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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Digimon (Dejimon adobenchâ)
Titolo Fanfic: NOT SO LONELY
Genere: Romantico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, Shounen Ai
Autore: fallin galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/01/2012 14:37:34

durante una vacanza al mare, un'improvviso temporale fa tornare in mente a Takeru spiacevoli ricordi, ma qualcuno cercherà di farlo stare meglio...
 
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NOT SO LONELY
- Capitolo 1° -

Tic Tac, tic tac.
L’orologio sul piccolo comodino accanto al letto accompagna il frenetico movimento degli occhi.
Frugano lo spazio, inquieti, senza neanche un velo di stanchezza.
È sempre così nelle notti d’inverno, d’altronde.
Li spalanca quando una forte luce illumina la stanza.
Distingue il lampadario sopra di lui, le foto alle pareti, il volto di suo fratello diventa spettrale, lugubre.
È un lieve rumore giunge da fuori, prima che piccole goccioline inizino a picchiettare sulla finestra.


Takeru apre gli occhi, nel buio, combattendo freneticamente con il respiro nervoso e irregolare e il brivido che corre giù per la spina dorsale.

Con uno scatto repentino si libera del lenzuolo leggero che fino a qualche secondo prima gli copriva le gambe magre, tutto raggrinzito e attorcigliato. Le scruta, nervoso.
Nonostante sia piena estate proprio non riesce ad abbronzarle, neppure dopo ore e ore di pennichelle sotto il sole cocente di quella piccola località di mare, dove alcuni zii di Miyako le hanno concesso di ospitare il gruppo di digiprescelti.
Sembra però che quel maltempo imminente che minaccia il cielo, come può vedere dalla finestra, voglia rovinare quel piccolo week-end in spiaggia. Già immagina i piagnistei di Daisuke, e sorride.

Poi un lampo illumina a giorno la stanza, il sorriso si trasforma in una smorfia, un tuono scuote il tatami* e il biondino sussulta. Generalmente sono i temporali in fine autunno a spaventarlo, a braccetto con forti venti e il freddo, ma in quel momento può constatare che anche quelli estivi non sono da meno. Improvvisi, veloci, ma violenti. Inghiotte a vuoto, mentre la pioggia comincia a scrosciare sul vetro.


Lampi e tuoni, tuoni e lampi.

Un altro lampo, un altro tuono in lontananza, e stavolta una voce.
Saranno dei ladri?
Takeru, a quel pensiero, sgrana gli occhi e si volta verso Yamato, che continua a dormire beatamente.
Si chiede come riesce sempre ad essere calmo in qualsiasi situazione. Come può mascherare con tanta maestria ciò che prova davvero.

Stavolta due voci, nel soggiorno, scuotono la sua mente in contemplazione del fratello.
Fa cadere il piumone giù dal letto, e appoggia i piedini paffuti sul pavimento freddo.
Sgambetta verso la porta della camera e la apre, cercando di fare meno rumore possibile.
E quello che vede in soggiorno, gli fa raggelare il sangue.



- che stai facendo? – il biondino sussulta, a quella voce roca per il sonno, e per poco non inciampa nella sedia della cucina. Ha cercato di raggiungere il piccolo frigo della casetta cercando di non svegliare nessuno dei suoi compagni ma quella lampada rovesciata per terra non gli è stata d’aiuto.

Taichi lo scruta perplesso, inumidendo le labbra secche per il caldo, mentre lo vede reggersi ad uno spigolo dell’ angolo cottura e tenersi dritto.

- volevo un po’ d’acqua – risponde piccato, sotto lo sguardo nocciola, e indagatore, del moro.

- mettine un po’ anche a me. – il biondo annuisce e si volta verso la credenza, allungandosi verso i quattro bicchieri impilati. Si erge sulle punte, riuscendo però a sfiorare solo lo spigolo del ripiano. Si aggrappa così all’imposta e Taichi va immediatamente in suo aiuto, per evitare che rompa qualcos’altro.

Takeru si sposta indietro, e la testa cozza sul petto del più grande, che senza fatica prende i bicchieri. Non l’ha mai avuto così vicino e non può fare a meno di arrossire, ma non capisce se è perché sa di essere troppo basso rispetto alla norma o per qualcos’altro che non riesce a definire. L’altro lo guarda voltarsi e versare l’acqua nei due bicchieri che lui stesso sta reggendo a mezz’aria. Gli sorride per ringraziarlo e lo fissa mentre rimette tutto in ordine, cosa che appare strana ai suoi occhi. Lui, o anche Yamato, non si sarebbe mai sognato di lavare i bicchieri e impilarli lì dove erano prima. Takeru è così diverso dagli altri membri del gruppo, più posato, calmo, a volte persino più di Iori. Più intuitivo e scaltro di quanto vuole lasciare ad intendere, come se la sua scelta di vita fosse quella di cercare di rimanere il più possibile nell’ombra.

Non sa spiegarsi bene cosa prova, mentre lo sente accomodarsi sul divano, accanto a lui. Di una cosa però Taichi è certo. Quando è vicino a Takeru, sa di sentirti stupido.

- fa caldo, eh? – commenta, incerto.

- mh. – il più piccolo lo liquida così e si porta quel fresco bicchiere sulla fronte, in cerca di un po’ di refrigerio. Ecco, è questo che intende. Potrebbe sforzarsi di fare conversazione invece di limitarsi a fingere che non sia lì. Lo vede irrigidirsi visibilmente quando un tuono cade lì vicino e comincia ad irritarsi.

Taichi avrà pure tanti difetti, è impulsivo, egocentrico, aggressivo, impone le sue idee sugli altri, perde facilmente le staffe, ma di certo non si può dire che, di buon umore, non sia di compagnia. E in cuor suo, Taichi, per l’appunto, considera il silenzio del biondino un’offesa. E snervante.

Si volta di scatto verso la finestra quando l’ennesimo tuono si abbatte in tutta la sua potenza nelle vicinanze, e con la coda dell’occhio lo scorge appena, mentre appoggia il bicchiere sul tavolo, poi i gomiti sulle ginocchia e vi sorregge la testa.

- se ti do fastidio puoi anche dirmelo, così me ne vado. –

Un altro tuono sullo sfondo e Takeru sospira forte, dimentico completamente della presenza dell’altro. Poi sussulta e prende a guardarlo.

- scusa, non ti ascoltavo. Hai detto qualcosa? – Taichi per poco non cade giù dal divano. Non se l’è affatto immaginato, allora, lo sta apertamente ignorando!

- ho detto, che se ti do fastidio posso anche andarmene.- ripete, secco, tanto da far sgranare gli occhi al più piccolo accanto a lui.

- e perché mai dovresti darmi fastidio? –

- non lo so dimmelo tu. – il moro si stava davvero spazientendo.

- io non lo so, mi hai detto tu che forse mi stavi dando fastidio. - Takeru gli ribatte come se tutta la calma del mondo si fosse riversata dentro di lui, da far invidia al Buddha.

- perché mi sembrava fosse così, ovvio! –

- da che cosa ti sembrava? –

- da te! – la voce di Tai si fa, man mano che Takeru gli risponde, più stridula e sconvolta, mentre quella dell’altro sembra essere sempre più pacata.

- da me? –

- da te. –

- hai bevuto, Taichi? – quello si passa una mano tra i folti capelli, sbuffando. Sta per rispondergli finalmente male quando un lampo lo acceca per un istante e un tuono, con tutta la sua maestosità, sembra quasi scuotere la casa. A Taichi servono un po’ di istanti prima di abituarsi di nuovo al buio e il suo primo sguardo è rivolto a un Takeru che non si aspetta per niente.


Il primo sguardo si posa sulla valigia che troneggia sul tappeto del soggiorno.
È quella che papà usa per i viaggi di lavoro, pensa.
E infatti è li, ora, sulla soglia della cucina, che parlotta sommessamente con sua madre.
Natsuko** è lì davanti a lui, continua a scuotere la testa, come se stesse prendendo atto di un qualcosa di assurdo.
Si passa il dorso della mano sulla fronte e poi sugli occhi, e Tk si accorge subito che sta piangendo, perché è un po’ china su sé stessa, come se stesse portando sulle spalle un grande peso.
Adesso parla, sempre a bassa voce e il bambino non capisce bene cosa si stanno dicendo, al suo occhio esterno, sembra quasi che chiacchierino normalmente.
Ma una coppia sposata non chiacchiera tranquillamente alle due di notte, non una moglie in camicia da notte e un marito pronto per uscire, e una valigia pronta in salotto.
All’improvviso la madre volta la testa di lato, e suo padre sbotta in un’esclamazione nervosa e mal celata, tanto che Takeru si nasconde subito, spaventato.
E un altro tuono che cade.


Ha le mani pressate ai lati del capo, Takeru, come se non volesse ascoltare qualcosa, immerso in quel ricordo che per tanto è rimasto nascosto in un angolino del suo cuore, trema impercettibilmente, e strizza gli occhi fino a farsi venire le fitte alla testa. definire Taichi sorpreso, a quell’immagine, è inadatto. Sconvolto, forse gli si addice di più, a giudicare la sua espressione.

- s-stai bene? – domanda sporgendosi di più verso di lui, accompagnato da un altro tuono, un altro e un altro ancora. E in quel momento, mentre il biondino si curva, tremando, al ritmo di quel rombo che imperversa fuori la finestra, Taichi si accorge che la sua mente contorta lo ha preso in giro un'altra volta.

Takeru non lo sta ignorando, ma cerca soltanto di concentrarsi su altro. Ha semplicemente paura dei tuoni, e sentendo il fracasso che quella tempesta estiva sta facendo, non può dargli torto, almeno in quel momento. Un po’ gli viene da sorridere, perché ha trovato finalmente qualcosa che fa paura a Takeru, anche se avrebbe dovuto immaginarlo, e si lascia scappare un’espressione intenerita.

Con una calma che non crede di possedere, appoggia il bicchiere sul ripiano di fronte al piccolo divano e si sporge verso il ragazzino. Con una mano, si porta al petto quella testolina tremante e con l’altra lo avvolge in un tenero abbraccio, e subito lo sente rilassarsi.

- non ti piacciono i tuoni, Take? –

Takeru struscia la testa sul torace dell’altro in segno di diniego, passando le mani sotto le braccia di Taichi, stringendo poi la stoffa all’altezza delle spalle.

- va bene. Tranquillo. – il moro si sporge di più verso di lui e gli tira su le gambe su divano, di peso. Takeru si abbandona come un sacco di patate su quel corpo così diverso da quello di suo fratello. Non che non gli piaccia ovviamente, semplicemente, non è abituato.

Rimangono sdraiati sul divano, in silenzio, Taichi con la testa affondata nei capelli biondi, quasi bianchi, nella notte, di Takeru e l’altro che nasconde il viso imbarazzato nell’incavo della sua spalla.

Stanno bene così.


Si abbandona lentamente per terra, il piccolo Takeru, mentre piano piano le voci soffuse diventano urla, tanto da fare scuotere Yamato nel suo letto, anche se non si sveglia.
Si sporge un’altra volta dallo stipite proprio quando il rumore di uno schiaffo si diffonde nel soggiorno.
È stata sua madre, e ora suo papà e immobile, con la guancia arrossata e l’orgoglio in pezzi.
Con lentezza, afferra quel trolley e lo trascina verso la porta d’ingresso, incapace di dire qualcosa, e sua madre comincia ad urlare qualcosa, resa incomprensibile dalla voce troppo acuta.
La porta si apre, suo padre esce e se la richiude alle spalle, e poco dopo un sopramobile si infrange contro questa.
Natsuko corre nella camera da letto e la sente piangere e strepitare allo stesso tempo.
Si porta una mano alla guancia e si accorge di star piangendo anche lui.
Ha solo tre anni, non ha capito bene cos’è successo e in cuor suo sa che mai lo capirà.
Si accascia per terra, mentre le stille bagnano senza ritegno il parquet.
Suo padre si allontana su un taxi.
Yamato dorme finalmente tranquillo nell’altra stanza.
Sua madre è da sola.
Lui, è da solo.
E un tuono lo scuote.


- pioveva. –

Taichi si risveglia all’improvviso dal dormiveglia in cui è caduto, e rivolge la sua attenzione al biondo, che ancora non alza il viso dal suo petto. Saranno passate sì e no tre ore da quando si sono allungati.

- come? –

- pioveva quando mio padre se n’è andato. Pioveva. –

Il moro lo sente sospirare, libero da un peso quasi, ma non risponde. Perché sa che l’altro non ha bisogno di risposte, solo di quell’abbraccio.

Takeru sorride, nonostante stia piangendo, in piena rivisitazione di quel preciso momento in cui tutto è crollato, portandosi via un pezzo di sé stesso.

Se non fosse per il particolare che adesso, non è più tanto solo.




 
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