UNA DURA REALTà - Capitolo 1° -
Note: I personaggi di questo racconto sono puramente frutto della mia fantasia e non fanno riferimento a nessuna persona o cosa reale.
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Senza pietà. Senza un minimo di compassione nei suoi confronti. Era straziante il modo in cui si imponeva, in cui esigeva che facesse quello che ordinava, ma non poteva disubbidirle, tanto non si sarebbe fermata, perché lei non conosceva la pietà, né per lui né per nessun altro. Cercò di raccogliere tutte le sue energie concentrandole nel braccio destro che lentamente si mosse avanti, verso quell’insopportabile nemica, ma nonostante l’immane fatica che stava compiendo per quel semplice gesto lei sembrava irraggiungibile, quasi si divertisse ad infastidirlo senza farsi catturare. “Tu piccola bastarda senza cuore…” il ragazzo non riuscì a trattenere questo pensiero osservandola, si concentrò ancora un attimo e riuscì a toccarla, finalmente la sveglia cessò di suonare. Ormai però era impossibile tornare a dormire. “Grazie…” Hiro guardò torvo le lancette della sveglia, quasi rimproverandola, ma non poteva darle colpe in fondo, visto che erano già le 08.45 e lui era ancora sul letto. Era di nuovo in ritardo. Si alzò e andò in bagno per lavarsi la faccia, non si spaventò nel notare che i suoi capelli corvini erano in disordine e lo facevano sembrare uno scienziato pazzo che aveva appena fallito un esperimento con la corrente elettrica; tornò in camera da letto e indossò con una calma invidiabile la sua uniforme scolastica, per ultimo si sistemò la cravatta in tinta con i pantaloni neri guardandosi allo specchio che occupava l’angolo accanto all’armadio. I suoi occhi azzurri, particolarità che non riuscì mai a spiegarsi da chi avesse ereditato, scrutarono con fierezza la figura alta un metro e settantotto che si trovava davanti a lui, nello specchio. Il suo fisico era ben modellato, un corpo da canoni greci secondo molte ragazze, si passò una mano tra i capelli scuri ora lisci, i ciuffi sfilettati gli accarezzavano appena le guancie scendendo fino al collo: ora poteva andare. Afferrò la tracolla e se la buttò sulla spalla sinistra mentre usciva di casa. Non aveva l’abitudine di fare colazione, o almeno era un abitudine che aveva perso dall’incidente di 8 mesi prima.
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Spazio autrice: ^^ salve a tutti e grazie per aver letto, questo era solo il prologo, spero sia stato di vostro gradimento. Commentate liberamente ^^
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