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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: MAYBE THIS CHRISTMAS...
Genere: Sentimentale, Romantico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, Shounen Ai
Autore: nirva-j galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/06/2011 18:20:40

Fantiction dai toni smielati e fluff... Rukawa ha sempre passato dei Natali, se pur belli, solitari. Ma questo Natale sarà diverso...
 
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- Capitolo 1° -

Eh già! Sono stata contagiata anche io dalla moda di regalare una fanfiction per Natale. Un ringraziamento speciale va a kenjina che ha betato lo scritto. Thank you <3.
E ora: BICHAN goditi la fanfiction. Questa è per te.
BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO!




Forse questo Natale sarà differente.
Io quanto meno lo spero.
Di Natali belli ne ho passati, ma sono sicuro che questo sarà indimenticabile.
E quello che spero ancora di più, è che sia solo il primo di altri… e altri… e ancora altri.
La mia casa è piuttosto grande, e ricordo che in tutti i Natali passati c’è sempre stato un grande albero addobbato e luminoso, che dominava sull’intero salone.
La sera del 25 Dicembre, i miei davano ogni anno una grandiosa festa piena di luci e gente vestita con molta eleganza.
Si ballava e si rideva, e poi ci si scambiavano dei pacchi enormi e tutti colorati.
I regali più grandi erano destinati sempre a me.
Di solito, quando ero più piccolo, ricevevo sempre qualcosa di molto costoso, tranne da mia nonna, che è morta e mi manca molto. Era una donna divertente, anche se malata.
Mio padre mi ha raccontato che tutte le sue stranezze erano dovute al morbo di Alzheimer.
Ed era per questo che era più che convinta che io fossi una femmina.
Quindi ecco spiegato il perché mi regalasse sempre sfarzose bambole.
Non ci ho mai giocato, ma le tengo ancora in una teca. Sono un tesoro per me.
Non è che i miei non mi amassero, ma erano stati educati alla severità.
E naturalmente erano troppo presi dai loro problemi per darmi l’attenzione che chiedevo.
Poco importava: c’era mia nonna.
Mi comprava sempre vestiti rosa e per me ha messo via molti gioielli d’oro che tengo gelosamente conservati in un cassetto della mia scrivania rigorosamente chiuso a chiave.
Più di una volta mia madre mi ha chiesto se potevo prestarle il collier d’oro con la bellissima gemma d’acquamarina incastonata al centro, ma mi sono sempre rifiutato.
Quella collana è la più speciale.
Ricordo perfettamente quando mia nonna la comprò: era una vigilia di Natale molto fredda. Di lì a poco avrei compiuto 10 anni.
Andammo in un negozio in centro e mi disse una cosa che ancora adesso a pensarci, mi fa quasi sorridere:
«Kaede, ora stai per diventare una signorina: dovremo comprarti della biancheria appropriata. Solo che il tuo seno è così piccolo…»
Io non dissi nulla, ma mi fermai davanti una vetrina piena di gioielli costosi.
Pensai che quel Natale potevo regalare un braccialetto alla mamma (ovviamente con l’aiuto della nonna), ma poi vidi quel girocollo così prezioso e lucente e me lo immaginai addosso a lei.
Le sarebbe stato d’incanto.
La nonna, notò che guardavo meravigliato il girocollo e così, senza dire nulla, mi prese per mano e mi trascinò nel negozio.
Mentre pagava la collana mi sorrise dolcemente e mi disse:
«Kaede, ora sei ancora piccola per mettere questo collier, ma quando diventerai una splendida donna, potrai indossarlo: conservalo con cura fino ad allora.»
E così ho fatto.
Non diventerò mai una splendida donna, ma credo che, se riuscissi a migliorare come uomo, mia nonna sarebbe contenta lo stesso.
Di mio non sono mai stato molto espansivo, però da quando è morta sono certamente diventato più asociale.
Ma questo non mi pesa.
E poi non è vero che non ho nessun amico, come mio padre spesso mi fa notare.
Io ho Lui. Quel pallone arancione striato di nero, che fu il regalo che tra tutti quelli che ho ricevuto, è sempre stato il più gradito.
Mi ricordo che avevo 5 anni.
Quell’anno ricevetti una console e ovviamente una tv gigante. Dei parenti di cui non mi ricordo nemmeno i volti mi regalarono, invece, una bellissima macchinina telecomandata che poi un bambino mi ruppe al parchetto dove mia mamma mi portava per farmi… lei lo chiamava “socializzare”.
E poi ci fu quello di mio zio: un pallone da basket.
Ricordo che qualche giorno prima avevo visto una partita dell’NBA e scongiurai mio padre di farmi giocare a basket.
Mia nonna mi disse che non ero molto femminile, ma che quando presi quella sfera tra le mani mi si illuminarono gli occhi.
Le credo, perché da quel giorno il basket per me non è stato uno sport, ma un modo di essere.
La palla non era altro che un quinto arto e fu tremendamente naturale per me giocare, tanto che anche mio padre di tanto in tanto viene a vedere le mie partite.
So che anche a mia madre piacerebbe vedermi giocare, ma purtroppo è quasi sempre all’estero per lavoro.
Ma non è per dare spettacolo che io gioco.
Non ho bisogno di compiacere nessuno, nemmeno me stesso.
Io devo essere il migliore perché è il mio corpo che mi chiede di sforzarmi all’inverosimile, per raggiungere questo obbiettivo.
È un bisogno ancestrale e profondo che non centra nulla con la felicità, ma solo con la soddisfazione. Perché solo quando centro un anello rosso con appesa una retina, io mi sento vivo.
Solo che ora c’è qualcos’altro che mi fa sentire vivo, ecco perché forse questo Natale sarà diverso. Perché ci sei tu.
Ricordo il Natale dei miei 9 anni, quando mia madre era dovuta andare in Francia, lasciando me e mio padre qui in Giappone.
Non mi sentii molto triste. Non che non ne risentissi della sua mancanza, ma ormai ero abituato a non averla vicino.
Mio padre, quel Natale, era impegnato ad intrattenere da solo i suoi ospiti.
Non mi guardò per tutta la serata ed io ero arrabbiato perché parlava con tutti, tranne che con me.
Io stetti per tutta la sera imbronciato vicino a mia nonna, che però dormiva accasciata sul divano.
Giocherellavo con un cucciolo di labrador che mi aveva regalato un amico di mio padre. Ma non ero comunque molto felice.
Avrei voluto giocare con mio padre, e non con quel cane.
Quello che poi mia madre ha dovuto dar via.
Riuscii a tenere MJ solo un mese. Lo chiamai così: con le iniziali del mio idolo Michael Jordan.
Alla fine mi ci affezionai anche, ma purtroppo ero allergico. Nonostante ciò mi ostinavo a giocare con lui anche a scapito della mia salute.
Ricordo che quando mia madre me lo strappò quasi dalle braccia, piansi come non avevo mai fatto in vita mia.
Nemmeno quando morì mia nonna. Anzi a dirla tutta, non piansi mai per lei.
Era stata un’estate insolitamente calda.
Per settimane ci fu l’allarme siccità in tutto il paese.
Da maggio ad agosto, il cielo fu sempre limpido e di un azzurro acceso.
Quando stavo in giardino a giocare a basket, per riposarmi, mi sdraiavo sull’erba e guardavo quel manto celeste e luminoso.
Sentivo gli uccellini che canticchiavano e nelle prime ore pomeridiane, il frinire delle cicale mi teneva compagnia.
Ricordo ancora quel buonissimo e fresco odore di gelsomino, che proveniva dalla recinzione che circondava casa mia.
Però il giorno del funerale, il cielo si trasformò.
Non era più celeste, era grigio.
In un certo senso, sono diventato anche io così da quel giorno.
Ricordo anche il forte vento che fischiava. Era talmente fastidioso che mi faceva ripensare alle unghie sulla lavagna.
Vedevo tutte facce tristi, ed io ero confuso perché mi sentivo come se non soffrissi abbastanza. Sembravano tutti più affranti di me.
Ma non piansi.
Mi inginocchiai nella fila dei parenti stretti, a schiena dritta e a testa alta.
«Le lacrime deturpano il tuo bel volto Kaede, quindi non piangere mai.»
Mi diceva mia nonna. E così feci.
Dal giorno in cui lei morì, io non piansi mai più.
Tutto quel dolore che provai per la sua morte, io lo sfogai su di un campo da basket.
Infatti quell’anno diventai il capitano della squadra.
E poi ricordo che non esisteva più niente per me.
Mia madre, era sempre fuori.
Mio padre lavorava in continuazione.
Ed io che già avevo di mio una scarsa attitudine per i rapporti sociali, diventai ancora più chiuso.
E poi successe qualcosa. Qualcosa che mi ha scosso.
Quello che è successo, ha fatto in modo che questo Natale forse sarà differente.
Fin dall’asilo sono sempre stato popolare con le ragazze e questo di conseguenza mi metteva al centro di una consistente quantità di antipatie da parte dei maschi.
Eppure era strano, perché a me sono sempre sembrate tutte uguali le ragazze, e non ho mai provato niente nei loro confronti.
Solo Ayako era riuscita a guadagnarsi il mio rispetto.
Lei non voleva niente da me che non volessi anche io: giocare il meglio possibile.
Non è mai stata pedante o invadente.
Io non ho mai odiato le ragazze, ma le ho sempre trovate piuttosto fastidiose o indifferenti.
Tutte tranne Ayako. Di certo non posso considerarla mia amica, ma non la trovo nemmeno antipatica.
L’unico amico che ho sempre avuto, era quello sport che ci ha fatto avvicinare.
E mi ricordo di te.
Del giorno in cui ci siamo incontrati e mi hai preso a pugni a causa della sorella dell’ex capitano.
Ricordo anche quando ti ho detto che ero innamorato di te e tu mi hai riso in faccia.
Ricordo anche quando te l’ho detto di nuovo, e tu ti sei semplicemente voltato dall’altra parte sbraitando strani insulti.
Ricordo anche quando te l’ho ridetto e tu sei arrossito senza dirmi nulla, e hai abbassato lo sguardo in evidente imbarazzo.
Ricordo anche quando te lo dissi un’ultima volta, e tu mi hai baciato.
Non avevo mai provato niente di simile.
Pensavo che il massimo della passione che potessi provare, fosse per il basket, ma tu mi sei entrato dentro.
Sei come una droga, anzi no. Sei di più.
Tu sei una malattia da cui non vorrei mai guarire.
E ora, mentre ti guardo dormire sereno abbracciato a me, so con sicurezza che questo Natale sarà differente.
Perché non sono solo.
Perché per sorridere non ho bisogno di enormi pacchi colorati e di un grande albero addobbato e luminoso.
Mi basti tu e questo letto, per sentirmi completo.
E non so come sia potuto accadere, ma riusciamo a capirci con un solo sguardo, io e te.
Francamente, non ho mai creduto nel destino, ma quando ti guardo e penso che una cosa bella come te, sia potuta accadere proprio a me, non posso fare a meno di pensare che in qualche modo noi due siamo legati dal fato.
Mi fai infuriare. Sei talmente stupido ed impulsivo...
Prima agisci e poi pensi.
E poi mi guardi con quegli occhi così intensi e profondi, e mi fai battere il cuore così forte, che a volte ho paura che mi fugga dal petto. E mi lasci senza fiato.
Fai delle battute talmente stupide che mi spingi a sorridere di cuore. Cosa che in vita mia faccio raramente, non avendone nessun motivo. E quando succede, mi guardi con il volto illuminato e mi dici che non hai mai visto cosa più bella.
No, Hana.
Sono io che non ho mai visto cosa più bella.
Tu pensi che un mio sorriso valga tanto, perché è raro e sei felice che io lo conceda solo a te.
Ma quello che io penso, è che un tuo sorriso valga più di ogni altra cosa, nonostante tu lo conceda fin troppo facilmente al resto del mondo.
Ed è per questo, che so che questo Natale sarà differente.
Perché quest’anno, sotto il grande albero addobbato e luminoso, ho trovato il dono più bello e prezioso che potessi mai desiderare.
Il tuo amore.
 
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