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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: L'INIZIO
Genere: Sentimentale, Comico, Azione, Avventura, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: arya-elda galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 25/06/2011 17:06:10

Before Harry: i Malandrini a scuola e l'ascesa dell'Oscuro Signore
 
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GIURO SOLENNEMENTE DI NON AVERE BUONE INTENZIONI
- Capitolo 1° -

Toc toc toc toc toc toc toc...

Le sue scarpe nuove ticchettavano sul pavimento mentre correva. Perché sua madre aveva voluto comprargli quelle scarpe? Quel modello da vecchio? Con quel tacco così rumoroso? Perché non poteva avere un semplice paio di scarpe di tela, o da ginnastica? “Sono classiche” aveva detto “la scuola prevede queste per la divisa.” E lui, come un idiota, ci era cascato, per poi rendersi conto, una volta lì, che nessuno le portava. Ci cascava sempre. D'altra parte, aveva forse una scelta? Non avrebbe potuto dire di no a sua madre. Lei non era certo un agnellino, o una di quelle madri comprensive. Si sarebbe potuto dire piuttosto che fosse... Ma a cosa diavolo stai pensando, idiota? Corri!Gli rammentò il suo cervello. Correre. Doveva correre, o l'avrebbero preso.
“Eccolo lì! Prendiamolo!”
Si voltò e lanciò un'occhiata ai suoi inseguitori. Sesto anno. Erano più grossi di lui, e anche più esperti. Si lanciò a razzo in un corridoio laterale sperando di seminarli, invano. Ormai, era coperto di sudore dalla testa ai piedi, e l'aria nei suoi polmoni era così secca che gli faceva male respirare. Sentiva che le gambe stavano per cedere. Non ce l'avrebbe fatta, l'avrebbero preso, e ancora una volta gli avrebbero messo la testa nel water. Perché? Perché erano parenti, e lui era quello diverso. E per questo andava punito. Svoltò un altro angolo.
“Corri, corri quanto ti pare! Ti prenderemo!”
Non ce la faceva più. Si fermò, le mani sulle cosce, ansimando per lo sforzo. Tump, tump, tump. Si stavano avvicinando. Un altro po', e avrebbero infilato quel corridoio anche loro. Era finito.
Proprio in quel momento una mano sbucò da chissà dove, tirandolo dietro un pesante arazzo, in una piccola intercapedine, larga un mezzo metro si e no.
“Ma cosa...”
“Shh! O vuoi che ti prendano?”
No, assolutamente, non voleva che lo prendessero. Trattenne il fiato. In corridoio, solo pochi centimetri di tela decorata a separarli, passi frettolosi di gente all'inseguimento.
“Quel piccolo idiota è più veloce di quel che pensassi! Pazienza, al prossimo corridoio l'Incanto delle Pastoie non glielo leva nessuno!” sghignazzò una voce maschile.
“Questa volta gli facciamo anche una bella foto con la testa nel gabinetto. La voglio mandare a mia sorella! Sai quante risate si farà?” rispose una voce femminile.
“Da che parte sarà andato?” si intromise una terza voce.
“Dividiamoci, due a destra, due a sinistra.” rispose il primo ragazzo.
Poi, i passi si fecero sempre più lontani, fino a scomparire. Lasciò andare il fiato ed uscì di nuovo nel corridoio, alla ricerca di aria fresca. Si lasciò scivolare a terra, spalle al muro. Era sfinito. Se non fosse stato per quella mano... che doveva pur appartenere a qualcuno! Ma dove erano finite le sue buone maniere?!
“Grazie amico, mi hai salvato la vita!” disse voltandosi. Davanti a lui c'era un ragazzo smilzo, con corti capelli ricci scuri, scompigliati come se si fosse appena alzato.
“Non c'è di che. Perché ti seguivano? Li conosci?”
“Diciamo di si... Mia cugina, il suo ragazzo e due loro amici idioti. Ce l'hanno con me perché sono un Grifondoro. Il primo nella nostra famiglia, Serpeverde da generazioni. Io sono quello sbagliato.” aggiunse con una punta di amarezza.
“Nessuno di noi è sbagliato, siamo solo quel che siamo e non potremmo essere né più né meno, no? Comunque, piacere, io sono James Potter.” sorrise e gli tese la mano
Si alzò in piedi e gliela strinse
“Sirius. Sirius Black”
“Bene, andiamo!” disse James, avviandosi giù per il corridoio, nella direzione da cui erano venuti, con passo svelto
“Aspetta, dove vai?” non credeva che sarebbe riuscito a stargli dietro. Le gambe gli tremavano per la fatica dello sforzo precedente.
“Alle cucine. Ho una fame... Tu no?”
Fame? Certo che aveva fame, dopo tutta quella corsa. Accelerò il passo per stargli dietro, poi, inaspettatamente, inciampò negli stupidi lacci di quelle stupide scarpe che lo facevano sembrare così ridicolo, e cadde faccia a terra. Arrossì fino alla punta delle orecchie. Si era appena fatto un amico, e già trovava il modo di sembrare così stupido, maledizione! E ancora una volta per colpa di quelle stupide scarpe! Si mise in ginocchio ed iniziò a riallacciarle, mentre calde lacrime di vergogna e frustrazione gli scorrevano sulle guance. Non avrebbe mai avuto degli amici. Anche a distanza, sua madre trovava il modo di rovinargli la vita. Come se non fosse bastata la Strillettera del giorno prima, in cui urlava tutto il suo disdegno ed il suo disprezzo per la casata in cui era finito “..traditore del tuo sangue, sei la vergogna della tua famiglia! Non combinerai nulla di buono, lo sapevo fin dall'inizio! Non provare a presentarti a casa alle vacanze di Natale o a chiederci alcunché! Avrai il minimo indispensabile da noi! E se ci riesci, trova il modo di non farti vedere neanche quest'estate!” poi era esplosa, tra le fragorose risate di tutta la Sala Grande.
“Ehi, stai bene?”
Si asciugò frettolosamente le lacrime e alzò la testa. James era ancora lì. Incredibile. Aveva creduto che se ne fosse andato quando era caduto...
“Si, scusa, queste stupide scarpe...”
“Oh, non preoccuparti, sono cose che capitano. Io ho ancora le ginocchia sbucciate da quest'estate. Certo che però quelle scarpe devono essere scomode. Anche mia madre me le aveva comprate, ma io mi sono portato di nascosto queste.”
Alzò un piede a mostrare uno stupendo paio di scarpe da ginnastica con lo stemma del Grifondoro.
“Se vuoi, ne ho un paio in più, però bianche. Ma tanto il grifone ce l'ho aggiunto io. Posso prestartele.”
“Da... davvero?”
“Certo. Adesso andiamo, conosco un paio di elfi domestici che ci daranno tanto di quel ben di Dio che stasera non avrai voglia di cenare.” gli fece l'occhiolino e lo aiutò a rimettersi in piedi, poi ripartirono alla volta delle cucine.
“Non sapevo si potesse andare in cucina, e prendersi da mangiare.”
“Infatti di regola non si può. Però l'altra notte il mio stomaco non mi dava pace – ero stato tutto il pomeriggio in giro per passaggi segreti, e mi ero dimenticato di cenare – e così ho deciso che avrei trovato un rimedio. La strada è abbastanza facile da trovare, e gli elfi domestici sono davvero disponibili.”
“In giro per passaggi segreti?” era sbalordito. A lui una cosa così non gli sarebbe mai venuta in mente.
“Il mio sogno è completare una mappa con tutti i passaggi segreti di Hogwarts.” disse James annuendo
“Wow!”
“Già! Però da soli è abbastanza faticoso... Ehi, adesso che ci penso, ora che siamo amici potremmo farlo insieme. Che ne dici?” concluse, aprendo un passaggio dietro un quadro con della frutta.
“Va bene!” l'idea lo entusiamava. In quel momento furono circondati da una schiera di elfi in attesa di ordini. Lo avevano sempre inquietato gli elfi domestici, ma questi sembravano... felici? E avevano addosso delle federe nuove e pulite, non le solite cose sdrucite ed irriconoscibili.
“Cosa desiderano i signorini?” chiese un piccolo elfo con un grosso naso a patata, inchinandosi fino a toccare il pavimento con la punta delle lunghe orecchie.
“Abbiamo fame!” esclamò James. Gli elfi si allontanarono in un lampo per tornare con una serie interminabile di vassoi pieni delle migliori leccornie: dolcetti al miele e sandwich al formaggio, torta di carote e ali di pollo fritte, caraffe di succo di frutta e cioccolata calda. Quello doveva essere il paradiso.

*


Sapeva dall'inizio che non sarebbe stato facile. Il professor Silente glielo aveva spiegato bene. E lui, aveva tentato di convincerlo che quella non fosse l'idea migliore. Oltretutto, la sua famiglia non era poi così ricca, e la scuola, fra libri, calderone, divisa e così via, era costosa. Per non parlare della retta. Avrebbe potuto benissimo trovarsi un posto come apprendista da qualche artigiano magico – a costruire bacchette o forgiare calderoni o accudire le Mandragole – e aiutare così economicamente i suoi genitori, senza creare alla scuola tutti quei problemi aggiuntivi. Si, sarebbe stato decisamente meglio. Ma il professor Silente non aveva desistito. Aveva detto che aveva il diritto di frequentare quella scuola come tutti. Che dati i suoi precedenti aveva delle grandi potenzialità, e la scuola gli avrebbe dato una borsa di studio. Era stato convincente, e sua madre aveva detto che quella era un'occasione da non perdere. Così, era partito.
In quelle prime tre settimane si era tenuto alla larga da tutto e da tutti. E come avrebbe potuto essere altrimenti? Era pericoloso, anche se gli altri non lo sapevano, e chissà che sarebbe successo se lo avessero scoperto, se i genitori lo avessero saputo. Avrebbero chiesto al consiglio degli insegnanti di cacciarlo via. E avrebbero avuto ragione, solo che quella scuola a lui piaceva tanto, troppo per permettersi di rinunciare adesso che vi era dentro. Giusto due giorni prima era riuscito a trasformare per la prima volta un topo in una tazza da thè. Si sentiva così felice! E poi, quella notte c'era stata la luna piena. E adesso non riusciva a tenere gli occhi aperti. Decise di godersi quegli ultimi minuti prima dell'inizio della lezione. Poggiò la testa sul libro di Incantesimi e chiuse gli occhi, cerchiati da profonde occhiaie. Aveva così sonno...
“...Lupin? Lupin, ci sei?” si svegliò con un sobbalzo sotto gli occhi di uno stupito e quanto mai preoccupato professor Vitious. Ovviamente lui sapeva, come il resto del corpo insegnante, e non avrebbe potuto essere altrimenti. La lezione doveva essere già cominciata, e lui non se n'era accorto. L'intera classe stava ridendo a crepapelle. I due ragazzi nel banco di fronte a lui lo osservavano di sottecchi, seri. Troppo sconvolti per ridere? Forse.
“Lupin, stai bene?” Vitious si stava avvicinando
“Mi scusi professore. Non ho dormito bene stanotte.”
“Forse dovresti andare da Madama Chips. Non ti preoccupare per la lezione, la recupererai.”
“Sissignore, ha ragione.” Si alzò in piedi a testa bassa, raccolse tutta la sua roba e la mise nella borsa di pelle consunta che un tempo era appartenuta a suo padre, e che sua madre gli aveva regalato con i migliori auguri di riuscita, e si avviò in corridoio a passo lento e strascicato.
L'infermeria era un locale luminoso, e l'infermiera, Madama Chips, una donna materna e comprensiva. Lo fece sistemare su uno dei letti, lo controllò da cima a piedi per assicurarsi che stesse bene, gli bendò un taglio che si era procurato durante la sua notte insonne ed infine gli diede un tonico per dormire, che lo fece cadere subito in un sonno profondo e senza sogni.

“...sei sicuro che stia bene?” disse una voce di ragazzo, poco più che un sussurro, sopra la sua testa.
“No, ma tanto nessuno ci dirà la verità... Se vuole deve farlo lui.” rispose un'altra voce.
“Ma tu sei sicuro che sia come dici, James?” chiese ancora il primo
“Al 99,9%, Sirius.” rispose il secondo
Sirius fece un fischio di sorpresa.
“Ecco perché se ne stava sempre per conto suo...”
“Beh, non è detto che per questo non debba avere amici.”
“Sono perfettamente d'accordo James. Saremo noi i suoi amici.”
Remus decise che aveva sentito abbastanza. Si chiese da quanto stesse andando avanti quella conversazione, mentre lui dormiva. Da troppo forse. Chissà se avevano capito davvero. Aprì gli occhi. I due ragazzi che prima, a lezione, erano seduti davanti a lui, lo stavano osservando preoccupati.
“Allora sei vivo!” disse il ragazzo che dalla voce riconobbe come James.
“Pensavamo che Madama Chips ti avesse accoppato con una delle sue pozioni. Io non mi fido molto di quella donna.” aggiunse Sirius abbassando la voce. La donna in questione gli lanciò un'occhiataccia dall'altro lato della stanza.
“Ti abbiamo portato dei viveri!” continuò James, iniziando a tirare fuori dalla propria cartella una quantità di Cioccorane che avrebbe fatto invidia a Mielandia. Ne prese una e la scartò.
“Uh, Nicolas Flamel!”
“Ne avrò una decina di quelle.” disse Sirius “Ho quasi completato la collezione. Mi manca solo Bowman Wright. Ehi non è che tu ce l'hai?” esclamò rivolto a Remus, che li fissava a bocca aperta senza sapere che dire.
“Poveretto, non lo vedi che è ancora mezzo addormentato? Lascialo stare. In tutta fede, amico, hai proprio una brutta cera, e scusami se te lo dico. Mangia una Cioccorana, vedrai che ti sentirai meglio.” e gliene lanciò una.
“Figurati che il cioccolato fa bene anche contro l'attacco di alcune creature magiche piuttosto pericolose...” aggiunse Sirius.
“Davvero?” esclamò James.
“Si, ma non mi ricordo come si chiamano...”
“I... i Dissennatori.” intervenne a bassa voce Remus.
I due si girarono a fissarlo con gli occhi sgranati dalla sorpresa.
“Allora parla!” esclamarono all'unisono. Poi, tutti e tre scoppiarono a ridere.
“Scusate se non vi ho risposto prima, è che non mi aspettavo di trovare qualcuno ad aspettarmi al mio risveglio.”
“Oh, non preoccuparti, mangia una Cioccorana.”
Remus scartò la rana, che con un agile salto si portò subito fuori dalla sua portata. Sirius si precipitò a raccoglierla prima che scappasse e gliela mise in mano. Remus ne mangiò un pezzo.
“Allora, che sono questi Dissenacosi?” chiese James
“Le guardie di Azkaban” rispose a bocca piena “succhiano tutta la felicità dalle persone. Poi se gli va, si succhiano anche la tua anima.”
“Wow” sembravano impressionati.
“E tu come fai a sapere tutte queste cose?” disse Sirius
“L'ho letto in un libro.” rispose con un'alzata di spalle
“Tu sei forte, amico! Ci servirebbe uno così nel nostro gruppo.” esclamò James
“Nel vostro gruppo?”
“Abbiamo intenzione di scoprire tutti i passaggi segreti di Hogwarts e come si aprono, la password del bagno dei prefetti, e di combinare quanti più guai ci è possibile.” spiegò Sirius con aria solenne “allora, che dici, ti va?”
Remus esitò. Questo avrebbe significato avere degli amici. E fra amici non ci possono essere segreti, o la cosa non funziona. D'altra parte però, sembrava che loro avessero già capito... e da quanto aveva intuito non avrebbero fatto troppe domande finché non fosse stato lui stesso a sentirsi pronto a rispondere. Non poteva certo continuare a frequentare quella scuola per altri sette anni passando tutti i suoi pomeriggi rinchiuso in biblioteca da solo. Tutti avevano bisogno di amici. E magari così, anche il suo problema sarebbe stato più facile da affrontare. Si, avrebbe dovuto essere meno severo con se stesso, e concedersi una possibilità. In fondo, non era colpa sua se era successo quel che era successo. Sorrise.
“Si, va bene. Mi va.”
“EVVAI!” urlarono gli altri due dandosi un rumoroso cinque. Madama Chips entrò nella stanza e gli lanciò una severa occhiata.
“Cosa sta succedendo qui? Il vostro amico deve riposare! Fuori, forza! Andate a studiare!”
“No, aspetti Madama... Sto bene. Mi sento molto meglio.”
La donna gli lanciò un'occhiata apprensiva e molto materna.
“Sei sicuro caro? Sei molto pallido.”
“Sono sicuro, ho bisogno solo di un po' di cioccolata.” sorrise. Madama Chips lanciò un'altra occhiataccia a James e Sirius, poi scosse la testa.
“E sia. Potete restare. Ma non fatelo stancare.” concluse infine, uscendo di nuovo. I due ragazzi sembravano raggianti.
“Allora quando cominciamo?” Non vedeva l'ora. Finalmente si sarebbe comportato come un ragazzo della sua età, si sarebbe divertito con ragazzi della sua età, sarebbe stato libero! Finalmente!
“Appena ti sentirai meglio” James gli fece l'occhiolino
“Giuri solennemente di non avere buoni intenzioni?” chiese Sirius. Remus sorrise
“Lo giuro.”
 
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