti della donna. Questa, per aumentare il piacere del partner, chiuse la base del membro in un anello fatto con le dita, ottenne l'effetto cercato e favorì il crescendo del calore estatico all'interno del suo corpo freddo.
Penetrava incessantemente, selvaggiamente, ma il signor Hopkins sembrava fosse sospeso in perpetuo in quel vuoto di piacere sognante, incapace di arrivare fino alla fine se non dopo lungo tempo, troppo. Lei, invece, bramava di vivere immediatamente quell'istante capace di trasportarla sulle vette più alte della goduria, anche solo per quell'attimo fugace. La sua carne era fredda e aveva bisogno di caldo... di fuoco!
Costrinse Hopkins a fermarsi e separò i sessi. Cambiò di posizione, sì da sovrastarlo e da accarezzare il dorso dell'erezione con le labbra del pube per sovreccitarsi. Lo tenne alzato per consentire una nuova penetrazione e stavolta fu lei che si accinse a prenderlo... ma prima di farlo, si girò e gettò un'occhiata all'uomo rimasto in fondo alla stanza, un'occhiata che riproponeva l'esortazione lasciva di prima, gli chiedeva di unirsi a lei insieme al signor Hopkins. Fino ad ora non si era mosso da lì, bloccato dai dubbi continui e dal turbamento provocato da quella casa tanto inquietante, vecchia e logora, attraversata da quegli spifferi senza fonte che suonavano così tetramente simili a lamenti spiritici, il letto stesso sembrava sul punto di cedere tanto che era sottoposto al peso dei due compagni sessuali in foga. Ma nonostante questo, guardare di nuovo quella Venere negli occhi fu sufficiente a renderlo dimentico di ciò e a fargli vivere nella mente il solo pensiero di tutte le calde promesse fattegli in quel vicolo di strada che non vedeva l'ora di vedere mantenute. Così, decidendo di aver indugiato abbastanza, si fece avanti ed emulò Hopkins. Salì sul letto, ignorando il gemere del legno sotto il peso di tutti e tre, si pose alle spalle di lei e scoprì anche la sua virilità turgida abbassando solo i pantaloni fino alle natiche. Troppo ansioso perché attendesse che il compagno terminasse di avere il fulcro femminile, le afferrò i fianchi e si appropriò dell'altro orifizio. La ragazza gridò, posseduta e penetrata in entrambi gli sfinteri da due uomini insieme, soddisfacendo così la sua fantasia erotica, intrappolata con gioia fra i due uomini e permissiva nel lasciare che le loro mani si intrattenessero con i seni e le curve.
"AAH! AAH!"
Urlò a ogni penetrazione simultanea con la bocca aperta in un largo sorriso sulla faccia, gridando suppliche perché facessero con più forza. Gli occhi chiusi, rivolti al soffitto e oltre la portata visiva dei due amanti, si aprirono e mostrarono il verde intriso di una leggera sfumatura rossa che si rendeva sempre più nitida e diventava il colore dominante, come se il sangue stesse salendo fino a lì: gioendo appieno per quella perversione, pregustò il momento dell'amplesso che avrebbe preceduto quello per colpire! Quando l'unione fra i tre corpi in un solo essere raggiunse l'apice, gettò un ultimo grido piegando la testa sulla spalla dell'uomo dietro, che insieme all'altro condivise con lei quell'estasi.
"AAAAHH!"
Così, privata della ragione e mossa dalla sola fame, fu sul punto di scoprire i denti letali e affondarli nella carne di Hopkins con ferocia canina. Pregustò già il sapore del sangue sublimato fino all'ambrosia grazie all'amplesso sessuale... ma si fermò di colpo.
Paralizzata dallo stupore immane, guardò con gli occhi sgranati quel volto che era improvvisamente cambiato, diventato quello di un altro, più giovane, i capelli di un nero splendente come l'onice, tanto quanto le fosse scure e ipnotiche che erano i suoi occhi. E quel viso cereo, dal fascino così trascendente, un'infinità di bellezza virile ultraterrena... la guardava, ubriaco per il piacere arrecatogli ma non meno attraente dell'ultima volta che l'aveva visto.
Era tornato! Come, non lo sapeva, ma aveva fatto ritorno dall'Ade ed era giunto da lei. Era lì a tenerla fra le braccia possenti e marmoree, a toccarla con le mani forti ma dolcemente bramose, a possedere il suo corpo con la carne resa fredda dalla morte e in cerca del calore ardente conferito dalla passione condivisa fra loro due amanti. Si abbandonò con un sospiro felice a quell'abbraccio, trovò il conforto che le cancellò tutto il dolore sofferto in quei mesi da quando l'aveva tenuto fra le braccia mentre spirava. Quello di lui era un aspetto meraviglioso velato da un alone di oscurità che lo rendeva un tenebroso dannato, uno splendente angelo della dannazione, il suo demone seduttore.
Suo. Lo sarebbe stato per tutta l'eternità ed ella di rimando, come si erano giurati sulla di lei morte. Invece il suo risveglio aveva visto lo spegnersi del suo uomo, per sempre e contro la volontà di tutti e due. Ora che le riappariva davanti ancora una volta, non ebbe nessuna intenzione di lasciarselo portare via. Si discostò dal suo torace per guardarlo in volto col sorriso colmo di una felicità a lungo dimenticata.
Ingannevole, però. Presto la mente rivelò l'illusione, un'allucinazione causatale dall'amplesso del doppio rapporto: il viso che stava guardando non era più quello di colui che credeva resuscitato dalla morte, era tornato a essere quello del semplice mortale a cui si era concessa. Non era chi aveva pensato, questo lo scoprì con una profonda amarezza che non aveva consolazione. A questa seguì la consapevolezza di essersi lasciata ingenuamente incantare dall'illusione che non aveva fatto altro che riesumarle e accrescerle il dolore, scatenando così una nuova reazione, quella finale: l'espressione si contorse per la rabbia con cui adesso osservava l'uomo disteso sotto di sé, uscito da quel vortice di goduria sognante, gli occhi le diventarono di un rosso così intenso da essere luci sanguinolente nel buio. Circondò il collo di Hopkins con la presa fulminea di una sola mano, stringendo con tale forza da togliergli immediatamente il respiro. Il viso dell'uomo divenne subito paonazzo, boccheggiò, gli occhi spalancati e finalmente svegli dall'ipnosi della seduzione, rendendolo consapevole del pericolo mortale ma già impossibilitato a salvarsi.
Ancor più che strangolarlo, capì che la sua assassina era intenzionata a lacerargli carne e trachea affondando le unghie inverosimilmente appuntite, anche fino a staccargli la testa. Il sangue che non salì al cervello uscì in una fontana di piccoli schizzi dalle piaghe, la donna ne fu macchiata senza fare una piega, ne zampillò fuori così tanto da far cedere ogni sua resistenza già vana e segnarne l'inesorabile fine; cionondimeno, non accennò a fermarsi finché le dita non affondarono completamente nel collo, uscendone poi insanguinate fino alle nocche mentre gettavano a terra il cadavere. Lo guardò con tutto l'odio di cui era capace, come se lo condannasse di essersi fatto vedere ai suoi occhi, seppur involontariamente e senza che lo sapesse, come l'amato Principe perduto.
Si voltò, ricordandosi dell'altro uomo con cui si era intrattenuta e che aveva preso le distanze fino in fondo alla stanza dopo esser stato testimone della brutalità nascosta sotto tutta quella falsa grazia. Era contro la parete, tremava e farfugliava nel terrore e nell'incredulità di ciò che aveva visto: aveva creduto che si trattasse di un'incantevole ninfa e invece si era scoperta una gorgone letale. Questa, irragionevolmente, ebbe deciso di sfogarsi anche su di lui ma il suo solo avvicinarsi bastò a galvanizzarlo e a indurlo a scappare da quella casa che, come aveva percepito, era un covo di demoni. Uscì dalla stanza fino al pianerottolo, quasi osando sperare che potesse davvero raggiungere la porta all'ingresso e fuggire... invece, ancor prima di raggiungere le scale, fu travolto alle spalle da un vento dirompente sorto improvvisamente dentro la casa stessa, talmente forte da sollevarlo da terra e farlo cadere spezzando il parapetto di legno marcio. Gridò per i brevi secondi in cui ebbe la sensazione di precipitare, finché il pavimento del piano terra non lo accolse con un impatto tanto duro da avere difficoltà a credere che non si fosse rotto l'osso del collo sul colpo: il dolore che gli scosse tutto il corpo gli confermava che era sospeso tra vita e morte.
Udì il tonfo di qualcosa che si era poggiato sul pavimento, proprio davanti a lui. Sforzandosi di aprire gli occhi, vide di stare rannicchiato ai piedi della donna demoniaca, ancora nuda nella sua bellezza letale. Incrociò il suo sguardo, ancora rosso e furente, la vide abbassarsi e gli fu stretto il collo allo stesso modo di Hopkins, ma solamente per alzarlo fino a togliergli il suolo da sotto i piedi e metterlo con violenza contro il muro. Pose la mano sul suo torace con tale veemenza che le unghie affondarono nella pelle come minuscoli coltelli, straziandogli la carne e alzando fiotti di sangue che raggiunsero la parete. Sopra di questa vi erano le loro ombre che si agitavano, l'una intenta a macellare l'altra e a farla gridare come fosse un maiale scannato.

Sakura scostò la tenda parzialmente strappata e si affacciò alla luce della luna, non dando importanza al fatto di essere nuda come il giorno in cui era nata, coperta sul viso da schizzi di fluido rosso e sul busto da una spessa scia che scendeva lungo il corpo fino alle gambe. Aveva ceduto alla rabbia rinunciando alla fame, era sempre stata convinta che quella sarebbe stata la destinazione finale di qualsiasi forte emozione provasse, buona o malevola che fosse.
Pianse, perché il dolore tornò a riemergere. Adesso che la collera era stata sfogata, non le rimaneva nient'altro che quello. Nulla più, se non continuare ad andare avanti nell'intento, anche a costo di uccidere chiunque si mettesse davanti come ostacolo (come quell'uomo che nel vicolo si era presentato come una specie di Santo Cavaliere, un cacciatore di Vampiri, avendo creduto di trovarsi davanti una Vampira qualsiasi e invece ora il suo cadavere giaceva ancora lì dopo una morte violenta).
Era risorta dalle tenebre, doveva continuare con il sangue.
 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (5 voti, 5 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 5 commenti
Rif.Capitolo: 10
ryu59 - Voto:
04/08/13 13:58
Che bel cap... Nn vedo l\'ora di vedere il nuovo scontro naruto VS sakura XD
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franchina - Voto: 31/12/12 12:39
wow
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

Rif.Capitolo: 3
ryu59 - Voto:
07/07/12 09:10
È davvero fenomenale
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

Rif.Capitolo: 2
ryu59 - Voto:
21/06/12 13:25
lo sapevo che naruto non poteva essere morto
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

Rif.Capitolo: 1
ryu59 - Voto:
12/06/12 01:08
Che bel capitolo,già dal primo cap sono sicura che il continuo di "Strigoi" sarà spettacolare:-)
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
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