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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Digimon (Dejimon adobenchâ)
Titolo Fanfic: NEXT WAR HOME
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Avviso: AU
Autore: fallin galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/01/2012 14:12:31

Una guerra da combattere, un villaggio da salvare, un viaggio da compiere, una serie di circostanze (scherzi del destino, chissà)...
 
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SCHERZI DEL DESTINO
- Capitolo 1° -

Capitolo 1

Scherzi del destino



Shuukaze, pieno deserto


Ore 13:45



- stanno tornando. –
Hikari alzò gli occhi dalla lercia finestra e scoccò una veloce occhiata all’uomo seduto poco lontano, su una poltrona in legno dall’aspetto poco rassicurante e divorata dai tarli. La cornice della grande e impolverata stanza circostante gli conferì un aspetto ancora più lugubre, alla penombra causata dalle pesanti assi di legno che andavano a coprire quelle che una volta erano finestre, ora solo grossi e poco eleganti buchi sulle pareti in legno dell’ edificio diroccato posto proprio al centro del deserto.
- li hai visti dalla finestra? – Jyou accompagnò quella domanda alzandosi, la vecchia divisa militare grigia stropicciata nascosta dal mantello scuro sembrò ritrovare la gloria di un tempo, distendendosi.
- no. – prima che l’altra potesse aggiungere qualcosa, la porta del vecchio casolare si aprì, illuminando lo spazio in penombra, rivelando due figure e una montagna di polvere.
- ecco le provviste. – esordì entrando una ragazza alta e dai capelli ramati, trasportando due buste di carta stracolma di scatole e lattine.
- ci sono voluti due giorni di viaggio per raggiungere il confine, ma con questi siamo a posto per due mesi. – aggiunse lapidario un ragazzo biondo, alto quanto la sua compagna di viaggio, chiudendosi la porta alle spalle, dopa aver letteralmente mollato a terra le sue quattro pesanti buste.
- qualcosa da dichiarare, Takeru? – domandò Jyou, passandosi stancamente una mano tra i folti capelli turchesi.
- tutto tranquillo. – rispose con uno stanco gesto militare.
- fin troppo. – aggiunse Sora, l’altra ragazza. – a parte in emporio, non si è vista anima viva nemmeno in paese. Il proprietario ha detto che l’esercito ha dato l’ordine di rimanere in casa. –
- come mai a noi non è arrivato? – si intromise Hikari raggiungendo il terzetto all’ingresso.
- riguarderà solo lo stato di Onsen. Questo deserto è una terra di nessuno.- affermò Jyou, con un tono che sembrava voler chiudere il discorso.
- però noi siamo cittadini di Onsen – obiettò Hikari
- non lo siamo più da tempo, credimi. – e con quell’ultima frase , il discorso si chiuse.
- porto questa roba in cucina.- informò Sora ma non si mosse, sconsolata, alla vista dei pesanti sacchi. Lanciò una muta richiesta d’aiuto a Takeru, ma esausto, quello si era già buttato sulla poltrona.
- mi sa che sono troppo pesanti. – osservò Hikari con un sorriso.
- mi sa proprio. Chissà se quel dormiglione sta ancora dormendo, faccio portare tutto a lui. – rise Sora, poi prese a urlare: – Daisuke! Sveglia, mollaccione. Daisuke!-
In un batter d’occhio, si udì lo scalpiccio sulle scale e un alto ragazzo con una ribelle capigliatura castana, ancora più spettinata del solito si stagliò sullo stipite della porta che dava sul corridoio.
- hai chiamato? – biascicò con la voce impastata dal sonno.
- porteresti queste cose in cucina? le ho trascinate per tutto il deserto e capirai che sono un po’ stanca. – chiese con la voce più dolce che riuscì a tirare fuori, e in risposta il moro sbuffò.
- mi hai fatto alzare per questo? Mandaci Takeru! – scoccò un’occhiata al biondino che nel frattempo si era assopito sulla poltrona.
- ma se è già la seconda volta che si fa due giorni di cammino al posto tuo! Hai già saltato il tuo turno di spesa tre volte! – lo apostrofò Hikari, con un cipiglio che non ammetteva repliche, cosa che Daisuke tentò comunque.
- ma il deserto è grande…vabbè. Comunque, giusto in tempo per la colazione. –
- per il pranzo vorrai dire! Sono quasi le due! – un’ improvvisa voce squillante costrinse il moretto a tapparsi le orecchie con una smorfia.
- Miyako, sei una rompipalle! Stai sempre a mettere i puntini sulle “i”! –
- ma senti chi parla?! – la ragazza, di un anno più grande dell’altro, voltò la testa da un lato arricciando le labbra, e i capelli color ametista svolazzarono.
I due cominciarono a bisticciare, come loro solito.
A causa di tutte quelle urla, Takeru fu costretto a scuotersi dal suo sonnellino, e i suoi occhioni blu incrociarono quelli nocciola, leggermente imbarazzati, di Hikari.
- Takeru-kun? Perché non ti vai a stendere un po’ sul letto? Ti chiamo io quando il pranzo è pronto.-
- Grazie, Hika-chan, ma non ti preoccupare, penso dormirò tutto il pomeriggio, non ho molta fame. –
La ragazza raddrizzò la schiena quando il biondo si alzò, per compensare la differenza d’altezza e poterlo guardare negli occhi.
- sei sicuro? Non hai mangiato nemmeno prima di partire e non credo neanche tu abbia messo qualcosa sotto i denti durante il viaggio…- Takeru le lanciò uno sguardo significativo, e Hikari smise immediatamente di parlare.
Arrossì di conseguenza, non ci poteva fare niente, erano sempre lei e Sora a notare queste cose, da brave “mamme” responsabili del gruppo, perciò a volte non pensava proprio di esagerare con le attenzioni. Sorrise, imbarazzatissima all’indirizzo dell’altro, come a volersi scusare, ma il biondo la precedette.
- scusa. Lo so che ti preoccupi per me. È solo che… - evitò accuratamente lo sguardo della brunetta, per sfuggire al suo potere speciale - … sono stanco, tutto qui. A più tardi. – ormai sulla soglia della sua stanza, si congedò con un sorriso come a voler dire “la storia è finita qui.” Fece per richiudere la porta, e i loro occhi si incrociarono in un ultimo istante. Hikari raggiunse poi la cucina con una brutta sensazione addosso, per quegli occhi blu di ghiaccio che non avevano nulla di familiare con il suo Takeru.
- tutto a posto Hikari? – chiese allegramente Sora, smanettando tra padelle e barattoli.
- tutto a posto. – sospirò e sorrise l’altra.


Base Himen, deserto di Shuukaze,

Ore 18:24


Cucina.



Daisuke sbadigliò sonoramente, allungandosi all’indietro e poggiando i palmi al davanzale della finestra.
- la mano, Dai. – lo ammonì prontamente Sora, guadagnandosi subito un’occhiataccia.
- sei già stanco, Dai-kun? – chiese dolcemente Hikari, facendolo arrossire piacevolmente.
- e ti meravigli? – Miyako commentò, acida come sempre quando si parlava del moro.
- cerchi la rissa, bella? –
- non mi abbasso a certi livelli. –
- certo, ne andrebbe della tua femminilità mancata. –
- se. Magari ha bussato alla tua porta, eh? –
Uno a zero per la ragazza, Daisuke si zittì immediatamente, a corto di frecciatine.
- perché non aiuti Hikari a sistemare le provviste? – domandò Sora, ma Daisuke si era già dileguato silenziosamente.
- lascia stare, faccio da sola. – sospirò la brunetta, uscì dalla stanza e imboccò le strette scale che portavano al piano sotterraneo.
Lanciò un’occhiata sconfortata ai pacchi stracolmi già pronti per essere sistemati, poi trascinò a fatica una sedia e vi salì sopra, tenendo con un mano la lunga gonna. Sistemò i primi barattoli e poi si trovò costretta a scendere dalla sedia per prenderne di nuovi, per poi risalire.
La terza volta si sarebbe quasi ammazzata se due braccia non l’avessero ripresa al volo. Con uno sbuffo, sollevò una ciocca di capelli che erano sfuggiti ai fermagli, trovandosi davanti il bel viso di Takeru, che le sorrise prontamente.
Quello era il suo Takeru. Arrossì subito a quel pensiero e sperò che il biondo attribuisse ciò alla pessima figura che aveva fatto.
- serve una mano? Ti passo le cose. –
- grazie. –
C’erano ben sei buste da sistemare, e l’operazione avrebbe richiesto una buona mezz’oretta. Certo, avrebbe potuto, se Hikari non si fosse fermata ad un certo punto.
- che c’è? – Takeru sgranò gli occhi, preoccupato.
- arriva una lettera. – si limitò a rispondere, risalendo velocemente le scale.
Una volta fuori, Hikari rabbrividì, pentendosi di non essersi portata dietro qualcosa per coprirsi. La piccola figura di un falco apparve sullo sfondo scuro, con un pizzico di arancione verso l’orizzonte. Hikari tese prontamente un braccio e il volatile vi si adagiò elegantemente. La brunetta raccolse velocemente il foglio arrotolato legato alla sua zampa, gli fece spiccare il volo con un gesto brusco e corse dentro, rabbrividendo.
- accidenti, che freddo! – esclamò una volta dentro, trovandosi faccia a faccia con Jyou.
- che diavolo facevi fuori? –
- una lettera. Chiamo gli altri. – la consegnò al giovane, e corse in cucina.
Quando tutto il gruppo fu riunito, Jyou esordì.
- domani alcuni di voi raggiungeranno il villaggio di Fuya, dall’altra parte del deserto, sul confine del regno di Yozora, da cui, a quanto sembra, ha ricevuto minacce di guerra.-
- ne ho sentito, parlare, è a Est. Però credevo che facesse parte di Yozora, c’è una guerra civile in corso? – chiese Daisuke.
- no, è stato annesso già da qualche anno allo stato di Onsen. Sembra che quello di Yozora lo rivoglia per sé invece. – spiegò lapidario Jyou.
- perché non dichiarare guerra a Onsen, allora? –
- probabilmente c’è qualche segreto di stato di Yozora che ha a che fare con quel villaggio, non lo so. magari è solo un capriccio. –
- quindi, noi che c’entriamo? – chiese Takeru – siamo Himen, controlliamo il deserto, cosa abbiamo da spartire con questa guerra? –
- sono ordini dell’esercito, e in quanto a membri onorari, dobbiamo rispettarli. Forse pensano di poter perdere in questa battaglia, quindi hanno bisogno del nostro aiuto, non dimenticare che siamo i migliori combattenti di Onsen. –
- questo spiega perché ci hanno sbattuto qui, allora. – disse ironicamente Miyako, indicando con un gesto lo spazio circostante.
– siamo l’ultimo anello della catena dell’esercito. Chi vuoi che ci attacchi dal deserto, nessuno a parte noi, è mai ritornato vivo. Ci costringono a vivere da reietti, e poi pretendono che corriamo quando loro abbaiano. Sinceramente mi sto stancando di questa situazione! – irruppe improvvisamente Sora – questo Stato mi ha stufato!-
- Beh, questo Stato ha bisogno di noi, perciò noi accorreremo alla difesa di Fuya, contro Yozora. –
- per me non ci sono problemi! – esclamò Miyako – non vedo l’ora di mettere di nuovo mano alle mie pistole e ai miei coltelli! –
- no, tu non andrai, Miya. Daisuke, Hikari, Sora, Takeru, voi invece cominciate a preparare i bagagli, perché domani all’alba partirete. –
- loro sì e io no? Perché?! –
- non è questo il momento di discutere, Miya-chan! il capo sono io e decido chi va e chi non va! – Jyou ribatté a voce più alta e Miyako rimase in silenzio, perché quando Jyou perdeva la calma, c’era da preoccuparsi.
- Takeru, Hikari, voi che stavate mettendo tutto in ordine, già che ci siete, preoccupatevi delle provviste, Daisuke, portati Miyako nel magazzino e preparate le armi, Sora, tu invece pensa a cos’altro potrebbe servire e provvedi. –
- agli ordini! – chi più, chi meno, tutti annuirono.
Qualche minuto dopo, mentre Jyou sorseggiava il suo tè, in tutta tranquillità, Hikari e Takeru si adoperavano per le provviste per il viaggio.
- c’è tutto? –
- direi di sì. Basterà per almeno quattro giorni di viaggio? –
- anche di più, penso, Hikari-chan. –
- okay. – Hikari si stiracchiò, abbandonandosi sulle sedia su cui stava sistemando tutto.
- e così…si va a combattere. – sospirò amareggiato Takeru.
- non me lo ricordare, ti prego. –
- hai paura? – Takeru si inginocchiò di fronte alla ragazza e Hikari appoggiò i gomiti sulle gambe, curvandosi verso di lui.
- ad essere sincera no. perlomeno, non per me. Siamo stati abituati a combattere fin da quando eravamo bambini. –
- già, me lo ricordo, mi hai insegnato tutto tu, quando Jyou mi ha raccolto dalla strada e mi ha permesso di entrare a far parte degli Himen. – Takeru le sorrise dolcemente, cullato dai ricordi, e quella fece lo stesso.
- mi ricordo. La prima ad arrivare è stata Miyako, seguita da Sora, poi io, poi Daisuke e infine tu. –
- e Daisuke non la smetteva di chiamarmi “pivellino” –
- finchè non l’hai battuto. – rise Hikari.
- allora per chi hai paura? – chiese il biondo dopo una pausa di silenzio.
- per tutta quella gente che probabilmente perderà la vita nei combattimenti. –
Hikari chinò la testa.
- allora faremo in modo che sia il minor numero possibile. – Hikari annuì poco convinta e Takeru si alzò, per poi chinarsi nuovamente su di lei, un po’ più vicino.
- ehi. – il suo respiro andava a solleticarle l’orecchio sinistro. – non pensare a quante vite se ne andranno. Pensa invece a quante ne salverai. – Hikari alzò lo sguardo, perdendosi negli occhi blu del ragazzo – ciò che conta è guardare al futuro che donerai alle persone che sono rimaste. –
La tirò in piedi per le mani, gentilmente, fino a vedersela arrivare all’altezza delle spalle. Hikari sembrò accorgersene e lo squadrò.
- quando sei diventato così alto? –
- sinceramente non so. ecco perché Daisuke non mi prende più in giro. – scherzò il biondo.
Hikari lo guardò dalla testa ai piedi un’altra volta.
- ogni volta che ti guardo sei sempre più alto. –
- e tu sei sempre più bella. – le schioccò un sonoro bacio sulla guancia prima di sparire su per le scale, lasciandola lì nel sotterraneo, con le gote tutte rosse.

Nel frattempo, nel magazzino delle armi, Daisuke e Miyako, molto stranamente, svolgevano il loro compito nel silenzio più totale.
- queste casse stavano lì, vero? –
- mh. –
O meglio, Daisuke si sforzava di avere una conversazione decente, ma Miyako non era della stessa idea. Dopo quella piccola discussione con Jyou, non aveva spiccicato parola, cosa che portava il moro a considerare quanto la ragazza ci tenesse ad andare, a differenza sua.
- senti... - si fermò di fronte a lei, che , inginocchiata, tentava di aprire l’ultima cassa di armi arrivata dall’esercito. – Ferma, aspetta. – si interruppe e, dopo essersi chinato, afferrò i lati del coperchio, con un secco strattone, la aprì.
- grazie. – Daisuke non svenne per poco. Miyako doveva essere parecchio sconvolta per arrivare a ringraziarlo. – stavi dicendo qualcosa prima? – gli chiese lei, guardandolo.
- ehm...sì, cioè... - nella penombra della stanza, gli occhioni di Miyako lo disorientavano. – voglio dire, se vuoi... se vuoi proprio partire... posso parlare con Jyou e chiedergli di sostituirmi con te, ecco...-
Miyako lo guardò attentamente e sorrise, chinando poi la testa. Daisuke non poté fare a meno di arrossire. Per quanto lo sfiancasse con le sue continue frecciatine e cercasse con lui la lite ad ogni costo, ciò non toglieva il fatto che talvolta Miyako era...carina. scacciò quel pericolosissimo pensiero dalla sua testa per concentrarsi di nuovo sulla ragazza, che si era alzata.
- non ce n’è bisogno, Daisuke-kun. Anche se non lo dai a vedere, capisco quanto conti per te, andare a combattere.-
Daisuke non seppe come replicare, aveva fatto centro.
- e poi...Jyou ha deciso così, così sarà. In questo momento non posso protestare, perciò l’unica cosa che posso fare ora è solo rattristarmi. Ma non preoccuparti, quando tornerai troverai la solita Miyako. – un sorriso birichino si allargò sul suo viso.
- oddio, spero di no! – Anche Daisuke sorrise.
- spera pure, al tuo ritorno avrò un sacco di cose da biasimarti! –
Detto ciò, gli scaricò in braccio uno zaino per il viaggio – e ora porta questo assieme ai bagagli per domani. –
Daisuke, suo malgrado, sbuffò e si avviò verso la porta:
- e tu invece...! – si voltò di scatto e le puntò un dito contro, minacciosamente, con uno sguardo che non ammetteva repliche – vedi di mangiare, sei così magra che il vento potrebbe spazzarti via! – e sparì.

Base degli Himen, deserto di Shuukaze
Ore 00:37
Piano superiore, zona notte


Sora sospirò stancamente, crucciandosi ancora di più. Scoccò un’occhiata a Miyako e Hikari che dormivano placidamente, ritornando poi sul paesaggio del deserto. Quello non era decisamente il momento ideale per cominciare una guerra.
Non per loro, quanto meno. In fondo, anche se il governo ne aveva fatto una specie di armi umane per le battaglie, erano pur sempre persone, e lo stare confinati lì per più di vent’anni non aveva giovato alla loro stabilità psicologica. Le sembrava che la sua vita fosse sempre stata in una fase di stallo e quella guerra sembrava volersi annunciare simbolo di un cambiamento che, lei lo sapeva, non sarebbe mai avvenuto. Quasi tutti invece lo avevano interpretato come tale, specialmente Miyako, ma a questo Jyou non ci aveva pensato.
Che ne poteva sapere Jyou, di cosa significasse crescere al centro di un deserto, isolato da tutto e da tutti per tutto quel tempo. Lei era ad un passo così dai trent’anni e non aveva avuto una vita.
Quando era arrivata, aveva trovato Miyako, di due anni più piccola, che già centrava i piccioni in volo con il fucile, con una precisione millimetrica.
E aveva solo sei anni. L’anno dopo erano arrivati Hikari e Daisuke, insieme.
Se lo ricordava quasi fosse successo il giorno prima, quel bambino di sette anni che conduceva per mano una sua amica, Hikari per l’appunto. Odiata dal suo intero villaggio e affidata a Daisuke, che invece era un nomade di passaggio, dalla madre, perché scappasse da quella gente che temeva tutto ciò che era sconosciuto. Come l’abilità della brunetta di poter leggere la mente e manipolarla. E in men che non si dica, avevano formato una famiglia, a cui l’anno successivo si era aggiunto anche l’ultimo membro, Takeru per l’appunto.
Quel piccolo biondino le aveva sempre fatto tenerezza. Aveva quasi l’età di Dai e Hika, solo di qualche mese più giovane, ed era il più basso e mingherlino, tanto che Daisuke, prepotente qual’era da piccolino, lo prendeva sempre in giro, e gli faceva gli scherzi peggiori nel suo repertorio. Ma Takeru, che non aveva capacità speciali, che si era visto strappare i suoi genitori dalla guerra, di fronte ai suoi occhi, che non credeva nel futuro, un bel giorno si era alzato dal letto,e aveva ripagato Daisuke con gli interessi con un bel pugno in testa che lo aveva fatto stramazzare e da quel giorno, nessuno aveva più avuto il coraggio di prenderlo in giro. L’unica cosa che faceva preoccupare Sora era il suo fastidioso vizio di non parlare a nessuno dell’orribile passato che si teneva dentro, tranne quei pochi particolari che aveva svelato. L’unica che riusciva a fare piccole crepe nella sua maschera dal sorriso perfetto era certamente Hikari. L’unica.
Per questo Sora aveva paura. Una guerra avrebbe potuto sconvolgere tutti i piccoli equilibri che ognuno di loro si era creato, con le sue verità nude e crude. Si addormentò con quel pensiero in testa e un brivido lungo la schiena.



Shuukaze, pieno deserto

Ore 5:12



- allora. State attenti a non perdervi, tenete sempre d’occhio la cartina e la bussola, e non dovrebbero esserci problemi. Mi raccomando, occhio a quando vi accampate per la notte, e se continuate senza interruzioni, dovreste essere a Fuya entro due o al massimo tre giorni. –
- non ti preoccupare, Jyou. Ce la caveremo. La cosa peggiore non sarà di certo il viaggio. – disse lapidario Takeru, strappando un sorriso amaro a Hikari e a Miyako, che li osservava dalla porta.
- allora...noi andiamo. –
- fate buon viaggio. E non fatevi ammazzare. – Sospirò Jyou voltando loro le spalle, e fare un ultimo cenno di saluto da lontano, dopo aver fatto rientrare Miyako in casa, premendole una mano sulla schiena.
- quindi...si comincia. – affermò Daisuke, si sistemò meglio lo zaino sulle spalle e affrontò le dune.
Il primo giorno di viaggio li portò molto in vantaggio, anticipando l’arrivo a Fuya per circa mezzogiorno della seguente giornata.
Si erano fermati solo due volte in tutto il tempo, giusto per mettere qualcosa sotto i denti e Hikari si era rabbuiata quando per l’ennesima volta, Takeru non toccò nulla.
Stava cominciando a farsi buio quando decisero di fare l’ultima pausa, giusto qualche minuto prima di procedere ancora un po’ e accamparsi.
- dove siamo, Sora? – Daisuke richiamò la ramata che studiava la posizione, aiutandosi con la bussola.
- c’è qualche problema. Dovremmo aver superato la metà del percorso secondo la cartina, ma mi sembra che manchi ancora molto. Daisuke, tu hai condotto la prima parte del viaggio, hai notato qualcosa di strano? –
- no, niente di niente. –
- strano. – commentò Takeru alzandosi e spazzolandosi i pantaloni dalla sabbia.
- state zitti un momento. – il biondo si vide arrivare la mano di Hikari a coprirgli le labbra.
Dopo circa cinque minuti di assoluto silenzio, Hikari aprì gli occhi.
- senti qualcosa, Hika? –
- che strano. – la mano che premeva sulla bocca di Takeru si allontanò per poi essere afferrata immediatamente da quello.
- che succede, Take? –
Il biondino si voltò e si guardò attorno, agitato.
- che cazzo...? –
Hikari stava per dirgli qualcosa a proposito dell’uso delle parolacce ma si fermò subito. C’era davvero qualcosa che non andava.
Daisuke non fece neanche in tempo a chiedere cosa diavolo stesse succedendo, che una coltre nera, dopo un potente botto, gli oscurò la vista, separandolo dagli altri. Subito qualcosa di grosso lo attaccò alle spalle, ne evitò un altro e, intuendo da dove sarebbe arrivato un terzo, ne colpì uno dritto sullo stomaco. In quel momento la nube si diradò e poté controllare se tutti gli altri stessero bene. Accanto a lui c’era Takeru, che, agile come solo lui sapeva essere, ne stava facendo impazzire quasi una decina di quei mostri, mentre Sora era faccia a faccia con il più grosso, che sembrava essere il capo. Fece per correre ad aiutarla quando si accorse che anche lui era circondato e aveva il suo bel daffare. Non riuscì a vedere Hikari e la cosa lo preoccupò, finchè non noto lo strascico della sua gonna al riparo di una duna. Li stava tenendo a distanza con il controllo della mente mentre cercava di escogitare qualcosa, evidentemente.
Sora, invece, stava passando il momento più brutto della sua vita, contro quel bestione incappucciato che non le dava tregua. Schivò due dei suoi tre attacchi, ma evidentemente erano per prendere tempo, perché il terzo la colpì in pieno.
Rovinò a terra più volte prima di intuire il modo di combattere dello strano essere. Colpiva prima due volte lateralmente e il terzo era centrale, perciò, schivò abilmente i primi due e alla terza volta, con un abile salto, gli inchiodò il braccio a terra con un piede,mentre l’altra gamba lasciò la sua firma sul capo dell’incappucciato. Lo vide reclinare la testa e il cappuccio nero scivolò via. Quando riportò il viso su, Sora rimase letteralmente folgorata. Occhi blu come l’oceano e una folta capigliatura bionda e morbida la centrarono dritta al cuore.
Il ragazzo, rimasto senza difese a nascondergli il volto, approfittò dell’attimo di smarrimento della ragazza per colpirla, poi sparì. Nel momento in cui lui se ne andò, tutti gli altri esseri si fermarono di colpo.
- Tutti al riparo! – Sentì due braccia, probabilmente di Takeru, che la tiravano su e la trascinavano al riparo, mentre una piccola granata le passava di fronte agli occhi. Si sentì coprire la testa e chiuse gli occhi. Fece giusto in tempo a tapparsi le orecchie e un boato risuonò. Quando li riaprì, noto che quello che le stava premendo la testa giù, contro il petto, non era Takeru, come aveva pensato. Il biondo era misteriosamente sparito, e Hikari era più avanti, con il viso tutto imbrattato di sabbia, ma divertito. Almeno fino a quando non si accorse della mancanza di Takeru. Era stato Daisuke a proteggere Sora, il primo che subito era corso dall’altra parte della duna.
- ma sei pazzo? Potevi farti seriamente male! -
Sora e Hikari lo raggiunsero e lo trovarono che stava dando una bella strigliata a Takeru, il quale viso leggermente annerito dall’esplosione non faceva che risaltarne gli occhi.
- almeno li abbiamo fatti fuori. Chiunque fosse quel tipo, tornerà da dove è venuto da solo. – indicò agli altri i cadaveri degli esseri che si disgregavano in polvere, portata via dal vento.
- che razza di mostri erano, comunque? – si lamentò Daisuke, passandosi una mano sulla fronte sudata.
- non erano mostri. – rispose Sora – quello che stavo affrontando io era un ragazzo. Aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri. –
- probabilmente era tuo parente, allora, Take. – disse scherzosamente Daisuke recuperando il suo zaino. Cosicché gli sfuggì la scura espressione dell’altro, che invece Hikari notò bene. Sora si riguardò dal commentare e annunciò:
- continuiamo, su. Manca poco al rifugio vicino al confine. –



Deserto di Shuukaze, confine

Ex - rifugio degli Himen


Ore 22:07



- come va il fuoco? – chiese Takeru sporgendosi oltre la spalla di Daisuke, a controllare.
- ma allora lo fai apposta?! Ti ho detto di lasciarmi in pace, ci vuole il tempo che ci vuole! – abbaiò Daisuke, spingendolo indietro
- l’hai detto anche due ora fa, Dai-kun! – si lamentò Hikari scuotendo i piedi che uscivano fuori dalla pesante coperta, intirizziti dal freddo. Takeru la raggiunse e glieli coprì premurosamente, sedendosi poi accanto a lei sullo scomodo divano strappato.
- perché sei così nervoso? – gli chiese Takeru.
- tu sta’ zitto! Sei fastidioso! –
- i casi sono due: - esordì Hikari – o gli manca Miyako ma è troppo orgoglioso per ammetterlo...-
- ma sei pazza? Meno male anzi che non c’è Miyako! Ci mancherebbe solo quell’uccellaccio del malaugurio versione donna a rovinarmi la serata! – sbraitò il moro, mentre Hikari continuava:
- ...oppure si è spaventato per quello che hai fatto oggi, Takeru, perché secondo me, anche se non lo ammetterà mai, lui ci tiene a te.-
A quell’ultima frase, Daisuke divenne di tutti i colori, mollò i rametti nel camino e si allontanò a grandi passi, borbottando, tra urla e risa.
- non fare lo scemo, Daisuke! – gli urlò dietro Takeru, accompagnato da Hikari:
- stavo scherzando Dai-kun! Torna qui! –
- dai! -
Riluttante, Daisuke tornò nella stanza.
- solo se la smettete di prendermi in giro. –
- va bene. –
Però era vero, osservò Hikari, che Daisuke si preoccupava sempre di Takeru. Erano pur sempre una famiglia, e nonostante gliene dicesse di tutti i colori, il moretto era sempre lì a controllarlo.
- piuttosto – cominciò Daisuke – che volete da mangiare? –
- cosa propone oggi il cuoco? – chiese la brunetta.
- ah, beh, ora vediamo...dunque ecco qui. Abbiamo scatolette, poi...scatolette e...oh, sì, vi ho detto delle scatolette? –
Hikari rise di gusto mentre Takeru disse:
- io non ho molta fame, Dai, fai solo per te, Hika e Sora. –
La ragazza stava per ribattere qualcosa ma fu battuta sul tempo da Daisuke.
- non ci penso nemmeno. Tu stasera mangi, altrimenti ti prendo a calci. Non tocchi cibo da giorni, anzi da settimane. – il tono di Daisuke non era scherzoso, ne isterico, come suo solito. Era calmo e autoritario e non ammetteva repliche a riguardo. Takeru si ritrovò spiazzato e Hikari piacevolmente sorpresa. Non aveva visto male dopotutto.
Piano piano, dopo l’imbarazzo, complice un pasto caldo in arrivo, Sora ricominciò a sentire delle risa provenienti dal piano di sotto. Lei era rimasta sul tetto, con il mantello pesante di Takeru a osservare il paesaggio, come faceva ogni notte. Per la prima volta dopo tanto tempo, però, rifletteva su eventi accaduti come mai aveva potuto fare, dall’alto dei suoi ventinove anni.
Come per esempio, cercare di capire chi diavolo fossero quei tipacci da cui erano stati attaccati e che cosa volevano da loro. Mosse i piedi, a penzoloni nel vuoto, e sospirò. Forse era ora di rientrare, la temperatura era calata ulteriormente, e non le andava di prendersi un raffreddore, a mezza giornata da Fuya. Si alzò, a fatica, poiché, per proteggersi dal freddo, aveva infilato circa cinque indumenti uno sopra l’altro, e incrociò due occhi blu che la fissavano, in piedi sul bordo opposto del tetto.
In un primo momento aveva pensato che fosse Takeru, ma i capelli erano leggermente più lunghi.
- Takeru? Sei tu? –
L’ombra venne allo scoperto e Sora trattenne un gemito strozzato.
Era lo stesso ragazzo di qualche ora prima.
- c-chi sei? –
- non aver paura, non voglio farti del male... -
- poco fa non eri dello stesso avviso. – lo apostrofò la ramata. Il biondo sorrise.
- beh, ma quella era la mia copertura. –
- copertura? – Sora crucciò le sopracciglia, confusa e l’altro si sedette per terra, a gambe incrociate.
- tu sei un Himen, vero? Un guerriero speciale assoldato dall’esercito di Onsen.-
- sì, esatto. –
- io sono un Mazoku. – affermò fiero il ragazzo, a cui seguì una pausa di silenzio.
- mai sentito prima d’ora. – disse candidamente Sora e il Mazoku sembrò quasi offeso.
- ah. Sono...come te, diciamo. Un soldato speciale. Di Yozora. – alla parola “Yozora”, lo Stato nemico, Sora si irrigidì.
- solo che il mio scopo è tutt’altro. –
- continuo a non capire. – disse lei. – mi vuoi dire chi sei? –
- sono un demone. Anche se non sembra. –
- infatti, vi reputavo più brutti. – osservò Sora e l’altro allargò il suo sorriso.
- è un complimento? – lei arrossì. – normalmente non potrei circolare, anzi, dovrei essere schiavo in qualche prigione, perché la legge non consente alla nostra specie di avere una vita, diciamo. Ci temono, quindi ci condannano. –
- e tu invece puoi essere considerato una persona normale appunto perché sei un soldato speciale di Yozora? –
- esatto. Anche se gli altri della nostra specie considerano quelli come noi dei venduti all’esercito. –
- perché sei venuto qui, allora? –
- perché ho un motivo per prendere parte a questa guerra. –
- cioè? – chiese Sora, sempre più interessata.
- tu sai perché Yozora sta dichiarando guerra a Fuya? – Sora scosse il capo
- è presto detto. Ha qualcosa che interessa a Yozora. Non appena lo stato ha cercato di metterci le mani sopra, il villaggio di Fuya si è consegnato a Onsen, e ora è sotto la sua protezione. Però Yozora rivuole indietro il suo segreto, che rischia di passare ora nelle mani di Onsen. È un po’ complicato, in effetti...-
- in parole povere, Fuya ha un segreto conteso tra due Stati –
- più o meno, diciamo. –
- e cosa sarebbe questo segreto? –
- non si tratta tanto di “cosa”, quanto di “chi”. Fuya ha offerto aiuto ad una persona che è a conoscenza di alcune informazioni. – Sora sgranò gli occhi, affascinata dal racconto. Così era questo che l’esercito di Onsen non aveva voluto rivelare.
- informazioni. A che proposito? –
Il biondo a quel punto si alzò, come se la conversazione fosse finita, e invece tirò su la ramata. Le indicò l’orizzonte.
- Forse non è proprio nella direzione che ti sto indicando...- la attirò a se e la fece voltare verso quel punto. La sua voce si era abbassata, quasi in un sussurro, cosa che fece rabbrividire la ragazza - ...ma oltre questo deserto, oltre il villaggio di Fuya, lo Stato di Onsen, quello di Yozora, e tutti gli altri paesi sconosciuti aldilà, oltre l’oceano, forse, le montagne e le foreste, c’è un regno. Un regno un tempo prosperoso e ora in rovina, che custodisce un grande tesoro, dal valore inestimabile, un regno in cerca di una regina. – il suo sguardo si spostò lentamente sul volto di Sora. – ha bisogno di qualcuno che lo risollevi dal suo declino, qualcuno che lo tiri su dal baratro in cui sta sprofondando. Qualcuno che impedisca che il suo grande tesoro venga depredato da Stati avidi e incoscienti, come Onsen e Yozora. è questo il segreto di Fuya. –
Si allontanò piano, lasciandole la mano, mutando completamente espressione.
- come si chiama questo regno? –
- Kyushu. –
- mai sentito. –
- è tempo di tornare a casa, Sora. – la ramata sussultò.
- devi ritornare a Kyushu, Sora, prima che sia troppo tardi.-
- Ehi! – Sora non fece in tempo ad aggiungere altro, che il biondo, si allontanò pronto a spiccare un salto dal tetto – non so come ti chiami! –
Lui si voltò, e sorrise.
- Yamato. – disse prima di sparire nell’oscurità.
Sora rimase lì, a fissare il punto in cui prima si trovava il ragazzo, con le labbra socchiuse e un espressione confusa.



“Yamato...come torno in un posto dove non sono mai stata?”

Fine capitolo


Nel prossimo capitolo:


“- che diavolo è successo qui? –
Hikari abbassò la mano e fu investita da un’acre colonna di fumo, una delle tante che distruggevano l’ormai perduto paesaggio di Fuya. L’intera città era in fiamme, dappertutto si udivano urla, e da qualche parte, in un angolo, un bambino piangeva.
- ragazzi. – disse piano Daisuke, sembrava stesse trattenendo le lacrime – mi dispiace. Mi dispiace così tanto...- “

 
Continua nel capitolo:


 
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